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I miei dipinti si sviluppano
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attraverso un approccio molto intuitivo,
basato su ciò che sento,
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ciò che mi provoca una reazione,
ma anche sulla ricerca della mia identità.
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Essendo cresciuto lungo il confine,
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non sono entrato molto in contatto
con la mia eredità culturale,
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quindi ho dovuto scoprirla per conto mio.
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L'arte è stata una sorta di processo
di guarigione,
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un modo per entrare in contatto
con queste storie,
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ma anche di recuperare il mio rapporto
con questa terra
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e di impararne le storie
prima che si perdano nel tempo.
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I VIAGGI NEL TEMPO
DI ESTEBAN CABEZA DE BACA
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Il mio metodo si basa sul concetto
dell'ipercubo quadridimensionale,
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al cui interno ci sono quattro strati
o quattro dimensioni diverse.
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Per prima cosa tingo la tela
con la cocciniglia.
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La tintura di cocciniglia agisce
come una sorta di piano astrale
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che assomiglia alle mappature
dello spazio elaborate dai fisici.
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Queste spirali nei miei dipinti
rappresentano i solstizi.
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Le società indigene erano capaci
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di modellare il tempo senza l'uso
della tecnologia moderna.
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Poi lavoro alla seconda immagine,
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in cui mi ispiro alle storie precoloniali
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e alle strutture avanzate
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precedenti il 1492.
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Il terzo strato prevede dipinti dal vero
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che realizzo in loco.
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Sì, mi sembra niente male.
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Heidi è la mia partner da dieci anni.
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Le chiedo un feedback,
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ma la supporto anche come posso
nel suo lavoro.
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Per il quarto strato immagino
un futuro postcoloniale
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in maniera ottimistica
e come processo di guarigione.
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Questi strati non sono paralleli,
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perché ci sono molte dimensioni
che esistono accanto a tutti noi.
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La pittura è l'espediente
che riesce a sfidare il tempo.
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Voglio che chi vede i miei dipinti
sperimenti questo paradosso
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in cui si può tornare indietro nel tempo.
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Penso che la terra ci parli
quando la osserviamo.
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Continuo a tornare nel Nuovo Messico
per riconnettermi con il mio passato.
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La famiglia di mio padre veniva
dal Nuovo Messico
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e mia madre è di San Ysidro,
in California,
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ma è nata a Tijuana.
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Non riesco a esprimere del tutto
quanta libertà spirituale io senta lì.
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Dipingo all'aperto, en plein air,
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e, in un certo senso,
si tratta di perseverare.
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Vai in un luogo specifico
con una certa intenzione,
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ma poi è la natura a guidarti.
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Anche il tempo cambia.
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Non solo costruisco, per così dire,
queste dimensioni multiple,
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ma inseguo anche, letteralmente, la luce.
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Quando dipingo paesaggi mi sento
come i nostri antenati
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che facevano pitture rupestri.
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Qui abbiamo tutti iniziato a pensare
allo spazio, ma senza dividerlo.
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La pittura dell'epoca coloniale è arrivata
negli Stati Uniti
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con l'intenzione di mostrare
che la natura doveva essere domata
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e che bisognava convertire i selvaggi
e trasformarli in esseri umani.
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Quello che cerco di fare con il mio lavoro
è analizzare attentamente ciò che vediamo.
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Chi abitava quelle terre,
e chi le abita ancora?
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Come utilizzare il linguaggio
della pittura per espandere la nostra idea
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di dove possiamo immaginare
lo spazio e il tempo?
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La pittura paesaggistica può cominciare
in due dimensioni,
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ma penso che possa anche estendersi
a un'intera visione del mondo
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in cui le persone vengono trattate
in modo più equo.
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È pazzesco quante recinzioni
abbiano aggiunto qui
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dall'ultima volta, vero mamma?
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Sì.
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Per noi era un posto
dove si poteva correre liberamente,
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soprattutto per i bambini.
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Non mi sarei mai aspettata
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che ciò che consideravo naturale
e abitudinario sarebbe cambiato.
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È strano trovarsi qui
e ridurre questo posto a un'immagine
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che abbiamo visto molto spesso
nei mass media.
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Cosa posso raccontare che non sia solo
qualcosa che cerca di definirci?
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Penso che il vantaggio di aver vissuto
una vita lunga sia sapere
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che non è permanente.
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Gia.
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A un certo punto quella recinzione
verrà buttata giù,
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ma devo ricordarmi di questo luogo
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senza recinti, altrimenti impazzirò.
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Sai, è molto dura.
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È dura vedere quelle recinzioni.
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Sì. Grazie di avermelo raccontato, mamma.
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Dobbiamo rappresentare anche quelle, però,
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per poterla superare
e immaginare qualcosa di più grande.
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Non sapevamo mai se venissero
per prendere un caffè...
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O se si fermassero per la notte.
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Alcuni dei temi centrali della mia arte
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riguardano la libertà.
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La libertà di esprimersi per davvero
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e di esprimere il proprio rapporto
con lo spazio intorno a sé.
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E anche la giustizia,
come rendere giustizia al passato?
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E, credo, anche la gioia.
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Ho cominciato a parlare
solo a cinque anni,
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quindi dipingere era il mio modo
di comunicare con gli altri.
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Non dovevo spiegarmi a parole.
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Dipingere è sempre stato il mio metodo
per tornare indietro nel tempo,
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in quella modalità
di quando avevo cinque anni,
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in cui ci sono solo le emozioni.
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Non ci sono parole per esprimerle.