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Number of world's refugees double that of ten years ago | DW News

  • 0:01 - 0:06
    Il numero di persone in fuga
    da guerre, violenze o disordini civili
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    è salito di nuovo l'anno scorso,
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    nonostante la pandemia di coronavirus
    abbia paralizzato gran parte del mondo.
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    Alla fine del 2020,
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    erano 82,4 milioni le persone sfollate
    costrette ad abbandonare le proprie case,
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    secondo i dati dell'Alto commissariato
    delle Nazioni Unite per i rifugiati.
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    E come potete vedere è raddoppiato
    rispetto a dieci anni fa.
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    Più di due terzi di coloro ufficialmente
    riconosciuti come rifugiati,
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    provengono da solo cinque paesi:
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    Siria, Venezuela, Afghanistan,
    Sudan del Sud e Birmania.
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    Il prossimo servizio ci porta in Pakistan,
    che, per quarant'anni,
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    ha ospitato centinaia di migliaia
    di rifugiati afgani.
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    Bahauddin Khan gestisce un piccolo
    negozio di alimentari
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    in questo campo per rifugiati in Pakistan.
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    Ogni giorno controlla
    i suoi guadagni e le spese.
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    Aveva circa la stessa età
    di questo bambino
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    quando la sua famiglia ha lasciato
    l'Afghanistan 40 anni fa.
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    Oggi è un ricordo lontano.
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    Siamo dovuti fuggire dall'Afghanistan.
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    C'era una guerra in corso.
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    Quindi, quando la situazione è peggiorata,
    siamo scappati.
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    Il Pakistan ci ha accolti.
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    Da allora abbiamo sempre vissuto qui.
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    Anche Haji Bahadur è fuggito
    dall'Afghanistan,
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    dopo l'invasione sovietica del 1979.
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    Da allora ha sempre vissuto nel campo.
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    È uno dei 20 presenti
    solo in questa provincia.
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    Più di un milione di afghani
    vivono in Pakistan.
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    Sono per lo più lasciati soli.
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    Mentirei se dicessi che riceviamo
    supporto economico.
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    La verità è che non riceviamo
    nessun aiuto dal governo pakistano.
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    Ora, per la prima volta, il Pakistan
    sta registrano i rifugiati afghani
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    che risiedono nel paese.
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    Ai rifugiati registrati viene fornita
    una carta d'identità biometrica.
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    Molti dei bambini nati qui
    non sono mai stati registrati.
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    Si spera che i dati forniranno
    alle agenzie umanitarie internazionali
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    un'immagine più chiara dei bisogni
    della comunità di rifugiati.
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    Stiamo raccogliendo informazioni
    aggiornate sui rifugiati afghani,
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    come livello d'istruzione,
    formazione professionale,
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    forse anche lingue conosciute,
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    e vulnerabilità.
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    Queste informazioni aggiornate
    ci aiuteranno
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    anche a pianificare meglio
    le nostre attività,
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    non solo in Pakistan,
    ma anche in Afghanistan,
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    quando torneranno in Afghanistan.
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    Le autorità pakistane hanno cercato
    di favorire il rientro dei rifugiati.
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    Nadeen Ejaz sta intervistando famiglie
    per capire se sono pronte a trasferirsi,
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    quando le truppe NATO lasceranno
    l'Afghanistan.
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    Le loro nuove carte d'identità
    sono valide solo fino al 2023.
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    In un questionario viene loro chiesto,
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    nel caso la situazione in Afghanistan
    si normalizzasse,
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    se vogliono fare ritorno.
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    Il 90% dei rifugiati risponde con un no.
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    Non vogliono tornare
    al loro paese d'origine.
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    Per Bahauddin Khan, una cosa è chiara:
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    tornerà a casa solamente se c'è la pace.
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    Loro sono i caminantes, o camminatori.
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    In milioni hanno lasciato il Venezuela,
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    fuggendo dalla crisi umanitaria del paese.
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    Ora alcuni di loro stanno ritornando.
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    La pandemia e l'agitazione politica
    nella vicina Colombia
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    ha spinto un'ondata di venezuelani,
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    sfiniti dalle difficoltà economiche,
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    a compiere il viaggio di ritorno.
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    Sono partito per avere successo
    e aiutare la mia famiglia,
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    ma ora i prezzi sono troppo alti
    in Colombia,
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    non riuscivo a sbarcare il lunario.
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    Luis Arias è appena tornato in Venezuela
    con la sua famiglia,
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    dopo due settimane di cammino
    dalla capitale della Colombia, Bogota.
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    Hanno vissuto di elemosina
    lungo la strada,
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    ma, passato il confine,
    questa si è esaurita.
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    La situazione nel loro paese è grave.
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    Le ONG sostengono che al paese servono
    molti più aiuti internazionali
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    per alleviare la fame paralizzante.
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    I fondi sono stati molto inferiori
    rispetto al necessario
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    in confronto alle dimensioni
    della crisi del paese.
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    I numeri sono vergognosi.
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    Persino gli aiuti
    che raggiungono il Venezuela
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    sono difficili da distribuire.
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    Spesso l'impegno degli attivisti
    è frenato da carenze di combustibile,
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    violenza, corruzione
    e interferenza politica.
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    Secondo il World Food Programme,
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    il Venezuela è uno
    dei quattro paesi peggiori al mondo
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    per l'insicurezza alimentare.
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    E secondo l'ONU,
    entro la fine di quest'anno
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    7 milioni di persone avrebbero lasciato
    il Venezuela,
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    rendendola la seconda migrazione
    più numerosa, dopo la Siria.
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    Tuttavia gli aiuti umanitari
    per il Venezuela sono al loro minimo.
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    Andreina Bermudez ha pensato
    di unirsi all'esodo
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    ma dice che il rischio era, ed è ancora,
    troppo alto per i bambini piccoli.
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    Tramite la scuola della figlia maggiore,
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    la sua famiglia ha ricevuto cibo
    e materiale didattico
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    dall'UNICEF fino a DIcembre.
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    Ora sperano che con più aiuti
    possa ripartire il programma.
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    Ho visto che all'arrivo degli aiuti,
    molti genitori erano felici e grati,
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    soprattutto per il cibo,
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    perché potevamo offrire pasti bilanciati
    ai bambini della nostra scuola.
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    Per arrivare a fine mese, questa casalinga
    si affida a ciò che riesce a trovare.
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    Oggi un vicino ha uova in più da vendere
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    ma l'offerta di cibo a buon mercato
    è sporadica.
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    Non possiamo comprare prodotti importati
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    dai normali supermercati
    a prezzi in dollari,
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    quindi dobbiamo accontentarci
    dei piccoli mercati vicino a casa,
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    dei fruttivendoli e di attività
    che vendono a prezzi più convenienti.
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    Questo è il Venezuela
    in cui stanno ritornando i caminantes,
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    un paese ancora devastato
    dal declino economico,
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    le cui persone fanno ancora fatica
    a procurarsi il cibo,
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    e rimangono in attesa
    degli aiuti internazionali.
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    Ora possiamo parlare con Chris Melser,
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    portavoce
    dell'Agenzia ONU per i Rifugiati.
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    Buongiorno Chris,
    grazie di essere con noi.
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    Abbiamo appena visto un servizio
    sugli gli afgani in fuga dal conflitto.
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    E il tuo servizio mostra che,
    come detto in precedenza,
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    il numero di persone costrette a fuggire
    dalle proprie case è salito di nuovo,
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    nonostante la pandemia.
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    Quindi, quali sono le cause principali
    di questa crescita?
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    Si, in effetti questi numeri
    sono molto, molto deprimenti
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    e come hai già accennato,
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    più di due terzi dei rifugiati
    proviene da soli cinque paesi,
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    e la maggior parte dei profughi
    arriva ancora dalla Siria, 6,7 milioni.
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    Un altro punto caldo
    per esempio è il Venezuela,
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    anche da questo
    sono scappati milioni di persone.
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    Afghanistan, Sudan del Sud,
    sono tutti motori dietro questa spinta.
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    Il lato positivo è che quest'anno
    non è grande come in altri anni,
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    però si, in 82,4 milioni, che equivale
    all'intera popolazione della Germania,
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    o all'uno percento dell'umanità,
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    sono adesso profughi o sfollati interni.
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    E Chris, dove va a finire
    la maggior parte di questi rifugiati,
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    e riescono a rimanere dove sono finiti?
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Title:
Number of world's refugees double that of ten years ago | DW News
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Video Language:
English
Team:
Amplifying Voices
Project:
Refugee Crisis and Solutions
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