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Esteban Cabeza de Baca's Time Travels | Art21 "New York Close Up"

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    I miei dipinti si sviluppano
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    attraverso un approccio molto intuitivo
    di ciò che sento,
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    ciò a cui reagisco, ma è anche una ricerca
    della mia identità.
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    Essendo cresciuto lungo il confine
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    e non essendo entrato in contatto
    con gran parte della mia eredità culturale
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    ho dovuto scoprirla per conto mio.
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    L'arte è stata una sorta di processo
    di guarigione,
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    un modo per collegare queste storie,
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    ma anche di ripristinare il mio rapporto
    con questa terra
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    e di imparare queste storie
    prima che si perdano nel tempo.
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    I VIAGGI NEL TEMPO
    DI ESTEBAN CABEZA DE BACA
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    Il mio metodo si basa sul concetto
    dell'ipercubo quadridimensionale,
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    al cui interno ci sono quattro strati
    o quattro dimensioni diverse.
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    Per prima cosa tingo la tela
    con il carminio.
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    La tintura carminio agisce
    come una sorta di piano astrale
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    che assomiglia alle mappature
    dello spazio elaborate dai fisici.
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    Queste spirali nei miei dipinti
    rappresentano i solstizi.
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    Le società indigene erano capaci
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    di modellare il tempo senza l'uso
    della tecnologia moderna
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    Poi lavoro alla seconda immagine,
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    in cui sto pensando
    alle storie precoloniali
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    e alle strutture avanzate
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    precedenti il 1492.
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    Il terzo strato prevede dipinti dal vero
    che faccio in loco.
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    Sì, mi sembra bello.
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    Heidi è la mia partner da dieci anni.
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    Le chiedo un feedback,
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    ma la supporto anche come posso
    nel suo lavoro.
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    Il quarto strato è immaginare
    un futuro postcoloniale
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    in maniera ottimistica
    e come processo di guarigione.
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    Questi strati non sono paralleli
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    perché ci sono molte dimensioni
    che esistono accanto a tutti noi.
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    La pittura è l'espediente
    per sfidare il tempo.
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    Voglio che chi vede i miei dipinti
    viva questo paradosso
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    in cui si può tornare indietro nel tempo.
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    Penso che la terra ci parli
    quando la osserviamo.
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    Continuo a tornare nel Nuovo Messico
    per riconnettermi con il mio passato.
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    La famiglia di mio padre veniva
    dal Nuovo Messico
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    e mia madre è di San Ysidro,
    in California,
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    ma è nata in Tijuana.
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    Non riesco a spiegare del tutto
    quanta libertà di spirito io senta lì.
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    Dipingo all'aperto, en plein air,
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    e, in un certo senso,
    si tratta di perseverare.
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    Vai in un luogo specifico
    con una certa intenzione,
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    ma poi è la natura a guidarti.
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    Anche il tempo cambia.
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    Non solo costruisco, per così dire,
    queste dimensioni multiple,
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    ma inseguo anche letteralmente la luce.
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    Quando dipingo paesaggi mi sento
    come i nostri antenati
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    che facevano pitture rupestri.
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    Qui abbiamo tutti iniziato a pensare
    allo spazio, ma senza dividerlo.
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    La pittura dell'epoca coloniale è arrivata
    negli Stati Uniti
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    con il progetto di mostrare
    che la natura doveva essere domata
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    e che bisognava convertire i selvaggi
    e trasformarli in esseri umani.
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    Quello che cerco di fare con il mio lavoro
    è analizzare attentamente ciò che vediamo.
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    Chi abitava quelle terre,
    e chi le abita ancora?
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    Come utilizzare il linguaggio
    della pittura per espandere la nostra idea
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    di dove possiamo immaginare
    lo spazio e il tempo.
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    La pittura paesaggistica può cominciare
    in due dimensioni,
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    ma penso che possa anche estendersi
    in un'intera visione del mondo
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    in cui le persone vengono trattate
    in modo più equo.
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    È pazzesco quante recinzioni
    abbiano aggiunto qui
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    dall'ultima volta, vero mamma?
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    Sì.
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    Per noi era un posto
    dove si poteva correre liberamente,
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    soprattutto per i bambini.
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    Non mi sarei mai aspettata
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    che ciò che consideravo naturale
    e abitudinario sarebbe cambiato.
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    È strano trovarci qui
    e ridurre questo posto a un'immagine
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    che abbiamo visto molto spesso
    nei mass media.
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    Cosa posso raccontare che non sia solo
    qualcosa che cerca di definirci?
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    Penso che il vantaggio di aver vissuto
    una vita lunga sia sapere
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    che non è qualcosa di permanente.
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    Gia.
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    A un certo punto quella recinzione
    verrà buttata giù,
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    ma devo ricordarmi di questo luogo
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    senza recinti, altrimenti impazzirò.
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    Sai, è molto dura.
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    È dura vedere quelle recinzioni.
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    Sì. Grazie per avermelo raccontato, mamma.
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    Dobbiamo rappresentare anche quelle, però,
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    per poterla superare
    e immaginare qualcosa di più grande.
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    Non sapevamo mai se venissero
    per prendere un caffè...
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    O se si fermassero per la notte.
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    Alcuni dei temi centrali della mia arte
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    riguardano la libertà.
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    La libertà di esprimersi per davvero
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    e di esprimere il proprio rapporto
    con lo spazio intorno a sé.
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    E anche la giustizia
    come rendere giustizia al passato?
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    E, credo, anche la gioia.
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    Ho cominciato a parlare
    solo a cinque anni,
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    quindi dipingere era il mio modo
    di comunicare con gli altri.
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    Non dovevo spiegarmi a parole.
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    Dipingere è sempre stato il mio metodo
    per tornare indietro nel tempo
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    in quella modalità
    di quando avevo cinque anni,
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    in cui ci sono solo le emozioni.
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    Non ci sono parole per esprimerle.
Title:
Esteban Cabeza de Baca's Time Travels | Art21 "New York Close Up"
Description:

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Video Language:
English
Team:
Art21
Project:
"New York Close Up" series
Duration:
10:14

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