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Nella nostra mente
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abbiamo la tendenza a discriminare,
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discriminare contro
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o discriminare tra
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mente e materia.
E questa è la ragione per cui
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noi ci domandiamo se
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la mente sia un prodotto della materia o se
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la materia sia un prodotto della mente.
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I materialisti sostengono che
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la nostra mente sia un prodotto della materia
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mentre gli idealisti sostengono che
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quello che tu vedi come materia sia soltanto la tua
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mente.
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Così continuano a litigare
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e disputare gli uni contro gli altri solo perché
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usano la discriminazione mentale
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per guardare le cose.
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Ma nella tradizione del Buddismo mente
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e materia
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non sono due entità separate.
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A volte esse si manifestano come mente,
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a volte si manifestano come materia.
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È come nella Fisica
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subatomica: la particella elementare
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a volte si manifesta come
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una particella, a volte come un'onda.
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Cosi' dire che e' una particella è sbagliato,
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dire che è un'onda è ugualmente
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sbagliato;
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È entrambe le cose.
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Questo foglio di carta
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ha la facciata sinistra e quella destra
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e noi sappiamo che non possiamo separare la sinistra
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dalla destra
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e la destra dalla sinistra;
tu non puoi
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venire e prenderti la destra
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per andare a Bordeaux e la sinistra per andare a
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Tolosa.
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No? Esse sono sempre insieme, tu non puoi
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separarle l'una dall'altra.
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E questo è l'insegnamento dell'Interessere
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secondo il Buddismo.
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Interessere vuol dire che non puoi esistere
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da solo tu stesso; devi
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interessere con noi. La sinistra deve interessere
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con la destra,
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la sinistra non è il nemico della destra.
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La sinistra deve appoggiarsi alla destra
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per manifestare se stessa
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e la destra deve appoggiarsi alla
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sinistra
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per manifestare se stessa.
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Dunque questa è la mente della
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non-discriminazione.
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Ma se noi continuiamo con la mente della
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discriminazione, distorciamo
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ogni cosa e contrapponiamo la materia
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alla mente, la sinistra alla destra e così via.
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La scorsa settimana abbiamo anche imparato che
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sofferenza e felicità non sono
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nemici.
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Esse intersono:
la sofferenza è fatta di felicità
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e la felicità è fatta di sofferenza;
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se non c'è sofferenza non c'è
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felicità
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e se non c'è felicità non c'è
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sofferenza.
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È come per il fiore di loto e il fango:
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se non c'è fango non puoi far crescere il loto
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e il loto è lì per qualche tempo e
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poi diventa fango di nuovo.
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Così guardando il loto tu vedi il
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fango
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e guardando dentro il fango vedi il futuro
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loto.
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Quindi la sofferenza è allo stesso modo.
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Qualcuno che ha la capacità
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di tornare a se stesso, di ascoltare la
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propria sofferenza
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e guardare in profondità nella sua sofferenza,
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sarà capace di comprendere quella
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sofferenza
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dentro di lui che porta con sé la
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sofferenza di suo
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padre, di sua madre, dei suoi antenati.
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Ed entrare in contatto con la sofferenza
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interiore, ti aiuta a comprendere
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la tua propria sofferenza. E comprendere la
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sofferenza
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fa sorgere la compassione
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e quando la compassione sorge, tu soffri
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meno
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all'istante poiché tu vedi il sentiero
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della trasformazione
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e della guarigione.
Se hai compreso
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la natura, le radici della tua sofferenza,
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allora il sentiero che conduce
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alla
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cessazione della sofferenza apparirà
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dinanzi a te.
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E avendo visto il sentiero tu non
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avrai più paura;
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tu sai come fare buon uso della
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sofferenza al fine
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di creare felicità.
È come fanno
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i monaci a Plum Village:
loro sanno come
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fare buon uso del fango
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per produrre bellissimi
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fiori di loto;
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son rimasti uno o due fiori di loto
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ad Upper Hamlet e Lower Hamlet.
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Dunque una delle cose che abbiamo imparato
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la scorsa settimana è che abbiamo bisogno della sofferenza;
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la sofferenza puo' essere utile
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e possiamo parlare della bontà della
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sofferenza
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poiché tornando indietro e ascoltando
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e comprendendo la nostra
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sofferenza,
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noi diamo origine alla nascita
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della
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compassione e dell'amore.
E quando
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la compassione, l'amore sono nati, noi soffriamo meno
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all'istante.
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Supponi di guardare qualcuno,
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anche se quel qualcuno ti ha fatto soffrire
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molto
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in passato per molti anni.
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Tu non vuoi guardare lui o lei
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perché ogni volta che guardi
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lui o lei, soffri
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perché credi che quella persona ti abbia
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fatto soffrire così tanto...
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ma ora, grazie alla pratica,
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risulta diverso poiché tu hai
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già
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perciò
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sei capace di riconoscere la
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sofferenza in lui,
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in lei.
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E capisci perché quella persona
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soffre così tanto;
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e quella persona soffre così tanto e
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non sa come gestire la sofferenza.
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Questa è la ragione per cui la sua sofferenza si espande
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tutto
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intorno e tu ne sei vittima.
Forse
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lui non vuole farti soffrire.
Proprio
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perché
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lui non sa
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non sa come gestire la
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sofferenza e perciò continua a
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soffrire.
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E poiché lui soffre, anche tu devi soffrire;
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tu sei la seconda vittima e lui
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È la prima vittima della sua sofferenza.
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Ma avendo compreso la tua propria sofferenza,
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tu hai compassione, tu hai una visione chiara
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e soffri meno.
E questo ti consente
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di guardare l'altra persona
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e quando puoi vedere la sofferenza in
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lei o in lui
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e capisci perché quella persona
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soffre in quel modo,
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non sei più arrabbiato con lui.
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Questa è la verità: quando guardi
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qualcuno,
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se riesci a vedere la sofferenza in quel
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qualcuno
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che non è capace di gestire la
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sofferenza,
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tu non gli dai più la colpa,
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non sei più arrabbiato con lui.
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Vuoi invece fare qualcosa e
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dire qualcosa
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affinché lui soffra meno.
Questo vuol dire
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che
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tu hai compassione nel cuore e
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la compassione nel tuo cuore
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non ti fa soffrire più.