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L’italiano si legge come si scrive,
è una lingua fonetica! Vero?
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D2: Oddio, così mi fai paura.
Questo è uno di quei cliché che
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noi italiani amiamo ripetere a pappagallo,
per sentito dire, un po’ come “l’italiano è
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una lingua difficilissima!”, “l’italiano è la
lingua più bella del mondo”, “non ci sono più
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le mezze stagioni”, “governo ladro”.
D2: Ma gli ultimi due cosa c’entrano
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con la lingua ita-...
[lo fissa] Shh! Benvenuti su
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Podcast Italiano, il canale YouTube e podcast
per chi impara o ama la lingua italiana.
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Sarà vero? L’italiano si legge
veramente come si scrive?
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D2: Vabbè dai, questo si sa, l’italiano è una
lingua fonetica. Dai, non facciamo ‘sto video...
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A parte che, cosa vuol dire “lingua fonetica”?
Semmai ortografia fonetica. Ma poi che cosa
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si intende con questa frase? “L’italiano si
legge come si scrive”. A mio avviso, due cose.
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La prima è questa: generalmente se vediamo
una parola nuova in italiano sappiamo come
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si pronuncia e, generalmente, se sentiamo una
parola che non abbiamo mai letto siamo in grado
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di scriverla – generalmente, ripeto.
Contrariamente a una certa lingua,
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non faccio nomi, dove ci sono 12 possibili
pronunce per una combinazione di quattro
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lettere. Ma non faccio nomi. Vero, lingua inglese?
D2: Bene, quindi l’italiano è una lingua fonetica,
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l’hai detto pure tu! Quindi io
prendo le mie cose e me ne vado.
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Ma cosa fai? Sei impazzito? Ma torna qui. Ho detto
generalmente! Non hai sentito? Ci sono alcuni
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aspetti, anche importanti, in cui l’ortografia
italiana è abbastanza ambigua e inefficiente.
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Io ne ho scelti 5.
1) Valore di S
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La S in italiano ha due valori: /s/ e /z/ (“serio”
e “roza”). La domanda che sorge spontanea è...?
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D2: La domanda che sorge spontanea è…?
D: Eddai, è facile.
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D2: Quale scegliere?
Grazie per la domanda. Beh, ci sono alcune regole
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che funzionano sempre. All’inizio di una parola,
per esempio, abbiamo sempre /s/. “Sono un signore
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serio di Siena”. Nessuno sano di mente direbbe mai
/z/ono un /z/ignore /z/erio di /z/iena. A parte
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forse i tedeschi. Prima di una consonante
sorda avremo sempre /s/ (storia, scarso,
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speranza, sforzo) e prima di una consonante
sonora avremo /z/ ( “sdegno”, “sgarrare”,
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“sbagliato”, “svelare”). Poi se la S segue una
consonante è sempre /s/: pensiero, falso, corsa,
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transizione. Questo lo dico a chi è del nord,
come me, che ho sempre detto tran/z/izione.
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D2: Ma come ci comportiamo
con la S tra due vocali?
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Qui abbiamo qualche problema in più,
perché... Ingle/se/ o ingle/ze/? France/z/e
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o france/s/e? Ca/za/ o ca/s/a?
D2: Ma che stai dicendo?
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Guarda che la pronuncia neutra tradizionale
fa delle distinzioni: /z/ in alcune parole e
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/s/ in altre (ingle/s/e ma france/z/e, co/s/a ma
ro/z/a). Insomma, dipende dalla parola, in realtà.
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D2: No, questa te la sei inventata. Dai, ingle/s/e
lo dicono a Roma o al sud, semmai. Ingle/s/e?
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Vai a vedere, apri un dizionario.
D2: Ingle/s/e. Ma c’hai ragione.
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Ma… mi sembra un po’ strano, però. Ingle/s/e?
A dire il vero oggi la pronuncia neutra moderna
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(quindi quella che usano i doppiatori, gli attori
di teatro) tende a preferire /z/ sempre tra due
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vocali (quindi ingle/z/e, co/z/a, france/z/e).
Io parlo così, non dico mai co/s/ìo ca/s/a,
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ingle/s/e, ma co/z/ì, ca/za/, ingle/z/e.
Quindi, prendiamo per buona questa regola
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che è più semplice, tra due vocali si dice
/z/. Ma non finisce qui, perché ci sono
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i composti: qualsia/s/i o qualsia/z/i?
Beh, se percepiamo questa parola come un
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composto - qual-sia-si - allora /si/ ha senso, ma
se la percepiamo come una parola unica (e magari
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siamo del nord) tenderemo a dire qualsia/z/i.
Lo stesso per “Vendesi” o “vende/z/i”?
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Pre/s/entimento e pre/z/entimento. La grafia non
ci dà una mano, non ci dice se dire /s/ o /z/. La
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grafia ci dice… fate un po’ quello che volete.
D2: Mi piace, nella lingua e nella vita bisogna
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seguire il proprio istinto.
Quindi io ora me ne vado…
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Stai qui.
2) Valore di Z
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Un’altra lettera ambigua è Z, che
può indicare sia /ts/, sia/dz/.
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D2: E come facciamo a scegliere?
Il problema qui è che ci sono ancora
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meno regole rispetto alla S. Abbiamo “a/tsts/ione”
ma “a/dzdz/ienda”, “/ts/o/tsts/o” ma “ro/dzdz/o”,
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“pe/tsts/o” ma “me/dzdz/o”, “amma/tsts/are”, ma
“organi/dzdz/are”, “al/ts/a” e “gar/dz/a”. Per
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non parlare delle mille variazioni regionali: c’è
chi dice “al/dz/are” e chi “fa/dzdz/oletto”, al
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posto di “al/ts/are” e “fat/tsts/oletto” (che sono
un po’ più comuni e più standard); c’è chi dice
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/sgabu/dzdz/ino/ e chi sgabu/tsts/ino, men/ts/ogna
e men/dz/ogna, ra/tsts/ismo e ra/dzdz/ismo,
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pran/dz/o e pran/ts/o. C’è molta variazione
nella pronuncia della Z in Italia. Insomma,
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anche la Z è un casino. La sua pronuncia non è
prevedibile. E vi ricordo anche un’altra cosa:
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che in parole come azione, situazione, ambizione
di Z ne scriviamo una, ma ne pronunciamo due.
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3) Lettere “mute” (I)
Sebbene l’italiano non abbia
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troppe lettere mute (come qualche altra lingua
di mia conoscenza), ce ne sono alcune. Abbiamo
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parlato in questo video dell’H etimologica
nel verbo “avere”. A proposito, andate a
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vedere questo video, non l’avete apprezzato
molto… io mi sono messo d’impegno per farlo...
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D2: Vabbè pure tu, cioè, pretendi che un video
sull’H diventi virale? Cioè, dai, un minimo...
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Effettivamente…
Ma c’è pure la I. Non quella I di CIAO e
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GIANNI (che non si pronuncia ma è fondamentale per
distinguere /k/ da /tʃ/, quindi ha una funzione).
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No, parlo della I in parole come “scienza” e
“coscienza” (ma non “conoscenza”!), “efficiente”,
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“sufficiente” “specie”, “superficie”, “cielo”,
“cieco” (ma non “ceco”). E so bene che c’è una
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spiegazione etimologica per queste I mute, ma
è davvero necessario mantenerle se 1) non si
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pronunciano; 2) non hanno una funzione come la “i”
di CIAO e GIANNI; e 3) da piccoli (e da adulti)
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creano problemi quasi a tutti (e non mentite,
perché vi hanno creato problemi, sono sicuro)?
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Per non parlare delle I nei plurali, che non ho
mai capi-... cioè, le ho capite, ma non mi sono
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mai piaciute. “Camicie”, “valigie”, “ciliegie” con
la I; “pronunce”, “mance” e “province” senza I. E
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conosco la regola, se prima della C o G c’è una
vocale si mette la I dopo, ma mi sembra comunque
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un po’ superflua, non si pronuncia... A parte che
a Roma c’è questa via e Oriana Fallaci ha scritto
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questo romanzo, quindi…
4) Vocali medie
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Non è un video di Podcast Italiano se a un certo
punto non menziono le vocali medie! Oramai pure i
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muri sanno che in italiano standard nelle sillabe
toniche, dove cade l’accento, si possono usare…
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D2: Sette vocali. Però scusa, io non sono un muro.
Un po’ di rispetto per la mia professionalità.
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Bravo, tieni questa penna. Quindi, questo è un
altro aspetto che viene totalmente trascurato
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dall’ortografia. Colléga il cavo o collèga
di lavoro (vabbè, lui è più uno schiavo,
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in realtà)? Vénti persone o vènti del deserto?
Una bótte di vino o “ti riempio di bòtte”
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Ecco, il fatto che l’ortografia non ci dica
quale vocale usare secondo me è ciò che ha
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portato alle varie pronunce regionali della E e
della O (e questo vale anche forse per la S e Z);
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cioè, è proprio questa la causa del fatto
che in Italia chi non vive nelle regioni
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linguisticamente centrali pronuncia la E e
la O in modi così diversi, così variabili,
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perché l’ortografia non ci dice quale
pronunciare e per noi del nord e del sud,
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che parlavamo dialetti piuttosto diversi dalle
lingue dell’Italia centrale, che erano più
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affini all’italiano, non era naturale scegliere i
suoni giusti. L’ortografia, anche in questo caso,
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ci dice: “Scegliete un po’ il suono che volete…”
Ah, a proposito! In passato c’è stato chi
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ha provato a risolvere (o… a ri/s/olvere/) il
problema. Gian Giorgio Trissino nel Cinquecento
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propose le lettere greche ε (epsilon)
e ω (omega) per indicare è e ò aperte,
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poi ha scambiato la o e l’ω. Ma evidentemente
la sua proposta non ha preso piede.
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5) Accenti tonici
A proposito del buon vecchio Gian Giorgio.
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Vi confesso che per molto tempo ho letto il suo
cognome “Trissìno”, un po’ come un “grissìno”
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(forse perché sono torinese – ba-dum-ts),
prima di imparare che in realtà si pronuncia
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“Trìssino”. Questo perché io ho sempre letto il
suo cognome e non l’ho mai sentito. E in italiano
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la pronuncia “trissìno”, con l’accento sulla
penultima sillaba, è naturale. Ma è sbagliata.
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Questo è un grande problema per chi impara
l’italiano: se avessi un euro per ogni volta che
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ho sentito uno straniero dire “Bergàmo” al posto
di “Bèrgamo” avrei almeno 15 euro. Almeno 15...
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D2: Vabbè però noi italiani non abbiamo
‘sti problemi Bergàmo… ma chi lo dice.
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Ti sbagli, perché questo è un problema che abbiamo
anche noi madrelingua… almeno in quattro casi.
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1) con alcune parole che gli italiani pronunciano
in più di un modo. Èdile o edìle? Amàca o àmaca?
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Frìuli o friùli? La grafia non ci aiuta.
2) Con i toponimi, i nomi di luoghi. Solo
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uno straniero direbbe Bergàmo, ma prendiamo
questa. Io abito vicino a una cittadina che
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si scrive così. Voi come la pronuncereste?
La pronuncia corretta è Rìvoli, non Rivòli,
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ma se voi non abitate da queste
parti non avete modo di saperlo.
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3) Nelle parole omografe, cioè parole che
si scrivono allo stesso modo.. Prìncipi o
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princìpi? Lèggere o leggère? Sùbito o subìto?
Qui, in realtà, spesso si indica l’accento per
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togliere ambiguità, ma non si fa sempre.
4) Con i cognomi. Conoscete questa marca
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di vestiti? Come la pronunciate?
D2: Questa la so, Bènetton.
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Non avevo dubbi che l’avresti pronunciata così,
ma no. Questa marca viene da un cognome veneto
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che si pronuncia “Benettòn” (come tutti i cognomi
veneti e friulani che finiscono con la N: Padoan,
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Trevisan, Visentin, ecc.), anche se qualcuno dice
Bènetton è sbagliato. Ma la grafia non ci aiuta...
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Riguardo all’accentazione ci sono lingue che
fanno francamente peggio di noi (*tossisce*
-
russo *tossisce*inglese), ma c'è una
lingua che fa molto meglio di noi:
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lo spagnolo. Lo spagnolo è bello, perché
ha un sistema molto preciso (anche se un
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pochino complicato) che permette di
sapere sempre dove cade l’accento,
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non ci si può sbagliare. A proposito,
vi consiglio questo video del fantastico
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canale “Linguriosa”. Mi ha detto un uccellino
che forse faremo qualcosa insieme in futuro…
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Bene, mi fermo qui anche se ci sono
altre stranezze, altre ambiguità, di cui
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parlerò nell’episodio del mio podcast esclusivo
sul Podcast Italiano Club, che vi piacerà un
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sacco se state imparando la lingua italiana.
Insomma, l’ortografia italiana non è male,
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anzi, è un sistema buono, ma un sistema che ha
qualche ambiguità, anche abbastanza significativa.
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Se siete italiani fatemi sapere quale aspetto
dell’ortografia italiana non vi piace e magari
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cambiereste. Se siete stranieri ditemi quali sono
le vostre principali difficoltà ma anche quali
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aspetti dell’ortografia della vostra lingua
vi piacciono e quali invece non tollerate.
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Ringrazio come sempre i membri del Club, che
sostengono questo progetto e ottengono una miriade
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di materiali esclusivi, circa novanta di episodi
di un podcast esclusivo di approfondimento,
-
trascrizioni, accesso a un gruppo Telegram per
esercitarsi in italiano e molto altro ancora.
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Andate a dare un’occhiata, non ve ne pentirete.
Ci vediamo nel prossimo video! Alla prossima.