-
(Musica in sottofondo e rumori di cucina)
-
Eh, in questi anni è cambiato molto perché
-
prima le cose erano un po' più
-
diverse gente più semplice, gente che...
-
frequentava il centro del paese, come
-
posso dire...e ora stanno più in casa,
-
è meno...è meno vissuto, forse il paese.
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Prima eravamo tutti più concentrati sulla
-
mia bottega... ecco il mondo, la vita...
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l'era svolta lì.
-
E anche per conoscersi, per capirsi
-
per avere opinioni anche diverse
-
ma per arrivare a un dialogo poi ....
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era più facile.
-
Era vita, secondo me era vita.
-
(Musica ritmica...)
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Poggio alla Croce si potrebbe
-
definire una "piccola Svizzera"
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E' in un posto bellissimo
-
tra il Chianti ed il Valdarno
-
Gli abitanti sono operosi e collaborativi
-
in estate viene organizzata una bella
-
rassegna che attira la gente
-
dalle due valli.
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Quando ci sono delle problematiche
-
come il ghiaccio d'inverno, allora
-
le informazioni circolano nella rete
-
e quindi sembrava un paesino ideale. Ecco
-
Quando poi nel nell'aprile del 2017 arriva
-
la "bomba": una notizia,
-
arrivano trenta migranti nel "palazzo",
-
che sarebbe l'ex albergo
-
che c'è in mezzo al paese.
-
Sembrava che stesse per atterrare
-
un'astronave con dentro
-
gli "omini" neri.
-
(Musica di tensione...)
-
Arriva l'uomo nero...
-
Arriva l'uomo nero,
-
e tutti siamo con le creste ritte,
-
impressionati..
-
anche io, eh,
-
devo dire la verità.
-
Anche se lo senti dire però senti dire il
-
bene ed il male di questi ragazzi.
-
La reazione più più forte, più intensa
-
più ampia è stata di rifiuto immediato,
-
quella che chiamiamo reazione "di pancia".
-
E' quella che ha causato l'organizzazione
-
immediata, per cui nel giro di tre giorni
-
sono comparse 230 firme contro,
-
laddove noi, gli abitanti, siamo 190.
-
C'è stata una prima riunione un anno
-
e mezzo fa, d'estate,
-
prima che arrivassero i migranti,
-
quindi non conoscevamo le persone,
-
non avevamo dato un volto,
-
non avevamo ha dato un nome
-
a queste persone.
-
E c'è stata una riunione nel paese.
-
Io non sono di Poggio alla Croce,
-
vengo dal paese vicino....
-
e nella riunione ci sono state
-
delle persone che proprio erano
-
aggressive, ma perché avevano paura.
-
La loro reazione non è frutto
-
della cattiveria, ma dietro c'è anche
-
una realtà che bisogna raccontare
-
bisogna dire che era dovuta al fatto che
-
nessuno era preparato a questo,
-
nessuno era stato avvertito
-
che venivano gli stranieri, i migranti
-
(Musica... battitura del ferro...)
-
Siccome fecero fare delle firme,
-
ma io ero d'accordo solamente
-
perché volevo sapere questi ragazzi
-
come venivano sistemati,
-
cosa venivano a fare..
-
poi invece non era quello il motivo,
-
era perché non ce li volevano,
-
e allora ho detto che questa firma
-
era stata estorta e che non ero d'accordo.
-
Hanno detto: «Fra un anno
-
vi si rammenterà, vedrete,
-
perché noi abbiamo paura..
-
Io ho una bambina di 18 mesi che
-
probabilmente non potrò mandare
-
nella strada» ... addirittura
-
le prime volte ci avevano, mi avevano,
-
chiesto di firmare, io non ho voluto
-
firmare e sono diventata la pecora nera
-
Sono neri, il discorso è uno solo,
-
e quello magari si riesce poco bene
-
a digerire ...non è facile l'integrazione,
-
quello no, anche per loro.
-
C'era una sensazione, un'atmosfera
-
tremenda a me tremavano le gambe
-
veramente ..
-
ho riconosciuto dei bambini
-
che ho visto quando erano piccoli e,
-
ormai grandi, spaventatissimi,
-
che hanno iniziato a dire
-
che non li volevano,
-
che non volevano i migranti
-
perché la loro vita sarebbe cambiata,
-
non avrebbero potuto più andare in giro
-
per il Poggio tranquilli,
-
e non avrebbero potuto
-
più fare le passeggiate..
-
ma lo urlavano in modo proprio aggressivo
-
e io ho iniziato a tremare e
-
avrei voluto dire,
-
non sono riuscita perché tremavo,
-
che mi dispiaceva tantissimo
-
vedere che dei bambini
-
che da piccoli erano stati abituati
-
alla condivisione, a stare tutti insieme
-
mi ricordo che allora c'erano anche
-
dei bambini di colore nelle nostre classi,
-
che giocavano tutti insieme
-
ora erano diventati così
-
e che mi facevano paura loro
-
più che i migranti che dovevano arrivare,
-
perché sentivo una rabbia una violenza
-
che mi spaventava
-
(Rumore di macchine in lavanderia...)
-
Quando poi l'astronave con gli "omini
-
neri" era effettivamente atterrata
-
alla fine riuscimmo ad organizzare
-
in un locale sotto la chiesa
-
che poi è quello che
-
Don Martin il nostro parroco,
-
ha messo a disposizione
-
per tutto il resto della vicenda,
-
ad organizzare
-
un primo cerchio dove facemmo,
-
proprio all'inizio, un gioco disposti
-
sulle sedie in maniera del tutto casuale,
-
quindi mescolati, un po' di loro un po'
-
di noi .. E cominciammo il gioco,
-
attaccammo un pezzo di carta alla parete
-
ed ognuno di noi cominciò a scrivere..
-
«Andrea Formiconi, italiano,
-
parla l'italiano».. E poi puntando il
-
pennarello verso uno a caso,
-
quello è il suo turno e allora lui scrive
-
e ognuno di noi quindi scriveva
-
di che paese era, come si chiamava
-
e che lingua parlava.
-
In questo semplice gioco si aprì
-
sostanzialmente un mondo,
-
un universo perché su quattordici
-
o quindici ragazzi vennero fuori dodici
-
o tredici lingue
-
E poi venne fuori che c'erano
-
degli analfabeti che si riconoscevano
-
perché impugnavano in maniera improbabile
-
il pennarello e in realtà non scrivevano
-
il loro nome ma lo disegnavano.
-
Però allo stesso tempo c'erano ragazzi
-
invece scolarizzati, ad un estremo
-
c'era un ragazzo che poi emerse
-
che addirittura era scappato
-
quando stava facendo
-
il quarto anno di matematica.
-
Questo fa capire il ventaglio enorme
-
di storie e situazioni umane diverse
-
che c'è dietro a questo stereotipo,
-
che noi chiamiamo con nomi univoci:
-
il migrante; dove ad ognuno viene in testa
-
un omino nero, sempre il solito,
-
con una storia standard:
-
assolutamente no!
-
(Musica dolce...)
-
(Rumori di cucina...)
-
Io credo che la scintilla che ha mosso
-
tutta questa voglia della scuola
-
è stato un ragazzo maliano, Alì,
-
che mi aveva individuata perché
-
avevamo parlato un po' francese
-
ed un giorno l'ho visto arrivare
-
a casa mia - io non abito in paese c'è un
-
chilometro e mezzo di strada sterrata
-
è arrivato da solo, con quaderno e matita
-
dicendomi:
-
«Io voglio imparare l'italiano».
-
Noi siamo tre che si sono imbarcati
-
in questa avventura della "scuolina"
-
di Poggio alla Croce
-
non sapendo cosa ci sarebbe successo.
-
Bisognava fare qualcosa
-
per aiutare questi ragazzi e si pensava
-
che la cosa migliore fosse
-
insegnare loro l'italiano, più che altro
-
aiutarli ad avere fiducia in loro stessi.
-
Come noi abbiamo paura dei loro neri,
-
loro hanno paura di noi bianchi,
-
Questo bisogna metterselo in testa
-
cioè loro hanno paura...
-
hanno paura di noi.
-
Poi la cosa buffa è che avevamo coinvolto
-
un sacco di gente che non c'entrava niente
-
con l'insegnamento: c'era Marcie,
-
una canadese, che sapeva pochissimo
-
l'italiano ma è stata insegnante
-
di italiano, e poi abbiamo avuto
-
anche Willy, che ancora è qui
-
con noi che legge, fa il dettato,
-
fa tutte le cose con questi ragazzi
-
Sono una maestra delle elementari
-
al martedì esco dalla mia classe,
-
magari stanchissima,
-
soprattutto l'anno scorso
-
che avevo una prima,
-
e mi siedo in macchina e dico:
-
no, ma chi me lo fa fare?
-
Ma io sono matta, ma perché vado là
-
che sono stanchissima,
-
dovrei andare a casa a riposarmi
-
o a fare da cena e poi invece
-
chiudo gli occhi e penso: se è una cosa
-
giusta quella che sto facendo,
-
mi arriveranno le energie! E parto
-
e poi sono felice perché arrivi lì
-
e vedi
-
quei sorrisi coi denti bianchi
-
di chi è di colore
-
quegli occhi felici...
-
Vedo Ajan, vedo Dedo , i curdi...
-
che ti aspettano
-
che ti ringraziano che sono lì,
-
che non vedono l'ora
-
che gli insegni qualcosa.
-
(Rumore auto...)
-
Sono arrivata qui un po' per caso,
-
ho conosciuto questa esperienza
-
grazie ad Andreas, ai suoi racconti
-
nelle aule universitarie e ho deciso
-
di venire a dare un'occhiata.
-
La domanda che mi si rivolge più spesso
-
è perché lo faccio, soprattutto perché
-
quello che colpisce di me è il fatto
-
che arrivo da quasi 90 chilometri
-
di distanza quindi mi faccio
-
comunque quasi due ore di macchina
-
solo per arrivare qui.
-
Non è facile spiegarlo,
-
perché la ragione
-
risiede in tantissime piccole cose:
-
sono i gesti, gli sguardi, le emozioni,
-
le sensazioni che provi quando
-
stai a contatto con queste persone,
-
con questi ragazzi, che poi alla fine
-
sono vite, sono esperienze,
-
sono mondi con cui tu vieni a contatto
-
e di cui tu spesso non sai niente.
-
(Rumore del traffico...)
-
(Rumori di campagna, cinguettii...)
-
(Cigolio bicicletta...)
-
(Musica in sottofondo...)
-
Io vado a scuola a Figline Valdarno
-
ogni giorno,
-
Il lunedì e il martedì vado in auto
-
ma gli altri giorni con la bicicletta.
-
Andare non è difficile, ma lo è ritornare
-
perché ci vuole un'ora e trenta minuti,
-
è faticoso.
-
Quando ero in Africa non sono andato
-
a scuola e fortunatamente mi sono
-
ritrovato in Europa e ho incontrato
-
le persone che mi stanno aiutando
-
e mi hanno iscritto a scuola.
-
Il mio obiettivo è imparare
-
la lingua italiana
-
vorrei restare in Italia, vorrei lavorare
-
per aiutare la mia famiglia in Africa.
-
Allora devo concentrarmi per studiare
-
è il mio obiettivo
-
Mi chiamo Madou Koulibaly, vengo
-
dalla Guinea e ho 20 anni.
-
Sono arrivato in Italia da un anno
-
e due mesi, è stato un viaggio
-
molto difficile, non posso dimenticarlo,
-
è stato molto pericoloso.
-
Ho sacrificato la mia vita
-
per cercare la fortuna in Europa
-
e grazie a Dio sono entrato in Italia
-
il 13 giugno 2018
-
e sono stato trasferito
-
a Poggio alla Croce.
-
Ho incontrato delle persone
-
bravissime che mi hanno
-
trattato come se fossi uno di loro,
-
loro sono come i miei genitori qui,
-
non solo io ma tutti gli africani
-
che vivono a Poggio alla Croce.
-
Vorrei continuare a studiare,
-
se c'è la possibilità,
-
mi piacerebbe
-
andare a studiare ed imparare
-
un mestiere, ad esempio il saldatore.
-
(Rumore sorgente acqua, cinguettii...)
-
L'Italia mi ha salvato nel mare,
-
in Italia sono andato a scuola
-
e vorrei continuare a studiare ancora,
-
non so cosa succederà dopo.
-
Poggio alla Croce è il mio villaggio.
-
Il cammino è caotico,
-
non si può pretendere di seguire
-
un filo preordinato:
-
ucciderebbe questo tipo di scuola.
-
Quindi bisogna essere disposti a andare
-
dove il vento ti indica
-
che è opportuno andare.
-
Un esempio può essere quello in cui
-
Samba aveva scritto il curriculum
-
al computer allora naturalmente
-
tu cerchi di dare una mano..
-
"Samba, ma questo che cosa vuol dire,
-
questo che cos'è?"..
-
Ad un certo punto c'è scritto
-
"esperienza di guida" allora io dico:
-
"Samba ma tu che cosa guidavi?"..
-
lui si illumina immediatamente e dice
-
"mucca!"
-
E da lì è nato tutto un altro discorso,
-
su come cambiano le cose nel tempo,
-
come cambiano in Africa come cambiano qui.
-
Ecco questo è un esempio di digressione.
-
E' una scuola centrata sull'uomo,
-
sostanzialmente
-
(Musica dolce, dialoghi in sottofondo...)
-
Tutti abbiamo le soffitte piene
-
di vecchi computer, non sappiamo
-
che farcene..
-
E’ un problema perché tocca portarli
-
all'ecocentro e così allora noi da mesi
-
diffondiamo questa informazione:
-
hai un computer vecchio,
-
non sai che fartene,
-
per te è un problema? prima di
-
portarlo all'ecocentro dallo a noi,
-
ci installiamo una versione del sistema
-
operativo in software libero, cioè Linux,
-
ed in particolare delle varianti di Ubuntu
-
versione leggera che sta bene nei computer
-
vecchi, li "resuscita" facilmente.
-
Il sistema operativo Ubuntu
-
si chiama così perché è un concetto
-
che è nato nell'Africa del sud e
-
Nelson Mandela in un bellissimo video che
-
poi abbiamo utilizzato
-
per un lavoro con i ragazzi
-
lo descrive con una piccola storia:
-
un tempo, quando un viandante arrivava
-
in un villaggio era stanco, assetato,
-
affamato, nessuno gli avrebbe
-
mai fatto una domanda,
-
gli portavano semplicemente da bere
-
e da mangiare. Questo è Ubuntu, cioè
-
pensare all'altro nella consapevolezza
-
che questo crea una comunità
-
che vive bene se tutti facciamo così.
-
Ubuntu è una grande filosofia africana,
-
un grande pensiero africano...
-
che prima di arrivare all'aiuto
-
parte dal fatto che tutti siamo fratelli
-
e se aiuto una persona
-
quella persona può aiutare
-
un'altra persona vicino a me,
-
quindi un collegamento generale
-
della società in quanto ci consideriamo
-
tutti fratelli e sorelle.
-
Quello che è successo a Poggio alla Croce
-
è Ubuntu, è proprio Ubuntu autentico.
-
(Coro di bambini africani...)
-
Io penso che seguire un principio per cui
-
se io aiuto l'altro e l'altro aiuta me
-
si vive meglio tutti e due,
-
piuttosto che farsi la lotta fra di noi,
-
anche se nella lotta poi magari
-
c'è uno che vince e che quindi
-
può essere più soddisfatto
-
di quello che perde.
-
Questo mi ha sempre guidato,
-
da quando ho in qualche modo avuto
-
la ragione, nella mia vita
-
ho sempre passato il tempo,
-
che avevo a disposizione, nel sociale
-
ma per questo motivo, non per buonismo..
-
non è che sia buono allora penso che
-
per essere buoni bisogna fare del bene
-
quindi aiutare gli altri, fare la carità..
-
no, è forse un modo egoistico,
-
cioè io penso di guadagnarci qualcosa
-
in questo modo e quindi riuscire
-
a vivere meglio, essere sereni..
-
Si prendono delle fregature, tante,
-
ma non sono fregature
-
come chi lotta poi perde,
-
sono forse opportunità che ci lasciano
-
magari un po' col sapore amaro in bocca,
-
ma che non creano grossi disagi
-
perché sappiamo di doverli avere
-
C'erano dei problemi di natura...
-
come dire... quasi razzista
-
per cui sono intervenuto anche per questo,
-
ma poi era il mio modo di fare:
-
io sono migrante a Poggio alla Croce
-
perché vengo dalla città in campagna,
-
ho scelto questo e subito
-
ho cercato di integrarmi nell'associazione
-
che c'è qui, perché mi era naturale.
-
Per cui è un modo di vivere
-
che non è certamente da eroi, è normale,
-
penso che tutti possano capire questo.
-
(Inglese...) Quando sento la parola Ubuntu
-
mi colpisce, perché significa umanità
-
Nella religione ebraica abbiamo una parola
-
...che ho giusto imparato...
-
"tikkun olam" che significa...
-
curare il mondo
-
e ho visto le relazioni emerse qui
-
ed è davvero bello
-
perché piano piano le persone, una ad una
-
stanno "curando il mondo"
-
mostrando umanità.
-
E ci dobbiamo concentrare su questa parte
-
positiva del mondo altrimenti
-
se non facciamo niente siamo spacciati.
-
Così per me venire qui è una piccolissima
-
cosa ma ha un grande significato
-
nella mia vita.
-
Questa idea di Ubuntu, questa idea
-
di rigenerare computer o oggetti
-
o strumenti che parevano da gettar via,
-
è un po' quello che poi ha ispirato anche
-
l'agire di questa comunità, che
-
piano piano ha rigenerato
-
se stessa. Infatti quel motto
-
"Noi abbiamo bisogno di voi",
-
di fatto significa proprio questo
-
cioè in realtà la nostra comunità locale
-
si è rigenerata grazie al vostro arrivo,
-
grazie alla vostra astronave
-
di voi "omini neri", perché ha generato
-
in noi, di nuovo, una necessità
-
di lavorare insieme, di uscire di casa,
-
abbandonare i divani,
-
abbandonare la televisione, uscire
-
di casa e provare insieme a risolvere
-
un problema per il beneficio
-
della comunità tutta.
-
(Samba canta un rap...)
-
Sono Samba e vengo dal Mali,
-
sono un artista
-
ma prima quando cantavo con i miei amici,
-
la mia famiglia non voleva
-
che io facessi musica,
-
però a me piace tanto.
-
Nel 2016 sono andato in Algeria
-
e poi sono andato anche in Libia
-
poi sono arrivato qua due anni fa.
-
La mia vita è complicata..
-
Io vorrei fare l'artista, un rapper come
-
tantissimi italiani, Ghali, Sfera, Ebbasta
-
tantissimi giovani
-
e anche io vorrei fare come loro.
-
Io di preciso non lo so
-
cosa può essere successo,
-
però siamo cambiati un po' tutti.
-
Ho trovato in loro dei cambiamenti anche
-
nei nostri confronti
-
perché prima magari
-
passavano,
-
ci facevano il sorrisino e basta..
-
poi quando hanno visto che
-
veramente noi gli si vuole bene...
-
io non posso parlare per tutti,
-
ma per quelle persone come me che
-
quando se ne vede uno nuovo si ferma:
-
"ehi!"
-
e se è alto gli si dice di abbassarsi
-
perché non ci si arriva..
-
e lui ci chiama e noi gli si dice
-
"nonni, nonni"
-
e lui risponde "nonno, nonna"
-
Capito, è un discorso un po'...
-
Noi parliamo in italiano..
-
allora ci si fa capire, quando si vede
-
che proprio non capiscono
-
che cosa gli vogliamo dire,
-
per esempio se gli vogliamo dire
-
di abbassarsi gli facciamo così..
-
anche noi, allora loro...
-
hanno imparato, quando passano (ci dicono)
-
"nonna, aiuto?".. "no, oggi no, domani"
-
magari c'è qualcuno
-
che sa parlare qualche parola
-
di inglese come me
-
allora gli dico "tomorrow"
-
e loro mi capiscono..
-
sì ma se tu sapessi il discorso di
-
tomorrow... porca miseria...
-
Io l'ho sempre detto: non ho posto in casa
-
ma se ne avessi li prenderei volentieri..
-
uno, due..
-
quanti ne potrei tenere,
-
se la casa fosse mia,
-
soprattutto
-
perché secondo me loro
-
hanno anche bisogno di essere capiti..
-
che il bene lo sentano,
-
non così: soltanto il sorriso...
-
Ci sono cose più fondamentali
-
nella vita,
-
di tutti,
-
ma di loro specialmente:
-
vengono via dalla famiglia,
-
da un sistema brutto,
-
patiscono la fame.. tante cose...
-
per arrivare in Italia c'è voluto...
-
Forse noi gli diamo
-
queste cose, siamo due o tre persone
-
che veramente gli vogliamo bene dal cuore,
-
non della bocca e basta e loro lo sentono,
-
basta che ci vedano vengono subito
-
e subito.. il bacio, la merendina,
-
gli diamo i biscotti,
-
come se si vedesse un bambino
-
a cui si insegna a parlare.
-
Con quelli che vediamo più spesso
-
si è creato un contatto per cui
-
ci si perde del tempo,
-
ma non è tempo perso, è tempo buono.
-
Probabilmente anche le persone
-
che ci hanno visti così
-
all'inizio ci hanno criticati e ora invece
-
hanno detto
-
"è vero, si sono fatti ben volere...
-
ma voi come fate?"...come si fa?
-
bene, gli parliamo!
-
Prima o dopo capiscono..
-
tu vedrai, in una maniera o nell'altra
-
Poi la cosa piano piano si è stabilizzata,
-
questi ragazzi sono bravissimi,
-
non danno noia a nessuno,
-
salutano tutti passano, ti chiamano,
-
noi si risponde, almeno io personalmente,
-
anche se qualcuno nemmeno gli parlerà...
-
però il paese è tranquillo.
-
Ha dato il peggio di sé, perché credo che
-
le informazioni non conosciute
-
per bene fanno fare
-
una reazione sbagliata.
-
Poi le cose le conosci, le vedi e
-
le vivi, perché alla fine è vivere
-
insieme a loro
-
è anche bello.
-
Per come lo vedo io questi ragazzi
-
li hanno messi in galera, poverini
-
sono chiusi lì dentro,
-
se non ci fosse stato questo gruppo
-
che gli faceva scuola e le altre cose
-
che cosa rappresenta stare lì?
-
Cioè, io la vedo così...
-
Se si mettono trenta ragazzi
-
chiusi in un Cas, a che cosa serve?
-
A me sembra che non serva a nulla..
-
se non fanno attività,
-
sono tutti ragazzi giovani di vent'anni,
-
che devono fare? Se fanno qualcosa,
-
se c'è modo di dargli sfogo,
-
spazio nelle attività, nel gioco
-
allora la cosa è diversa. Possono anche
-
diventare utili
-
però ci vuole un inserimento
-
che non si fa in due o tre mesi, perché
-
poi c'è la diffidenza..
-
se vedi una persona nera accanto
-
ti fa effetto,
-
c'é anche questo da dire..
-
Ma questo non significa nulla,
-
alla fine è come me,
-
se impari a conoscerlo.
-
Ma anche se sto con te
-
che non ti conosco,
-
posso avere la stessa opinione.
-
Mi sembra logico.
-
(Rumore automobile...)
-
Il primo paese che ho visto
-
dopo essere entrato in Europa
-
è stato Poggio alla Croce,
-
non lo dimenticherò mai, perché
-
mi hanno dato proprio una vita,
-
un'esperienza indimenticabile: le persone,
-
la gioia, un rispetto per la società
-
che mi hanno dato, fin dai primi giorni
-
quando mi portavano da tutte le parti:
-
a cercare lavoro, a prendere la patente,
-
a scuola...
-
e ho pensato: guarda,
-
queste persone da te non vogliono nulla
-
ma ti stanno dando tantissimo
-
una nuova vita
-
(Musica nel locale...)
-
Ciao Anna!
-
Ciao Sibi!
-
Devo restituirgli qualcosa
-
quindi ho pensato che può essere una cosa
-
bella andare avanti con loro, aiutandoli
-
anche fisicamente. Io dimenticherò mai
-
questo paese nella mia vita,
-
e anche le persone che mi conoscono,
-
la mia famiglia, Loro non sono in Italia
-
ma loro conoscono Poggio alla Croce!
-
E' una grande gioia anche per loro,
-
secondo me anche se loro incontreranno
-
qualche persona italiana o europea
-
la rispetteranno perché hanno dato
-
una cosa buona e una vita nuova
-
a loro figlio.
-
In futuro mi piacerebbe
-
aiutare con la scuola,
-
non parlo benissimo italiano
-
ma mi piacerebbe almeno aiutare
-
i pakistani, quelli che non parlano
-
inglese e non hanno studiato
-
io posso fare da interprete per loro
-
tra un italiano che spiega le regole
-
e tutte le cose...è un aiuto verso di loro
-
ma è un modo per restituire qualcosa
-
verso la società, verso il paese.
-
Tu sei integrato dentro la società ma ora
-
stai insegnando ad altre persone
-
ad integrarsi nella società,
-
e così sviluppano delle nuove cose belle.
-
Devo imparare tantissimo ancora, finora
-
ho imparato poco, ma loro
-
(le persone di Poggio)
-
mi hanno dato proprio una vita bella che
-
non è spiegabile, non posso spiegarlo
-
con le parole.
-
Io cercherò sempre
-
di dare, di restituire
-
ma è un paese indimenticabile, è bello..
-
...bello bello bello...
-
Questa iniziativa della scuola
-
ha fatto in modo che molte persone
-
del paese che non si conoscevano
-
ora invece si conoscono,
-
collaborano insieme
-
sono diventate amiche...
-
Per cui non solo i migranti
-
hanno la scuola di italiano,
-
di matematica.. ma noi stessi del paese
-
abbiamo imparato a conoscerci,
-
a convivere e si sta molto meglio.
-
Un altro dei ricordi che ho
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e che penso non riuscirò mai a scordare
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è il secondo giorno che sono tornata
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alla scuolina ed era il compleanno
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del mitico Duccio, la nostra mascotte.
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Compiva un anno e ad un certo punto
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durante il mini buffet che sua mamma
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aveva preparato per noi, i ragazzi aprono
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un sacchetto e tirano fuori un carrettino
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fatto di legno tutto colorato e si vedeva
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che era fatto in casa, di quelli che
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io potrei trovare nella soffitta
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della nonna. Erano pezzi di legno
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assemblati con questa corda attaccata
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per trascinare il carrettino, con le ruote
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era fatto proprio bene.
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E' stato fatto artigianalmente da loro
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ed il regalo è stato veramente apprezzato
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da Duccio perché fra tanti balocchi
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che ci sono qui in casa,
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balocchi fantastici che suonano,
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cantano urlano, questo semplice carrettino
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di legno fatto con pezzetti di legno
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bottoni... gli è piaciuto subito
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ci ha giocato senza sbatterlo per terra
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come fa con gli altri giocattoli
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dopo trenta secondi che li tiene in mano
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e li scaraventa via.. Anche perché,
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forse, fin da piccolo, appena nato
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noi abbiamo cercato,
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sia io che la mia compagna,
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di far integrare Duccio
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insieme a questi ragazzi, senza
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fargli vivere questa esperienza
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come se fosse chissà che cosa,
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cioè come se fossero parenti
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nostri, amici i nostri, fratelli nostri
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e lui veramente quando li vede ride,
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gli va incontro - mio figlio ha 18 mesi...
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è diventato praticamente la mascotte
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del centro di accoglienza
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perché tutte le volte lo vedono
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lo chiamano: "Duscio, Duscio" li vedi che
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quando c'è "Duscio"
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a loro si apre il sorriso
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e questa cosa mi fa veramente piacere.
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E' una frase fatta ma voglio che
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mio figlio diventi cittadino del mondo,
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non cittadino di Poggio alla Croce
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Allora... tutto bene... e il lavoro?
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(Dialoghi non intelligibili...)
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Duscio! Ciao Duscio...
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E pane?
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Pane? Bru
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(Madou spiega la ricetta di pane,
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olio e sale nella sua lingua)
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cocò...?
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bru, cocò...
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E olio?
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tulù
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bru, tulù, cocò...
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Allora: bru, tulù, cocò!
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Sei brava!
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Sì brava...(autoironico)
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(Rumori di lavanderia...)
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Mi chiamo Omar e vengo dal Senegal,
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sono in Italia da due anni.
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Sono arrivato a Poggio alla Croce
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e sono contento, ho conosciuto
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tante persone... loro insegnano
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un po' di lingua italiana e io
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sono diventato amico di queste persone
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vado a scuola, anche a scuola di potatura,
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ho fatto la vendemmia
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e la raccolta delle olive.
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Loro mi hanno aiutato
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a trovare un buon lavoro,
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ho trovato una mamma e un babbo,
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mi mancano solo dei fratelli
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ma la mia mamma e il mio babbo
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sono vicini a me, sono Paola e Gabriele
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Loro sono molto bravi,
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lo sono tutti a Poggio alla Croce
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(Rumore di potatura...)
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Uno straniero quando viene qua e lascia
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la sua terra ha ancora questa nostalgia,
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crede che dove va forse
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troverà un'accoglienza, un sorriso.
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Quando viene e trova un rifiuto
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è un momento di grandissima difficoltà,
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una tristezza.
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Tutti siamo stranieri per qualcun altro,
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anch'io sono straniero
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e sono arrivato qui nel 2000 e ora
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sono passati 19 anni e mi trovo qui
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come sacerdote a Poggio alla Croce.
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Danno l'idea di avere in qualche maniera
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ripreso il destino della loro vita
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nelle loro mani.
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La trasformazione naturalmente,
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e questo forse è uno degli aspetti
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significativi, non riguarda solo loro:
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è sempre errato focalizzarsi su "loro".
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Le cose funzionano quando
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il contesto si lascia cambiare
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e in questo senso questa è una reazione
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positiva della popolazione.
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Delle compaesane anziane
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che magari erano terrorizzate in quelle
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famose, terribili riunioni all'inizio
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ora li possono chiamare,
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quando il boscaiolo scarica davanti
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a casa loro 10 quintali di legna
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e per loro c'è il problema
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di portarla in giardino, portarla dentro..
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e allora, come dicono loro,
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di questi "marcantoni"
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né chiamano un paio e dicono
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"ce la porti dentro?" e chiaramente questi
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ragazzi dieci minuti fanno il lavoro
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e loro magari gli pagano il cappuccino
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o gli danno qualche soldo.
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E' stata in questa maniera
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recuperata una vita normale,
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è la normalità sana che forma la reale
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civiltà di una popolazione.
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..e tra l'altro, e questo mi commuove,
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le persone che ora sono con me
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e che mi hanno coinvolta
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in questa avventura
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due in particolare, due donne
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che hanno iniziato questa avventura, sono
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le stesse persone che mi hanno accolta
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ormai ventisei anni fa
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quando sono arrivata qui a San Polo.
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E questo è importante per me,
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perché è stata un'esperienza bellissima
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che ho vissuto io e che voglio
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fare vivere agli altri, a loro.
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Come si chiama questo piatto?
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Mafe
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Come lo fate? Solo carne, verdure...?
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Come gestite questo piatto?
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carne, un po' di verdure...
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pomodoro...
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Nocciolino... burro di noccvioline
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Buono .. opala ..
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fagli vedere, fagli vedere ..
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Ah! Questo è opala?
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Si questo si chiama opala
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Si, si chiama opala
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come fate, dovete pulire, tagliare?
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si, pulire, tagliare..
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Bene! Bravi!
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Ok ragazzi vi lascio lavorare
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intanto io vi guardo e vi aiuto.
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cos'è questa cosa bianca?
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In poular: "Bantara"
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e come si cuoce? ci vuole tanto tempo?
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in Senegal sì, non so in Europa...
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perché se più fresca
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si cuoce molto velocemente
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se è vecchia ci vuole più tempo
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(Musica, rumori di cucina...)
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Chiude questa sorta di Barbiana
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dei migranti a Villa Viviana,
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a Poggio alla Croce.
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Oggi c'è un grande silenzio
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da quando questi ragazzi che avevano
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riportato la vita da due anni nel borgo
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spopolato sono stati costretti
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ad andarsene.
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(Musica...)
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Se ne sono andati in fretta
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senza preavviso,
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alcune cose sono rimaste lì.
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La cooperativa Cristoforo,
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che gestiva il centro lascia perché
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con il budget, ridotto da 35 a 21 euro
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per migrante ha già dovuto chiudere
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cinque centri su 17 ed è solo l'inizio:
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la situazione non è più sostenibile
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a livello finanziario.
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A Poggio alla Croce,
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nel comune di Figline e Incisa,
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i migranti, una trentina,
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erano arrivati due anni fa
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fra la diffidenza e le proteste
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delle poche anime del borgo,
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poi è cambiato tutto però, in molti
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li hanno adottati, qualcuno ha deciso
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di improvvisare una scuola,
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di insegnare loro a cucinare
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o a potare gli olivi. Ne era nata
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un'esperienza singolare di integrazione
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fino ad ora, al trasloco improvviso
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e forzato verso un altro
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centro a Sesto Fiorentino.
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(Musica dolce...)
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Oggi era l'ultimo giorno di studio
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a Poggio alla Croce,
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era una scuola dove gli stranieri
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imparano un sacco di cose
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era la scuola dove abbiamo imparato
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tutto ciò di cui avevamo bisogno
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in italiano, in inglese e soprattutto
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la cultura italiana.
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In questo momento è molto difficile
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allontanarci dagli abitanti
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di Poggio alla Croce
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oppure restare lontani
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dai nostri maestri o dalle nostre maestre.
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Ci dispiace moltissimo
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ma non abbiamo scelto, vi diciamo che non
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abbiamo tante parole da dire
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perché vivere con voi
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è stato molto bello.
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Dovete essere orgogliosi di voi stessi
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per tutto quello che avete fatto
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e ancora state facendo:
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avete creato una storia incredibile e
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incancellabile nel vostro paesino,
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un paesino in cui l'umanità
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è rispettata molto.
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Per alcune persone
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vivere con ragazzi africani è una noia
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oppure come un peccato.
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Ma con voi non è stato così,
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sempre con i sorrisi,
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belle parole
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senza parolacce né la distinzione di pelle
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Siamo stati fortunati a vivere con voi
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un momento di questo viaggio,
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dopo lo studio a Poggio
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abbiamo capito che ognuno di noi
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deve essere padrone del proprio destino.
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Grazie per averci insegnato
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il buon atteggiamento,
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come ci si comporta in Europa,
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grazie per averci fatto capire
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che non dovremo essere come le persone
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delinquenti oppure che fanno l'elemosina.
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Non vi dimenticherò mai,
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carissimi saluti..
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Perché secondo me
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questa storia del Poggio, della scuolina,
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è proprio una storia d'amore perché
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ci si vuole bene tra noi volontari,
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perché stiamo insieme
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in un modo particolare,
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e noi con i ragazzi e i ragazzi
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a noi vogliono bene,
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sono nate delle vere amicizie,
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è una storia d'amore la nostra.
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Sono questi piccoli gesti,
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sono questi racconti di quotidianità
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che rendono la nostra esperienza
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così speciale. E' quello che ti fa dire:
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"A me importa di te"
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E' il dono più prezioso
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che possiamo portarci a casa.