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Alain de Botton: una filosofia di successo più amichevole e gentile

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    Queste crisi di carriera mi succedono di solito
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    spesso la domenica sera,
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    proprio quando il sole comincia a tramontare
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    e il divario tra le mie speranze per me stesso
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    e la realtà della mia vita comincia a divergere così dolorosamente
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    che di solito mi ritorvo a piangere nel cuscino.
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    Sto parlando di tutto questo
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    perché non credo sia solo un problema personale.
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    Potreste pensare che mi sbagli.
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    Ma penso che viviamo in un'era in cui le nostre vite sono regolarmente
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    intervallate da crisi di carriera,
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    momenti in cui quello che pensavamo di sapere,
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    sulle nostre viste, sulle nostre carriere,
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    si scontra con una minacciosa realtà.
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    Forse oggi è più facile, più che mai prima d'ora, vivere bene.
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    Ma è forse più difficile che mai
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    rimanere calmi, essere liberi dall'ansia della carriera.
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    Adesso voglio esaminare, se posso,
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    alcune delle ragioni per le quali
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    potremmo sentirci in ansia pensando alla nostre carriere.
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    Perché potremmo essere vittime di queste crisi di carriera,
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    mentre piangiamo mestamente nei nostri cuscini.
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    Una delle ragioni per cui forse soffriamo
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    è che siamo circondati da snob.
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    In un certo senso, ho delle brutte notizie,
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    particolarmente per quelli che sono venuti a Oxford dall'estero.
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    C'è un grosso problema con lo snobismo
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    perché a volte chi non è britannico
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    pensa che lo snobismo sia un problema tipicamente inglese,
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    tra case di campagna e titoli nobiliari.
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    La cattiva notizia è che non è vero.
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    Lo snobismo è un fenomeno globale.
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    Siamo un'organizzazione globale. Questo è un fenomeno globale.
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    Esiste. Cos'è uno snob?
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    Snob è chiunque prenda una piccola parte di te
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    e la usi per formarsi una visione completa di chi sei.
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    Questo è lo snobismo.
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    E lo snobismo più dominante
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    che esiste oggi è lo snobismo sul lavoro.
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    Lo si vede nei primi minuti di una festa,
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    quando ti viene chiesta la famosa domanda rappresentativa
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    dell'inizio del 21esimo secolo: "Che cosa fai?".
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    E a seconda di come rispondi a quella domanda,
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    la gente o è incredibilmente felice di vederti,
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    oppure guarda l'orologio e trova delle scuse.
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    (risate)
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    Ora, l'opposto di uno snob è vostra madre.
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    (risate)
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    Not necessariamente vostra madre, o la mia.
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    Ma, comunque, la madre ideale.
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    Qualcuno che non è interessato ai tuoi successi.
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    Ma sfortunatamente, la maggior parte delle persone non è nostra madre.
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    Per molti esiste una stretta correlazione tra quanto tempo,
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    e se volete, amore, non amore romantico,
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    anche se potrebbe essere qualcosa,
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    ma amore in generale e rispetto,
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    sono disposti a concederci
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    e la nostra posizione sulla scala sociale.
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    Questo è uno dei motivi per cui ci importa così tanto delle nostre carriere.
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    E perché ci importa così tanto dei beni materiali.
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    Ci viene spesso detto che viviamo in un'era molto materialista,
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    che siamo tutti avari.
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    Io non penso che siamo particolarmente materialisti.
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    Penso che viviamo in una società
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    che ha semplicemente legato certe ricompense emotive
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    all'acquisizione di beni materiali.
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    Non sono i beni materiali che vogliamo, ma le ricompense.
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    E questo è un modo nuovo di guardare ai beni di lusso.
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    La prossima volta che vedete qualcuno in Ferrari
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    non pensate "Questa persona è avida".
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    Pensate: "Questa persona è incredibilmente vulnerabile e bisognosa di affetto".
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    In altre parole – (risate)
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    provate compassione, più che disprezzo.
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    Ci sono altre ragioni –
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    (risate)
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    Ci sono altre ragioni per le quali è forse più difficile che mai
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    sentirsi calmi.
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    Una di queste, che è paradossalmente collegata a qualcosa di piuttosto bello,
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    è la speranza che tutti abbiamo per le nostre carriere.
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    Mai prima d'ora c'erano state così alte aspettative
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    su quello che gli esseri umani possono fare nella loro vita.
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    Ci viene detto, da molte fonti, che chiunque può fare qualunque cosa.
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    Ci siamo già liberati del sistema delle caste.
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    Ora viviamo in un sistema dove tutti possono arrivare
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    a qualsiasi posizione vogliano.
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    Ed è una bellissima idea.
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    Inoltre, c'è una sorta di spirito di uguaglianza. Siamo tutti fondalmentalmente uguali.
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    Non ci sono più
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    gerarchie strettamente definite.
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    C'è un solo grande problema in tutto questo.
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    E il problema è l'invidia.
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    L'invidia, parlare di invidia è un grande tabù,
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    ma se c'è un'emozione che domina la società moderna, quella è l'invidia.
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    Ed è legata allo spirito di uguaglianza. Mi spiego.
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    Penso che sarebbe molto strano per i presenti, o per chi ci guarda,
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    essere invidiosi della Regina d'Inghilterra.
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    Anche se lei è molto più ricca di ciascuno di voi.
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    E ha una casa molto grande.
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    La ragione per cui non l'invidiamo è perchè è troppo strana.
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    È semplicemente troppo diversa.
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    Non possiamo relazionarci con lei. Parla in modo buffo.
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    Proviene da un posto strano.
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    Quando non ti puoi relazionare con qualcuno, non lo invidi.
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    Più vicine sono le persone, come età e background,
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    nel processo di identificazione, più c'è il pericolo di invidia.
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    Che è anche il motivo per cui non si dovrebbe mai andare alle rimpatriate scolastiche.
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    Perchè non c'è punto di riferimento più forte
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    delle persone con cui siamo andati a scuola.
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    Ma il problema della società moderna è che trasforma tutto il mondo
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    in una scuola. Tutti portano i jeans, tutti sono uguali.
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    Eppure non lo sono.
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    Quindi c'è uno spirito di uguaglianza, misto a forti disuguaglianze.
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    Che diventa – che potrebbe diventare una situazione molto stressante.
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    Oggi, è probabilmente tanto improbabile
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    diventare ricchi e famosi come Bill Gates,
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    quanto era improbabile nel 17esimo secolo
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    accedere ai ranghi dell'aristocrazia francese.
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    Ma il punto è che non ci sembra improbabile.
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    Ci viene fatto credere, dai giornali e altri media,
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    che se hai energia, qualche bella idea sulla tecnologia
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    e un garage, puoi creare qualcosa di grandioso.
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    (risate)
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    E le conseguenze di questo problema si fanno sentire nelle librerie.
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    Quando si va in una grossa libreria, nella sezione di crescita personale,
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    come faccio io a volte,
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    se si analizzano i manuali di crescita personale prodotti
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    nel mondo di oggi, ne esistono di due tipi.
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    Il primo tipo ti dice: "Puoi farlo! Puoi farcela! Tutto è possibile!".
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    E l'altro tipo ti dice come far fronte
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    a quella che educatamente viene chiamata "bassa autostima"
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    o meno educatamente "sentirsi molto male con se stessi".
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    C'è una forte correlazione
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    tra una società che dice alle persone che possono fare qualsiasi cosa,
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    e l'esistenza della bassa autostima.
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    Questo è un altro esempio in cui qualcosa che è abbastanza positivo
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    può avere delle implicazioni spiacevoli.
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    C'è un'altra ragione per cui possiamo sentirci più ansiosi
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    per le nostre carriere, per la nostra posizione nel mondo, oggi più che mai.
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    Ed è di nuovo collegata a qualcosa di bello.
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    E questo qualcosa si chiama meritocrazia.
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    Tutti, politici di sinistra e di destra,
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    concordano che la meritocrazia è una bella cosa,
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    e che tutti dovremmo provare a rendere le nostre società meritocratiche.
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    In altre parole, cos'è una società meritocratica?
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    Una società meritocratica è una società in cui
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    se hai talento, energia, capacità
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    arrivi in cima. Niente ti dovrebbe trattenere.
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    È una bellissima idea. Il problema è:
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    se credi veramente in una società
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    dove quelli che meritano di arrivare in cima ci arrivano,
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    implicitamente e in un modo molto più spiacevole,
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    credi in una società in cui quelli che meritano di toccare il fondo
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    toccano il fondo e lì restano.
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    In altre parole, la tua posizione nella vita non sembra più accidentale,
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    ma meritata e guadagnata.
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    E questo rende i fallimenti molto più devastanti.
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    Sapete, nel medioevo, in Inghilterra,
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    quando si incontrava una persona molto povera,
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    la si definiva come "sfortunata".
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    Letteramente, qualcuno che non era stato baciato dalla fortuna, uno sfortunato.
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    Oggi, specialmente negli Stati Uniti,
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    quando si incontra qualcuno al fondo della società,
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    lo si descrive come "perdente".
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    C'è una grossa differenza tra uno sfortunato e un perdente.
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    E questo mostra 400 anni di evoluzione nella società
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    e la nostra idea di chi sia responsabile per le nostre vite.
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    Non sono più gli dei, siamo noi. Siamo noi alla guida.
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    È bellissimo quando ti va bene,
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    ma altrimenti è devastante.
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    Nei casi peggiori, come spiega l'analisi di un sociologo
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    come Emil Durkheim, porta ad aumentati tassi di suicidio.
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    Avvengono più suicidi nei paesi individualistici sviluppati
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    che in ogni altra parte del mondo.
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    E una delle ragioni è che le persone prendono quello che succede loro
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    in modo estremamente personale.
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    Sono gli artefici del loro successo. Ma anche del loro fallimento.
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    C'è qualche sollievo da alcune delle pressioni
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    che ho descritto finora?
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    Io penso di sì. Voglio esaminarne alcuni.
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    Prendiamo la meritocrazia.
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    Questa idea che tutti meritino di arrivare dove arrivano.
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    Penso che sia un'idea completamente folle.
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    Io supporterò qualsiasi politico, di destra o sinistra,
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    che abbia un'idea anche solo decente di meritocrazia.
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    Io sono meritocratico e questo è certo.
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    Ma penso che sia folle credere che arriveremo a creare
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    una società genuinamente meritocratica. È un sogno impossibile.
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    L'idea che creeremo una società
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    dove letteralmente tutti sono classificati,
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    i bravi in cima, i cattivi in fondo,
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    e tutto è come dovrebbe essere, è impossibile.
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    Ci sono semplicemente troppi fattori casuali.
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    Incidenti, casualità di nascita,
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    casualità degli eventi che accadono alle persone, malattie, ecc.
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    Non riusciremo mai a metterli in graduatoria
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    o a classificare le persone come meritano.
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    C'è una citazione bellissima di Sant'Agostino in "La Città di Dio"
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    dove dice: "È peccato giudicare un uomo dal suo impiego".
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    In Inglese moderno significherebbe:
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    è peccato decidere con chi parlare
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    basandosi sul suo biglietto da visita.
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    Il posto di lavoro non dovrebbe avere peso.
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    E secondo Sant'Agostino,
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    solo Dio può mettere ciascuno al proprio posto.
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    E lo farà nel Giorno del Giudizio,
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    con angeli e trombe, e i cieli si apriranno.
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    Idea folle, se siete dei laici come me.
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    Ma c'è qualcosa di valido, comunque, in questa idea.
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    In altre parole, trattieniti dal giudicare gli altri.
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    Non puoi mai sapere quale sia il vero valore di qualcuno.
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    È una parte nascosta di ciascuno di noi.
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    E non dovremmo comportarci come se la conoscessimo.
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    C'è un'altra fonte di conforto per tutto questo.
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    Quando riflettiamo sul fallire nella vita, quando pensiamo al fallimento,
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    una delle ragioni per cui temiamo di fallire non è soltanto
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    la perdita di ricchezza o di status.
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    Ciò che temiamo è il giudizio e la derisione degli altri. Che esiste.
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    La principale fonte di derisione
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    al giorno d'oggi sono i giornali.
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    Se apri un giornale in un giorno qualsiasi della settimana
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    è colmo di persone che hanno rovinato la loro vita.
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    Hanno dormito con la persona sbagliata. Hanno assunto la sostanza sbagliata.
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    Hanno approvato una legge sbagliata. Qualsiasi cosa sia.
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    Dunque sono degni di essere derisi.
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    In altre parole, hanno fallito. E sono descritti come "perdenti".
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    Ora, esiste un'alternativa a questo?
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    Penso che la tradizione Occidentale ci mostri una gloriosa alternativa.
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    La tragedia.
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    L'arte tragica, così come si è sviluppata nei teatri della Grecia antica
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    nel quinto secolo d.C., era essenzialmente una forma d'arte
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    dedita a scoprire come la gente fallisce.
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    Concedendo loro anche un poco di compassione.
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    Cosa che nella vita ordinaria non è necessariamente concessa.
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    Ricordo che alcuni anni fa stavo riflettendo su tutto questo
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    e mi misi a vedere il "The Sunday Sport",
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    un giornale scandalistico che non vi consiglio di cominciare a leggere,
  • 9:57 - 9:59
    se non lo conoscete già.
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    Andai a parlare con loro
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    di alcune grandi tragedie dell'arte Occidentale.
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    Volevo vedere come avrebbero catturato l'essenza
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    di certe storie se fossero state presentate loro come notizie
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    arrivate in redazione un sabato pomeriggio.
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    Così gli raccontai di Otello. Non ne avevano sentito parlare, ma ne rimasero affascinati.
  • 10:14 - 10:15
    (Risate)
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    Gli chiesi di scrivere un titolo da copertina per la storia di Otello.
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    Si inventarono "Un immigrato impazzito d'amore uccide la figlia di un senatore"
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    lungo tutto il titolo di testa.
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    Gli diedi la trama di Madame Bovary.
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    Un altro libro che furono estasiati di scoprire.
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    E scrissero "Adultera maniaca dello shopping ingoia arsenico dopo una frode creditizia".
  • 10:32 - 10:33
    (Risate)
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    E poi la mia preferita.
  • 10:35 - 10:37
    Questi ragazzi sono proprio geniali, a modo loro.
  • 10:37 - 10:39
    Il mio favorito è "L'Edipo re" di Sofocle.
  • 10:39 - 10:42
    "Il sesso con mamma è stato accecante".
  • 10:42 - 10:45
    (Risate)
  • 10:45 - 10:47
    (Applauso)
  • 10:47 - 10:50
    In un certo senso, a un estremo dello spettro della compassione
  • 10:50 - 10:52
    si trova la stampa scandalistica.
  • 10:52 - 10:55
    All'altro estremo dello spettro si trovano la tragedia e l'arte tragica.
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    Sostengo quindi che dovremmo imparare qualcosa
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    da ciò che avviene nell'arte tragica.
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    Sarebbe insensato chiamare perdente Amleto.
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    Non è un perdente, anche se ha perso.
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    Penso che questo sia il messaggio della tragedia
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    e il motivo per cui, penso, sia molto molto importante.
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    L'altra osservazione sulla società moderna
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    e sul perché causi quest'ansia,
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    è che non c'è niente in essa che sia non umano.
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    Siamo la prima società che vive in un mondo
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    in cui non adoriamo altro che noi stessi.
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    Abbiamo una grande stima di noi stessi. A ragione.
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    Abbiamo mandato gente sulla luna. Abbiamo fatto ogni tipo di cosa straordinaria.
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    Quindi tendiamo ad adorarci.
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    I nostri eroi sono eroi umani.
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    È una situazione del tutto nuova.
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    La maggior parte delle altre società è stata incentrata
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    sull'adorazione di qualcosa di trascendente. Una divinità,
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    uno spirito, una forza della natura, l'universo.
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    Quale che sia, è qualcos'altro che viene adorato.
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    Abbiamo quasi perso l'abilità di farlo.
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    Ecco perché, credo, siamo particolarmente attratti dalla natura.
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    Non per la nostra salute, sebbene spesso ci sia presentata così.
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    Ma perché è un modo di fuggire dal formicaio umano.
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    È una fuga dalle nostre stesse competizioni,
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    e dai nostri drammi.
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    Ecco perché ci piace guardare i ghiacciai e gli oceani,
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    e contemplare la Terra da un punto al di fuori dai suoi perimetri, ecc.
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    Ci piace sentirci in contatto con qualcosa di non umano.
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    Ed è così profondamente importante per noi.
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    Ciò di cui ho parlato, in realtà, è il successo e il fallimento.
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    Uno degli aspetti interessanti del successo
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    è che pensiamo di sapere cosa voglia dire.
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    Se vi dicessi che c'è qualcuno dietro lo schermo
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    che ha molto successo, ve ne fareste subito un'idea precisa.
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    Pensereste a una persona che ha guadagnato molto denaro
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    e ottenuto fama in un qualche campo.
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    Ecco la mia teoria del successo, e io sono una persona
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    che è molto interessata al successo. Voglio davvero avere successo.
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    Penso sempre a: "Come potrei avere più successo?".
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    Ma invecchiando, sono anche più attento alle sfumature
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    del possibile significato della parola "successo".
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    Ecco un'intuizione che ho avuto sul successo.
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    Non si può avere successo in tutto.
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    Sentiamo molto parlare dell'equilibrio tra vita e lavoro.
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    Assurdo. Non puoi avere tutto. Non puoi.
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    Qualsiasi idea di successo
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    deve prendere atto di cosa si stia perdendo,
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    di dove sia l'elemento di perdita.
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    E penso che qualsiasi saggia vita possa accettare
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    che esista qualcosa in cui non si abbia successo.
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    Un altro aspetto riguardo alla vita di successo
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    è che molte volte, le nostre idee
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    su cosa voglia dire avere successo, non sono nostre.
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    Le assorbiamo da altre persone.
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    Specialmente, se sei un uomo, da tuo padre.
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    E se sei una donna, da tua madre.
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    La psicoanalisi ha ribadito più volte questo messaggio per circa 80 anni.
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    Nessuno sembra prestare abbastanza ascolto. Ma io credo che sia vero.
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    Inoltre, assorbiamo messaggi
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    da tutto, dalla televisione, dalla pubblicità
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    dal marketing, ecc.
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    Sono forze immensamente potenti
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    che definiscono ciò che desideriamo e come ci vediamo.
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    Ci viene detto che quella del bancario è una professione molto rispettabile
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    e molti di noi vorrebbero lavorare nel bancario.
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    Quando essere bancario non è più tanto rispettabile, perdiamo interesse.
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    Siamo molto aperti alla suggestione.
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    Quindi ciò che desidero sostenere non è che dobbiamo rinunciare
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    alle nostre idee di successo.
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    Ma che dobbiamo essere certi che siano nostre.
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    Dovremmo concentrarsi sulle nostre idee.
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    Ed essere sicuri che sono nostre,
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    che siamo i veri autori delle nostre ambizioni.
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    È già abbastanza brutto non ottenere ciò che vuoi.
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    Ma è ancora peggio avere un'idea
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    su cosa desideri e scoprire alla fine del percorso
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    che, in realtà, non è ciò che hai sempre voluto.
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    Voglio terminare così.
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    Ma ciò che realmente voglio ribadire
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    con tutti i mezzi è: sì al successo.
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    Ma accettiamo che alcune nostre idee sono strane.
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    Esaminiamo la nostra nozione di successo.
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    Sinceriamoci che le nostre idee di successo siano davvero nostre.
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    Molte grazie.
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    (applauso)
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    Chris Anderson: È stato affascinante. Come rinconcili
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    l'idea che qualcuno sia –
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    che non vada bene pensare che qualcuno è un perdente,
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    con l'idea, che piace a molte persone, di prendere il controllo della propria vita.
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    E che una società che la incoraggia
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    forse deve avere per forza dei perdenti e dei vincenti.
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    Alain de Botton: Sì. Penso che ciò che voglio evidenziare
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    sia semplicemente la casualita del processo del vincere e del perdere.
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    Perché oggigiorno l'enfasi è focalizzata
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    sulla giustizia di tutto.
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    I politici parlano spesso di giustizia.
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    Ora, io credo fermamente nella giustizia. Solo penso che sia impossibile.
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    Quindi dovremmo fare tutto ciò che possiamo,
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    dovremmo fare tutto il possibile per perseguirla.
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    Ma alla fine della giornata dovremmo sempre ricordare
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    che chiunque abbiamo di fronte, qualunque cosa sia accaduta nelle loro vite,
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    ci sarà sempre una forte componente di casualità.
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    E quindi cerco di lasciare spazio a questa casualità,
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    altrimenti può diventare piuttosto claustrofobico.
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    Chris Anderson: Credi che sia possibile combinare
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    questo tuo tipo di filosofia più gentile del lavoro
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    con un'economia di successo?
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    O pensi che non sia possibile,
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    ma che non importi molto e che stiamo dando troppa enfasi a questo aspetto?
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    Alain de Botton: È un incubo pensare che
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    spaventare la gente sia il modo migliore per farla lavorare.
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    E che più crudele è l'ambiente,
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    più persone accetteranno la sfida.
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    Prova a immaginare, chi ti piacerebbe come padre ideale?
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    Il padre ideale è una persona severa, ma gentile.
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    Ed è una cosa difficile da ottenere.
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    Abbiamo bisogno di padri, di figure paterne esemplari nella società,
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    cercando di evitare i due estremi.
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    Che sono l'autoritarismo, la severità nella disciplina da un lato,
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    e la mancanza di regole dall'altro.
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    Chris Anderson: Alain de Botton.
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    Alain de Botton: Molte grazie.
  • 16:24 - 16:34
    (applauso)
Title:
Alain de Botton: una filosofia di successo più amichevole e gentile
Speaker:
Alain de Botton
Description:

Alain de Botton esamina le nostre idee di successo e fallimento – e mette in discussione i fondamenti di questi due giudizi. Il successo è sempre meritato? E il fallimento? La sua analisi eloquente e spiritosa va oltre lo snobismo per trovare il vero piacere nel lavoro.

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Video Language:
English
Team:
closed TED
Project:
TEDTalks
Duration:
16:39
Gianluca Finocchiaro added a translation

Italian subtitles

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