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Mi chiamo Tracey Goldstein,
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lavoro alla UC Davis,
Scuola di Medicina Veterinaria.
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Sono professoressa
del Dipartimento di Patologia,
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Microbiologia e Immunologia,
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e Direttore Associato
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del One Health Institute.
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Quello di cui mi occupo, in realtà,
sono le malattie degli animali
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e cerco di capire in che modo
queste si trasmettono agli umani.
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Un tipico esempio
è la diffusione del coronavirus,
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che attacca gli umani
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ma che sembra provenire dagli animali.
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Mi chiamo Koen Van Rompay.
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Lavoro al
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California National Primate
Research Center alla UC Davis.
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Stiamo cercando di creare
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i vaccini piu efficaci
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e di sviluppare farmaci antivirali
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per curare le persone già infette.
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Quando c'è una nuova malattia virale,
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la prima cosa da capire
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è di che tipo di virus si tratta.
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E importante conoscere bene il nemico.
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In passato, le procedure erano molto lente,
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si usavano microscopi elettronici.
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Oggi, con il sequenziamento
del genoma del virus,
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si puo stabilire in qualche giorno
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quale tipo di virus
sta causando l'epidemia.
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Quando si sequenzia il genoma,
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si puo osservare
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se si è verificata
una mutazione
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e si puo capire
quali parti del genoma virale
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sono decisive, per esempio,
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nell'attacco alla cellula umana.
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In molti di questi virus animali
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infettano la cellula animale,
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ma non infettano allo stesso modo
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la cellula umana.
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Ma nel virus RNA, come l'ebola
o il coronavirus,
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il genoma è
un po' piu instabile.
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E in continuo cambiamento.
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Questi grandi cambiamenti nel genoma
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capitano spesso
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e spesso in modo casuale
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ma ogni tanto capita che
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il cambiamento avvenga
in una parte del genoma
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che rende il virus
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piu infettivo per l'uomo.
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Sviluppando un vaccino
per un nuovo agente infettivo,
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possiamo imparare molto
sulla biologia naturale
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del virus.
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Un virus, per attaccare
una cellula umana,
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ha bisogno di legarsi
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a quello che chiamamo "ricettore".
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Funziona come la chiave con una serratura.
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Nel caso del coronavirus,
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i peplomeri, ovvero le proteine
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che sono quelle protuberanze
attorno al virus...
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sono decisive per permettere al virus
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di entrare nella cella umana.
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Detto questo,
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è importante capire
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quale parte del virus utilizzare
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nella creazione del vaccino.
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Con il vaccino,
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cerchiamo di trovare una strategia
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che imiti la naturale risposta immunitaria
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all'infezione.
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Si puo fare utilizzando
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una versione viva, ma debole, del virus
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o prelevando alcune parti
da una delle proteine.
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Dobbiamo ottenere qualcosa
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che sia specifico contro il virus
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ma che provochi una reazione minima
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da parte delle proteine umane,
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per ridurre al minimo
eventuali effetti collaterali.
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Nel 2016, con la diffusione del virus Zika,
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diversi Primate Centers...
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hanno cominciato a collaborare.
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Qualcosa di simile sta iniziando ora
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per il nuovo coronavirus.
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La popolazione si è attivata subito
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raccogliendo nuove informazioni,
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non appena disponibili,
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e condividendole
prima ancora della pubblicazione.
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Faremo presto delle riunioni
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per condividere i progressi fatti
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e discutere progetti sperimentali.
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Uno dei nostri primi centri
somministrerà presto
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il coronavirus a delle scimmie.
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Vogliamo studiare il modello animale
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che imita quello umano.
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Cominciamo da topi e ratti
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per procedere a specie piu alte.
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In realtà, la specie
piu vicina a quella umana
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è quella dei primati non-umani
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come quella del Macaco Rhesus.
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Che di solito è l'ultimo gradino
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prima della sperimentazione
clinica su soggetti umani.
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La sperimentazione sugli umani
si svolge in tre fasi.
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La Fase 1 è per valutare la sicurezza.
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Se i risultati sono promettenti
si passa alla Fase 2,
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in cui vengono testate piu persone.
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La Fase 3 è quella in cui
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è importante capire
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se il vaccino funziona veramente.
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Se protegge davvero dall'infezione.
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Se tutti comunichiamo
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e collaboriamo rapidamente,
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condividendo i protocolli,
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possiamo fare progressi molto rapidi.
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Credo che durante un'epidemia,
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la reazione è giornaliera,
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nel tentativo di prevedere
l'andamento della curva
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e controllare il problema.
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Ma è solo dopo, in realtà,
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che il vero lavoro inizia.
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Molte delle malattie
che causano pandemie
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provengono dalla fauna selvatica.
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Il nostro mondo
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sta cambiando molto rapidamente.
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Stiamo esplorando ambienti
in cui non ci avventuravamo prima.
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Tagliando le foreste
per fare spazio all'allevamento
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o calandoci in nuove miniere.
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E plausibile che nostri comportamenti
abbiano ripercussioni.
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Cio che abbiamo fatto
è stato prelevare campioni
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in tutte queste aree nel mondo.
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Ci focalizziamo su
pipistrelli, roditori e primati.
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Cio che volevamo fare
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era osservare quanti tipi di coronavirus
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potevamo trovare nelle diverse specie.
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Il dato veramente interessante
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è che, nonostante
tutti i campionamenti effettuati,
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il 98% dei coronavirus
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erano riscontrabili nei pipistrelli.
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Così abbiamo mappato
le diversità della specie dei pipistrelli
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in cui avevamo riscontrato il coronavirus.
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