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Il nostro sistema per i rifugiati sta fallendo. Così lo possiamo salvare.

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    Ci sono dei momenti in cui
    mi vergogno un bel po'
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    di essere europeo.
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    Durante lo scorso anno,
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    più di un milione di persone bisognose
    del nostro aiuto sono arrivate in Europa
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    e la nostra risposta, onestamente,
    è stata penosa.
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    Ci sono così tante contraddizioni.
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    Piangiamo la morte tragica
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    del bimbo di due anni Alan Kurdi,
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    ma tuttavia, da allora,
    più di 200 bambini
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    sono annegati nel Mediterraneo.
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    Abbiamo trattati internazionali
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    che sanciscono che quella sui migranti
    è una responsabilità condivisa
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    e tuttavia accettiamo
    che il piccolo Libano
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    ospiti più siriani dell'intera Europa.
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    Condanniamo l'esistenza
    del traffico di esseri umani,
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    e tuttavia lo rendiamo
    l'unico modo possibile
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    per cercare asilo in Europa.
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    Abbiamo una carenza di forza lavoro,
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    ma impediamo a persone che rispondono
    ai nostri bisogni economici e demografici
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    di venire in Europa.
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    Rivendichiamo i nostri valori liberali
    contro quelli del fondamentalismo islamico
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    ma --
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    abbiamo politiche repressive
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    che permettono la detenzione
    di bambini richiedenti asilo,
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    che separano i bambini
    dalle proprie famiglie,
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    e che confiscano beni dai rifugiati.
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    Che cosa stiamo facendo?
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    Come siamo arrivati a questo punto,
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    al punto di adottare delle misure così
    disumane a una crisi umanitaria?
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    Non credo che sia perché
    alle persone non importi,
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    o perlomeno non voglio credere
    che sia così.
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    Io credo che ai nostri politici
    manchi una visione,
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    una visione su come adattare un sistema
    internazionale per i rifugiati
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    creato più di 50 anni fa
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    a un mondo globalizzato che sta cambiando.
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    Per questo voglio
    fare un passo indietro
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    e porre due domande fondamentali,
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    due domande che tutti noi dovremmo fare.
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    Prima cosa, perché il sistema attuale
    non sta funzionando?
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    E seconda cosa, cosa possiamo fare
    per aggiustarlo?
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    L'attuale regime di protezione
    per i rifugiati
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    fu creato all'indomani della seconda
    guerra mondiale da queste persone.
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    Il suo scopo principale è assicurare
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    che quando uno stato fallisce, o peggio,
    si rivolta contro il proprio popolo,
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    le persone abbiano un posto dove andare,
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    per vivere in sicurezza e dignità,
    fino a quando potranno tornare a casa.
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    Fu creato esattamente per situazioni
    come quella attuale in Siria.
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    Tramite una convenzione internazionale,
    firmata da 147 governi,
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    la Convenzione sullo status
    dei rifugiati del 1951,
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    e un'organizzazione internazionale,
    l'UNHCR,
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    gli stati si sono impegnati reciprocamente
    ad accogliere nel proprio territorio
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    persone che fuggono
    da conflitti e persecuzioni.
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    Ma, oggi, quel sistema sta fallendo.
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    In teoria, i rifugiati hanno il diritto
    di richiedere asilo.
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    In pratica, le nostre politiche
    sull'immigrazione bloccano loro la strada.
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    In teoria, i rifugiati hanno il diritto
    di accedere a un percorso di integrazione,
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    o di tornare nel paese
    dal quale provengono.
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    Ma in pratica, rimangono bloccati
    in un limbo indefinito.
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    In teoria, i rifugiati sono
    una responsabilità globale condivisa.
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    In pratica, è la geografia a determinare
    che i paesi vicini al conflitto
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    accolgano una sconvolgente maggioranza
    dei rifugiati mondiali.
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    Il sistema non è rotto perché
    le regole sono sbagliate.
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    Siamo noi che non le stiamo applicando
    in maniera adeguata al mondo che cambia,
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    questo è quello che va rivisto.
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    Quindi vorrei spiegarvi un po'
    come funziona il sistema attuale.
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    Come funziona realmente il sistema
    per i rifugiati.
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    Ma non dall'alto al basso,
    in maniera istituzionale,
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    bensì dalla prospettiva di un rifugiato.
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    Immaginate una donna siriana.
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    La chiameremo Amira.
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    Amira per me rappresenta tutte le persone
    che ho conosciuto in quella regione.
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    Amira, come circa il 25%
    dei rifugiati mondiali,
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    è una donna con figli,
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    e non può tornare a casa
    perché viene da questa città
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    che vedete qui, Homs,
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    che un tempo era
    una bellissima città storica
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    e ora è ridotta in macerie.
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    Quindi Amira non può ritornarci.
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    Ma Amira non ha nemmeno la speranza
    di risistemarsi in una terza nazione,
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    perché è come un terno a lotto
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    possibile solo per meno dell'1%
    dei rifugiati del mondo.
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    Quindi Amira e la propria famiglia
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    devono affrontare una scelta impossibile.
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    Hanno tre opzioni.
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    La prima è che Amira porti
    la propria famiglia in un campo.
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    Nel campo, potrebbe ricevere assistenza,
  • 4:51 - 4:55
    ma ci sono davvero poche prospettive
    per Amira e la sua famiglia.
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    I campi si trovano in luoghi
    squallidi e aridi,
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    spesso nel deserto.
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    Dal campo per rifugiati di Zaatari,
    in Giordania,
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    di notte si possono sentire
    i bombardamenti sul confine siriano.
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    L'attività economica è limitata.
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    L'istruzione spesso è di bassa qualità.
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    E in tutto il mondo,
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    circa l'80% dei rifugiati
    che si trovano nei campi
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    devono restarci per almeno 5 anni.
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    È un'esistenza avvilente,
  • 5:23 - 5:25
    e questo è probabilmente il motivo
    per cui, di fatto,
  • 5:25 - 5:28
    solo il 9% dei siriani fa questa scelta.
  • 5:29 - 5:33
    In alternativa, Amira può dirigersi
    verso un'area urbana
  • 5:33 - 5:36
    in un paese confinante,
    come Amman o Beirut.
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    Questa è la scelta di circa
    il 75% dei rifugiati siriani.
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    Ma anche in questo caso
    le difficoltà sono molte.
  • 5:46 - 5:50
    I rifugiati in queste aree urbane
    spesso non hanno il diritto di lavorare.
  • 5:50 - 5:53
    Spesso non hanno accesso
    adeguato all'assistenza.
  • 5:53 - 5:57
    E quindi, una volta finiti i risparmi,
    ad Amira e la sua famiglia
  • 5:57 - 6:01
    rimarrà ben poco e probabilmente
    si troveranno in situazioni di indigenza.
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    Infine c'è una terza alternativa,
  • 6:05 - 6:09
    ed è quella che sempre
    più siriani stanno scegliendo.
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    Amira può cercare speranza
    per la sua famiglia
  • 6:14 - 6:18
    rischiando le proprie vite
    in un viaggio pericoloso e rischioso
  • 6:18 - 6:19
    verso un altro paese,
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    e questo è quello che stiamo vivendo
    in Europa oggi.
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    In tutto il mondo, mettiamo i rifugiati
    di fronte a una scelta impossibile
  • 6:29 - 6:31
    tra tre opzioni:
  • 6:31 - 6:35
    accampamento, indigenza urbana
    o viaggi pericolosi.
  • 6:36 - 6:40
    Questa scelta, per i rifugiati,
    è il regime globale attuale.
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    Ma io credo che sia una finta scelta.
  • 6:43 - 6:45
    Io credo che possiamo rivedere
    questa scelta.
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    Il motivo per cui limitiamo queste opzioni
  • 6:50 - 6:53
    è perché pensiamo
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    che queste siano le uniche opzioni
    possibili per i rifugiati,
  • 6:57 - 6:59
    ma non lo sono.
  • 6:59 - 7:03
    I politici inquadrano il problema
    come un gioco a somma zero,
  • 7:03 - 7:07
    come se aiutando i rifugiati,
    imponessimo costi ai cittadini.
  • 7:07 - 7:09
    Tendiamo tutti a supporre
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    che i rifugiati siano un costo inevitabile
    o un peso per la società.
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    Ma non è detto.
    Possono contribuire.
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    Quindi ciò su cui voglio discutere
  • 7:16 - 7:20
    è il fatto che ci siano dei modi
    per aumentare le scelte possibili
  • 7:20 - 7:21
    a beneficio di tutti:
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    i paesi ospitanti e le comunità,
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    la nostra società e i rifugiati stessi.
  • 7:27 - 7:29
    E voglio proporre quattro modi
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    con i quali trasformare il nostro modo
    di percepire i rifugiati.
  • 7:34 - 7:36
    Tutti e quattro i modi hanno
    una cosa in comune.
  • 7:36 - 7:40
    Sono tutti modi per cogliere
    le opportunità della globalizzazione,
  • 7:40 - 7:42
    della mobilità e dei mercati,
  • 7:42 - 7:46
    e aggiornare il nostro modo di pensare
    sulla questione dei rifugiati.
  • 7:46 - 7:48
    La prima sulla quale voglio riflettere
  • 7:48 - 7:50
    è l'idea degli ambienti favorevoli,
  • 7:51 - 7:54
    e parte dal semplice presupposto
  • 7:54 - 7:56
    che i rifugiati sono esseri umani
    come chiunque altro,
  • 7:56 - 7:59
    ma si trovano in
    circostanze straordinarie.
  • 7:59 - 8:01
    Insieme ai miei colleghi di Oxford,
  • 8:01 - 8:04
    ho intrapreso un progetto
    di ricerca in Uganda
  • 8:04 - 8:07
    per osservare le vite
    economiche dei rifugiati.
  • 8:08 - 8:12
    Non abbiamo scelto l'Uganda perché
    fosse rappresentativa dei paesi ospitanti.
  • 8:12 - 8:13
    Non lo è. È un'eccezione.
  • 8:14 - 8:16
    Al contrario della maggior parte dei
    paesi del mondo,
  • 8:16 - 8:18
    quello che l'Uganda ha fatto
  • 8:18 - 8:20
    è stato dare ai rifugiati
    opportunità economica.
  • 8:20 - 8:24
    Ha dato loro il diritto di lavorare.
    Ha dato loro la libertà di circolazione.
  • 8:24 - 8:27
    Con risultati straordinari
  • 8:27 - 8:30
    sia per i rifugiati che per
    la comunità ospitante.
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    Nella capitale, Kampala,
  • 8:32 - 8:38
    abbiamo scoperto che il 21% dei rifugiati
    ha un'impresa che occupa altre persone,
  • 8:38 - 8:40
    e il 40% di questi impiegati
  • 8:40 - 8:42
    hanno la nazionalità del paese ospitante.
  • 8:42 - 8:45
    In altre parole, i rifugiati creano lavoro
  • 8:45 - 8:47
    per i cittadini del paese ospitante.
  • 8:48 - 8:51
    Anche nei campi,
    troviamo esempi straordinari
  • 8:51 - 8:55
    di attività imprenditoriali
    vivaci e fiorenti.
  • 8:56 - 8:59
    Ad esempio, in un accampamento
    chiamato Nakivale,
  • 8:59 - 9:02
    abbiamo trovato esempi
    di rifugiati congolesi
  • 9:02 - 9:05
    che gestivano attività di scambio
    di musica digitale.
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    Abbiamo trovato un ruandese
    che gestiva un'attività in grado
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    di permettere ai giovani
    di giocare col computer
  • 9:11 - 9:15
    su console e televisori riciclati.
  • 9:16 - 9:19
    Nonostante le avversità
    dovute alle restrizioni estreme,
  • 9:19 - 9:21
    i rifugiati sono innovativi,
  • 9:21 - 9:25
    e il signore che avete di fronte
    è un ragazzo congolese chiamato Demou-Kay.
  • 9:25 - 9:29
    Demou-Kay è arrivato nell'accampamento
    con pochissimo,
  • 9:29 - 9:31
    ma voleva diventare un regista.
  • 9:31 - 9:35
    Così ha avviato una stazione radio locale
    con i suoi amici e colleghi,
  • 9:35 - 9:37
    ha noleggiato una telecamera,
  • 9:37 - 9:38
    e ora sta facendo film.
  • 9:38 - 9:40
    Ha girato due documentari
  • 9:40 - 9:42
    con e per il nostro team,
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    e ora sta creando un'impresa di successo
    partita da niente.
  • 9:47 - 9:49
    Sono questi gli esempi
  • 9:49 - 9:51
    che dovrebbero guidare
    la nostra risposta ai rifugiati.
  • 9:51 - 9:53
    Al posto di considerarli
  • 9:53 - 9:56
    come inevitabilmente dipendenti
    dall'assistenza umanitaria,
  • 9:56 - 9:59
    dobbiamo fornire loro
    le opportunità per uno sviluppo umano.
  • 10:00 - 10:04
    Sì, vestiti, coperte, riparo, cibo
  • 10:04 - 10:07
    sono tutte cose importanti
    in un momento di emergenza,
  • 10:07 - 10:10
    ma dobbiamo anche guardare oltre.
  • 10:10 - 10:15
    Dobbiamo dar loro accesso
    a connessione, elettricità,
  • 10:15 - 10:17
    educazione, diritto al lavoro,
  • 10:17 - 10:19
    accesso al capitale e ai servizi bancari.
  • 10:20 - 10:22
    Tutte le cose che noi diamo per scontate
  • 10:22 - 10:24
    grazie alle quali siamo connessi
    all'economia globale
  • 10:24 - 10:26
    possono e devono essere applicate
    ai rifugiati.
  • 10:27 - 10:31
    La seconda idea di cui voglio parlare
    è quella delle zone economiche.
  • 10:31 - 10:34
    Sfortunatamente, non tutti i paesi
    ospitanti del mondo
  • 10:34 - 10:36
    si comportano come l'Uganda.
  • 10:36 - 10:40
    La maggior parte dei paesi ospitanti
    non apre le proprie economie ai rifugiati
  • 10:40 - 10:41
    allo stesso modo.
  • 10:41 - 10:46
    Ma ci sono ancora altre opzioni
    pratiche che possiamo usare.
  • 10:47 - 10:50
    Lo scorso aprile, sono stato
    in Giordania con un collega,
  • 10:50 - 10:52
    l'economista dello sviluppo Paul Collier,
  • 10:52 - 10:55
    e, mentre eravamo lì,
    abbiamo avuto un'idea
  • 10:55 - 10:58
    insieme alla comunità internazionale
    e al governo,
  • 10:58 - 11:00
    un'idea per dare lavoro ai siriani
  • 11:00 - 11:04
    sostenendo al contempo la strategia
    di sviluppo nazionale della Giordania.
  • 11:04 - 11:07
    Questa è l'idea della zona economica,
  • 11:07 - 11:11
    nella quale potremmo potenzialmente
    integrare l'occupazione dei rifugiati
  • 11:11 - 11:14
    con l'occupazione dei cittadini
    della Giordania.
  • 11:15 - 11:18
    E a soli 15 minuti dal
    campo di rifugiati di Zaatari,
  • 11:18 - 11:20
    dove vivono 83 000 rifugiati,
  • 11:20 - 11:22
    c'è una zona economica
  • 11:22 - 11:25
    chiamata la King Hussein
    Bin Talal Development Area.
  • 11:26 - 11:29
    Il governo ha speso più di
    cento milioni di dollari
  • 11:29 - 11:33
    per collegarla alla rete elettrica,
    per collegarla alla rete stradale,
  • 11:33 - 11:34
    ma mancavano due cose:
  • 11:34 - 11:37
    accesso al mondo del lavoro
    e investimenti esteri.
  • 11:37 - 11:40
    E se i rifugiati potessero lavorare lì
  • 11:40 - 11:42
    invece di essere rinchiusi nei campi,
  • 11:42 - 11:46
    se potessero sostenere le proprie famiglie
    e sviluppare capacità professionali
  • 11:46 - 11:47
    prima di tornare in Siria?
  • 11:48 - 11:50
    Ne trarrebbe vantaggio la Giordania,
  • 11:50 - 11:53
    la cui strategia di sviluppo
    deve fare il salto
  • 11:53 - 11:56
    da paese a medio reddito
    a paese manufatturiero.
  • 11:56 - 11:59
    Ne trarrebbero beneficio i rifugiati,
    ma contribuirebbe, inoltre,
  • 12:00 - 12:02
    alla ricostruzione postbellica della Siria
  • 12:02 - 12:05
    ammettendo che abbiamo
    bisogno di coltivare i rifugiati
  • 12:05 - 12:08
    come la miglior fonte per la futura
    ricostruzione della Siria.
  • 12:09 - 12:12
    Abbiamo pubblicato l'idea
    nella rivista Affari Esteri.
  • 12:12 - 12:14
    Il re Abdullah l'ha notata.
  • 12:14 - 12:17
    È stata annunciata alla Conferenza
    per la Siria di Londra, due settimane fa,
  • 12:17 - 12:20
    e in estate verrà iniziato un test.
  • 12:20 - 12:24
    (Applausi)
  • 12:25 - 12:28
    La terza idea che voglio proporvi
  • 12:28 - 12:31
    è quella del matching preferenziale
    tra stati e rifugiati
  • 12:31 - 12:35
    che possa portare a un lieto fine
    come quello che vedete nel selfie
  • 12:35 - 12:38
    con Angela Merkel e un rifugiato siriano.
  • 12:38 - 12:42
    Raramente chiediamo ai rifugiati
    cosa vogliono, dove vogliono andare,
  • 12:43 - 12:45
    ma io affermo che possiamo farlo
  • 12:45 - 12:47
    per il bene di tutti.
  • 12:48 - 12:52
    L'economista Alvin Roth ha sviluppato
    un'idea di abbinamento dei mercati,
  • 12:52 - 12:57
    dove le classifiche delle preferenze
    delle varie parti si incontrano.
  • 12:58 - 13:01
    I miei colleghi Will Jones
    e Alex Teytelboym
  • 13:01 - 13:05
    hanno studiato un modo con il quale
    applicare questa idea ai rifugiati,
  • 13:05 - 13:08
    chiedendo loro di classificare
    le proprie destinazioni preferite,
  • 13:09 - 13:12
    ma anche agli stati di classificare
    la tipologia di rifugiato che vogliono
  • 13:12 - 13:15
    in base alle loro abilità
    o a criteri linguistici
  • 13:15 - 13:17
    e abbinarli.
  • 13:17 - 13:19
    Ovviamente c'è bisogno di
    stabilire delle quote
  • 13:19 - 13:22
    basate su cose come diversità
    e vulnerabilità,
  • 13:22 - 13:26
    ma anche questo è un modo per aumentare
    le possibilità di matching.
  • 13:26 - 13:28
    L'idea di matching è stata
    applicata con successo
  • 13:28 - 13:33
    per abbinare, ad esempio,
    studenti con università,
  • 13:34 - 13:36
    per abbinare donatori
    di reni con pazienti,
  • 13:36 - 13:40
    e alla sua base c'è quel tipo di algoritmo
    che esiste nei siti di incontri.
  • 13:40 - 13:43
    Allora perché non usarlo per dare
    migliori opportunità ai rifugiati?
  • 13:43 - 13:45
    Può anche essere usato
    a livello nazionale,
  • 13:45 - 13:48
    dove una delle più grandi sfide
    da affrontare
  • 13:48 - 13:51
    è quella di convincere le comunità locali
    ad accettare i rifugiati.
  • 13:51 - 13:54
    E al momento, nel mio paese, ad esempio,
  • 13:54 - 13:58
    spesso mandiamo ingegneri in aree rurali
    e agricoltori nelle città,
  • 13:58 - 14:00
    il che non ha alcun senso.
  • 14:00 - 14:04
    Quindi l'abbinamento dei mercati è un modo
    per unire queste preferenze
  • 14:04 - 14:08
    e ascoltare i bisogni e le richieste
    della popolazione ospitante
  • 14:08 - 14:10
    e dei rifugiati stessi.
  • 14:11 - 14:15
    La quarta idea che voglio presentarvi
    è quella dei visti umanitari.
  • 14:15 - 14:18
    La maggior parte delle tragedie e del caos
    avvenute in Europa
  • 14:18 - 14:20
    era completamente evitabile.
  • 14:20 - 14:24
    Nasce da una contraddizione di base
    nella politica europea d'asilo,
  • 14:25 - 14:26
    ovvero la seguente:
  • 14:26 - 14:28
    per poter richiedere asilo in Europa,
  • 14:28 - 14:33
    bisogna arrivarci spontaneamente
    imbarcandosi in uno dei viaggi pericolosi
  • 14:33 - 14:35
    che vi ho descritto.
  • 14:36 - 14:40
    Ma questi viaggi sono davvero necessari
    nell'era delle compagnie aeree low-cost
  • 14:40 - 14:43
    e delle moderne capacità consolari?
  • 14:43 - 14:45
    Sono viaggi completamente inutili,
  • 14:45 - 14:49
    e l'anno scorso hanno portato
    alla morte di oltre 3 000 persone
  • 14:49 - 14:52
    sulle frontiere europee
    e all'interno del territorio europeo.
  • 14:53 - 14:55
    Se ai rifugiati venisse concesso
  • 14:55 - 14:58
    di viaggiare direttamente
    e chiedere asilo in Europa,
  • 14:58 - 14:59
    potremmo evitarlo,
  • 14:59 - 15:01
    e c'è un modo di farlo
  • 15:01 - 15:03
    grazie a una cosa chiamata
    visto umanitario,
  • 15:03 - 15:07
    che permette alle persone
    di richiedere un visto in un'ambasciata
  • 15:07 - 15:09
    e in un consolato di un paese confinante
  • 15:09 - 15:11
    e poi pagarsi semplicemente un viaggio
  • 15:11 - 15:13
    con un traghetto o un volo per l'Europa.
  • 15:14 - 15:16
    Costa circa un migliaio di euro
  • 15:16 - 15:19
    viaggiare con un trafficante
    dalla Turchia alle isole greche.
  • 15:19 - 15:25
    Mentre cosa circa 200 euro prendere
    un volo low-cost da Bodrum a Francoforte.
  • 15:25 - 15:29
    Se permettessimo ai rifugiati di farlo,
    ci sarebbero dei vantaggi notevoli.
  • 15:29 - 15:30
    Salverebbe delle vite,
  • 15:31 - 15:35
    abbatterebbe il mercato legato
    al traffico dei migranti,
  • 15:35 - 15:38
    ed eliminerebbe il caos
    che vediamo alle porte dell'Europa
  • 15:38 - 15:40
    in aree come le isole greche.
  • 15:40 - 15:44
    Ma è la politica che ci impedisce di farlo
    piuttosto che una soluzione razionale.
  • 15:45 - 15:47
    E quest'idea è stata applicata.
  • 15:47 - 15:50
    Il Brasile ha adottato
    un approccio innovativo
  • 15:50 - 15:54
    con il quale più di 2 000 siriani
    hanno potuto ottenere un visto umanitario,
  • 15:54 - 15:59
    sono entrati in Brasile, dove, all'arrivo
    hanno richiesto lo status di rifugiato.
  • 15:59 - 16:02
    Ogni siriano che è passato attraverso
    questo sistema
  • 16:02 - 16:06
    ha ottenuto lo status ed è stato
    riconosciuto come rifugiato effettivo.
  • 16:06 - 16:08
    C'è anche un precedente storico.
  • 16:09 - 16:12
    Tra il 1922 e il 1942,
  • 16:12 - 16:16
    i passaporti di Nansen
    furono usati come documenti di viaggio
  • 16:16 - 16:22
    per permettere a 450 000 assiri,
    turchi e ceceni
  • 16:22 - 16:23
    di viaggiare in Europa
  • 16:23 - 16:26
    e chiedere lo status di rifugiato
    ovunque in Europa.
  • 16:27 - 16:29
    E l'Ufficio internazionale
    Nansen per i rifugiati
  • 16:29 - 16:31
    ha ricevuto il premio Nobel per la pace
  • 16:31 - 16:35
    in riconoscimento dell'attuabilità
    di questa strategia.
  • 16:35 - 16:38
    Tutte queste quattro idee
    che vi ho presentato
  • 16:38 - 16:42
    rappresentano dei modi di ampliare
    le possibilità di scelta di Amira.
  • 16:42 - 16:45
    Sono dei modi con i quali possiamo
    offire più scelte ai rifugiati
  • 16:45 - 16:49
    oltre alle tre, basilari
    e impossibili opzioni
  • 16:49 - 16:50
    che vi ho illustrato,
  • 16:50 - 16:52
    offrendo beneficio anche agli altri.
  • 16:53 - 16:56
    Per concludere, abbiamo davvero
    bisogno di una nuova visione,
  • 16:56 - 16:59
    una visione che possa ampliare
    le scelte dei rifugiati
  • 16:59 - 17:02
    e che riconosca che essi
    non devono essere un peso.
  • 17:02 - 17:05
    È possibile evitare che i rifugiati
    rappresentino un costo.
  • 17:05 - 17:08
    Sì, rappresentano
    una responsabilità umanitaria,
  • 17:08 - 17:12
    ma sono esseri umani
    con capacità, talento, aspirazioni,
  • 17:12 - 17:15
    che possono dare il proprio contributo
    se glielo lasciamo fare.
  • 17:17 - 17:18
    Nel mondo nuovo,
  • 17:18 - 17:21
    la migrazione non sparirà.
  • 17:21 - 17:24
    Quello che accade in Europa
    resterà con noi per molti anni.
  • 17:24 - 17:25
    Le persone continueranno a viaggiare,
  • 17:25 - 17:27
    continueranno a essere sfollate,
  • 17:27 - 17:31
    e dovremo trovare dei modi razionali,
    realistici di gestire tutto ciò --
  • 17:31 - 17:34
    non in base alle vecchie logiche
    dell'assistenza umanitaria,
  • 17:34 - 17:36
    non in base alle logiche della carità,
  • 17:36 - 17:38
    ma basandoci sulle opportunità
  • 17:38 - 17:41
    offerte dalla globalizzazione,
    dai mercati e dalla mobilità.
  • 17:41 - 17:44
    Vi invito ad aprire gli occhi
    e invito i nostri politici
  • 17:44 - 17:46
    a prendere consapevolezza
    di questa sfida.
  • 17:46 - 17:48
    Grazie mille.
  • 17:48 - 17:57
    (Applausi)
Title:
Il nostro sistema per i rifugiati sta fallendo. Così lo possiamo salvare.
Speaker:
Alexander Betts
Description:

Un milione di rifugiati è arrivato in Europa quest'anno, dice Alexander Betts, e "la nostra risposta è stata, francamente, patetica". Betts studia la migrazione forzata, la scelta impossibile per famiglie tra campi, povertà urbana e pericolosi viaggi illegali verso la salvezza. In questa acuta presentazione, ci offre quattro soluzioni per cambiare il modo in cui trattiamo i rifugiati, in modo che possano dare un contributo immediato alla loro nuova casa. "I rifugiati non devono inevitabilmente rappresentare un costo," dice Betts. "Sono esseri umani con capacità, talenti, aspirazioni, e con la possibilità di dare un contributo -- se glielo lasciamo fare."

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Video Language:
English
Team:
closed TED
Project:
TEDTalks
Duration:
18:09

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