Fu uno dei processi più bizzarri della storia olandese. L'imputato, in questo processo del 1947, era un falsario d'arte che aveva contraffatto dipinti per un valore di milioni di dollari. Ma non voleva dimostrare la sua innocenza: anzi, la sua vita dipendeva dal dimostrare che aveva commesso la frode. Come molti falsari, Han van Meegeren era un artista le cui opere originali non avevano riscosso alcun successo. Amareggiato verso il mondo dell'arte, van Meegeren decise di prendersi gioco dei suoi detrattori. Imparò tutto ciò che poté sugli antichi maestri: le loro biografie, le loro tecniche e i loro materiali. L'artista che scelse di contraffare era il pittore barocco del XVII secolo Johannes Vermeer; decisione ambiziosa visto che Vermeer era famoso per le sue minuziosissime e tecnicamente brillanti scene domestiche. Lavorando in segreto per sei anni, il falsario perfezionò la sua arte, copiando numerose opere per impratichirsi. Mischiò i suoi colori dopo aver studiato i materiali grezzi e i pigmenti disponibili ai tempi di Veermer. Acquistò tele del XVII secolo, creò pennelli appositi, e invecchiò le opere applicando resina sintetica e cuocendole per seccarle e creare crepe sulla verniciatura. Un test forense avrebbe potuto riconoscere la resina sintetica. Ma all'epoca, test del genere non erano avanzati né tantomeno diffusi, e persino oggi la verifica dell'autenticità di un quadro si basa sulla perizia di esperti d'arte. Tutto dipende dal loro giudizio soggettivo e dalla loro reputazione. E fu proprio su questo punto che van Meergeren volle raggirare il mondo dell'arte. Stando alle sue ricerche, sapeva che gli storici credevano che Vermeer avesse avuto un primo periodo di dipinti religiosi influenzati dal pittore italiano Caravaggio. La massima autorità in fatto di Vermeer, Abraham Bredius, era un grande sostenitore di questa teoria benché nessuna di quelle opere fosse mai emersa. Così van Meegeren decise di realizzarne una. La intitolò "La cena in Emmaus". Bredius dichiarò il falso di van Meegeren il capolavoro dell'opera di Vermeer. La contraffazione di van Meegeren non era esattamente all'altezza degli standard tecnici di Vermeer, ma tali discrepanze ben si adattavano alla narrazione: era un'opera giovanile, realizzata prima che l'artista consolidasse la sua tecnica. Ottenuta l'approvazione dal mondo dell'arte, il falso fu venduto nel 1937 per un corrispettivo superiore a quattro milioni di dollari attuali. Il successo spinse van Meegeren a falsificare e vendere più opere tramite vari mercanti d'arte. Per quanto incredibile possa sembrare, il mondo dell'arte continuò a credere all'autenticità di quelle opere. Quando i nazisti occuparono l'Olanda durante la Seconda Guerra Mondiale, Hermann Göring, uno dei generali più vicini a Hitler, cercò di aggiungere un Vermeer alla sua collezione di opere d'arte saccheggiate in tutta Europa. Van Meegeren lo accontentò, vendendogli una presunta opera prima di Vermeer dal titolo "Cristo e l'adultera". Con il mutare del corso della guerra, mutò anche la fortuna di van Meegeren. Dopo la vittoria degli Alleati, fu arrestato per aver consegnato un'opera inestimabile del patrimonio olandese ai nazisti; un atto di alto tradimento punibile con la morte. Per provare che il dipinto non era un tesoro nazionale, spiegò passo dopo passo come lo aveva realizzato. Ma affrontò un ostacolo inaspettato, ossia l'esperto che aveva permesso la truffa. Interessato alla propria reputazione, Bredius difese l'autenticità dell'opera. Senza altre soluzioni, van Meegeren iniziò a lavorare a un "nuovo" Vermeer. Quando presentò il falso alla corte, venne finalmente creduto. Fu prosciolto dall'accusa di collaborazionismo con i nazisti, e condannato a un anno di prigione per frode. Benché ci siano prove che van Meegeren abbia davvero collaborato con i nazisti, riuscì a convincere il pubblico di aver ingannato Göring di proposito, trasformando la sua immagine in quella di un eroe del popolo che era riuscito a raggirare i nazisti. Grazie a questa ritrovata notorietà, le sue opere acquisirono valore a pieno titolo, tanto che più tardi vennero falsificate dal suo stesso figlio. Quelle tele passarono dall'essere classici venerati a falsi disprezzati a opere d'arte rispettate per l'abilità e la notorietà del falsario.