Le cose che i veterinari sanno e i dottori no

Come si chiama un veterinario che può prendersi cura di una sola specie? Medico. In un'accattivante intervento, Barbara Natterson-Horowitz spiega come una visione della salute aperta a più specie, possa migliorare l'assistenza sanitaria dell'animale umano, in particolare quando si tratta di salute mentale.

Dieci anni fa,

ho ricevuto una telefonata
che ha cambiato la mia vita.

Allora ero cardiologo alla UCLA,

mi stavo specializzano in tecniche
di imaging cardiaco.

La chiamata proveniva da un veterinario
dello zoo di Los Angeles.

Un anziano scimpanzé femmina

si era svegliato
con una paralisi facciale

ed i veterinari erano preoccupati
che avesse avuto un ictus.

Mi chiesero
se potessi andare allo zoo

e fare un'immagine del cuore
dell'animale

per cercare una possibile
causa cardiaca.

Per essere chiari, gli zoo nordamericani
sono forniti

di veterinari altamente qualificati
e certificati,

che si prendono cura in modo eccezionale
dei loro pazienti animali.

A volte però si rivolgono
alla comunità medica,

soprattutto per consigli specializzati,

ed io ero uno dei fortunati medici
invitata per aiutare.

Ho avuto la possibilità di escludere
l'ictus nello scimpanzé

e di assicurarmi che questo gorilla
non avesse un'aorta strappata.

Ho potuto valutare
il soffio cardiaco di questa ara

e assicurarmi
che questo leone marino della California

non avesse il pericardio infiammato

e in questa immagine, sto ascoltando
il cuore di un leone

dopo un primo soccorso,
procedura in collaborazione

con veterinari e medici,

dove abbiamo drenato
700 cc di liquido dalla sacca

in cui il cuore del leone
era contenuto.

Questa procedura,
che ho fatto su molti pazienti umani,

era identica, con l'eccezione
di quella zampa e di quella coda.

Principalmente lavoravo
al centro medico della UCLA con i medici,

discutendo sintomi,
diagnosi e trattamenti

per i miei pazienti umani.

Qualche volta però,
lavoravo allo zoo di Los Angeles

con i veterinari, discutendo
sintomi, diagnosi e trattamenti

per i loro pazienti animali.

Di tanto in tanto,
lo stesso giorno,

facevo dei turni sia
al centro medico della UCLA,

che allo zoo di Los Angeles.

Allora iniziai a focalizzare
chiaramente questa cosa.

Medici e veterinari stavano
sostanzialmente prendendosi cura

degli stessi disturbi
nei loro pazienti animali e umani:

insufficienza cardiaca congestizia,
tumori al cervello, leucemia,

diabete, artriti, sclerosi laterale
amiotrofica, cancro al seno,

persino sindromi psichiatriche
come depressione, ansia,

ossessione, disordine alimentare
e autolesionismo.

Ora devo confessarvi una cosa:

anche se ho studiato fisiologia comparata
e biologia evolutiva,

quando ero una studentessa --

ho persino scritto la mia tesi di laurea
sulle teorie di Darwin--

imparare la significativa sovrapposizione

tra i disturbi
degli animali e degli umani,

arrivò come
un campanello d'allarme necessario.

Allora ho iniziato a domandarmi,
con tutte queste sovrapposizioni,

come mai non avevo mai pensato
di chiedere a un veterinario,

o consultare la letteratura veterinaria,

per opinioni su uno
dei miei pazienti umani?

Perché né io né i miei amici
e colleghi dottori

avevamo mai partecipato
ad una conferenza per veterinari?

Se è per questo, perché
doveva essere una sorpresa?

Ogni medico accetta l'esistenza
di alcune connessioni biologiche

tra animali e umani.

Ogni farmaco che prescriviamo,
che abbiamo preso

o che abbiamo dato alle nostre famiglie

è stato prima testato su di un animale.

Ma c'è qualcosa di molto diverso

nel somministrare a un animale
un farmaco o una malattia umana

e vederlo sviluppare da solo
insufficienza cardiaca congestizia,

diabete o cancro al seno.

Alcune delle sorprese

vengono dalla crescente
separazione nel nostro mondo

tra urbano ed extraurbano.

Sentiamo di bambini di città

che pensano che la lana
cresca sugli alberi

o che il formaggio
venga da una pianta.

Gli odierni ospedali per umani

sono sempre più
brillanti cattedrali della tecnologia.

Questo crea una distanza psicologica
tra i pazienti umani

che sono curati qui

e i pazienti animali
che vivono negli oceani,

nelle fattorie e nella giungla.

Penso però che ci sia un motivo
molto più profondo.

Medici e scienziati accettano
intellettualmente che la nostra specie,

Homo Sapiens, sia soltanto
una specie,

non più unica
o speciale delle altre.

Ma nei nostri cuori,
non ne siamo convinti.

Lo sento quando ascolto Mozart

o quando guardo le foto
del Rover su Marte sul mio MacBook.

Sento fortemente
l'eccezionalità dell'uomo,

persino mentre riconosco
il costo dell'isolamento scientifico

nel vedere noi stessi
come una specie superiore, a sé stante.

Ci sto provando in questi giorni.

Quando vedo un paziente umano
adesso, mi chiedo sempre:

"Cosa sanno i veterinari
su questo problema che io non so?"

"Potrei prendermi cura meglio
dei miei pazienti umani

se li vedessi
come pazienti animali?"

Ecco alcuni esempi
del tipo di connessioni emozionanti

che questo tipo di modo di pensare
mi ha portato a fare.

Arresto cardiaco indotto dalla paura.

Intorno all'anno 2000,

i cardiologi umani "scoprirono"
l'arresto cardiaco indotto emotivamente.

Casi come un padre giocatore d'azzardo
che perde i risparmi di una vita

con un lancio ai dadi,

o una sposa lasciata sull'altare.

Ma si scoprì che questa
"nuova" diagnosi umana

non era né nuova,
né unicamente umana.

I veterinari hanno diagnosticato,
trattato e persino prevenuto

i sintomi indotti emotivamente
negli animali,

spaziando dalle scimmie ai fenicotteri,
dai cervi ai conigli,

fin dagli anni '70.

Quante vite umane
potevano essere salvate

se questa conoscenza veterinaria
fosse stata messa nelle mani

dei dottori del pronto soccorso
e cardiologi?

Autolesionismo.

Alcuni pazienti umani
si feriscono da soli.

Alcuni si strappano i capelli,

altri si tagliano da soli.

Anche alcuni pazienti animali
si feriscono da soli.

Ci sono uccelli
che si strappano le piume.

Ci sono stalloni che ripetitivamente
si mordono i fianchi fino a sanguinare.

Ma i veterinari hanno modi
molto specifici ed efficaci

di curare e persino
prevenire l'autolesionismo

nei loro animali autolesionisti.

Questa conoscenza veterinaria
non dovrebbe essere data

agli psicoterapisti,
a genitori e pazienti

che lottano contro l'autolesionismo?

La depressione post-parto
e la psicosi post-parto.

A volte, subito dopo aver partorito,

alcune donne diventano depresse

e a volte diventano seriamente
depresse e persino psicotiche.

Possono trascurare il loro neonato

e in alcuni casi estremi,

persino fargli del male.

I veterinari equini
sanno che ogni tanto,

una cavalla, subito dopo aver partorito,

potrebbe trascurare il puledro,
rifiutando di prendersene cura

e in alcuni casi,
calciare il puledro fino a ucciderlo.

I veterinari hanno ideato

un intervento per affrontare
questa sindrome di rifiuto del puledro,

che comporta un incremento
dell'ossitocina nella cavalla.

L'ossitocina è l'ormone del legame,

ciò comporta un rinnovato interesse

da parte della cavalla nel suo puledro.

Questo tipo di informazione non dovrebbe

essere messa nelle mani di ostetriche,

dottori di famiglia e pazienti

che stanno lottando contro la depressione
e la psicosi post-parto?

Nonostante tutte queste speranze,

sfortunatamente il divario
tra i nostri campi rimane grande.

Per spiegarlo, devo purtroppo
rivelare alcune cose non belle.

Alcuni medici si sentono superiori

rispetto ai dottori
che non sono dottori in medicina.

Sto parlando di dentisti,
oculisti, psicologi,

ma specialmente veterinari.

Certo, la maggior parte dei medici
non si accorge che oggi è più dura

essere accettati alla facoltà veterinaria
che a quella medica.

Alla facoltà di medicina

impariamo qualsiasi cosa
c'è da sapere

su di una sola specie, l'Homo sapiens.

I veterinari invece devono imparare
salute e malattie

di mammiferi, anfibi,
rettili, pesci e uccelli.

Quindi non do la colpa ai veterinari
che si sentono infastiditi

dall'aria di superiorità
e dall'ignoranza della mia professione.

Ecco una battuta dei veterinari:

come si chiama un veterinario

che può curare solo una specie?

Medico.
(Risate)

Colmare il divario è diventato
una passione per me,

e lo sto facendo
attraverso programmi

come "Darwin on Rounds" alla UCLA,

dove stiamo portando esperti di animali
e biologi evolutivi,

inserendoli nel nostro team medico

con i nostri interni
e specializzandi.

Attraverso i convegni di Zoobiquity,

dove invitiamo le facoltà mediche
e le facoltà veterinarie

per discussioni collaborative

sulle malattie e i disturbi condivisi

da pazienti animali e umani.

Alle conferenze di Zoobiquity,

i partecipanti imparano che curare
il cancro al seno su una tigre

può aiutarci a curare meglio
il cancro al seno

in una maestra delle elementari;

capire la sindrome dell'ovaio
policistico di una mucca Frisona

può aiutarci a prenderci cura

di un'istruttrice di danza
con un ciclo doloroso.

Capire meglio il trattamento
dell'ansia da separazione

in uno Sheltland irritabile

può aiutare un bambino ansioso
il suo primo giorno di scuola.

Negli USA e ora a livello internazionale,
alle conferenze di Zoobiquity

medici e veterinari lasciano
i loro atteggiamenti e pregiudizi

al di fuori e partecipano
insieme come colleghi,

compagni e dottori.

Dopotutto, anche noi umani
siamo animali

ed è tempo per noi medici di accogliere

i nostri pazienti
e la nostra natura animale

e unirci ai veterinari

in un approccio alla salute più vasto.

Perché si è scoperto

che tra le migliori
e più umanitarie forme di medicina,

c'è quella praticata dai dottori
i cui pazienti non sono umani.

Uno dei modi migliori
con cui possiamo prenderci cura

dei pazienti umani
è prestando prestare attenzione

a come tutti gli altri
pazienti del pianeta

vivono, crescono, si ammalano
e guariscono.

Grazie.

(Applausi)