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[Shahzia Sikander: "L'ultima postazione"]

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[suoni campionati musicali, statici e distorsioni che si sovrappongono]

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Tendo a osservare all'interno dei confini culturali e politici

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e, insomma, a esplorare delle idee in questi confini.

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A volte, è più evidente, altre volte meno.

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A volte è più astratto, altre volte è molto più esemplificativo di un'idea o di un pensiero politico.

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"L'ultima postazione" gioca sull'instabilità delle relazioni commerciali coloniali

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tra la Cina e la Compagnia delle Indie orientali all'epoca, riguardo all'oppio.

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Ho cominciato a osservare la Compagnia delle Indie orientali e il membro della compagnia

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è diventato un po' il protagonista che viaggia attraverso tutta l'India

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per poi avventurarsi in Cina.

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In quest'opera, si fa anche riferimento alla fine dell'egemonia anglosassone sulla Cina,

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e c'è un momento nell'animazione

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in cui questa figura simbolica del membro della Compagnia delle Indie orientali esplode.

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[rumore distorto di esplosione]

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Credo che nell'animazione ci sono momenti che incarnano alcuni di questi concetti,

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ma non necessariamente c'è un racconto lineare sul commercio dell'oppio.

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Le animazioni sono state uno sbocco piuttosto naturale del mio processo

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perché lavoro principalmente con i disegni, e molti di questi disegni

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giocano con l'idea del racconto, il movimenti quindi è stato un approdo naturale.

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Molti dei murali che facevo, molte delle installazioni a muro erano piuttosto larghi e realizzati su livelli,

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e anche quello era molto simile al modo in cui molti lavori di animazione erano realizzati,

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cioè in Photoshop, su livelli.

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[dolce canto di donna]

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Quello che mi interessa, quindi, è prendere una forma, farla a pezzi e poi ricostruirla.

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E' una questione di trasformazione per me,

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che si tratti di trasformare un'immagine, un segno o un simbolo.

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O che sia la trasformazione di un genere o di un mezzo.

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Ma è un concetto assolutamente centrale che credo consolidi la mia attività.