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Non so voi,
ma io credo alle coincidenze.
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Credo che quello che ci capita nella vita
non sia per caso, e mi spiego.
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1981: mi laureo in Giurisprudenza,
ma non mi va di fare l’avvocato.
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Entro nell’organizzazione commerciale
di una grande azienda:
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mi occuperò di vendite.
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Ma dopo 14 anni l’azienda decide
di chiudere l’intera rete commerciale:
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mi trovo con una struttura di 20 persone
e nessun prodotto da vendere.
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Nessuna paura, trovo subito
un’altra occasione:
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ora mi occuperò di oggetti d’arte
e di design per le aziende.
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Ma nella vita, come nel lavoro,
le sorprese sono sempre dietro l'angolo.
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E dopo neanche due anni, il mio partner
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decide di gestire
direttamente le vendite.
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E cosa fa?
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Non mi rinnova il contratto in scadenza,
mi porta via la mia migliore venditrice.
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Rimango nuovamente senza prodotti,
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e con 19 persone
che attendono le mie decisioni.
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Beh vi assicuro,
se non vi è mai capitato,
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che viene veramente il panico.
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Ma per come sono fatta,
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una giornata per piangersi addosso
e lamentarsi è più che abbastanza.
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E lì credo che venga fuori
il carattere delle persone,
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e vi spiego dove penso
venga fuori il mio.
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Sono la terza figlia femmina
di un Generale dell’Esercito Italiano,
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e sono cresciuta con il motto:
“Compi il dovere e taci”!
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A tutto ciò, voi dovete aggiungere
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che dagli 11 ai 16 anni
ho fatto nuoto agonistico:
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fino a 20 km al giorno, tutti i giorni,
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compresa la domenica
perché c’erano le gare.
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A volte le vinci, a volte le perdi.
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Ma mai, per un attimo, quando le perdi,
pensi di abbandonare:
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anzi, lunedì tu sei lì,
presente in piscina,
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più determinata e forte di prima.
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Come dicevo, una giornata appunto.
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Be', Susanna, per ben due volte
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ti hanno portato via
i tuoi prodotti da vendere,
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e quindi sei rimasta senza lavoro.
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Decido in quel momento
che gli oggetti me li devo fare io.
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Ma nel mondo degli oggetti promozionali,
quasi tutto è Made in China.
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Dovrò realizzare veramente
qualcosa di unico,
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di diverso da tutte le altri.
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Non voglio avere concorrenza sul mercato.
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Dovrò fare qualcosa che è
l'assoluto opposto dell'ordinario.
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Be', che cosa fare?
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Ed ecco il caso.
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Sono in un bar,
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una persona che conosco appena di vista
mi regala un quadernino.
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Niente di particolare, ma lo apro
e dentro c'è scritto:
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“Nessun albero è stato abbattuto
per la produzione di quel quaderno”.
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Una luce, un flash,
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un ricordo che evidentemente
era rimasto nella mia mente
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e non mi ricordavo neanche d'avere.
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1982:
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sono nello scompartimento di un treno.
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A fianco a me,
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due professori universitari
stanno parlando, e io li ascolto:
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siamo tutti seduti
sopra un’immensa pattumiera,
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è un problema enorme
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per le future generazioni
e per l’ambiente,
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dobbiamo assolutamente cominciare
a pensare di fare qualcosa.
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Certo che sarà un bel business,
il rifiuto, per il domani.
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Caspita, in quel momento quelle persone
stavano parlando di futuro.
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Avevo 23 anni, ma parlavano anche di me.
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Bene, dopo 16 anni
tutto magicamente si connette.
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Il quaderno, il treno -
ho trovato la mia strada!
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Farò oggetti, di design, made in Italy,
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ma dovranno essere prodotti
solo, esclusivamente,
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con materiali di recupero e di riciclo.
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Saranno oggetti di cui io
potrò raccontare la storia,
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attraverso i materiali
con cui sono prodotti.
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Li chiamerò "Oggetti Comunicanti".
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Ma siamo alla fine degli anni 90,
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a parte carta riciclata
e cuoio rigenerato
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non è che si trova granché sul mercato.
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Che fare?
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Be', provo a chiedere al mio cliente:
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Tu che materiale butti via?
Che scarto hai?
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E con quello proverò a fare,
per loro, degli oggetti unici.
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Beh negli anni abbiamo fatto veramente
tantissimi oggetti comunicanti.
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Qui ve ne ho portati alcuni.
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Sono da un cliente,
è un'azienda conserviera
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e alla mia solita domanda:
“Ma tu che scarti hai?”
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La risposta è:
“bucce di pomodoro secche”.
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Caspita ma come si fa
a dare una seconda chance
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a delle bucce di pomodoro secco?
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Be', conosco Lorenzo.
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È un designer che ha un’azienda artigiana
che fa bellissimi oggetti di cera.
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Lorenzo, ma cosa dici
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se io metto le mie bucce
di pomodoro secche
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dentro i tuoi oggetti di cera?
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Lorenzo, guarda che le bucce
di pomodoro secche sono bellissime,
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vedrai che i tuoi oggetti
diventeranno ancora più belli.
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Ed ecco che tra la cera d'api
e le bucce di pomodoro secche
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nascono dei vasi per i fiori,
dei centri tavola e delle candele.
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Ecco, invece adesso sono assieme
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a una responsabile
marketing e comunicazioni
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di un importatore di un grosso
gruppo automobilistico.
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Deve fare dei gadget,
e le piace la mia idea
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di utilizzare materiali
di recupero e di riciclo.
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Però vuole spendere molto poco.
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In compenso, mi parla di 100.000 pezzi.
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Anche a lei la domanda:
Ma voi che scarti avete?
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La risposta:
"Componentistica di auto rottamate"".
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Be', penso subito ai fanali,
perché sono rossi, arancioni,
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e penso ""facciamo una penna?”
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A lei l'idea piace.
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Dove trovare il materiale del recupero
di riciclo dei fanali
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me lo dice direttamente il cliente.
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Ma poi, come si fa a fare una penna?
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Uno stampo per produrre una penna,
al prezzo di allora, costava 70.000 euro.
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Rapido conto, 100.000 prezzi,
70.000 euro: 0,70 solo per lo stampo.
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Le penne cinesi costano 0,18.
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Non si può fare,
non me le compreranno mai.
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Ma siamo all'inizio degli anni 2000,
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i produttori in Italia
si stanno lamentando
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perché sono decimati
dalla concorrenza cinese.
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Penso:
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“ma quanti stampi sottoutilizzati
ci possono essere nel nostro territorio?"
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La mia ricerca mi porta a Gigi.
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Gigi è un produttore, un imprenditore
e produttore di penne, e ha uno stampo.
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Mi presento da Gigi e gli dico~
-
Gigi, io ti do la plastica,
tu ci metti il tuo stampo
-
e facciamo assieme una penna”
-
Ed ecco che dalla plastica dei fanali
e dallo stampo di Gigi,
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nascono le penne fatte coi fanali.
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Re-evoluziono assieme
a Gigi la sua penna.
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Be', ragazzi, a me
questo lavoro piace un sacco.
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Allora ricapitoliamo.
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(Applausi)
-
Allora ricapitoliamo:
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riesco a recuperare gli stampi
inutilizzati sul territorio;
-
riesco ad abbattere
il costo dei materiali,
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seguendo la filiera
del riciclo e del recupero;
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aiuto le aziende artigiane;
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e faccio oggetti unici
per i miei clienti.
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Ci stiamo guadagnando tutti!
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Beh naturalmente potete immaginare
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che questa strada non è stata
semplicissima da percorrere,
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però quello che mi ha sempre dato
la forza e la tenacia per continuare
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è la consapevolezza
che stavo facendo del business sano.
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Inoltre non stavo inquinando
il territorio in cui abitavo,
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anzi, in qualche modo
davo una mano per migliorarlo.
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Be', nonostante le difficoltà
che ho incontrato,
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questo business mi piace sempre di più.
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Ho fatto, senza rendermene conto,
economia circolare.
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Be', vi spiego cos'è,
non perché io sia un’economista
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ma perché l'hanno spiegata anche a me.
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L’economia circolare è un’economia
in grado di rigenerarsi da sola.
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È un sistema per cui
tutte le produzioni
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sono proiettate per far si
-
che gli scarti di uno
possano essere valore per un altro.
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Ecco, io l'ho fatto per 20 anni:
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all'inizio non consapevolmente,
ora con maggiore consapevolezza.
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Perché attraverso le bucce di pomodoro,
sono riuscita a fare dell’up-cycling,
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cioè ho riutilizzato
un materiale di scarto
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attraverso un processo creativo,
-
sono riuscita a fare un altro materiale.
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Invece con le penne, cosa ho fatto?
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Del re-cycling,
cioè ho seguito la filiera
-
del recupero e del riciclo
dei fanali delle macchine,
-
che attraverso
il nuovo processo produttivo
-
ho potuto utilizzare
per fare le mie penne.
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E alla fine io
cosa sto facendo, in verità?
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Con i miei oggetti sto allungando
la vita dei materiali;
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che però poi
finiranno sempre in discarica,
-
oppure finiranno nella filiera
del recupero e del riciclo dei materiali.
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Beh dopo 20 anni ho voglia
di fare qualcosa di più.
-
Ma che fare?
-
Ecco di nuovo il caso.
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2012: Ricevo una telefonata, in ufficio.
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È Cristina, ha visto
i miei oggetti in una fiera.
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Le piace l'idea, e vuole affidarmi
i suoi gadget aziendali.
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Cristina è il braccio destro di Vittorio,
-
Vittorio ha un'industria
che produce elettrodi in grafite.
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Naturalmente gli oggetti
dovranno essere fatti con i loro scarti.
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È il loro scarto è polvere di grafite.
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Scarto, polvere di grafite?
-
Io la vedo bellissima.
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La polvere di grafite,
vi assicuro, è meravigliosa
-
e io riesco a vederla
solo come materia prima.
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E poi scusate ma con la grafite,
lo sanno tutti, si fanno le matite
-
che è un oggetto promozionale
di eccellenza.
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Bene, Vittorio fa 12 tonnellate all'anno
-
di scarto inevitabile
di polvere di grafite.
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Tra l'altro con costi importanti,
per la sua azienda.
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Voi sapete che fine fa
la polvere di grafite?
-
Finisce in discarica,
direttamente sotto terra.
-
Per la grafite
non c'è nessun tipo di chance.
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Be', bisogna assolutamente
pensare di fare qualcosa.
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Cerco il mio Gigi delle matite.
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E cosa trovo?
-
Che nessuno produce più
una matita in Italia.
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Beh ragazzi, decido subito
-
che diventerò l'unico produttore
di matite in Italia.
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E naturalmente la mia matita...
-
(Applausi)
-
E naturalmente la mia matita come sarà?
-
Innovativa, dovrà essere diversa
da tutte le altre,
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perché è Made in Italy,
ci mancherebbe.
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Dovrà essere perfetta.
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Come avete capito, io lavoro
per connessioni, lavoro in rete.
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Conosco Andrea, da alcuni anni,
abbiamo fatto dei lavori assieme.
-
Andrea è un perito tecnico,
esperto in processi produttivi
-
e conosce bene i materiali
per gli stampaggi.
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E Marta, architetto, fantastica designer.
-
E assieme a loro,
dopo quasi un anno di prove,
-
nasce "Perpetua la matita".
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(Applausi)
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Perpetua è una vera
e propria re-evoluzione,
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perché per la prima volta abbiamo fatto
qualcosa che prima non esisteva:
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abbiamo fatto del self-cycling!
-
Il self-cycling consiste
nell’autoconsumare lo scarto,
-
quindi chi usa Perpetua
ricicla e consuma, scrivendo,
-
15 grammi di grafite.
-
Voi sapete perché le matite
sono fatte in legno?
-
Hanno due scocche di legno
che sono incollate tra loro
-
perché devono difendere
la mina in grafite
-
che sporca le mani ed è molto fragile.
-
Be', Perpetua non usa legno,
-
è fatta all’80%
con la grafite di Vittorio
-
e le mani non le sporca.
-
Avete presente le matite con la gomma?
-
Hanno un collarino di metallo.
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Serve come sede per incollare
la gommina sulla matita.
-
Beh a Marta quel collarino non piaceva.
-
Una tragedia:
-
io la mia matita, con quel collarino,
non la voglio fare.
-
Va bene!
-
Quindi - a me poi non piaceva la colla,
per cui ci siamo trovate bene.
-
Beh il povero Andrea, prove su prove.
-
E alla fine siamo riusciti
-
a fondere direttamente la gomma
al corpo scrivente della grafite.
-
Corpo unico con la parte scrivente.
-
E poi scusate, avete mai provato
a scrivere con una matita?
-
Vi si spezza la punta
e non avete un temperino?
-
Be', con Perpetua
non avete questo problema
-
perché Perpetua scrive anche senza punta,
-
e se volete potete temperarla.
-
E poi, quando mi arrabbio
-
- e vi assicuro che chi è in ufficio
con me, sono là in fondo, lo sanno -
-
posso prendere la mia Perpetua,
buttarla per terra, raccoglierla,
-
perché Perpetua,
per come l'abbiamo fatta,
-
se cade non si rompe.
-
Grazie!
-
(Applausi)