Mark Twain ha riassunto
ciò che credo sia
uno dei problemi fondamentali
della scienza cognitiva
con una battuta di spirito.
Ha detto: "C'è qualcosa
di affascinante nella scienza.
Si ottiene un tale ritorno di congetture
per un tale insignificante
investimento di fatti."
(Risate)
Ovviamente per Twain
era una battuta, ma ha ragione:
la scienza è affasscinante.
Da poche ossa, deduciamo
l'esistenza dei dinosauri.
Dalle linee spettrali,
la composizione delle nebulose.
Dai moscerini della frutta,
i meccanismi dell'ereditarietà,
e dalle immagini ricostruite
del flusso di sangue al cervello,
o nel mio caso, dal comportamento
di bambini molto piccoli,
cerchiamo di dire qualcosa
sui meccanismi fondamentali
della cognizione umana.
Nel mio laboratorio al Dipartimento
di Scienze Cognitive del MIT,
ho trascorso gli ultimi dieci anni
a cercare di capire il mistero
su come i bambini imparino così tanto
da così poco, così in fretta.
L'aspetto affascinante della scienza
risulta essere
anche un aspetto emozionante
dei bambini,
ovvero, parafrasando Mark Twain,
la loro abilità nel ricavare
deduzioni astratte e ricche
rapidamente e accuratamente
a partire da dati rumorosi e frammentati.
Oggi vi mostrerò due esempi.
Uno riguarda un problema
di generalizzazione,
e l'altro è un problema
di ragionamento causale.
Anche se vi parlerò
del mio lavoro in laboratorio,
questo lavoro è ispirato
e circoscritto a un campo.
Sono grata ai miei mentori, colleghi
e collaboratori in tutto il mondo.
Inizierò con il problema
di generalizzazione.
Generalizzare a partire da pochi dati
è la base della scienza.
Intervistiamo una piccola frazione
dell'elettorato
e prediciamo i risultati
delle elezioni nazionali.
Vediamo come una manciata di pazienti
reagisce alla cura in un test clinico
e portiamo le medicine sul mercato.
Ma questo funziona solo se il campione
è scelto casualmente tra la popolazione.
Se il campione è scelto
selettivamente --
ad esempio se intervistiamo
solo gli elettori urbani,
o se nei test clinici
per la cura delle malattie del cuore,
includiamo solo uomini --
i risultati potrebbero non applicarsi
a tutta la popolazione.
Agli scienziati importa se le prove
sono casualmente campionate o meno,
ma cosa ha a che fare
questo con i bambini?
I bambini devono ogni volta generalizzare
da piccoli campioni di dati.
Vedono poche papere di gomma
e imparano che galleggiano,
o poche palle
e imparano che rimbalzano.
Sviluppano aspettative
su papere e palle
che estenderanno
a papere di gomma e palle
per tutto il resto della vita.
E la generalizzazione che i bambini
devono applicare su papere e palle
devono applicarli a quasi tutto:
scarpe, navi, ceralacca, cavoli e re.
Ai bambini importa
se la piccola parte delle prove che vedono
è rappresentativo
di una popolazione più vasta?
Scopriamolo.
Vi mostrerò due filmati,
uno per ognuna delle due condizioni
di un esperimento,
e poiché vedrete solo due filmati,
vedrete solo due bambini.
Qualunque bambino è diverso dagli altri
in tantissimi modi.
Ma questi bambini, ovviamente,
rappresentano gruppi di bambini,
e le differenze che vedrete
sono differenze comportamentali di gruppo
nelle diverse condizioni.
In ogni filmato vedrete un bambino
che fa forse
proprio quello che vi aspettereste
faccia un bambino,
e non possiamo rendere i bambini
più magici di quanto già siano.
Ma per me la cosa magica,
ciò a cui vorrei prestaste attenzione,
è il contrasto tra queste due condizioni,
perché l'unica cosa
che differisce tra questi due filmati
è l'evidenza statistica
che i bambini osserveranno.
Mostreremo ai bambini
una scatola di palle blu e gialle,
e l'allora studentessa e mia collega
a Stanford, Hyowon Gwen,
estrarrà dalla scatola
tre palle blu di seguito,
e una volta estratte,
le spremerà,
e le palle scricchioleranno.
Se sei un bambino, è come un TED Talk.
Non c'è niente di meglio.
(Risate)
La cosa importante è che è davvero facile
estrarre tre palle blu di seguito
da una scatola
che contiene quasi solo palle blu.
Potreste farlo a occhi chiusi.
È un campione casuale
di questa popolazione.
E se potete estrarre casualmente
da una scatola cose che scricchiolano
forse allora qualsiasi cosa
nella scatola scricchiola.
Perciò i bambini dovrebbero pensare
che anche le palle gialle scricchiolano.
Quelle palline gialle
hanno degli strani manici,
e, se volessero, i bambini
potrebbero farci altre cose
Potrebbero agitarle o colpirle.
Ma vediamo cosa fa il bambino.
(Video) Hyowon Gweon: La vedi?
(La palla scricchiola)
L'hai vista?
(La palla scricchiola)
Forte.
La vedi questa?
(La palla scricchiola)
Wow.
Laura Schulz: Ve l'avevo detto.
(Risate)
(Video) HG: La vedi questa?
(La palla scricchiola)
Ehi Clara, questa è per te.
Puoi giocarci.
(Risate)
LS: Non devo neanche parlare, no?
Benissimo, è bello
che i bambini estendano le proprietà
delle palle blu a quelle gialle,
ed è impressionante che i bambini
possano imparare imitandoci,
ma conosciamo da tanto
queste qualità dei bambini.
La domanda interessante
è cosa accade quando mostriamo ai bambini
la stessa identica cosa,
e possiamo assicurare che è la stessa cosa
perché c'è uno scomparto segreto
da cui estraiamo le palle,
ma questa volta, ciò che cambia
è il gruppo superficiale
da cui sono tratte le prove.
Questa volta mostreremo ai bambini
tre palle blu
estratte da una scatola
che contiene soprattutto palle gialle,
e indovinate?
È difficile estrarre casualmente
tre palle blu di seguito
da una scatola
di palle quasi tutte gialle.
Non si tratta di prove
casualmente campionate.
Ci fa pensare che Hyowon stesse
deliberatamente scegliendo palle blu.
Forse le palle blu sono speciali.
Forse solo le palle blu scricchiolano
Vediamo cosa fa la bambina.
(Video) HG: La vedi questa?
(La palla scricchiola)
Vedi questo giocattolo?
(La palla scricchiola)
Oh, che bello. Vedi?
(La palla scricchiola)
Questa è per te.
Puoi giocarci.
(Agitazione)
(Risate)
LS: Avete appena visto due bambine
di quindici mesi
fare cose completamente diverse
basandosi solo sulla probabilità
del campione osservato.
Vi mostrerò i risultati dell'esperimento.
Sull'asse verticale, vedrete
la percentuale dei bambini
che hanno spremuto le palle
in ogni condizione,
e vedrete che è più probabile
che i bambini generalizzino le prove
se sono credibilmente rappresentative
della popolazione
rispetto a quando le prove
sono selezionate appositamente.
Questo ci porta
a una previsione divertente:
ipotizzate di aver estratto una palla blu
da una scatola di quasi tutte gialle.
Forse non estrarrete tre palle blu
di fila a caso da una scatola gialla,
ma potete estrarne a caso
una blu.
Non è un campione improbabile.
E se cercate casualmente nella scatola
e estraete qualcosa che scricchiola
forse tutto nella scatola scricchiola.
Anche se i bambini vedranno
meno palle scricchiolare
e avranno meno azioni da imitare
in questa condizione,
piuttosto che nell'altra,
abbiamo predetto che i bambini stessi
avrebbero spremuto di più,
ed è proprio quello che abbiamo visto.
Ai bambini di quindici mesi,
quindi, come agli scienziati,
importa se le prove
siano randomizzate o no,
e lo usano per sviluppare
aspettative sul mondo:
cosa scricchiola e cosa no,
cosa esplorare e cosa ignorare.
Vi mostrerò un altro esempio,
questa volta di un problema
di ragionamento causale.
Comincia con un problema
di prove confuse
che abbiamo tutti noi,
ovvero che facciamo parte del mondo.
Potrebbe non sembrarvi un problema,
ma come quasi tutti i problemi,
diventa un problema
quando le cose vanno male.
Prendete questo bambino, per esempio.
Le cose gli stanno andando male.
Vorrebbe far partire il suo giocattolo,
ma non ci riesce.
Vi mostrerò una clip di pochi secondi.
Ci sono grossomodo due possibilità:
o sta facendo qualcosa di sbagliato,
o c'è qualcosa che non va nel giocattolo.
Nel prossimo esperimento,
daremo ai bambini
alcuni dati statistici
che supportano un'ipotesi
piuttosto che l'altra,
e vedremo se i bambini se ne servono
per prendere decisioni diverse
sul da farsi.
Questa è la premessa.
Hyowon proverà a far partire
il giocattolo e ci riuscirà.
Poi io proverò due volte,
fallendo entrambe,
e Hyowon proverà di nuovo
e ci riuscirà,
e questa è più o meno
la mia relazione con la tecnologia
rispetto ai miei studenti.
Il punto importante qui
è che le prove ci dicono
che il problema non è del giocattolo,
ma della persona.
Alcune persone riescono
a far funzionare il giocattolo,
e altre no.
Quando il bambino prende il gioco,
avrà una scelta.
La sua mamma è lì,
quindi può andare da lei, darle il gioco
e cambiare la persona,
ma ci sarà anche un altro gioco
alla fine di quel tessuto,
e può tirare il tessuto verso di sé
e cambiare il giocattolo.
Vediamo cosa fa il bambino.
(Video) HG: Due, tre. Via!
(Musica)
LS: Uno, due, tre, via!
Arthur, proverò di nuovo.
Uno, due, tre, via!
HG: Arthur, fa provare me, okay?
Uno, due, tre, via!
(Musica)
Guarda. Ricordi questi giochi?
Li vedi? Sì, metterò questo qui,
e darò questo a te.
Puoi giocarci.
LS: Okay, Laura, ma è ovvio,
i bambini amano le loro mamme.
È ovvio che diano i giocattoli
alle mamme
quando non riescono
a farli funzionare.
Di nuovo, la domanda importante
è cosa accade quando cambiamo
leggermente i dati statistici.
Questa volta, i bambini vedranno il gioco
funzionare e fallire nello stesso ordine,
ma cambiamo
la distribuzione delle prove.
Questa volta, Hyowon riuscirà una volta
e fallirà una volta, proprio come me.
Questo indica che non importa chi lo usi,
il giocattolo è rotto.
Non funziona sempre.
Di nuovo, il bambino avrà una scelta.
La mamma è vicino a lei,
quindi può cambiare la persona,
e ci sarà un altro giocattolo
alla fine del tessuto.
Guardiamo cosa fa.
(Video) HG: Due, tre, via!
(Musica)
Fammi riprovare.
Uno, due, tre, via!
Hmm.
LS: Fammi provare, Clara.
Uno, due, tre, via!
Hmm, fammi riprovare.
Uno, due, tre, via!
(Musica)
HG: Metterò questo qui,
e darò quest'altro a te.
Puoi giocarci.
(Applausi)
LS: Vi mostrerò
i risultati sperimentali.
Sull'asse verticale,
vedrete la distribuzione
delle scelte dei bambini
in ogni condizione,
e vedete che la distribuzione
delle scelte dei bambini
dipende dalle prove osservate.
Al secondo anno di vita
i bambini possono usare una parte
dei dati statistici
per scegliere tra due strategie
fondamentalmente diverse
per agire nel mondo:
chiedere aiuto e esplorare.
Vi ho mostrato solo due delle centinaia
di esperimenti di laboratorio
che mostrano le stesse cose,
poiché il punto critico
è che la capacità dei bambini
di trarre conclusioni da pochi dati
è alla base del nostro specifico
apprendimento culturale.
I bambini imparano a usare nuovi strumenti
soltanto da pochi esempi.
Imparano nuove relazioni causali
partendo da pochi esempi.
Imparano persino nuove parole,
in questo caso nella lingua dei segni.
Vorrei concludere con due punti.
Se avete seguito negli ultimi anni
il mio mondo,
il campo delle scienze cognitive
e cerebrali,
tre grandi idee avranno attirato
la vostra attenzione.
La prima è che questa
è l'era del cervello.
Sono state fatte
strabilianti scoperte nella neuroscienza:
la scoperta di regioni della corteccia
specializzate funzionalmente,
l'aver fatto diventare trasparenti
i cervelli dei topi,
l'attivazione dei neuroni con la luce.
Una seconda grande idea
è che questa è l'era
dei Big Data e del machine learning.
L'apprendimento delle macchine
promette di rivoluzionare
la nostra comprensione di tutto,
dai social network all'epidemiologia.
E forse, poiché affronta problemi
di comprensione della scena
e di processione delle lingue naturali,
di dirci qualcosa
sulla cognizione umana.
L'altra idea di cui avrete sentito parlare
è che forse è un bene
che ne sapremo di più sui cervelli
e che avremo accesso ai Big Data,
perché se lasciati a noi stessi,
noi umani siamo fallibili,
prendiamo scorciatoie,
sbagliamo,
commettiamo errori,
siamo prevenuti in un'infinità di modi,
fraintendiamo il mondo.
Penso che siano
tutte storie importanti,
e ci potranno dire molto
su cosa voglia dire essere umani,
ma vorrei farvi notare che oggi
vi ho raccontato una storia diversa.
È una storia di menti e non di cervelli,
e in particolare, è una storia
sui tipi di calcoli
che solo le menti umane
possono compiere,
che riguardano conoscenze ricche,
strutturate, e l'abilità di imparare
da poche quantità di dati,
da solo pochi esempi.
E fondamentalmente, è una storia
di come, iniziando da piccolissimi
e continuando fino ai traguardi
più straordinari
della nostra cultura,
capiamo bene il mondo.
Gente, le menti umane non solo
imparano da piccole quantità di dati.
Le menti umane pensano
idee nuovissime.
Le menti umane generano
ricerche e scoperte,
generano arte, letteratura,
poesia, teatro,
le menti umane si prendono cura
di altri umani:
anziani, giovani, malati.
Addirittura li guariamo.
Negli anni a venire,
vedremo innovazioni tecnologiche
superiori a qualsiasi cosa
si possa immaginare,
ma è molto improbabile che vedremo,
nella mia o nella vostra esistenza,
qualcosa che si avvicini al potere
computazionale dei piccoli umani.
Se investiamo nello sviluppo
di questi potenti apprendenti,
nei bambini,
nelle madri, nei padri,
nei baby-sitter e negli insegnanti,
nel modo in cui investiamo nelle altre
nostre forme eleganti e potenti
di tecnologia, ingegneria e design,
non sogneremo solo un futuro migliore,
ma ne pianificheremo uno.
Grazie mille.
(Applausi)
Chris Anderson: Laura, grazie.
Avrei una domanda per te.
Prima di tutto, questa ricerca è assurda.
Chi mai progetterebbe
un esperimento simile? (Risate)
Ne ho visti un paio simili,
e ancora non ci credo
che stiano avvenendo davvero,
ma altre persone hanno fatto
esperimenti simili; è stato verificato.
I bambini sono davvero così geniali.
LS: Sai, sono davvero impressionanti
nei nostri esperimenti,
ma pensa a come sono
nella vita reale.
Nascono.
Diciotto mesi dopo,
ti parlano,
e le loro parole non sono
palle o papere,
sono ad esempio "non c'è più"
per parlare di una scomparsa,
o "uh-oh", per riferirsi
ad azioni non intenzionali.
Sono così potenti.
Sono molto più potenti
di quanto vi abbia mostrato.
Stanno imparando a comprendere il mondo.
Un bambino di quattro anni
può parlarti di quasi tutto.
(Applausi)
CA: Se ho capito bene,
l'altro tuo punto chiave è:
ci sono stati in questi anni
discorsi su quanto le nostre menti
siano particolari e piene di errori.
Per la finanza comportamentale
e le teorie che la supportano
non siamo agenti razionali.
Stai davvero dicendo
che c'è del genio sottovalutato.
LS: Una delle mie citazioni
di psicologia preferite
è dello psicologo sociale Solomon Asch,
che ha detto che l'impresa principale
della psicologia è rimuovere
il velo dell'ovvietà dalle cose.
Sono le tantissime decisioni
che prendiamo ogni giorno
a rendere il mondo giusto.
Conosciamo gli oggetti
e le loro proprietà.
Li riconosciamo quando sono nascosti.
Li riconosciamo al buio.
Possiamo camminare per le stanze.
Possiamo immaginare cosa pensa
la gente. Possiamo parlargli.
Possiamo navigare lo spazio.
Conosciamo i numeri.
Conosciamo le relazioni causali
e il ragionamento morale.
Lo facciamo senza sforzo,
quindi non lo vediamo,
ma è così che comprendiamo il mondo,
ed è un risultato straordinario.
CA: Credo che ci siano persone
nel pubblico
che credono nel potere tecnologico
e che potrebbero contestare
la tua affermazione
che mai nella nostra esistenza
un computer potrà fare
ciò che sa fare un bambino di tre anni,
ma è chiaro che in ogni caso
le nostre macchine hanno molto
da imparare dai nostri bambini.
LS: Credo di sì. Ci saranno fan
dell'apprendimento delle macchine qui.
Non bisognerebbe mai scommettere
contro i bambini o gli scimpanzé
o la tecnologia, se è per questo,
ma non è solo
una differenza di quantità,
è una differenza di tipologia.
Abbiamo computer
incredibilmente potenti,
che fanno cose sofisticate,
spesso con quantità enormi di dati.
Le menti umane fanno, credo,
qualcosa di diverso,
e penso che sia la natura gerarchica,
strutturata, della conoscenza umana
a rimanere la vera sfida.
CA: Laura Schulz, magnifici
spunti di riflessione. Grazie mille.
LS: Grazie.
(Applausi)