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La geoingegneria contro la crisi del clima: David Keith@TED

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    Avrete tutti letto molti articoli sul riscaldamento climatico,
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    e tuttavia ecco un altro articolo del New York Times,
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    che dice le stesse cose
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    degli altri ed ha gli stessi
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    titoli degli altri.
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    La differenza, forse, è che risale al 1953.
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    Lo dico perché magari vi siete convinti
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    che questo problema sia relativamente recente.
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    Che solo ora le persone si siano poste il problema,
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    con Kyoto, e che il governatore, le persone, inizino a fare davvero qualcosa.
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    E che potremmo essere sulla strada per una soluzione.
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    Il fatto è che -- oh oh --
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    Conosciamo questo problema da 50 anni, più o meno.
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    Ne abbiamo parlato infinite volte, negli ultimi dieci.
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    E non abbiamo realizzato quasi niente.
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    Questo è il tasso di crescita della CO2 nell’atmosfera.
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    L’avete visto in varie forme,
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    ma forse non avete visto questo.
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    Guardate come il tasso di crescita delle nostre emissioni sta accelerando.
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    E sta accelerando ancora più in fretta
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    di quanto, appena qualche anno fa, pensavamo fosse possibile solo nel peggiore dei casi.
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    Secondo molti scettici, la linea rossa
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    era messa apposta dagli ambientalisti, nelle previsioni,
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    per farle sembrare più brutte possibile.
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    Le emissioni non sarebbero mai cresciute così in fretta...
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    ma in realtà stanno crescendo più in fretta di così.
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    Ecco alcuni dati di circa 10 giorni fa,
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    il minimo annuale del ghiaccio artico, ed è di gran lunga un record negativo.
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    Il ghiaccio artico sta sparendo ad una velocità molto maggiore delle previsioni.
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    Quindi, malgrado ogni sorta di esperti come me voli per il pianeta,
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    bruci gasolio, e i politici firmino trattati,
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    potreste sostenere che l’effetto netto di tutto questo è stato negativo,
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    perché si è solo consumato del carburante. (Risate).
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    Dico sul serio! Stentiamo a prendere i provvedimenti davvero necessari a mettere
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    un freno alla corsa economica.
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    In realtà stiamo facendo questo, sostanzialmente. Non è davvero molto.
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    Ma non voglio deprimervi troppo.
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    Il problema è risolvibile, e persino ad un costo ragionevolmente basso.
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    Basso come il costo dell’Esercito, non della Sanità.
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    Per "basso" intendo pochi punti di PIL.
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    È molto importante mantenere questo senso delle proporzioni.
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    Il problema è risolvibile, e dovremmo metterci a risolverlo occupandoci
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    della produzione di elettricità,
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    che causa circa il 43% delle emissioni di CO2, ed è in crescita.
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    E potremmo farlo con cose perfettamente ragionevoli come la conservazione,
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    l’eolico, il nucleare, il carbone e la cattura di CO2,
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    tutte tecnologie pronte per uno sviluppo su scala gigantesca, e lavorare.
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    Ci manca solo la determinazione a spendere denaro per realizzarle.
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    Invece, spendiamo il tempo a parlare.
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    Ma non voglio parlarvi di questo stasera.
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    Stasera vi parlerò di cosa potremmo fare anche se non facessimo niente.
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    Ed è questa roba qui nel mezzo, ossia le cose da fare
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    se non fermiamo le emissioni abbastanza in fretta.
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    Dovremo affrontare, e in qualche modo rompere il legame
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    tra il cambiamento climatico e le azioni umane che lo causano. Ed è importante,
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    perché naturalmente ci si può adattare al cambiamento climatico,
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    ed è importante essere onesti: ci saranno alcuni benefici nel cambiamento climatico.
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    Certo, io penso che sia un male. Ho speso la mia intera vita a cercare di fermarlo.
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    Ma a renderlo politicamente difficile è il fatto che ci sono vincitori e vinti, non solo vinti.
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    Naturalmente, il mondo naturale, gli orsi polari
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    (Ho sciato sulla calotta polare dell’Alto Artico, per settimane)
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    perderanno completamente.
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    Non potranno adattarsi.
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    Quindi questo problema è assolutamente risolvibile.
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    La geoingegneria, nella sua forma più semplice, in sostanza funziona così:
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    potremmo sparare determinate particelle, diciamo particelle di acido solforico (solfati)
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    nell’atmosfera superiore, la stratosfera,
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    dove farebbero “rimbalzare” la luce solare e raffredderebbero il pianeta.
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    E so per certo che funzionerebbe.
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    Ci sono effetti collaterali, ma so per certo che funzionerà.
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    E il motivo è che è già stato fatto.
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    E non è stato fatto da noi, da me, ma dalla Natura.
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    Ecco il Monte Pinatubo. Nei primi anni ’90 emise un mucchio di zolfo
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    nella stratosfera (con una nuvola tipo bomba atomica).
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    Il risultato fu davvero notevole.
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    Dopo l'eruzione sua e di alcuni precedenti vulcani
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    notate un raffreddamento piuttosto netto dell’atmosfera.
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    Questa barra inferiore è l’atmosfera superiore, la stratosfera,
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    che dopo questa eruzione si scalda.
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    Ma noterete che nella barra superiore, l'atmosfera bassa,
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    la superficie si raffredda, perché l’atmosfera è stata un po' "schermata".
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    Non è un grande mistero.
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    C’è molto mistero nei dettagli, e ci sono alcuni effetti collaterali negativi,
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    come il fatto che distrugga parzialmente lo strato di ozono, e ci arriverò tra un minuto.
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    Ma con ogni evidenza, rinfresca.
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    E rapidamente anche.
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    È molto importante dirlo, perché molte delle cose che dovremmo fare,
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    come rallentare le emissioni, sono intrinsecamente lente, ci vuole tempo
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    per la costruzione dell'hardware necessario per rallentare le emissioni.
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    E non solo: quando tagli le emissioni, non tagli le concentrazioni.
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    Perché le concentrazioni, l’ammontare di CO2 nell’aria,
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    sono la somma delle emissioni nel tempo.
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    Quindi non potete fermare la corsa molto in fretta.
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    Ma questo, invece, è rapido.
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    E ci sono casi in cui potremmo volerlo, qualcosa di rapido.
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    Un’altra cosa che potremmo chiederci è: "Funziona?
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    Si può schermare un po' di luce solare e compensare efficacemente la CO2,
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    ricreando un clima simile al passato?"
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    E la risposta sembra essere sì.
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    Ecco i grafici che avete già visto molte volte.
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    Ecco l'aspetto del mondo adottando un particolare modello climatico:
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    con il doppio della quantità di CO2 nell’aria.
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    Il grafico inferiore è con il doppio dell’ammontare di CO2 e l’1,8%
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    di luce solare in meno, e siete ritornati al clima originale.
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    Questo grafico di Ken Caldera, è importante dirlo, nacque perché
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    Ken ed io, ad un meeting cui, credo, venne anche Marty Hoffart, a metà degli anni ’90,
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    ci alzammo alla fine del convegno e dicemmo:
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    "La geoingegneria non funzionerà".
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    E a chi la stava promuovendo dicemmo:
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    “L’atmosfera è molto più complicata",
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    Fornimmo molte ragioni fisiche per le quali non avrebbe funzionato.
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    Poi Ken elaborò i suoi modelli, e scoprì che invece funzionava.
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    L’argomento, inoltre, non è nuovo.
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    Il rapporto che atterrò sulla scrivania del presidente Johnson quando avevo due anni,
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    nel 1965, in effetti conteneva già
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    tutta la moderna scienza del clima.
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    La sola cosa di cui si parlava era la geoingegneria,
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    non parlavano nemmeno del ridurre le emissioni,
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    che è già un salto avanti incredibile nelle riflessioni su questo problema.
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    Non sto dicendo che non dovremmo tagliare le emissioni.
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    Certo che dovremmo. Ma è di questo che parlò.
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    Quindi, in un certo senso, non c’è molto di nuovo.
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    L’unica cosa nuova è questo saggio.
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    Quindi dovrei dire, immagino, che è dai tempi di quel rapporto,
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    e dei vari report della Accademia Nazionale Americana,
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    1977, 1982, 1990, che gli esperti parlano di questa idea.
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    Non come qualcosa "a prova di tutto", ma come qualcosa a cui pensare.
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    Ma quando il clima diventò, negli ultimi 15 anni, una questione "calda"
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    (scusate il gioco di parole), la geoingeneria era giudicata così politicamente scorretta
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    da non poterne neanche parlare. Non si poteva e basta.
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    Ma nell’ultimo anno, Paul Crutzen pubblicò questo saggio
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    dove più o meno la solfa era la stessa: cioè che forse, data la lentezza
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    nei nostri progressi, e gli impatti incerti, dovremmo
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    pensare a cose del genere.
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    Disse le cose di sempre.
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    La differenza fu che vinse il Nobel per la chimica.
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    Tutti lo stettero a sentire quando suggerì
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    di pensarci, malgrado gli impatti sull’ozono.
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    In effetti, aveva alcune idee su come contrastarli.
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    Ricevette ogni tipo di attenzione della stampa di tutto il mondo,
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    fino a "Dr. Stranamore salva il mondo," sull’Economist.
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    E questo mi ci fece pensare. Ho lavorato sull'argomento, di quando in quando,
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    ma non molto tecnicamente. Poi, una notte, sdraiato a letto,
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    pensavo a questo giocattolo da bambini, che dà il titolo al mio intervento, e mi chiesi
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    se si può usare la stessa fisica che fa ruotare quella cosa
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    attorno al radiometro del bambino per far levitare le particelle nell'atmosfera superiore
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    e farle restare lì.
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    Uno dei problemi, coi solfati, è che decadono alla svelta.
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    L'altro problema è che sono proprio dentro lo strato di ozono,
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    e li preferirei sopra lo strato di ozono.
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    Mi sono svegliato il mattino dopo, ho inizato a fare calcoli.
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    Era difficile calcoalre partendo dai principi di base. Mi ero incagliato.
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    Poi però ho trovato che erano già uscite pubblicazioni di ogni tipo
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    che affrontavano la questione, perché già succede nell'atmosfera superiore.
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    Sembra che già ci siano particelle fini
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    levitate nella mesosfera, a circa 100 Km d'altezza,
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    che hanno questo effetto.
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    Vi dirò molto in fretta come funziona l'effetto.
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    Ci sono molte complessità curiose
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    su cui vorrei spendere l'intera serata, ma non lo farò.
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    Diciamo che la luce solare colpisce alcune particelle, riscaldate in modo diseguale.
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    La faccia esposta al sole è più calda, il lato opposto è più freddo.
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    Le molecole gassose che rimbalzano contro il lato caldo
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    si muovono a velocità superiore, perché sono calde.
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    Potete quindi notare una forza netta allontanarsi dal Sole.
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    Si chiama forza fotoforetica.
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    Io ed alcuni collaboratori, in molte versioni di questo modello,
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    abbiamo riflettuto su come sfruttarla.
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    Naturalmente, potremmo sbagliarci, non se ne è
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    discusso collettivamente, le ricerche sono
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    in corso, ma finora sembra un buon modello.
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    Sembra che potremmo ottenere sospensioni in atmosfera molto lunghe,
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    molto più lunghe di prima, perché sono levitate.
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    Possiamo spostare le cose dalla stratosfera alla mesosfera,
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    risolvendo, in linea di principio, il problema dell'ozono.
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    Sono sicuro però che sorgeranno altri problemi.
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    E alla fine, potremmo far migrare queste particelle sopra i poli,
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    concentrando l'attività geoingegneristica ai poli.
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    Il che minimizzerebbe l'impatto negativo nel mezzo del pianeta,
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    dove viviamo, e farebbe la gran parte del suo dovere,
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    cioè raffreddare i poli, in caso di emergenza planetaria.
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    Questa è una nuova proposta, che potrebbe essere, in buona sostanza,
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    un'idea più intelligente di spararci i solfati.
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    Che sia giusta questa idea, o altre,
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    penso sia quasi certo che
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    alla fine penseremo a cose più intelligenti di sparare solfato in aria.
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    Penso che se ingegneri e scienziati ci si dedicassero davvero,
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    potremmo incidere sul pianeta in modo sorprendente.
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    Solo che questo ci dà un'efficacia straordinaria.
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    Questa scienza ed ingegneria migliorate ci daranno, piaccia o meno,
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    sempre più efficacia nel condizionare il pianeta.
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    Nel controllarlo.
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    Nel farci controllare clima e tempo, non perché lo vogliamo
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    o lo pianifichiamo, ma perché la scienza ce lo permette un passo alla volta,
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    con una migliore conoscenza del modo in cui il sistema funziona,
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    e con migliori strumenti ingegneristici per effettuarlo.
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    Supponiamo che arrivino gli alieni dallo spazio,
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    magari atterrando al quartier generale ONU, in fondo alla strada,
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    oppure sceglieranno un posto più intelligente...
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    ma supponiamo che arrivino
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    e ci diano una scatola con due manopole.
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    Una serve a controllare la temperatura globale,
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    e un'altra, magari, per controllare le concentrazioni di CO2.
  • 9:51 - 9:55
    Potreste immaginare che combatteremmo guerre, per quella scatola.
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    Perché non abbiamo modo di metterci d'accordo su come regolare le manopole.
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    Nessuno di noi ha sovranità globale.
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    E soggetti diversi avranno differenti preferenze di regolazione.
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    Ora, non penso che questo avverrà, non è molto probabile.
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    Ma la stiamo costruendo, quella scatola.
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    Gli scenziati e gli ingegneri del mondo
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    la stanno costruendo pezzo dopo pezzo, nei loro laboratori.
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    Anche se lo stanno facendo per altre ragioni.
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    Anche se stanno pensando di lavorare alla protezione dell'ambiente.
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    Non hanno interesse in idee folli come ingegnerizzare il pianeta.
  • 10:21 - 10:25
    Sviluppano scienza che rende sempre più facile farlo.
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    E quindi penso che la mia opinione a riguardo sia, non che io voglia farlo, non voglio,
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    ma penso anche che dovremmo portare alla luce la questione e parlarne seriamente.
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    Perché presto o tardi dovremo prendere decisioni in merito,
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    ed è meglio se ci pensiamo seriamente,
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    anche se pensiamo al perché non dovremmo farlo.
  • 10:43 - 10:49
    Vi offrirò due approcci diversi nel pensare a questo problema, che sono l'inizio
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    delle mie riflessioni su come affrontare la questione.
  • 10:51 - 10:54
    Non basta che un po' di gente stramba come me ci si dedichi,
  • 10:54 - 10:56
    serve un dibattito più ampio.
  • 10:56 - 11:00
    Un dibattito che coinvolga musicisti, scienziati, filosofi, scrittori,
  • 11:00 - 11:03
    che affronti questa questione dell'ingegneria climatica,
  • 11:03 - 11:06
    e pensi seriamente a quali siano le sue implicazioni.
  • 11:06 - 11:08
    Quindi, un possibile approccio è:
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    "Facciamolo, invece di tagliare le emissioni, perché è più economico. "
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    Penso di non avervi ancora detto quanto è assurdamente conveniente.
  • 11:15 - 11:19
    Usando i solfati, o questo metodo che vi ho proposto, parliamo di
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    poter ricreare un'era glaciale al costo del 0,001% del PIL.
  • 11:25 - 11:28
    È molto economico. Ha molta resa.
  • 11:28 - 11:30
    Non è un'idea buona, ma è un'idea importante.
  • 11:30 - 11:33
    Vi dirò quanto è grande la leva. La leva è grande così.
  • 11:34 - 11:37
    E pochi dissentono a riguardo.
  • 11:37 - 11:43
    Magari si discute su quanto sia folle, ma non sul rapporto costi-benefici. (Risate)
  • 11:45 - 11:47
    A causa di questa "leva", potremmo trattare il problema
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    semplicemente smettendo di ridurre le emissioni,
  • 11:52 - 11:54
    e aumentando, man mano che le concentrazioni salgono,
  • 11:54 - 11:56
    il ricorso alla geoingegneria.
  • 11:56 - 11:59
    Ma non penso che qualcuno prenda questa politica sul serio.
  • 11:59 - 12:01
    Perché sotto questo scenario, ci spostiamo
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    sempre più lontano dal clima attuale.
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    Creiamo ogni tipo di problema come l'acidificazione dell'oceano
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    che viene dalla CO2 nell'atmosfera.
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    Nessuno, tranne una o due persone molto strambe, suggeriscono davvero questo.
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    Ma ecco una questione innegabile.
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    Diciamo che non facciamo geoingegneria, e facciamo quello che dovremmo fare,
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    cioè prendere sul serio la riduzione di emissioni.
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    Comunque, non sapremmo quanto in fretta farlo.
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    C'è molta incertezza su quando il cambio del clima diventa “eccessivo”.
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    Quindi, diciamo che lavoriamo duro, e non solo tocchiamo i freni,
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    ma li schiacciamo a fondo, riducendo davvero
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    le emissioni e alla fine le concentrazioni.
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    E forse un giorno glorioso, tipo il 23 Ottobre del 2075, finalmente
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    le concentrazioni hanno un "picco"
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    e poi cominciano a scendere.
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    E avremo feste in tutto
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    il mondo, del tipo "il peggio è passato"..
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    Ma forse quel giorno scopriremo anche che il ghiaccio della Groenlandia
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    si sta sciogliendo a velocità eccessiva, sufficiente ad aggiungere metri al livello
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    del mare nei prossimi cento anni,
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    e a rimuovere dalla mappa alcune delle principali città del mondo.
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    Questo è uno scenario assolutamente possibile.
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    A quel punto, potremmo decidere che la geoingegneria, per quanto incerta,
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    e moralmente infelice, è molto meglio usarla che rifiutarla.
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    Ed è un approccio molto diverso al problema.
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    È l'usarla come controllo dei rischi, non come sostituto all'azione.
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    Stai proponendo di ricorrere ad un po' di geoingegneria
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    per scongiurare il peggio del calore, non che la useresti come sostituto dell'azione.
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    Ma anche così, spunta
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    un altro problema: sapere
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    che la geoingegneria è possibile e
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    rende gli impatti climatici meno spaventosi.
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    E questo indebolisce l'impegno a ridurre le emissioni oggi.
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    Gli economisti lo chiamano "azzardo morale".
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    È uno dei motivi che rende
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    così difficile e politicamente inaccettabile
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    discuterne.
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    Ma non si fanno scelte sagge nascondendo le cose sotto il tappeto.
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    Vi lascerò con tre domande, e poi una citazione finale.
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    Dovremmo fare ricerca seria a riguardo?
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    Dovremmo avere un programma nazionale di ricerca che se ne occupi?
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    Non solo per migliorarlo, ma anche
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    per studiarne rischi e aspetti negativi.
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    Ora come ora, ci sono un po' di entusiasti che ne parlano, alcuni bene
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    e alcuni male: ma questa è una condizione pericolosa,
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    perché la conoscenza non è molto approfondita sull'argomento.
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    Basterebbe pochissimo denaro per aumentarla un po'.
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    Molti di noi (forse anch'io, adesso) pensano
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    che dovremmo farlo. Ma ho molte riserve.
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    Le mie riserve sono, principalmente, sul problema dell'azzardo morale,
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    e davvero non so come potremmo evitarlo al meglio.
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    Penso sia un serio problema il fatto che, parlandone,
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    le persone pensino di non doversi impegnare poi tanto a ridurre le emissioni.
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    Inoltre, forse ci serve un trattato,
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    che stabilisca chi debba farlo.
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    Oggi il pensiero andrebbe ad una nazione ricca come gli Stati Uniti.
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    Ma potrebbe capitare che la Cina, se si sveglia nel 2030 e si rende conto
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    che gli impatti climatici sono semplicemente inaccettabili,
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    non si interessi molto al nostro dibattito morale,
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    e decida di preferire un mondo geoingegnerizzato
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    piuttosto che no.
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    E mancherebbero procedure internazionali per decidere ... a chi spetta decidere!
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    Vi lascio con un ultimo pensiero, scritto 25 anni fa
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    nel National Academy Report degli USA, che esprime la mia posizione meglio di me,
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    e penso riassuma bene il punto in cui siamo:
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    Il problema della CO2, il problema climatico di cui abbiamo sentito parlare,
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    sta "spingendo" molte cose, come le innovazioni
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    nelle tecnologie che ridurranno le emissioni.
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    Ma anche, e penso inevitabilmente, ci porterà a pensare al clima
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    ed al controllo atmosferico, ci piaccia o no.
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    Ed è ora di iniziare a pensarci,
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    fosse anche solo
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    per trovare argomenti a sfavore.
  • 15:34 - 15:35
    Grazie.
Title:
La geoingegneria contro la crisi del clima: David Keith@TED
Speaker:
David Keith
Description:

Lo scienziato ambientale David Keith parla di una soluzione economica, efficace, scioccante per il cambiamento climatico: perché non iniettare un'immensa nube di particelle nell’atmosfera, che respingano il calore e la luce solare? Come misura di emergenza, per rallentare almeno lo scioglimento della calotta polare, potrebbe funzionare. Keith discute del perché un'opera di geo-ingegneria come questa sia una buona idea, del perché sia una pessima idea — e di chi, malgrado il costo, potrebbe essere tentato di usarla.

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Video Language:
English
Team:
closed TED
Project:
TEDTalks
Duration:
15:35
Michele Gianella added a translation

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