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TEDxParis 2011 - Pierre Rabhi - C'è vita prima della morte?

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    È da un po’ di tempo che mi chiedo cosa vi potrei raccontare.
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    E mi son passate davanti delle cose estremamente interessanti
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    che mi hanno arricchito molto.
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    Non ho immagini da proiettare,
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    quindi vi invito semplicemente a immaginare un gran deserto,
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    di sabbia e rocce, molto grande,
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    simile a quello che io chiamo “un abisso orizzontale”,
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    ovvero l’infinito ovunque,
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    il silenzio e in mezzo a questo infinito e a questo silenzio,
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    una piccola macchia verde,
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    un piccolo biotopo, un piccolo ecosistema denominato oasi.
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    Ed è dentro a una di queste oasi, realizzate dagli esseri umani,
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    nelle zone più aride, che io sono nato.
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    Dunque, silenzio, il minareto, le cinque preghiere, la giornata,
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    e poi, sembra che questo vascello in mezzo a questo grande deserto sia installato qui per l’eternità,
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    dall’origine della vita.
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    E poi, tutto va bene.
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    Un padre fabbro che è al contempo poeta e musicista
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    e incanta la gente con la sua musica,
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    e allo stesso tempo, per tutto il giorno, modella il metallo
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    e fa cantare l’incudine.
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    E l’incudine canta in città, e la gente accorre, si siede, conversa.
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    Questa città è stata creata nel 17° secolo da un taumaturgo sufi
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    che insegnava la non violenza.
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    Aveva capito che la violenza generava solo violenza.
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    Poi, all’improvviso, un gran subbuglio.
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    Il paese diventa una colonia della Francia.
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    E poi, i geologhi, o non so chi altro,
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    scoprono il carbone.
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    E con la scoperta del carbone, naturalmente, tutto cambia: era arrivata la modernità.
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    Così tutta la popolazione diventa salariata,
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    minatori; si esuma quella materia nera,
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    che avevamo sotto i piedi ma di cui ignoravamo l’esistenza.
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    Poi mio padre si ritrova disoccupato,
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    perché le persone per cui lavorava, forgiavano gli arnesi,
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    smettono di chiamarlo, e d’un tratto è costretto pure lui
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    a diventare minatore.
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    Finisce così il canto dell’incudine.
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    Vedo quel padre che aveva una certa nobiltà,
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    tornare a casa tutte le sere nero di carbone,
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    voglio dire che ne ho risentito davvero molto,
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    come se avessi subito una forma di umiliazione del destino.
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    La modernità era arrivata.
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    Poi succede che nello stesso periodo mia madre muore,
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    mio padre inizia a farsi domande sul futuro, e alla fine dice:
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    “le regole del gioco non sono più nelle nostre mani”.
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    Dunque mi affida a una coppia francese, un ingegnere e una istitutrice
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    emigrati nel nostro paese per via del lavoro alle miniere.
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    Così, all’età di 5 anni, entro nella modernità, senza aver conosciuto mia madre.
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    Ed entro in questa modernità, finalmente, e lì vado,
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    salto dalla tradizione alla modernità,
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    dall’islam al cristianismo,
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    dal fuoco al luogo dello spazzolino da denti, eccetera…
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    E mi ritrovo, diciamo così, preso tra queste due culture,
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    anche se tra queste due culture ci sono degli elementi convergenti
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    che sono molto poco convergenti,
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    e ci sono molte divergenze
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    nella visione e nei modi e nella cultura.
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    Prendo atto di tutta questa questione e finalmente tutto ciò mi sconcerta.
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    Vengo scolarizzato, sono uno studente medio per far piacere ai miei genitori,
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    ma continuo ad interrogarmi sulla mia identità.
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    Chi sono?
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    E chi ha ragione?
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    La gente tradizionale? La gente moderna?
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    Con simili discorsi contradditori, mi avventuro in questa interrogazione,
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    e ovviamente frequento,
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    piuttosto che fare scintille in chimica o matematica o altra cosa simile,
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    frequento molto i filosofi,
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    voglio dire coloro che s’interrogano profondamente sulla sorte,
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    e sul senso che può avere l’umanità.
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    Arriva la guerra in Algeria, lascio l’Algeria,
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    non perché avessi preso una decisione,
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    ma semplicemente perché dovevo andare.
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    Bisogna anche ricordare che quando andavo a scuola,
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    mi hanno insegnato che i miei avi erano galli.
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    Basta guardarmi per vederne l’ovvietà,
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    o sono forse l’unico gallo?
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    (Risate)
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    Allora, questo cosa vuol dire?
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    Vuol dire condizionamento, assimilazione,
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    integrazione della persona dentro a un’ideologia.
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    Arrivo a Parigi, escluso da entrambe le culture,
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    e mi ritrovo a cercare un lavoro,
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    e finalmente mi rendo conto che non avevo alcuna qualifica.
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    Potevo forse fare una buona dissertazione su Socrate, che amavo molto,
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    ma al mio datore di lavoro non sembrava interessare molto.
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    E così divento un OS,
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    un Operaio Specializzato.
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    Ma perché lo chiamiamo operaio specializzato?
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    È esattamente colui che non è specializzato in niente.
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    Anche se ero di secondo livello.
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    Quindi sono in questo microcosmo del lavoro,
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    e cerco, visto che studiavo filosofia della storia, dell’antropologia, ecc.,
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    cerco di dare una configurazione a questo sistema in cui mi trovavo,
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    ed era sempre la piramide ad imporsi.
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    Ci sono persone importanti in alto sulla piramide,
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    e persone per nulla importanti in basso.
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    E c’è una gerarchia: c’è il CEO.
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    il direttore generale, i quadri superiori,
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    i quadri un po’ meno superiori,
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    e poi si scende fino a noi, gli OS,
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    che, come direbbe Fernand Reynaud,
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    non abbiamo nessuno da offendere,
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    eravamo l’ultimo strato, ecco.
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    (Applausi)
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    E in questo mondo superattivo, in cui finalmente abbiamo dato qualcosa al lavoro,
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    il lavoro è una virtù, non si smette mai di ripetere che il lavoro è una virtù,
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    per cui, in pratica, un uomo che è un lavoratore, è un uomo di scelte in un sistema sociale.
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    E poi, cos’è questa effervescenza interna al sistema?
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    È alimentata dal fatto che è necessario produrre sempre di più,
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    che bisogna essere un buon lavoratore,
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    e alla fine, si finisce con l’innalzare il PIL,
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    per via di tale effervescenza,
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    ma senza l’equità che avrei voluto vedere.
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    E poi la grande proclamazione della modernità,
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    il fatto che il progresso avrebbe, in qualche modo,
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    liberato l’essere umano.
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    Eppure io, seguendo l’itinerario di un essere umano nella modernità,
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    ho solo trovato una serie di incarcerazioni.
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    A torto o a ragione, dalle scuole materne all’università,
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    veniamo chiusi in una scatola.
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    Tutti lavorano dentro a delle scatole,
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    piccole, grandi, e così via.
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    Anche la discoteca sembra una scatola, eppure ci andiamo per divertirci.
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    (Risate)
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    Certo, nella sua “cassa”, ben inteso.
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    (Risate)
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    Ed ecco l’ultima scatola, dove si immagazzinano le cose vecchie,
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    (Applausi)
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    in attesa dell’ultima scatola che vi lascio indovinare quale sia.
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    (Risate)
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    Ecco perché mi pongo questa domanda:
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    esiste una vita prima della morte?
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    Perché se vivere significa subire una simile incarcerazione a vita,
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    fino al momento in cui il sistema finalmente vi rigetta
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    per passare alla fase di transizione, prima di scomparire,
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    bene, e cosa vuol dire tutto questo?
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    Alienazione.
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    Fondamentale alienazione dell’essere umano.
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    E quindi, proprio per questo, ovviamente,
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    non vi sorprenderete del fatto che io non lo abbia sottoscritto,
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    e che mi sia detto: devo ritrovare
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    un altro tempo, un altro spazio.
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    Ovvero, riconquistare, in qualche modo,
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    la libertà di fare della mia vita, quello che intendo fare della mia vita,
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    e non essere determinato per il fatto che me lo imponga un sistema.
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    Ciò ha comportato un ritorno alla terra,
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    con mia moglie, nell’Ardèche del sud.
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    E lì, be’, il mio incontro con l’agricoltura.
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    Scegliamo un luogo,
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    e come se fossimo degli stupidi,
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    scegliamo un luogo in cui il suolo è degradato,
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    difficile, senz’acqua, senza elettricità,
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    senza telefono, senza niente di niente.
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    E il Crédit Agricole, a cui ho chiesto un prestito, mi dice:
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    “Lei è pazzo a installarsi lì”.
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    Non è facile spiegare
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    che c’era un motivo importante dietro alla nostra scelta
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    Ed era la bellezza del luogo, non solo la sua redditività.
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    È la bellezza, e il fatto che noi non desideriamo rinunciare alla bellezza di questo luogo.
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    In un secondo momento, c’è da dire che io sono un operaio agricolo,
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    che ho imparato l’agricoltura moderna,
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    che evidentemente integra i fertilizzanti chimici e i pesticidi.
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    Passiamo il tempo a uccidere e a inquinare.
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    E al contempo, nel suolo,
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    si usano fertilizzanti chimici che lo deteriorano,
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    che inquinano le falde freatiche, e così via.
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    Allora, qui si esclude anche di sottoscrivere questa logica.
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    Ciò mi ha portato all’agricoltura ecologica,
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    e da quel momento, ho capito
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    che si poteva perfettamente chiedere alla terra di nutrirci
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    in quantità e con qualità,
    e allo stesso tempo
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    migliorarla, migliorare la sua qualità,
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    e trasmetterla migliore di come la si è ricevuta
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    alle generazioni seguenti.
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    Quindi, in qualche modo, ci si arrischiava in un atto di guarigione,
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    un atto di responsabilità,
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    nei confronti di questa vita.
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    Ma mi hanno detto: “Non ce la farete mai”,
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    e noi ci siamo riusciti.
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    Siamo riusciti a crescere cinque bambini,
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    tutti musicisti.
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    Quindi, se mi permettete, non abbiamo vissuto
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    nel miserabilismo, ma abbiamo ritrovato l’equilibrio,
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    quindi bisogna integrare la vita in un equilibrio,
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    il che vuol dire, che se si vive di eccessi,
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    si entra nell’alienazione, mentre se si resta nella moderazione,
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    tale moderazione mette le cose nella giusta misura per noi,
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    e ci dà l’equilibrio, e quindi la gioia di essere,
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    rispondendo, ben inteso, alle necessità più elementari,
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    e lasciando anche una frangia molto importante
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    a ciò che concerne la promozione dello stesso essere umano,
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    di modo che la vita non sia semplicemente
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    una vita bisognosa, ma sia un tempo,
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    nel quale, si possa fiorire,
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    in cui si possa avere uno spazio
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    per occuparsi di se stessi, della propria interiorità,
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    sviluppare delle competenze che non siano semplicemente
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    le competenze commerciali,
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    o le competenze indicizzate in base al valore finanziario,
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    ma liberarsi del superfluo, il più possibile,
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    per poter ritrovare la libertà di uno sviluppo personale.
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    Strada facendo, l’agricoltura ecologica dimostra
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    la propria capacità di rigenerazione del terreno,
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    e vengo invitato in un paese africano
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    dove propongo l’agro-ecologia come alternativa
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    a dei contadini che hanno subito il cataclisma della siccità,
  • 11:40 - 11:44
    e che, allo stesso tempo, sono nella situazione di non potersi più nutrire in modo corretto,
  • 11:44 - 11:46
    perché i fertilizzanti costano,
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    inquinano, e così via.
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    Quindi propongo loro l’agro-ecologia
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    e creo il primo centro di formazione in agro-ecologia.
  • 11:52 - 11:56
    Oggi ci sono 100 000 contadini che utilizzano questi metodi,
  • 11:56 - 11:58
    più o meno bene, ma tutto sommato, si può dire
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    che ci sono 100 000 contadini che si sono destati a questo principio
  • 12:02 - 12:05
    secondo il quale si può perfettamente prendere un suolo degradato,
  • 12:05 - 12:10
    rigenerarlo, renderlo fertile, e allo stesso tempo rispondere
  • 12:10 - 12:13
    in modo migliore ai propri bisogni alimentari
  • 12:13 - 12:19
    che sono i bisogni fondamentali senza i quali non può esistere nient’altro.
  • 12:19 - 12:22
    Funziona, e l’idea generale,
  • 12:22 - 12:25
    la riflessione sull’ecologia prende una certa ampiezza,
  • 12:25 - 12:30
    ed effettivamente nel 2002,
  • 12:30 - 12:33
    degli amici mi spingono a presentarmi a delle elezioni presidenziali,
  • 12:33 - 12:37
    e c’è mancato poco che vi toccasse un Obama, ma -
  • 12:37 - 12:38
    (Risate)
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    l’obiettivo non era affatto fare politica da politico,
  • 12:41 - 12:47
    nel senso classico del termine, anche se sono stato obbligato ad adottare lo scenario,
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    ma l’idea era dire che c’è un’urgenza assoluta:
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    si tratta di mettere l’umano e la natura al centro delle nostre preoccupazioni,
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    prima di ogni cosa, seduta stante,
  • 12:56 - 12:58
    oggi, contano l’umano e la natura.
  • 12:58 - 13:02
    Perché, in effetti, mi interessa sapere,
  • 13:02 - 13:06
    se per esempio, degli extra-terrestri ci osservassero,
  • 13:06 - 13:10
    e ci studiassero, sarebbero portati a concludere che
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    “sono superdotati ma poco intelligenti”.
  • 13:13 - 13:17
    Il fatto è che non è perché siamo superdotati di conoscenze
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    che abbiamo organizzato il mondo in modo tale da dover essere organizzato;
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    oltre tutto su delle disparità e delle ingiustizie inaudite,
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    per cui 4/5 della popolazione del mondo
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    hanno a malapena ciò con cui far fronte alle necessità semplicemente vitali,
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    e un quinto spende, ed evidentemente festeggia,
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    dopo aver saccheggiato altrove e continua a saccheggiare
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    il territorio degli altri.
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    Quindi, all’improvviso, questa iniquità e questa…
  • 13:45 - 13:46
    come dire,
  • 13:46 - 13:50
    questa disparità mi sembra che sia la principale alternativa da sistemare.
  • 13:50 - 13:53
    Se non la si risolve, la subordinazione della donna,
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    la donna subordinata.
  • 13:55 - 13:57
    No, la donna non deve essere subordinata,
  • 13:57 - 14:00
    deve costituire l’elemento che permetterà
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    l’equilibrio femminile-maschile, che riporterà nella società,
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    ovviamente, una sensibilità verso l'altro, per riequilibrare il tutto;
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    e nella mia campagna elettorale,
  • 14:09 - 14:12
    certamente, ho insistito molto sulla necessità di educare,
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    la necessità di ri-localizzare l’economia,
  • 14:15 - 14:22
    per non essere obbligati a dipendere dai trasporti alimentari, e così via.
  • 14:22 - 14:26
    Non ho molto tempo per spiegarvi tutto nei dettagli,
  • 14:26 - 14:28
    ma ad ogni modo, si tratta, se volete,
  • 14:28 - 14:33
    di un tipo di pratica sempre più confermata,
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    e alla fine il grande interrogativo,
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    sapete, ho preso la frase di Dostoïevski:
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    “La bellezza salverà il mondo”
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    o “La bellezza potrà salvare il mondo”.
  • 14:45 - 14:47
    Non mi ricordo esattamente,
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    e mi sono spesso interrogato su questa nozione di bellezza che salva il mondo.
  • 14:49 - 14:51
    Mi son detto, bene…
  • 14:51 - 14:53
    abbiamo tanta musica, abbiamo tanti quadri,
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    abbiamo tanti monumenti straordinari,
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    abbiamo… ma qualcosa di tutto ciò ha salvato il mondo?
  • 14:58 - 14:59
    No.
  • 14:59 - 15:03
    Oggi ci si dovrà interrogare su quale bellezza possa salvare il mondo.
  • 15:03 - 15:05
    Si trova dentro di noi.
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    La bellezza che salverà il mondo sta nella generosità,
  • 15:07 - 15:10
    nella condivisone, nella compassione,
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    sono tutti quei valori che consideriamo antiquati
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    eppure, che portano a cosa?
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    A una energia favolosa, che è quella dell’amore.
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    E senza amore, non se ne può avere.
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    L’altro elemento per arrivarci,
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    mi hanno detto delle vie alternative, bene,
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    ma io dico alla gente,
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    potete mangiare bio, riciclare l’acqua, riscaldare con il solare,
  • 15:27 - 15:30
    e sfruttare il vostro prossimo, non è incompatibile!
  • 15:30 - 15:31
    (Risate)
  • 15:31 - 15:33
    Non si tratta di alternative, vedete?
  • 15:33 - 15:36
    (Applausi)
  • 15:36 - 15:40
    Bisogna prestare attenzione a non perdersi,
  • 15:40 - 15:44
    nelle sostituzioni, in cose che si rifiutano
  • 15:44 - 15:46
    e dimenticarsi che la prima sostituzione da fare
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    deve essere fatta a partire dallo stesso cuore umano,
  • 15:50 - 15:52
    ovvero dalla visione che abbiamo della vita.
  • 15:52 - 15:55
    E se non forgiamo una visione di quel tipo,
  • 15:55 - 16:00
    ebbene, probabilmente finiremo per scomparire.
  • 16:00 - 16:02
    Bene, in conclusione,
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    mi sono spesso posto la questione
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    di quale sia la vocazione dell’essere umano sulla terra.
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    Sfortunatamente, abbiamo una visione di un pianeta che invece è magnifico,
  • 16:14 - 16:19
    ma che noi non vediamo come un dono straordinario del destino.
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    È un piccolo pianeta perduto nell’immenso deserto siderale.
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    E l'unica cosa che riusciamo a fare è vederlo
  • 16:25 - 16:30
    come un giacimento di risorse che è necessario sfruttare
  • 16:30 - 16:33
    fino all’ultimo pesce, fino all’ultimo albero, e così via.
  • 16:33 - 16:36
    È là che si trova l’intelligenza radicale e profonda
  • 16:36 - 16:40
    se non rivediamo tale visione e non la cambiamo.
  • 16:40 - 16:45
    Per concludere, citerò un aneddoto che illustra bene quello che vorrei dirvi,
  • 16:45 - 16:48
    e sono a zero con tempo…
  • 16:48 - 16:49
    (Risate)
  • 16:49 - 16:50
    Bene, adesso…
  • 16:50 - 16:53
    (Applausi)
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    Perlomeno, trasgredirò un po’,
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    rubo un minutino per concludere.
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    L’agricoltura ecologica ha dimostrato di poter essere una via valida,
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    in cui si diventa un piccolo terapeuta della terra
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    per prendersene cura.
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    La si nutre ed è questo che va sviluppato.
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    Citerò un altro aneddoto
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    che ho vissuto in Ardèche, dove abbiamo la nostra fattoria,
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    il nostro gregge di capre,
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    dove abbiamo costruito la nostra piccola libertà,
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    su delle azioni che hanno avuto senso per noi,
  • 17:32 - 17:35
    e che ci hanno regalato tanta felicità,
  • 17:35 - 17:38
    ma rispettando il principio di sobrietà.
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    Vale a dire, che è per via del principio di sobrietà e di moderazione,
  • 17:41 - 17:44
    è un atto liberatorio, immediatamente liberatorio.
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    Perché il problema della società umana,
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    è che l’indispensabile non è stato risolto,
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    e il superfluo non ha limiti.
  • 17:51 - 17:53
    E poiché il superfluo non ha limiti,
  • 17:53 - 17:57
    ci ritroviamo in questa crescita economica esponenziale
  • 17:57 - 17:59
    che non si pone alcun limite,
  • 17:59 - 18:01
    ed evidentemente, nella mia campagna elettorale,
  • 18:01 - 18:05
    ho fatto una proposta blasfema: la decrescita.
  • 18:05 - 18:06
    E quello che volevo dire con decrescita,
  • 18:06 - 18:08
    non era il ritorno indietro,
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    ma una civiltà della moderazione.
  • 18:10 - 18:18
    Perché oggi stiamo vivendo un’esperienza formidabile,
  • 18:18 - 18:20
    di cose scontate che abbiamo eredidato, davvero formidabile,
  • 18:20 - 18:22
    e ve ne ho parlato.
  • 18:22 - 18:25
    Ma a servizio di che cosa?
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    A quale paradigma fa riferimento il nostro sapere?
  • 18:28 - 18:31
    È certo che se non prendiamo in considerazione l’opzione
  • 18:31 - 18:34
    di una civiltà della moderazione,
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    se noi non consideriamo l’opzione del cambiamento di società tramite il cambiamento umano,
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    se non consideriamo l’opzione del valore inestimabile della vita,
  • 18:44 - 18:48
    la vita ha tanto valore, che non può avere un prezzo.
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    Se le si mette un prezzo, la si profana.
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    Se diamo uno sguardo al nostro comportamento globale su questo magnifico pianeta,
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    certamente si può concludere
  • 18:57 - 19:00
    che la nostra specie è un incidente.
  • 19:00 - 19:12
    (Applausi)
Title:
TEDxParis 2011 - Pierre Rabhi - C'è vita prima della morte?
Description:

Pierre Rabhi a TEDxParis 2011.

Per maggiori informazioni: http://www.tedxparis.com/

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Video Language:
French
Team:
closed TED
Project:
TEDxTalks
Duration:
19:19

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