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La mia discesa nel movimento neonazista americano - e come l'ho abbandonato

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    Il mio allontanamento
    dall'estremismo violento
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    è iniziato 22 anni fa,
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    quando denunciai il razzismo
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    e lasciai quel movimento skinhead
    americano per la supremazia ariana
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    che avevo aiutato a costruire.
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    (Applausi)
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    All'epoca avevo solo 22 anni,
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    ma già da otto anni,
    quindi da quando ne avevo 14,
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    ero uno dei primi e più giovani membri
    - e dei leader, alla fine -
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    del più violento movimento in America.
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    Ma non ero nato in un clima d'odio;
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    anzi, fu esattamente l'opposto.
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    Ho avuto un'infanzia abbastanza normale.
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    I miei genitori erano immigrati italiani,
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    arrivati negli Stati Uniti
    a metà degli anni Sessanta,
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    che si stabilirono
    nella periferia sud di Chicago,
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    dove si sono conosciuti
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    e hanno aperto una piccola
    bottega di parrucchiere.
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    Dopo la mia nascita, le cose
    si sono un po' complicate.
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    Lottavano per tirare avanti e far crescere
    una giovane famiglia e la nuova attività,
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    spesso lavoravano sette giorni su sette,
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    14 ore al giorno,
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    facendo due o tre lavori
    solo per sopravvivere.
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    Il tempo di qualità trascorso coi miei
    era quasi inesistente.
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    Anche se sapevo
    che mi volevano molto bene,
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    crescendo mi sono sentito abbandonato.
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    Ero solitario, e ho iniziato a isolarmi,
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    e dopo ho cominciato
    a incolpare i miei genitori,
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    e a provare molta rabbia.
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    Crescendo, durante l'adolescenza,
    iniziai a comportarmi male
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    per attirare l'attenzione
    dei miei genitori.
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    Un giorno, quando avevo 14 anni,
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    mi trovavo in un vicolo,
    fumando una canna,
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    e un uomo con il doppio dei miei anni,
    la testa rasata e gli anfibi alti e neri,
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    mi si avvicinò,
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    e mi strappò la canna dalle labbra.
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    Mi appoggiò la mano sulla spalla,
    mi guardò dritto negli occhi,
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    e mi disse,
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    "Questo è ciò che comunisti ed ebrei
    vogliono che tu faccia,
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    per mantenerti docile".
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    Avevo 14 anni,
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    scambiavo le figurine del baseball
    e guardavo "Happy Days".
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    Non sapevo nemmeno cosa fosse, un ebreo.
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    (Risate)
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    È vero.
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    E l'unico comunista che conoscevo
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    era il russo cattivo
    del mio film di Rocky preferito.
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    (Risate)
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    E dato che sono qui
    per mettere a nudo la mia anima,
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    voglio rivelarvi che non sapevo neanche
    cosa significasse la parola "docile".
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    (Risate)
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    Ve lo giuro.
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    Ma era come se quell'uomo in quel vicolo
    mi avesse offerto un'ancora di salvezza.
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    Per 14 anni mi ero sentito
    emarginato e bullizzato.
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    Avevo scarsa autostima.
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    E sinceramente, non sapevo chi fossi,
    quale fosse il mio posto,
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    né quale fosse il mio scopo.
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    Mi sentivo perso.
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    E da un giorno all'altro,
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    dato che quest'uomo
    si era interessato a me,
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    mi sono aggrappato
    a quell'ancora di salvezza
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    con ogni fibra del mio essere.
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    Dal fan di "Happy Days" che ero
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    diventai un nazista da manuale.
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    Da un giorno all'altro.
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    Iniziai ad ascoltare la loro retorica,
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    e a crederci.
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    Iniziai a osservare molto da vicino
    come i leader di questa organizzazione
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    puntavano giovani vulnerabili,
    che si sentivano emarginati,
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    e li trascinavano dentro
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    promettendogli, invano, il paradiso.
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    Poi ho iniziato io a reclutarli.
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    Iniziai facendo musica white-power.
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    E presto diventai il leader
    di quella organizzazione criminale,
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    prima capeggiata dall'uomo del vicolo
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    che mi aveva reclutato,
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    che è stato il primo skinhead
    neonazista americano
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    e mi aveva radicalizzato.
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    Per gli otto anni successivi,
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    ho creduto a tutte le bugie
    che mi avevano propinato.
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    E benché non avessi prove di alcun tipo,
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    non mi facevo problemi
    a dare la colpa a tutti gli ebrei
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    per quello che credevo un genocidio
    di bianchi di origine europea,
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    che promuovevano attraverso
    un programma multiculturalista.
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    Davo la colpa alle persone di colore
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    per i crimini, la violenza
    e le droghe presenti in città,
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    tralasciando completamente il fatto
    che io stesso commettevo atti violenti,
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    quotidianamente,
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    e che spesso erano proprio
    i suprematisti bianchi
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    a far girare la droga nei centri urbani.
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    E me la prendevo con gli immigrati
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    perché rubavano il lavoro
    agli americani bianchi
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    tralasciando completamente il fatto
    che i miei genitori erano immigrati
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    che lavoravano sodo
    e tiravano avanti a fatica
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    senza ricevere l'aiuto di nessuno.
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    Per gli otto anni successivi,
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    ho visto amici morire,
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    altri finire in prigione
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    e infliggere dolore inimmaginabile
    su moltissime vittime e le loro famiglie.
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    Ho sentito storie orribili
    di giovani donne nel movimento,
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    brutalmente stuprate dagli stessi uomini
    di cui erano state manipolate a fidarsi,
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    e anche io ho commesso atti
    di violenza contro molte persone,
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    solo per il colore della loro pelle,
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    per la persona che amavano,
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    o per il dio che pregavano.
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    Immagazzinavo armi per una guerra razziale
    che pensavo fosse imminente.
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    Ho frequentato sei scuole superiori,
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    mi hanno buttato fuori da quattro.
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    Da una di queste, ben due volte.
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    25 anni fa scrivevo
    e suonavo musica razzista
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    che si diffuse su Internet decenni dopo
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    e contribuì a ispirare
    un giovane nazionalista bianco
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    che un giorno entrò in una chiesa
    a Charleston, nella Carolina del Sud,
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    e massacrò senza un motivo
    nove persone innocenti.
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    Ma poi la mia vita cambiò.
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    A 19 anni incontrai una ragazza
    che non faceva parte del movimento,
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    non c'era assolutamente
    niente di razzista in lei,
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    e me ne innamorai.
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    A 19 anni ci siamo sposati,
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    e nacque il nostro primo figlio.
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    Quando quel giorno, in sala parto,
    ho preso mio figlio tra le braccia,
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    non soltanto ho ritrovato l'innocenza
    che avevo perduto all'età di 14 anni,
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    ma ho anche cominciato a ridiscutere
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    le questioni fondamentali
    che mi avevano attirato nel movimento:
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    identità, comunità e scopo,
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    le cose con cui avevo un problema,
    quando ero adolescente.
  • 7:00 - 7:05
    E ora ero tornato a chiedermi
    chi fossi davvero.
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    Ero un neonazista carico d'odio,
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    o un padre e marito amorevole?
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    La mia comunità era quella
    che avevo costruito intorno a me
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    per aumentare il mio ego,
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    perché provavo odio per me stesso
    e volevo proiettarlo sugli altri,
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    o era quella a cui fisicamente
    avevo dato la vita?
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    Il mio scopo era bruciare la Terra
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    oppure costruire un posto migliore
    per la mia famiglia?
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    Improvvisamente,
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    come se tonnellate
    di mattoni mi colpissero,
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    cominciai a perdere le mie certezze
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    sugli ultimi otto anni della mia vita.
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    Se fossi stato abbastanza coraggioso
    da andare via in quel momento,
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    da capire la mia lotta interiore,
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    forse avrei potuto evitare la tragedia.
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    Invece scelsi il compromesso.
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    Mi tolsi dalla strada
    per il bene della mia famiglia,
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    perché ero preoccupato
    di finire in prigione o farmi ammazzare,
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    lasciandoli soli a badare a se stessi.
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    Rinunciai al mio posto di leader,
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    e invece aprii un negozio di dischi
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    che naturalmente avrebbe venduto
    musica white power,
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    perché la stavo importando dall'Europa.
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    Ma sapevo che, se in negozio
    avessi venduto solo musica razzista,
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    la comunità mi avrebbe fatto chiudere.
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    Quindi decisi di mettere
    anche altri generi sugli scaffali,
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    come punk rock,
    heavy metal e hip hop.
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    La musica white-power che vendevo
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    costituiva il 75% dei miei ricavi lordi,
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    perché le persone arrivavano
    da tutto il paese per comprarla
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    nell'unico negozio che la vendeva.
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    Ma avevo anche clienti
    che compravano gli altri generi musicali.
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    E a un certo punto,
    iniziarono a parlare con me.
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    Un giorno entrò un ragazzo nero,
    di neanche vent'anni,
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    ed era visibilmente turbato.
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    Decisi di chiedergli qual era il problema.
  • 9:18 - 9:22
    Mi disse che a sua madre
    era stato diagnosticato un cancro al seno.
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    Improvvisamente,
    con questo giovane ragazzo nero,
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    con cui non avevo mai parlato
    o avuto un'interazione significativa,
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    ero riuscito a comunicare con lui,
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    perché anche mia madre aveva avuto
    una diagnosi di cancro al seno
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    e potevo capire cosa provasse.
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    In un'altra occasione,
    entrò una coppia gay con il figlio
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    e per me era evidente
    che amassero il loro figlio
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    tanto profondamente
    quanto io amavo il mio.
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    Non potevo più razionalizzare
    o giustificare il pregiudizio
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    che avevo nella mia testa.
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    Decisi di togliere
    la musica white-power dal catalogo
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    quando provai troppo imbarazzo
    a venderla di fronte ai miei nuovi amici.
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    Ovviamente, il negozio
    non riuscì più a tirare avanti,
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    e fui costretto a chiuderlo.
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    Nello stesso tempo,
    persi quasi tutto ciò che avevo.
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    Decisi di sfruttare l'occasione
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    per uscire dal movimento
    in cui ero stato per otto anni,
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    la sola identità, comunità e scopo
    che avevo conosciuto nella mia vita.
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    Non avevo più nessuno.
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    Non avevo di che mantenermi,
    perché avevo chiuso il negozio.
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    Non avevo un gran rapporto con i miei,
    anche se loro ci avevano provato.
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    Mia moglie e i miei figli mi lasciarono
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    perché non avevo lasciato
    fin da subito il movimento.
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    All'improvviso,
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    non sapevo di nuovo chi fossi,
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    quale fosse la mia comunità,
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    quale fosse il mio scopo.
  • 10:56 - 10:58
    Mi sentivo depresso,
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    e spesso mi svegliavo la mattina
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    desiderando di morire.
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    Dopo aver passato così cinque anni,
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    una delle poche amiche rimaste
    era preoccupata della mia salute,
  • 11:11 - 11:13
    venne da me e mi disse:
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    "Devi fare qualcosa,
    perché non voglio vederti morire".
  • 11:18 - 11:22
    Mi suggerì di fare domanda per un lavoro
    nella società dove lei lavorava,
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    una società chiamata IBM.
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    Sì, anch'io ho pensato che era folle.
  • 11:27 - 11:29
    (Risate)
  • 11:29 - 11:33
    Eccomi, un dissidente ex-nazista
    ricoperto di tatuaggi d'odio.
  • 11:33 - 11:35
    Non ho frequentato l'università.
  • 11:35 - 11:39
    Sono stato buttato fuori
    più volte da più scuole.
  • 11:40 - 11:42
    Non avevo neanche un computer.
  • 11:43 - 11:45
    Ma ci andai,
  • 11:45 - 11:48
    e in un modo o nell'altro,
    miracolosamente, ho avuto il posto.
  • 11:50 - 11:51
    Ero felicissimo.
  • 11:52 - 11:55
    E poi appresi con terrore
  • 11:55 - 11:58
    che stavano per mandarmi
    nella mia vecchia scuola superiore,
  • 11:58 - 12:01
    la stessa da cui ero stato
    buttato fuori due volte,
  • 12:02 - 12:03
    ad installare i loro computer.
  • 12:04 - 12:08
    Questa era una scuola in cui
    avevo commesso molti atti di violenza
  • 12:08 - 12:10
    contro studenti, contro docenti;
  • 12:10 - 12:15
    dove avevo protestato fuori dalla scuola
    per la parità dei diritti dei bianchi
  • 12:15 - 12:18
    e avevo fatto anche un sit-in in mensa
  • 12:18 - 12:21
    per promuovere e richiedere
    un sindacato di studenti bianchi.
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    Naturalmente, il mio karma fece sì
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    che nel giro delle prime due ore
  • 12:28 - 12:32
    incontrassi il signor Johnny Holmes,
  • 12:32 - 12:36
    l’integerrimo addetto alla sicurezza
    di colore con cui avevo fatto a pugni,
  • 12:36 - 12:38
    che mi sbatté fuori la seconda volta
  • 12:38 - 12:40
    e mi portò in manette fuori dalla scuola.
  • 12:42 - 12:43
    Non mi aveva riconosciuto,
  • 12:44 - 12:45
    ma io l'avevo visto,
  • 12:46 - 12:48
    e non sapevo cosa fare, ero paralizzato.
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    Ormai ero cresciuto,
    lontano anni luce dal movimento,
  • 12:51 - 12:54
    e stavo sudando e tremando.
  • 12:55 - 12:57
    Ma decisi che dovevo fare qualcosa.
  • 12:58 - 13:02
    E decisi che dovevo venire a patti
    con il peso del mio passato,
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    perché per cinque anni
    avevo cercato di eluderlo.
  • 13:05 - 13:08
    Avevo cercato di fare nuove amicizie
    e coprire i tatuaggi come potevo,
  • 13:08 - 13:10
    e non l'avrei mai ammesso
  • 13:10 - 13:12
    perché avevo paura di essere giudicato
  • 13:12 - 13:14
    come io avevo giudicato le altre persone.
  • 13:15 - 13:19
    Decisi di seguire il signor Holmes
    fuori nel parcheggio.
  • 13:19 - 13:21
    Ripensandoci, non è stata una grande idea.
  • 13:21 - 13:23
    (Risate)
  • 13:23 - 13:25
    Ma quando lo trovai,
    stava entrando nella sua auto
  • 13:25 - 13:27
    e gli appoggiai una mano sulla spalla.
  • 13:27 - 13:30
    Quando si girò e mi riconobbe,
  • 13:30 - 13:33
    fece un passo indietro perché aveva paura.
  • 13:35 - 13:37
    Io non sapevo cosa dire.
  • 13:38 - 13:42
    Alla fine le parole mi uscirono di bocca
    e tutto quello che riuscii a dire era:
  • 13:42 - 13:43
    "Mi dispiace".
  • 13:44 - 13:46
    Lui mi abbracciò,
  • 13:46 - 13:48
    mi perdonò,
  • 13:50 - 13:53
    e mi incoraggiò a perdonare me stesso.
  • 13:54 - 14:00
    Lui capì che non era la storia
    di un ragazzino fallito e senza futuro
  • 14:00 - 14:03
    destinato a unirsi a una banda
    e finire in prigione.
  • 14:03 - 14:08
    Sapeva che la mia era la storia
    di ogni giovane vulnerabile,
  • 14:08 - 14:11
    che cerca la sua identità,
    una comunità e uno scopo
  • 14:11 - 14:14
    poi trova un ostacolo insuperabile
  • 14:14 - 14:16
    e prende una strada pericolosa.
  • 14:17 - 14:19
    Mi fece promettere una cosa,
  • 14:19 - 14:23
    che avrei raccontato la mia storia
    a chiunque avesse voluto ascoltarla.
  • 14:23 - 14:24
    Questo è successo 18 anni fa,
  • 14:24 - 14:26
    ed è quello che faccio da allora.
  • 14:27 - 14:32
    (Applausi)
  • 14:37 - 14:39
    Forse adesso vi starete chiedendo:
  • 14:39 - 14:42
    Come ha fatto un bravo ragazzo,
    figlio di immigrati che lavoravano duro,
  • 14:42 - 14:45
    a scivolare in un sentiero così oscuro?
  • 14:45 - 14:48
    Una parola: buche.
  • 14:49 - 14:50
    Esatto: buche.
  • 14:50 - 14:53
    Da piccolo ho preso molte "buche".
  • 14:54 - 14:55
    Succede a tutti.
  • 14:55 - 14:58
    Sono quelle cose
    che incontriamo nella vita,
  • 14:58 - 15:01
    e invariabilmente ci allontanano
    dal nostro cammino,
  • 15:01 - 15:03
    e se rimangono irrisolte,
  • 15:03 - 15:05
    o non vengono curate,
  • 15:06 - 15:07
    o non le affrontiamo,
  • 15:08 - 15:12
    a volte possiamo sbandare,
    e prendere strade pericolose.
  • 15:12 - 15:14
    Le nostre "buche" possono essere traumi,
  • 15:14 - 15:17
    abusi, disoccupazione,
  • 15:18 - 15:19
    rifiuti,
  • 15:20 - 15:22
    malattie mentali non curate,
  • 15:22 - 15:23
    persino privilegi.
  • 15:24 - 15:27
    E se nel viaggio della vita
    incontriamo una strada molto sconnessa
  • 15:28 - 15:30
    e non abbiamo le risorse, o l’aiuto,
  • 15:30 - 15:33
    per aggirare le sue buche,
    o per tirarcene fuori,
  • 15:34 - 15:37
    a volte anche brave persone
    finiscono per fare pessime cose.
  • 15:40 - 15:43
    Una persona che ha preso
    diverse buche è Darrell.
  • 15:43 - 15:45
    Darrell viene dallo stato di New York.
  • 15:45 - 15:48
    Aveva letto la mia autobiografia,
  • 15:48 - 15:50
    ed era davvero irritato dal finale.
  • 15:50 - 15:52
    Perché io sono uscito dal movimento,
  • 15:52 - 15:54
    mentre lui ne faceva ancora parte.
  • 15:54 - 15:57
    Mi ha scritto una e-mail dicendo:
  • 15:57 - 16:00
    "Non mi piace il modo in cui è finita".
  • 16:00 - 16:02
    E ho risposto: "Bene, mi dispiace".
  • 16:02 - 16:03
    (Risate)
  • 16:03 - 16:06
    "Ma se vuoi parlare di questo,
    non ho alcun problema".
  • 16:06 - 16:09
    E dopo un paio di settimane
    di tira e molla con Darrel,
  • 16:09 - 16:15
    ho saputo che era un veterano
    di 31 anni che era stato ferito
  • 16:15 - 16:16
    ed era molto arrabbiato
  • 16:16 - 16:20
    perché non poteva tornare
    in Afghanistan a uccidere i musulmani.
  • 16:21 - 16:22
    Un giorno al telefono,
  • 16:22 - 16:26
    mi ha detto di aver visto al parco
    un musulmano che pregava
  • 16:26 - 16:30
    e l’unica cosa che voleva fare
    era prenderlo a calci in faccia.
  • 16:31 - 16:33
    Il giorno dopo ero a Buffalo,
  • 16:34 - 16:36
    seduto di fianco a Darrell,
  • 16:37 - 16:38
    e gli ho chiesto:
  • 16:38 - 16:42
    "Hai mai incontrato
    un musulmano prima d'ora?"
  • 16:42 - 16:44
    Mi ha detto: "No!
  • 16:44 - 16:45
    Perché diavolo dovrei volerlo fare?
  • 16:45 - 16:48
    Sono il male, non voglio avere
    nulla a che fare con loro".
  • 16:49 - 16:50
    Ho detto: "Ok".
  • 16:51 - 16:53
    Ho chiesto scusa, sono andato in bagno
  • 16:53 - 16:55
    e ho tirato fuori il cellulare
  • 16:55 - 16:57
    per cercare su Google la moschea locale.
  • 16:58 - 17:00
    Li ho chiamati
    bisbigliando dalla toilette.
  • 17:00 - 17:04
    Dissi: "Mi scusi, imam,
    ho bisogno di un favore.
  • 17:04 - 17:05
    Ho un amico cristiano
  • 17:05 - 17:08
    a cui piacerebbe conoscere
    meglio la vostra religione".
  • 17:08 - 17:11
    (Risate)
  • 17:11 - 17:13
    "Vi dispiace se passiamo da voi?"
  • 17:14 - 17:17
    C'è voluto un po'
    per convincere Darrell ad andare,
  • 17:17 - 17:19
    ma alla fine ci siamo andati.
  • 17:19 - 17:21
    E dopo aver bussato alla porta,
  • 17:21 - 17:24
    l’imam ha detto che poteva
    dedicarci solo 15 minuti,
  • 17:24 - 17:26
    perché si stava preparando
    per la preghiera.
  • 17:26 - 17:28
    Ho detto: "Per noi va bene".
  • 17:28 - 17:29
    Siamo entrati,
  • 17:29 - 17:35
    e due ore e mezza dopo
    siamo usciti tra abbracci e pianti
  • 17:35 - 17:39
    e, cosa molto strana,
    parlando di Chuck Norris, chissà perché.
  • 17:39 - 17:40
    (Risate)
  • 17:40 - 17:43
    Non so come siamo finiti in argomento,
    ma è andata così.
  • 17:44 - 17:48
    E sono felice di dirvi
    che Darrell e l’Imam
  • 17:48 - 17:50
    si possono incontrare spesso
    al chiosco di falafel,
  • 17:50 - 17:52
    mentre pranzano insieme.
  • 17:52 - 17:55
    (Applausi)
  • 18:00 - 18:03
    Il punto è che siamo
    sconnessi l'uno dall'altro.
  • 18:03 - 18:05
    L'odio è figlio dell'ignoranza.
  • 18:05 - 18:09
    La paura è il padre,
    e l'isolamento è la madre.
  • 18:09 - 18:13
    Quando non capiamo qualcosa,
    tendiamo ad averne paura.
  • 18:13 - 18:15
    E se ce ne teniamo lontani,
  • 18:15 - 18:18
    quella paura cresce
    e talvolta si trasforma in odio.
  • 18:19 - 18:22
    Da quando ho lasciato il movimento,
    ho aiutato più di cento persone
  • 18:22 - 18:25
    a uscire dai movimenti estremisti,
    e dai gruppi suprematisti bianchi.
  • 18:25 - 18:29
    (Applausi)
  • 18:34 - 18:36
    Perfino dai gruppi jihadisti.
  • 18:36 - 18:38
    Riesco a farlo
  • 18:38 - 18:40
    perché non mi metto
    a litigare con loro,
  • 18:40 - 18:42
    non mi infervoro,
  • 18:42 - 18:44
    non provo neanche a dire che si sbagliano,
  • 18:44 - 18:46
    anche se qualche volta
    vorrei davvero farlo.
  • 18:47 - 18:48
    Non lo faccio.
  • 18:48 - 18:51
    Non li allontano.
  • 18:51 - 18:53
    Li faccio avvicinare.
  • 18:53 - 18:56
    E ascoltandoli, cerco di intuire
  • 18:56 - 18:57
    quali siano state
    le "buche" della loro vita,
  • 18:58 - 19:00
    e dopo comincio a chiuderle.
  • 19:01 - 19:03
    Cerco di rendere
    le persone più resilienti,
  • 19:03 - 19:04
    più sicure di sé,
  • 19:05 - 19:09
    più consapevoli di avere capacità
    per competere nel mercato
  • 19:09 - 19:12
    così non devono incolpare qualcun altro,
  • 19:13 - 19:15
    qualcuno che magari
    non hanno mai incontrato.
  • 19:16 - 19:20
    Vorrei concludere con un'ultima cosa.
  • 19:21 - 19:24
    Tutte le persone con cui ho lavorato
    vi diranno tutti la stessa cosa.
  • 19:24 - 19:28
    Primo, sono diventati estremisti
  • 19:28 - 19:32
    perché cercavano una comunità,
    non per l’ideologia o il dogma.
  • 19:33 - 19:35
    Secondo, quello che li ha portati fuori
  • 19:36 - 19:38
    è stato ricevere compassione
  • 19:38 - 19:41
    dalle persone da cui non se la meritavano,
  • 19:41 - 19:43
    quando meno se la meritavano.
  • 19:43 - 19:45
    (Applausi)
  • 19:45 - 19:47
    Vorrei lasciarvi con una sfida:
  • 19:48 - 19:51
    uscite oggi, domani e spero ogni giorno,
  • 19:52 - 19:57
    trovate qualcuno che pensate
    non meriti la vostra compassione
  • 19:57 - 19:58
    e mostrategli compassione.
  • 19:59 - 20:00
    Perché, ve lo garantisco,
  • 20:00 - 20:02
    sono quelli che ne hanno più bisogno.
  • 20:03 - 20:04
    Vi ringrazio molto.
  • 20:04 - 20:06
    (Applausi)
Title:
La mia discesa nel movimento neonazista americano - e come l'ho abbandonato
Speaker:
Christian Picciolini
Description:

All'età di 14 anni Christian Picciolini si trasforma dall'ingenuo teenager che era in un suprematista bianco, diventando presto il leader del primo gruppo neonazista skinhead degli Stati Uniti. Come è stato radicalizzato, e come è riuscito, alla fine, a uscire dal movimento? In questo talk coraggioso, Picciolini condivide la sua soluzione sorprendente, e controintuitiva, all'odio in tutte le sue forme.

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English
Team:
closed TED
Project:
TEDTalks
Duration:
20:18

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