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Cambiare il mondo con uno scatto | Antonio Amendola | TEDxLakeComo

  • 0:09 - 0:10
    Diciotto minuti
  • 0:10 - 0:15
    per cercare di parlare
    del buon uso del mondo, quando -
  • 0:15 - 0:17
    a poca distanza dal quale -
  • 0:17 - 0:21
    abbiamo distrutto il nostro mondo,
    della Liguria, di Genova.
  • 0:21 - 0:23
    18 minuti non per parlare di fotografia
  • 0:23 - 0:26
    ma per parlare, per cercare
    di convincerci, se ce la farò,
  • 0:26 - 0:30
    di come piccole e grandi fotografie,
    o grandi e piccole fotografie,
  • 0:30 - 0:33
    possono portare un piccolo
    cambiamento sociale
  • 0:33 - 0:36
    e cambiare non il mondo ma dei mondi.
  • 0:37 - 0:39
    17 minuti e 30 secondi adesso,
  • 0:39 - 0:42
    per parlarvi della nascita
    di questa mia idea,
  • 0:42 - 0:43
    della fondazione di Shoot4Change
  • 0:43 - 0:45
    di come l'ho avuta,
    di come l'ho sviluppata,
  • 0:45 - 0:47
    di come sta crescendo
    e di come si sta consolidando.
  • 0:47 - 0:51
    Shoot4 Change nasce, in realtà,
    quasi per caso,
  • 0:51 - 0:54
    come spesso accade
    alle, ex post, buone idee,
  • 0:54 - 0:56
    nasce con un blog.
  • 0:56 - 0:58
    Provenendo da una vecchia tradizione,
  • 0:58 - 1:01
    una vecchia storia di blogging
    e di fotografie di viaggio,
  • 1:01 - 1:04
    comincio, subito dopo
    il terremoto a L'Aquila,
  • 1:04 - 1:05
    e poco prima dell'avvio
  • 1:05 - 1:08
    della "Marcia Mondiale per la Pace
    e la non Violenza" due anni fa,
  • 1:08 - 1:13
    a bloggare sul potenziale
    di cambiamento sociale
  • 1:13 - 1:15
    delle grandi fotografie del passato.
  • 1:15 - 1:18
    In poco tempo, comincio
    a creare una community,
  • 1:18 - 1:20
    anche se non ne avvertivo la presenza.
  • 1:20 - 1:21
    In concomitanza, appunto,
  • 1:21 - 1:23
    con la Marcia Mondiale
    per la Pace e la non Violenza
  • 1:23 - 1:25
    partita da Oakland due anni fa,
  • 1:25 - 1:28
    mi contattano gli organizzatori,
    da Oakland, della marcia,
  • 1:28 - 1:31
    e mi chiedono di poter
    coprire fotograficamente
  • 1:31 - 1:34
    il passaggio della marcia
    nella tappa di Roma.
  • 1:34 - 1:37
    Avendo poi altre vite parallele,
    perché Shoot4Change è la vita,
  • 1:37 - 1:38
    la seconda vita parallela.
  • 1:38 - 1:42
    Certe volte mi sento non tanto
    quanto come Clark Kent e Superman
  • 1:42 - 1:45
    ma più come Paperino e Paperinik
    o Pippo e Superpippo,
  • 1:45 - 1:47
    per le vite parallele,
    le vite a castello che conduco.
  • 1:47 - 1:50
    Mi chiedono quindi di fotografare
    il passaggio della marcia,
  • 1:50 - 1:52
    io ricordo che non potevo,
    in quel giorno a Roma,
  • 1:52 - 1:56
    e faccio un post che adesso
    affettuosamente ricordo di aver chiamato,
  • 1:56 - 1:59
    probabilmente anche in maniera
    un po' troppo provocatoria,
  • 1:59 - 2:01
    "Chiamata alle Armi Fotografiche".
  • 2:01 - 2:04
    Vedete come questo ossimoro
    ritorna spesso nella nostra terminologia.
  • 2:04 - 2:06
    Già Shoot4Change è un ossimoro,
  • 2:06 - 2:09
    perché in inglese "shoot"
    significa, allo stesso tempo,
  • 2:09 - 2:11
    scattare una fotografia ma anche sparare,
  • 2:11 - 2:14
    e change è il cambiamento sociale
    ma anche i soldi.
  • 2:14 - 2:15
    Tanto è vero che, all'inizio,
  • 2:15 - 2:17
    alle prime settimane di vita
    del nostro network,
  • 2:17 - 2:20
    che è diventato un network
    internazionale di volontariato -
  • 2:20 - 2:22
    avevo un grosso picco
    di accessi da Washinghton.
  • 2:22 - 2:24
    Evidentemente pensavano, temevano,
  • 2:24 - 2:26
    che fossimo un gruppo di mercenari
    che sparavano per soldi.
  • 2:26 - 2:29
    Poi si sono tranquillizzati,
    e hanno capito che, in realtà,
  • 2:29 - 2:31
    siamo solamente
    dei poveri fotografi di strada.
  • 2:32 - 2:35
    Quindi ho fatto questa
    "chiamata alle armi" fotografiche,
  • 2:35 - 2:38
    e in poche ore mi hanno
    letteralmente intasato la casella postale,
  • 2:38 - 2:39
    da tutta Italia,
  • 2:39 - 2:40
    e siamo riusciti in pochi giorni
  • 2:40 - 2:43
    a coprire fotograficamente
    non solo Roma, non solo Milano
  • 2:43 - 2:46
    ma gran parte del nord Italia
    fino ad arrivare a Lecce.
  • 2:46 - 2:50
    New York, San Francisco,
    fino ad arrivare alla fine in Argentina -
  • 2:50 - 2:52
    su dei picchi delle montagne
    dell'Argentina -
  • 2:52 - 2:54
    dove la marcia ha concluso il suo cammino.
  • 2:54 - 2:58
    Bene, lì ho capito
    che forse si poteva fare qualcosa.
  • 2:58 - 2:59
    Ho capito che la gente aveva voglia
  • 2:59 - 3:03
    di scendere per strada
    e raccontare la propria storia.
  • 3:03 - 3:05
    Le proprie storie,
    dal proprio punto di vista.
  • 3:06 - 3:09
    Allora abbiamo cominciato,
    continuato a bloggare,
  • 3:09 - 3:10
    chiedendo alla gente di -
  • 3:10 - 3:13
    non solo di raccontarci
    le loro storie di prossimità -
  • 3:13 - 3:16
    uno dei nostri slogan, dei nostri claim
    è "Shoot Local, Change Global"-
  • 3:16 - 3:19
    ma di venire a farlo con noi,
  • 3:19 - 3:20
    o di chiederci un aiuto
  • 3:20 - 3:24
    quando non fossero stati in grado
    di farlo da soli.
  • 3:25 - 3:27
    Uno dei messaggi che cerco di dare,
    che cerchiamo di dare,
  • 3:27 - 3:30
    con le nostre attività
    e con i nostri reportage
  • 3:30 - 3:33
    è non solo di par - ma di non illudersi,
  • 3:33 - 3:34
    di doversi mettere necessariamente
  • 3:34 - 3:37
    nei panni del grande fotografo
    del National Geographic -
  • 3:37 - 3:40
    che peraltro molti di loro
    sono nostri membri volontari,
  • 3:40 - 3:43
    da Ed Kashi a New York
    per National Geographic USA,
  • 3:43 - 3:47
    a Alfonso Rodriguez,
    National Geographic Spagna,
  • 3:47 - 3:49
    e altri grandi professionisti -
  • 3:50 - 3:52
    ma che al grido
    "Shoot Local, Change Global"
  • 3:52 - 3:54
    è sufficiente scendere sotto casa,
  • 3:54 - 3:56
    magari armati di una macchina
    fotografica compatta,
  • 3:56 - 3:57
    o di uno smartphone,
  • 3:57 - 3:59
    e raccontare le storie di prossimità.
  • 3:59 - 4:02
    Quello che abbiamo chiamato
    la "Fotografia Sociale a Kilometri Zero".
  • 4:02 - 4:05
    Da qui il claim
    "Shoot Local, Change Global".
  • 4:05 - 4:09
    La finalità , o meglio alla fine
    il risultato che abbiamo ottenuto
  • 4:09 - 4:11
    e che stiamo ottenendo,
    e che stiamo consolidando,
  • 4:11 - 4:16
    è un invito alla sensibilizzazione
    ad un'osservazione più puntuale
  • 4:16 - 4:18
    e più - scusate il gioco
    di parole - sensibile,
  • 4:18 - 4:20
    della realtà che ci circonda,
  • 4:21 - 4:24
    chiedendo alla gente
    di prendere parte attiva a un cambiamento.
  • 4:24 - 4:26
    Per noi, il nostro concetto
    di fotografia sociale
  • 4:26 - 4:28
    non è solamente stimolare,
  • 4:28 - 4:30
    dare un cazzotto
    nello stomaco dell'osservatore
  • 4:30 - 4:33
    facendo leva sulla classica
    estetica del dolore,
  • 4:33 - 4:35
    la drammaticità delle immagini,
    delle tragedie.
  • 4:35 - 4:37
    Noi chiediamo di portare un contributo.
  • 4:37 - 4:39
    E soprattutto cerchiamo di raccontare
  • 4:39 - 4:42
    quelle storie positive,
    ordinarie o straordinarie,
  • 4:42 - 4:44
    che nel nostro piccolo, dietro casa,
  • 4:44 - 4:49
    portano un sollievo, un beneficio
    nelle situazioni di disagio sociale.
  • 4:49 - 4:51
    Ci sono una miriade di storie.
  • 4:51 - 4:55
    Di tantissime piccole, o piccolissime,
    o minuscole, in alcuni casi
  • 4:55 - 4:57
    associazioni di volontari
    che nessuno conosce.
  • 4:57 - 5:00
    Noi raccontiamo gratuitamente,
    ci prestiamo gratuitamente
  • 5:00 - 5:02
    a realizzare servizi
    professionali fotografici
  • 5:02 - 5:04
    a chi non se lo può permettere.
  • 5:04 - 5:05
    Dando quindi accesso,
  • 5:05 - 5:08
    in una logica di vero
    "citizen journalism" all'informazione,
  • 5:08 - 5:09
    a tutte quelle storie
  • 5:09 - 5:12
    che non vengono considerate remunerative
    dall'informazione Main Stream,
  • 5:12 - 5:13
    e sono tantissime.
  • 5:13 - 5:16
    Alcuni ci hanno accusato
    all'inizio soprattutto,
  • 5:16 - 5:19
    di essere quelli che lavorano gratis
    e che distruggono il mercato,
  • 5:19 - 5:23
    e distruggono le agenzie fotografiche,
    o i giornali, perché lavorano gratis.
  • 5:23 - 5:24
    Non è così.
  • 5:24 - 5:29
    Io rispondo spesso a queste persone:
    "Ma tu racconteresti mai
    la storia di un centro per senza dimora?"
  • 5:29 - 5:29
    Dicono: "No".
  • 5:29 - 5:30
    "E perché no?"
  • 5:30 - 5:31
    "Perché non me le comprerebbe nessuno."
  • 5:31 - 5:32
    E noi lo facciamo.
  • 5:32 - 5:35
    "Entreresti mai
    in un centro per rifugiate?"
  • 5:35 - 5:36
    "No, non lo farei mai
  • 5:36 - 5:38
    perché nessuno mi comprerebbe
    quelle fotografie."
  • 5:38 - 5:39
    Noi lo facciamo.
  • 5:39 - 5:42
    E col tempo ho sviluppato
    questo concetto di Crowd Photography.
  • 5:42 - 5:45
    Ricordo spesso,cito spesso
    in occasioni del genere,
  • 5:45 - 5:46
    il vecchio e famoso detto africano:
  • 5:46 - 5:50
    "Se vuoi andare veloce, vacci da solo.
    Se vuoi andare lontano, vacci con altri".
  • 5:50 - 5:53
    Normalmente, un fotografo va bene
    per raccontare una storia.
  • 5:53 - 5:54
    Due fotografi vanno meglio.
  • 5:54 - 5:55
    Tre fotografi sono ancora meglio.
  • 5:55 - 5:57
    Quattro forse sono ancora meglio.
  • 5:57 - 5:59
    Poi si comincia a fare casino ovviamente.
  • 5:59 - 6:00
    Però più si è meglio è,
  • 6:00 - 6:06
    perché ogni storia ha almeno 360 gradi,
    360 punti di vista per essere raccontata.
  • 6:06 - 6:08
    E questo arricchisce il racconto.
  • 6:08 - 6:10
    Il concetto di Crowd Photography,
  • 6:10 - 6:13
    è un concetto in base al quale
    quasi tutti i nostri progetti -
  • 6:13 - 6:14
    noi ci proviamo, non sempre ci riusciamo -
  • 6:14 - 6:18
    sono il risultato dell'apporto creativo
    di persone che magari non si conoscono.
  • 6:18 - 6:22
    E credetemi, il nostro metodo,
    sta crescendo e si sta consolidando,
  • 6:22 - 6:25
    non solamente con i fotografi,
    ma con creativi di tutti i generi.
  • 6:25 - 6:28
    Abbiamo pittori, abbiamo designer
    che ci regalano i loghi.
  • 6:28 - 6:30
    Abbiamo musicisti che compongono
  • 6:30 - 6:32
    e ci regalano le musiche
    per i nostri Slide Show.
  • 6:32 - 6:34
    Abbiamo giornalisti, abbiamo scrittori.
  • 6:34 - 6:38
    Abbiamo tutti quelli che hanno voglia
    di mettere le idee in rete e condividerle,
  • 6:38 - 6:40
    e aggiungere un tassello
    alla storia, con le loro idee.
  • 6:41 - 6:44
    Cerchiamo di essere non convenzionali,
    nei nostri racconti.
  • 6:44 - 6:48
    Anche qua, spesso ci riusciamo,
    a volte non ci riusciamo.
  • 6:48 - 6:53
    Ad esempio - questo è giusto
    un esempio che vi ho portato -
  • 6:53 - 6:55
    può una foto di un cavallo,
  • 6:55 - 6:56
    o una serie di foto di cavalli denutriti,
  • 6:56 - 6:59
    raccontare la recessione
    economica in Europa?
  • 6:59 - 7:00
    Sì.
  • 7:00 - 7:03
    Questo è un reportage
    che un nostro membro italiano -
  • 7:03 - 7:05
    ma vive da tantissimi anni,
    giovanissimo, in Irlanda -
  • 7:05 - 7:08
    non è mai riuscito a piazzare
    a Dublino in alcuna rivista,
  • 7:08 - 7:11
    perché in Irlanda non vogliono parlare
    di queste storie sociali
  • 7:11 - 7:15
    perché, dicono le riviste,
    danno un'immagine distorta dell'Irlanda.
  • 7:15 - 7:16
    Lui ha scoperto
  • 7:16 - 7:21
    che una delle conseguenze inaspettate
    della recessione economica
  • 7:21 - 7:22
    è che gli irlandesi,
  • 7:22 - 7:25
    che tipicamente sono sempre stati
    molto propensi ad acquistare i cavalli,
  • 7:25 - 7:28
    quindi a vivere l'outdoor
    in maniera molto piena,
  • 7:28 - 7:31
    vendono, o meglio svendono i loro cavalli
  • 7:31 - 7:33
    in alcune fiere gestite
    dalla malavita irlandese
  • 7:33 - 7:34
    nei sobborghi di Dublino.
  • 7:34 - 7:38
    E li vendono a 20, 30, 40 euro
    cavalli già malnutriti.
  • 7:38 - 7:41
    I ragazzini ovviamente,
    spinti dall'entusiasmo,
  • 7:41 - 7:43
    li acquistano o li barattano
    con cellulari;
  • 7:43 - 7:45
    salvo poi, dopo due o tre giorni,
  • 7:45 - 7:47
    non potendo più permettersi la gestione,
  • 7:47 - 7:48
    non sapendo dove metterli,
    ovviamente, in casa,
  • 7:48 - 7:50
    li abbandonano nelle periferie di Dublino.
  • 7:50 - 7:53
    È una storia che nessuno voleva comprare.
  • 7:53 - 7:54
    Noi l'abbiamo pubblicata.
  • 7:54 - 7:57
    Ha fatto il giro di internet,
    ed è una maniera non convenzionale
  • 7:57 - 8:00
    di raccontare un episodio,
    purtroppo, di cronaca mondiale,
  • 8:00 - 8:02
    come la recessione economica.
  • 8:03 - 8:05
    Ma facciamo anche cose non tristi.
  • 8:05 - 8:08
    Raccontiamo non solo torie tristi
    ma anche storie molto positive.
  • 8:08 - 8:11
    Questa è una dei mille esempi
    di progetti che noi teniamo ogni giorno.
  • 8:11 - 8:14
    Insieme all'associazione
    sportiva Liberinantes,
  • 8:14 - 8:17
    che noi seguiamo da anni, ormai, a Roma.
  • 8:17 - 8:21
    È un'associazione composta
    da rifugiati politici e richiedenti asilo,
  • 8:21 - 8:23
    che usa lo sport per affrancarsi
  • 8:23 - 8:25
    dal ricordo delle tragedie
    dalle quali scappano.
  • 8:25 - 8:29
    Siamo entrati in un centro
    di accoglienza a Roma, La Casa di Giorgia,
  • 8:29 - 8:30
    composto da rifugiate,
  • 8:30 - 8:33
    che da accoglienza a rifugiate,
    donne, e richiedenti asilo,
  • 8:33 - 8:36
    e abbiamo scoperto
    che queste donne, queste ragazze,
  • 8:36 - 8:39
    non erano mai state nel centro di Roma
  • 8:39 - 8:42
    nonostante fossero arrivate a Roma
  • 8:42 - 8:44
    già da mesi - in alcuni casi
    anche da un anno -
  • 8:44 - 8:48
    per paura del traffico, della città,
    dell'inquinamento, degli italiani.
  • 8:48 - 8:52
    Erano imprigionate nella loro gabbia,
    che si erano auto costruite,
  • 8:52 - 8:53
    di luoghi comuni.
  • 8:53 - 8:56
    Allora noi le abbiamo divise
    in vari gruppetti,
  • 8:56 - 8:59
    abbiamo regalato a ciascuna di loro
    delle macchine fotografiche compatte,
  • 8:59 - 9:02
    le abbiamo fatte affiancare
    da alcune nostre ragazze fotografe,
  • 9:02 - 9:06
    anche per una questione
    di maggiore facilità
  • 9:06 - 9:09
    di raggiungere una fase di empatia
    tra docente e allievo.
  • 9:10 - 9:12
    Gli abbiamo insegnato,
    grossolanamente e velocemente,
  • 9:12 - 9:15
    a usare una macchina fotografica;
  • 9:15 - 9:19
    e siamo andati in giro con loro
    nell'arco di un mese e mezzo
  • 9:19 - 9:20
    tutti i fine settimana a Roma,
  • 9:20 - 9:24
    portandole letteralmente con noi,
    trascinandole con noi.
  • 9:24 - 9:26
    Si sono divertite tantissimo.
  • 9:26 - 9:30
    La macchina fotografica con la quale,
    poi, hanno raccontato la loro Roma,
  • 9:30 - 9:36
    e stato un filtro che le ha concentrate
    a guardare Roma attraverso una scatoletta.
  • 9:36 - 9:37
    La tesi del nostro progetto
  • 9:37 - 9:40
    è che una città che conosci
    è una città che col tempo riconosci
  • 9:40 - 9:42
    e una città che riconosci
  • 9:42 - 9:44
    -anche attraverso
    le tue stesse fotografie -
  • 9:44 - 9:47
    è una città nella quale
    trovi un livello di fiducia tale
  • 9:47 - 9:49
    che ti consente di ricreare
  • 9:49 - 9:51
    e di riappropriarti
    di alcune dinamiche sociali
  • 9:51 - 9:52
    e quindi di inclusione.
  • 9:52 - 9:56
    La piccola mostra fotografica
    che abbiamo lanciato dopo questo progetto
  • 9:56 - 9:59
    ha fatto il giro di Roma,
    e comincerà a girare adesso per l'Italia.
  • 9:59 - 10:00
    È stato un successo enorme,
  • 10:00 - 10:02
    ce lo stanno chiedendo
    in tantissimi altri centri.
  • 10:02 - 10:05
    Queste piccole fotografie, forse,
    hanno cambiato il loro mondo.
  • 10:05 - 10:07
    Adesso cercherò nei pochissimi minuti -
  • 10:07 - 10:09
    che non vedo più,
    tra l'altro, sullo schermo -
  • 10:09 - 10:12
    che mi rimangono,
    sette minuti e 48 secondi,
  • 10:12 - 10:13
    di smantellare il concetto.
  • 10:13 - 10:15
    Probabilmente non è vero,
    vi ho detto delle fesserie,
  • 10:15 - 10:17
    la fotografia non cambia il mondo.
  • 10:19 - 10:24
    Invece, questa persona per esempio,
  • 10:24 - 10:27
    l'ho conosciuta nella "città dei morti"
    a Il Cairo, qualcuno forse la conoscerà,
  • 10:27 - 10:29
    è il vecchio cimitero
    monumentale del Cairo
  • 10:29 - 10:33
    dove nel corso degli anni
    centinaia di migliaia di persone,
  • 10:33 - 10:35
    in gran parte proveniente
  • 10:35 - 10:37
    dalle prime ondate
    di profughi palestinesi, anni fa,
  • 10:37 - 10:42
    ha trovato alloggio
    nelle tombe, nei mausolei
  • 10:42 - 10:44
    del vecchio cimitero
    monumentale del Cairo,
  • 10:44 - 10:48
    creando una vera e propria società
    all'interno del Cairo.
  • 10:48 - 10:51
    Il Cairo considera queste persone
    dei reietti della società,
  • 10:51 - 10:53
    li considera immorali
    perché vivono tra i morti.
  • 10:53 - 10:55
    Loro hanno ricreato un loro ecosistema,
  • 10:55 - 10:57
    un loro ambiente sociale
    assolutamente in equilibrio.
  • 10:57 - 10:59
    Eppure non esistono, per gli altri.
  • 10:59 - 11:01
    Questa persona vive lì.
  • 11:01 - 11:04
    Aveva cominciato come custode
    di questo mausoleo,
  • 11:04 - 11:07
    e negli anni si è trasferito
    a vivere in questa tomba
  • 11:07 - 11:08
    con la sua famiglia.
  • 11:08 - 11:11
    Ho scattato una fotografia,
    ha fatto il giro di internet,
  • 11:11 - 11:14
    non ha cambiato né il mio,
    né il suo mondo né il mondo in generale:
  • 11:14 - 11:16
    io sono tornato e lui è ancora lì.
  • 11:16 - 11:20
    Anche queste persone
    vivono nella città dei morti,
  • 11:20 - 11:23
    e quando le ho chiesto
    di fargli un ritratto fotografico
  • 11:23 - 11:28
    questa signora anziana col nipotino
    si è messa in posa vicino a questa tomba,
  • 11:28 - 11:31
    diciamo la tomba di famiglia
    nel loro cortiletto.
  • 11:31 - 11:33
    Io ho chiesto se fosse un loro parente,
  • 11:33 - 11:34
    e mi hanno detto no,
    non è un nostro parente.
  • 11:34 - 11:36
    Ma viviamo qua da tanti anni,
    è come se lo fosse ormai.
  • 11:36 - 11:37
    Vorremmo un ritratto con lui".
  • 11:37 - 11:40
    Questa mia fotografia
    non ha cambiato il loro mondo,
  • 11:40 - 11:43
    loro vivono ancora lì tra i morti.
  • 11:43 - 11:45
    Quest'altra persona, invece, è Sergei.
  • 11:45 - 11:50
    Sergei vive in un centro di accoglienza
    per senza fissa dimora.
  • 11:50 - 11:53
    Già questo dal punto di vista semantico
    è una cosa che mi fa imbestialire.
  • 11:53 - 11:56
    Abbiamo bisogno di definire una persona
    per quello che non ha,
  • 11:56 - 11:58
    invece che per quello che ha:
    senza fissa dimora.
  • 11:59 - 12:00
    È russo.
  • 12:00 - 12:02
    Da tanti anni, ormai,
    è in mezzo a una strada
  • 12:02 - 12:04
    e non parla più della sua famiglia.
  • 12:04 - 12:05
    Quando mi ha chiesto un ritratto,
  • 12:05 - 12:07
    mi ha chiesto di fargli un ritratto a metà
  • 12:07 - 12:09
    perché dice che gli manca
    qualcosa nella sua vita,
  • 12:09 - 12:10
    ovviamente gli manca tantissimo.
  • 12:12 - 12:13
    Sono tornato a casa, lui è ancora lì.
  • 12:13 - 12:16
    Questa foto, probabilmente bella
    o non bella, ha fatto il giro di internet,
  • 12:16 - 12:17
    non ha cambiato il suo mondo.
  • 12:18 - 12:21
    Anche Carmine vive
    in quel centro d'accoglienza.
  • 12:21 - 12:24
    Vive in un mondo tutto suo:
  • 12:24 - 12:27
    dice che coltiva api, ama le sue api,
    non parla più della sua famiglia,
  • 12:27 - 12:32
    si chiude in un silenzio imbarazzante
    quando gli si chiede la sua storia.
  • 12:32 - 12:35
    Questa foto non ha cambiato il suo mondo,
    vive ancora per strada.
  • 12:37 - 12:39
    Ci sono tanti esempi,
    accelero un pochettino.
  • 12:39 - 12:42
    Queste sono delle foto
    delle barche, dei trabiccoli,
  • 12:42 - 12:45
    con i quali i profughi dal Medio Oriente
    arrivano a Lampedusa.
  • 12:45 - 12:47
    E continuano ad arrivare ogni giorno.
  • 12:47 - 12:51
    Scappano dalle loro situazioni,
    dalle loro tragedie umane e sociali.
  • 12:51 - 12:54
    Questa foto non ha cambiato il loro mondo,
    e continuano ad arrivare,
  • 12:54 - 12:55
    eppure l'ho raccontata.
  • 12:56 - 12:57
    Non è servito a niente.
  • 12:57 - 13:00
    Questa persona vive invece
    in un campo profughi di Bourj el-Barajneh,
  • 13:00 - 13:02
    nella periferia di Beirut.
  • 13:02 - 13:03
    È un Campo profughi grandissimo,
  • 13:03 - 13:06
    ma che non è mappato
    nella carta di Beirut.
  • 13:06 - 13:11
    Lui vende, al caldo, gira per il Campo
    vendendo gelati e coni gelato.
  • 13:12 - 13:14
    Suda, suda tantissimo.
  • 13:14 - 13:18
    Cammina e vende gelati in un campo
    dove tutti crescono senza diritti sociali.
  • 13:18 - 13:19
    Questa foto non ha cambiato il suo mondo.
  • 13:19 - 13:21
    Lui è ancora lì che vende,
    proprio in questo momento -
  • 13:21 - 13:22
    beh adesso starà dormendo,
  • 13:22 - 13:25
    ma domani mattina si alzerà
    e continuerà a vendere gelati.
  • 13:26 - 13:28
    Nello stesso Campo
    ho conosciuto questa bambina.
  • 13:28 - 13:33
    Per lei quel Campo Profughi,
    mi raccontava - cioè mi traducevano -
  • 13:33 - 13:34
    era il suo grande parco giochi.
  • 13:34 - 13:36
    Lo trovava smisurato, enorme.
  • 13:36 - 13:39
    Non sa ancora che sta crescendo
    senza nessun diritto
  • 13:39 - 13:43
    in un Campo neanche, come vi ho detto,
    mappato, nella città di Beirut.
  • 13:43 - 13:46
    Probabilmente rimarrà là
    tutta la sua vita, senza diritti.
  • 13:46 - 13:48
    Questa foto, non solo
    non ha cambiato il suo mondo adesso,
  • 13:48 - 13:51
    ma non l'avrà cambiato
    neanche nei prossimi 20, 30 o 40 anni.
  • 13:51 - 13:53
    Quindi il loro mondo non è cambiato.
  • 13:53 - 13:56
    La fotografia, probabilmente,
    non è servita a niente.
  • 13:56 - 13:58
    Le mie fotografie sono
    state un buco nell'acqua
  • 13:58 - 14:00
    e probabilmente hanno
    semplicemente assolto
  • 14:00 - 14:05
    al loro compito di solleticare
    il mio egocentrismo nel mostrarvele dopo.
  • 14:05 - 14:08
    Peraltro un fattore
    molto tipico di noi fotografi,
  • 14:08 - 14:09
    essere piuttosto egocentrici.
  • 14:10 - 14:11
    Loro sono ancora lì.
  • 14:11 - 14:14
    Quello che invece,
    probabilmente, è cambiato,
  • 14:15 - 14:16
    è nel chi ha scattato la fotografia.
  • 14:17 - 14:20
    Perché io sono tornato,
    io adesso conosco quelle storie.
  • 14:20 - 14:23
    So che loro, domani mattina,
    si alzeranno e sono ancora lì.
  • 14:23 - 14:25
    So che c'è qualcuno che vive ancora
    là sotto, per strada,
  • 14:25 - 14:27
    dietro l'angolo di casa mia.
  • 14:27 - 14:28
    So che se voglio scendo
  • 14:28 - 14:31
    e ci sono mille situazioni
    di disagio sociale
  • 14:31 - 14:33
    che posso, e devo raccontare.
  • 14:34 - 14:38
    Quindi, voi adesso -
    in qualche maniera vi ho fregato,
  • 14:38 - 14:39
    perché vi ho detto
  • 14:39 - 14:41
    che la fotografia sociale
    non cambia il mondo;
  • 14:41 - 14:44
    ma vi ho raccontato delle storie,
    quindi anche voi adesso le conoscete.
  • 14:44 - 14:46
    Perché, come diciamo spesso anche noi,
  • 14:46 - 14:50
    ci sono storie che devono
    e possono essere raccontate.
  • 14:50 - 14:54
    E probabilmente è il raccontare
    queste piccole grandi storie,
  • 14:54 - 14:55
    chiedendo alla gente
  • 14:55 - 14:58
    di scendere per strada
    e raccontarle con noi,
  • 14:58 - 14:59
    che cambia il mondo alla fine.
  • 14:59 - 15:02
    Questo è il nostro concetto
    di buon uso del mondo.
  • 15:02 - 15:04
    È un buon uso, non di persone naif.
  • 15:04 - 15:08
    Non siamo sognatori, non siamo idealisti,
    non siamo attivisti,
  • 15:08 - 15:12
    noi non prendiamo parte
    nei cambiamenti sociali,
  • 15:12 - 15:14
    nei movimenti politici ecc ecc.
  • 15:14 - 15:15
    Noi raccontiamo le storie.
  • 15:15 - 15:18
    Lo facciamo in maniera neutra,
    neutrale e gratuita
  • 15:18 - 15:19
    per chi non se lo può permettere.
  • 15:19 - 15:22
    Perché ci sono storie
    che devono essere raccontate,
  • 15:22 - 15:26
    storie che vogliono essere raccontate
    e storie che devono essere conosciute.
  • 15:26 - 15:27
    Grazie.
  • 15:27 - 15:29
    (Applausi)
Title:
Cambiare il mondo con uno scatto | Antonio Amendola | TEDxLakeComo
Description:

41 anni passati tra leggi, decreti, nuove tecnologie, macchine fotografiche, blog, viaggi, vecchie mappe e GPS. Fondatore di Shoot 4 Change (www.shoot4change.net), una rete internazionale di fotografi sociali volontari, iniziato come un blog e diventato un movimento fatto di persone straordinarie che lavorano per cambiare il mondo. Convinti che la vita è bellissima e che ciò si possa comunicare attraverso "brutte" fotografie in grado di ispirare gli altri ad operare un cambiamento sociale all'interno delle loro comunità.

In the spirit of ideas worth spreading, TEDx is a program of local, self-organized events that bring people together to share a TED-like experience. At a TEDx event, TEDTalks video and live speakers combine to spark deep discussion and connection in a small group. These local, self-organized events are branded TEDx, where x = independently organized TED event. The TED Conference provides general guidance for the TEDx program, but individual TEDx events are self-organized.* (*Subject to certain rules and regulations)

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Italian
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Project:
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