Chris Anderson: E ora vi presento
una delle donne più potenti del mondo.
Nel senso che, se vogliamo uscire
dai guai in cui ci troviamo attualmente,
lei avrà un ruolo fondamentale
nell'aiutarci a farlo.
È il capo del Fondo
Monetario Internazionale,
è un vero piacere accogliere
Kristalina Georgieva.
Benvenuta, Kristalina.
Kristalina Georgieva:
Sono lieta di essere qui con voi, Chris.
Grazie dell'invito.
CA: Lei aveva appena assunto l'incarico,
alla fine dell'anno scorso,
e nel giro di quattro mesi, boom!
È arrivato il COVID.
Che razza di inizio, per un nuovo lavoro!
Come va?
KG: Beh, per me l'azione
è una fonte di energia.
E al Fondo,
fin dallo scoppio della crisi,
ci siamo gettati a testa bassa
con tutte le nostre energie
per fornire dei salvagente ai Paesi,
e quindi alle persone e alle imprese.
Abbiamo già ricevuto più di 90 richieste,
e abbiamo offerto a 56 paesi
dei pacchetti finanziari vitali.
CA: Lei ha definito questa pandemia
una crisi senza precedenti.
In che senso lo è?
KG: Proprio così, senza precedenti.
Anzitutto, mai prima d'ora
abbiamo deliberatamente inflitto
una simile sofferenza all'economia
per combattere un virus
e salvare delle vite.
Stiamo chiedendo alle imprese
di non produrre
e ai consumatori
di non uscire a consumare.
Al Fondo, lo chiamiamo
"il Grande Lockdown."
In secondo luogo,
mai prima d'ora
c'è stato un ribaltamento
della situazione così repentino
che ha colpito praticamente
tutta la popolazione mondiale.
In gennaio ero a Davos,
a definire "crescita anemica"
una crescita al tre per cento.
In aprile, all'incontro di primavera,
eravamo già a meno tre per cento.
A gennaio,
prevedevamo per 160 paesi
un aumento del reddito pro capite.
Oggi prevediamo una riduzione
del reddito pro capite per 170 paesi.
Questa la chiamiamo
"la Grande Inversione di Rotta."
È molto triste.
In terzo luogo, l'incertezza.
Vede, Chris, noi conviviamo
con l'incertezza;
ma questa volta
è con l'incertezza di un nuovo coronavirus
che devono fare i conti
i responsabili politici.
Noi, al Fondo, combiniamo
le proiezioni epidemiologiche
con i nostri tradizionali
modelli macroeconomici
per orientarci in questa incertezza.
Devo anche aggiungere
che io spero proprio che,
una volta avviata la ripresa,
potremo usare un nuovo termine,
e chiamarla "la Grande Trasformazione."
Rendiamo il mondo un posto migliore.
CA: Certo, un concetto che vorrei
approfondire, tra un attimo.
Ma in questa fase di risposta alla crisi,
si direbbe che il principale
strumento utilizzato,
se non altro dai paesi ricchi,
sono stati massicci interventi
di stimolo economico,
dell'ordine delle migliaia
di miliardi di dollari.
È una risposta sensata?
KG: È una necessità.
Non capita spesso di sentire
il Fondo dire ai Paesi:
"Forza, spendete!
Spendete più che potete!"
Eppure è quello che stiamo facendo.
E aggiungiamo:
"Tenete le ricevute.
Non scordate che dovete risponderne
ai cittadini, ai contribuenti."
Ciò che rende necessaria
un'iniezione finanziaria,
cioè queste misure fiscali
per quasi novemila miliardi di dollari,
è il fatto che,
quando l'economia si blocca,
se non si interviene per aiutarla,
se non c'è uno stimolo
di politica monetaria,
fallisce un numero enorme di imprese,
i loro dipendenti restano disoccupati,
l'economia rimane segnata.
E una volta passato il peggio,
questa cicatrice rende
la ripresa molto più difficile.
Quindi è saggio intervenire
in questo modo,
ed è un bene che le banche centrali
delle principali potenze economiche
siano intervenute in modo sincronizzato
e che lo stimolo fiscale sia arrivato
molto, molto velocemente.
È così che pensiamo sia possibile superare
questo momento estremamente difficile.
CA: Ma fin dove si può arrivare?
Perché si è detto che,
in pratica, "si stampano soldi" --
i governi continuano a emettere
nuove obbligazioni
che prima o poi dovranno rimborsare.
In economia, si parla del
"Momento di Minsky",
quando le cose vanno
molto bene per un po',
perché tutti credono che, per così dire,
il treno può continuare la sua corsa,
il ciclo può continuare a girare,
insomma, che i governi
abbiano tutti quei soldi.
Però, a un certo punto,
non rischia di saltare tutto?
Non teme che possiamo avvicinarci
a un momento di Minsky,
in cui, come in Mary Poppins,
Michael si riprende i suoi due penny
e scatena una corsa agli sportelli?
Il sistema finanziario internazionale
è oggi oggetto di stress
al punto di preoccuparla,
di farle pensare che rischiamo
di esaurire lo spazio di manovra?
KG: Ovviamente, non si può
continuare così all'infinito.
Personalmente, ho fiducia
nei nostri scienziati,
penso che vedremo dei progressi,
vedremo anche persone e imprese
abituarsi al distanziamento sociale,
alle micromisure che proteggono
dalla diffusione della malattia.
Abbiamo visto una forte iniezione
di liquidità nei sistemi sanitari,
per cui gli ospedali possono davvero
curare chi ha bisogno di aiuto.
Naturalmente, se dovesse
durare molto tempo,
saremmo preoccupati.
Per ora,
la nostra proiezione
è che ci sarà una graduale riapertura --
la vediamo già in atto in vari paesi.
E per l'anno prossimo, il 2021,
prevediamo una parziale ripresa.
Non una ripresa completa, purtroppo;
ma un miglioramento della situazione.
Ora, quello che ci aiuta
è qualcosa che non amo particolarmente,
ma che considero un aspetto positivo --
tassi d'interesse molto bassi,
in alcuni casi, negativi --
grazie ai quali questa iniezione
di misure fiscali e liquidità
può essere sostenuta
per un certo numero di anni.
E, per ora, non si vede all'orizzonte
alcun segno di un ritorno
a un aumento dei tassi d'interesse.
Quindi, tassi bassi per qualche tempo
e questo, nel clima attuale,
gioca a nostro favore.
CA: Ma la crisi finanziaria del 2008
ha rischiato veramente di mandare all'aria
l'intero sistema finanziario.
A giudizio di molti osservatori,
questa crisi ha un impatto molto peggiore
sull'economia nel suo complesso.
Il mondo ha imparato qualcosa dal 2008
che ci abbia aiutato sino ad ora
ad essere resilienti adesso?
KG: Quello che il mondo ha imparato
è che il sistema finanziario
deve essere testato
e poi consolidato per sostenere i colpi.
E questo ci sta aiutando moltissimo oggi.
Il sistema bancario è resiliente;
e nel mondo finanziario,
anche le istituzioni extrabancarie
stanno più attente
ai limiti cui si può spingersi
senza finire nei guai.
Io direi che,
se ci si guarda attorno,
la lezione più importante è stata
"creare resilienza agli shock."
Chi l'ha fatto, ora resiste meglio.
E chi non l'ha fatto
si trova molto più in difficoltà.
Effettivamente, al Fondo,
quello che speriamo
è di uscire da questa crisi
con questa lezione sulla resilienza
estesa al di là del sistema bancario,
in modo da avere davvero
l'atteggiamento di gestione delle crisi
per un mondo che sarà
inevitabilmente più esposto agli shock,
a causa del clima
e anche a causa della grande densità
della vita economica e sociale
sul nostro pianeta.
CA: Nel suo ruolo,
lei segue con particolare attenzione
la situazione dei paesi
in via di sviluppo,
situazione che, al momento,
sembra essere davvero terribile.
Molti di questi paesi hanno
ingenti debiti espressi in dollari.
Nella crisi attuale,
le loro valute si stanno
deprezzando rispetto al dollaro,
ciò che rende loro quasi impossibile
praticare quel tipo di iniezione,
le iniezioni di stimolo,
che i Paesi ricchi operano
e che sembrano l'unica via d'uscita.
Quindi si direbbe
un vero e proprio circolo vizioso.
È possibile spezzare questo ciclo?
KG: Per prima cosa, vorrei distinguere
i paesi che si sono dotati
di fondamentali forti.
E ora, in questa crisi,
quando ci arrivano i dati in entrata,
ci sono alcune sorprese positive,
non moltissime, ma alcune ci sono,
e vengono da Paesi che si sono dotati
di ammortizzatori più robusti,
di fondamentali più robusti,
che sono stati più disciplinati
nei tempi buoni.
Ma, effettivamente, vediamo
un buon numero di mercati emergenti,
di Paesi in via di sviluppo,
soggetti a molteplici pressioni.
Sono stati colpiti dal coronavirus,
molti di loro hanno
sistemi sanitari deboli.
Inoltre, hanno un alto livello
di indebitamento,
da prima della crisi,
e questo crea per loro
un clima molto più difficile.
Per di più, molti di questi Paesi
sono esportatori di materie prime.
I prezzi delle materie prime,
il prezzo del petrolio,
sono letteralmente crollati,
e questo li colpisce una seconda volta.
Molti contano sulle rimesse dall'estero,
che sono scese del 20-30%.
E poi c'è una serie di Paesi
che dipendono fortemente dal turismo.
Il turismo è il settore più colpito,
o uno dei più colpiti.
Quindi, situazione molto difficile
per questi Paesi,
ma è per questo che, molto saggiamente,
si sono create istituzioni come la mia.
Il FMI, la Banca Mondiale,
le banche regionali di sviluppo,
in questa crisi collaboriamo tutti
molto strettamente.
Il FMI, fortunatamente,
e questa è stata una delle lezioni
della crisi del 2008-2009 --
assicurarsi che al centro della rete
di sicurezza finanziaria
ci sia un FMI dotato
di una forza finanziaria.
Oggi abbiamo quattro volte
più soldi da prestare
rispetto ad allora.
Da 250 a 1.000 miliardi di dollari.
E, naturalmente,
stiamo impiegando questi fondi
proprio per quei Paesi
che più hanno bisogno di noi.
E abbiamo fatto anche un'altra cosa.
Con David Malpass,
il presidente della Banca Mondiale,
abbiamo chiesto una moratoria del debito
per i Paesi più poveri
ai loro creditori bilaterali ufficiali.
Spesso si tende a dire:
"Non c'è collaborazione, Così non va!"
Ma invece,
quando abbiamo fatto questo appello
a fine marzo, e a metà aprile,
il G20 ha accettato questa moratoria.
Cosa straordinaria,
il Club di Parigi, la Cina,
i Paesi del Golfo,
erano tutti d'accordo
di non strangolare i Paesi più poveri,
sollecitandoli a pagare i loro debiti
quando le loro economie sono bloccate.
CA: È possibile che qualche Paese
in via di sviluppo
esageri con la politica del lockdown?
Cioè, se buona parte dei tuoi cittadini
stenta già a sopravvivere,
non è quasi una condanna a morte
imporre loro di non uscire di casa?
KG: In effetti, Chris, una delle cose
più dolorose per me
è stato parlare con capi di Stato
in cui la scelta obbligata è
tra lasciare che la gente
muoia per il virus
o lasciarla morire di fame.
È una situazione assolutamente drammatica.
Quando una grandissima parte dell'economia
è il settore informale,
e la gente vive giorno per giorno
di quello che riesce a rimediare,
non si possono attuare dei lockdown
come quelli introdotti nei Paesi avanzati;
ma anche in quelle regioni,
alcuni Paesi ottengono ottimi risultati
nel distanziamento sociale,
per quanto possibile.
Molti Paesi africani
hanno introdotto misure di prevenzione
molto tempestivamente.
Perché?
Perché hanno imparato la lezione
dell'Ebola e delle crisi precedenti,
e cioè che l'igiene,
prendere tutte le misure possibili,
fa davvero la differenza.
Quindi, lo ripeto,
non insisterò mai abbastanza
sull'importanza della solidarietà
con questi Paesi.
È essenziale che la mia istituzione
sia al loro fianco, quando serve.
Ed è quello che facciamo.
CA: Whitney.
Whitney Pennington Rogers:
Buongiorno, e grazie.
È un colloquio eccezionale,
e cominciano ad arrivare
alcune domande dagli ascoltatori.
La prima viene da Bill Ellkus,
e si riallaccia a qualcosa
che lei ha detto prima,
rispetto allo stimolo, Kristalina.
Che effetti avrà sull'inflazione
uno stimolo di queste dimensioni?
KG: In questo momento,
non ci preoccupa l'inflazione
nelle economie avanzate
e nella maggior parte delle economie
di mercato emergenti.
Quello che ci preoccupa è l'inflazione
nei Paesi con dei fondamentali deboli,
che non hanno facilmente accesso
al mercato dei cambi,
e non hanno altro modo
per affrontare la crisi
che chiedere il nostro aiuto
o far stampare altri soldi
alle loro banche centrali.
E a volte l'una e l'altra cosa assieme.
Perché non mi preoccupa l'inflazione
nelle economie avanzate?
Perché i Paesi che hanno valute forti
mettono in circolo liquidità,
ma al tempo stesso
non vedono una grande
espansione della domanda
che spinge i prezzi al rialzo.
Così, in questi Paesi,
se non altro nel futuro prevedibile,
non vediamo il rischio di assistere,
come dopo la Seconda Guerra Mondiale,
a un'impennata dell'inflazione.
I consumatori non consumano
in modo così aggressivo,
la domanda non è così forte,
e queste sono società
in cui c'è grande maturità
nell'esercizio delle scelte politiche.
Ma se sei un Paese povero,
che per disperazione,
non avendo accesso ai mercati,
non avendo accesso alle valute forti,
devi in qualche modo assicurare
un'offerta di denaro sufficiente,
l'inflazione sarà inevitabile.
Un caso limite è lo Zimbabwe,
e temo che possano essercene anche altri.
È per questo che siamo così decisi
a intervenire per tempo in questi Paesi.
E teniamo d'occhio anche
alcuni Paesi fortemente indebitati.
Potrebbe essere necessario,
in base alla situazione dei singoli Paesi,
ristrutturare il debito
per prevenire questo appoggio
a una soluzione disperata?
WPR: Grazie.
Vorrei sottoporle un'altra domanda
dai nostri ascoltatori.
Viene da Keith Yamashita,
che chiede come possiamo partecipare
tutti a questo cambiamento.
"Lei si occupa degli interventi
macroeconomici e finanziari.
Cosa dovremmo fare noi cittadini
per favorire il rilancio e la ripresa?"
KG: Sì, è estremamente importante
per tutti noi cittadini --
e oltre a essere il capo del FMI,
anch'io sono un cittadino globale --
che ci facciamo portatori di quel concetto
di solidarietà in un momento di crisi.
Mi è molto piaciuto come questa fase
è stata per così dire accompagnata
dalla colonna sonora "Lean on Me."
È molto importante diffondere
questo concetto --
"Siamo tutti sulla stessa barca,
ne usciremo tutti assieme."
E, vi prego, fatevi sentire.
Per parecchi anni, sono stata Commissario
responsabile della gestione delle crisi
e una cosa che ho imparato
è che la maggior parte delle persone
sono positive, gente per bene.
Gente su cui puoi contare.
E poi c'è una minoranza
carica di odio e di paura
e anche molto rumorosa.
Per cui, gente perbene, fatevi sentire.
Diffondete quest'idea che
"Siamo sulla stessa barca,
ne usciremo tutti assieme."
WPR: Grazie. Interverrò ancora
con altre domande.
CA: Kristalina, a questo proposito,
vorrei chiederle di dirci
qualcosa di più sulla leadership.
Quando si pensa alle nazioni
che hanno reagito meglio,
spesso si pensa --
mi riferisco alla reazione
all'attuale pandemia --
spesso si pensa alla Germania,
alla Nuova Zelanda,
alla Corea del Sud, a Taiwan,
alla Danimarca e alla Norvegia.
Quando si pensa ai Paesi
che hanno reagito peggio,
spesso si pensa a Spagna,
Italia, Regno Unito, Belgio,
a Svezia, Iran, Brasile, Russia
e Stati Uniti.
Tutti i Paesi del secondo gruppo
sono governati da uomini,
tutti quelli del primo gruppo,
tranne uno, sono governati da donne.
È una coincidenza?
KG: Beh, vediamo,
parlando un po' soggettivamente,
in quanto donna,
sono convinta che le donne al comando
siano l'ideale nelle situazioni di crisi.
Sono più inclini a mostrare empatia,
a interessarsi delle persone
più vulnerabili,
e a poterne parlare.
Hanno un carattere deciso.
Parlo per me stessa:
noi ricaviamo energia dall'azione.
E non siamo propense a piangere
e lamentarci oltremisura.
Quindi si può forse dire qualcosa
sull'importanza futura
dell'uguaglianza di genere.
Ci vogliono più donne per questo mondo
con sempre più crisi che ci aspetta.
CA: Naturalmente è difficile fare
qualsiasi generalizzazione sul genere,
ma forse c'è anche qualcosa
nella capacità di cogliere le sfumature
in cui le donne potrebbero essere
migliori degli uomini?
Gli uomini sono spesso spinti
dal desiderio di imporsi, di vincere:
e in una situazione come questa,
dove è tutto questione di probabilità,
è un po' come se ci fossero tantissime
manopole complicate da girare
in questa rischiosa macchina
della pandemia che vogliamo domare.
Voglio dire, le donne sono migliori
ad affrontare le sfumature?
KG: Mettiamola così, Chris.
C'è bisogno di tutti,
ci serve questo mix di esperienza,
conoscenze e predisposizione.
Con il concorso di uomini e donne.
Secondo me è una cosa fantastica
avere punti di vista diversi,
quando si prendono delle decisioni.
Perché aumentano le probabilità
di prendere la decisione giusta.
Abbiamo bisogno gli uni degli altri,
ma dobbiamo anche riconoscere
che, in effetti, ci sono situazioni,
e mi è successo molte volte,
in cui le donne sono più propense
a trovare la via del compromesso,
sono più disposte, se sbagliano,
a lasciarsi correggere.
A dire "È vero, è un argomento valido.
Nella mia visione del problema,
devo includerlo."
E in situazioni di incertezza,
questo è un grande vantaggio
per chi prende le decisioni.
CA: Potrebbe dirci qualcosa di più
sulla sua leadership attuale?
Come dicevo, non è molto
che ha assunto questo incarico.
Prima era Commissario europeo,
si occupava di crisi umanitarie
in diverse parti del mondo.
E nel suo Paese, la Bulgaria,
ha assistito a una trasformazione totale,
politica ed economica.
Che lezioni può trarre
dalla sua esperienza precedente
applicabili in questo momento?
KG: Ho imparato molte cose.
È stata una fortuna poter contare
su queste diverse esperienze
per il mio lavoro attuale.
Ma vorrei sottolinearne tre.
Anzitutto, quanto sia cruciale
essere preparati ad affrontare una crisi.
Come dire, immaginare l'inimmaginabile,
e poi agire con una certa lungimiranza
quando sei vittima di un disastro.
È l'approccio chiamato
"ricostruire meglio" [Build Back Better].
Potendo, però, io vorrei cambiargli nome,
preferirei "costruire meglio prima"
[Build Better Before]
La preparazione, la prevenzione
sono molto convenienti.
In secondo luogo --
non dico per importanza,
è altrettanto importante --
c'è l'azione collettiva,
la collaborazione.
Chiedere aiuto, offrire aiuto.
Fa un'enorme differenza in un'emergenza.
E il terzo punto è una cosa
che ho verificato più e più volte.
Noi non conosciamo
la nostra forza interiore
finché non veniamo colpiti.
Siamo così resilienti,
così capaci di reggere gli urti,
soprattutto quando uniamo i nostri sforzi,
che questo mi dà sempre
un senso di ottimismo
la convinzione di potercela fare,
per quanto duramente colpiti.
Dal tempo in cui il mio Paese è crollato,
la sua economia è crollata,
e io mi alzavo alle quattro del mattino
e facevo la coda per comprare
il latte per mia figlia,
ai giorni in cui vedevo
profughi siriani in situazioni terribili
che si prestavano aiuto a vicenda,
ad oggi, che sono il capo del FMI,
quella forza interiore,
la nostra capacità di resilienza,
più stiamo assieme,
più si amplifica.
CA: Potrebbe parlarci
un po' più del ruolo del FMI,
soprattutto ora che ci si avvia
verso un tentativo di ripresa?
Che cosa può fare, nello specifico,
la sua organizzazione
per aiutarci a uscirne?
KG: Ci sono tre cose
che contraddistinguono il FMI,
e sono davvero fondamentali
in un momento di crisi.
La prima è fare una buona diagnosi
di quello che succede
e di come uscirne.
Diciamo soltanto che, in questa crisi,
nelle primissime settimane,
abbiamo istituito per 193 Paesi
un "osservatorio politico".
Che misure adottano i Paesi,
cosa possono imparare gli uni dagli altri,
per essere più efficaci assieme?
Adesso, vi aggiungiamo
le misure per una riapertura
responsabile delle economie
appunto per questo scopo.
L'aspetto per cui il FMI è più noto
è il suo ruolo di
"Pronto Intervento Finanziario".
Noi reagiamo a questo incredibile scossone
con un'enorme potenza
di fuoco finanziaria.
Quello che la gente non sa
è che il Fondo dispone
di svariati strumenti.
Il finanziamento d'emergenza è quello
che abbiamo raddoppiato per questa crisi.
E non ci sono condizionalità.
Chiediamo solo una cosa, Chris.
Pagate i vostri medici,
i vostri infermieri, i vostri ospedali,
proteggete le persone
e i settori economici più vulnerabili.
Nient'altro, la condizione è questa.
E la terza cosa che fa il Fondo
è aiutare i Paesi
a dotarsi di buone politiche.
Dopo la crisi finanziaria,
abbiamo aiutato molti Paesi
a migliorare la gestione del debito,
la gestione fiscale,
la trasparenza e l'affidabilità
per migliorare il funzionamento
delle finanze pubbliche.
Il Fondo non è un'organizzazione enorme,
da nessun punto di vista:
siamo circa 3.000 persone.
Con una grande professionalità,
e un'incredibile motivazione.
Ha presente "tutti gli uomini in coperta"?
Ecco, quelli siamo noi.
Ed è una coperta digitale,
di questi tempi è una coperta digitale.
CA: Questa è una crisi planetaria.
Molti temono che, diversamente
da quanto accadde anche nel 2008,
quando parve realmente emergere
una grande cooperazione globale,
questa volta, ahimè, ce ne sia meno?
La preoccupa il ruolo di questo elemento
indispensabile per tirarcene fuori?
KG: La mia preoccupazione,
nel nostro mandato,
nella mia area di responsabilità,
è unire gli sforzi di tutti i membri.
Abbiamo quasi tutti i Paesi del mondo,
189 Stati membri,
e, fino ad ora, mi ha molto colpita
la prontezza con cui hanno risposto tutti.
A primavera ho presentato un pacchetto,
un pacchetto di misure molto forti,
per ampliare il ruolo del FMI nella crisi.
Tutto quello che chiedevamo,
in sostanza raddoppiare
i finanziamenti d'emergenza,
l'abbiamo ottenuto.
Molto interessante.
Abbiamo chiesto di triplicare
la concessione di crediti,
appunto perché,
così come il virus colpisce con più forza
chi ha un sistema debole,
la crisi colpisce con più forza
le economie deboli.
Quindi volevamo triplicare
la concessione di crediti.
Entro un mese, l'abbiamo ottenuto.
Abbiamo chiesto sovvenzioni
per la riduzione del debito,
e le abbiamo ottenute.
Voglio dire che dobbiamo concentrarci
su come mettere d'accordo tutto il mondo,
e poi agire di conseguenza.
Anziché lamentarci
che magari non tutto va come dovrebbe,
dobbiamo fare il nostro dovere
nei confronti della comunità globale.
CE: Proprio così.
E il FMI dipende dai suoi membri
e i loro finanziamenti,
i suoi membri chiave.
KG: Sì.
CA: Lei ha parlato
dei mille miliardi di dollari
che vuole mettere a disposizione
delle nazioni che ne hanno bisogno.
Se capisco bene, questi soldi vengono --
ci sono queste unità,
i Diritti Speciali di Prelievo.
In sostanza, il Fondo
attinge valuta dai suoi membri.
Non ci sono state resistenze,
da parte degli USA,
per bloccare questo sforzo
di raccogliere tutti quei soldi?
KG: I mille miliardi di dollari
vengono dalle nostre quote
e anche dalla nostra capacità
di trasferire denaro
dai membri più ricchi
delle economie avanzate
e di prestarli a interessi minimi o nulli
ai mercati emergenti in via di sviluppo.
Quindi avevamo questi mille miliardi:
e cosa molto interessante,
non tutti lo hanno notato --
gli USA, nel loro pacchetto di stimolo
da duemila miliardi di dollari,
hanno incorporato il sostegno al FMI.
I Diritti Speciali di Prelievo
sono una cosa su cui, in effetti,
non abbiamo ancora trovato
un consenso tra i membri.
Sono stati utilizzati
nella crisi del 2009,
emettendo liquidità,
e vanno a tutti quanti.
A parere di molte persone, me compresa --
ne ho parlato al G20 --
potrebbe essere utile farlo anche adesso.
Questa idea non trova sostegno,
per vari motivi.
Non è solo un capriccio.
Coi Diritti Speciali di Prelievo,
il problema è che quando li emettiamo
vanno a tutti i membri,
e il 62% delle allocazioni
va alle economie avanzate,
per cui qualcuno dice:
"Non potremmo trovare
qualcosa di più mirato,
o destinato esclusivamente
a chi ne ha bisogno?"
Ma per noi, Chris,
tutte le opzioni sono aperte.
Con l'avanzare della crisi,
dobbiamo fare di più, vogliamo
che i nostri membri facciano di più.
CA: Whitney.
WPR: Sì, abbiamo una domanda
dagli ascoltatori
a proposito di quello
che si è appena detto.
Yavnika Khanna chiede:
"Quali Paesi daranno prova di resilienza
nella Grande Trasformazione:
quelli con leader popolari,
o quelli con sistemi finanziari solidi?"
KG: Ci vogliono l'una e l'altra cosa.
I Paesi con dei fondamentali forti
chiaramente vivono questa crisi
in modo meno traumatico di quelli
che avevano già fondamentali deboli.
E, ovviamente, la leadership è importante.
La capacità di spingere un Paese
all'azione è importante.
Secondo me, una volta passato il peggio,
i vincitori potrebbero essere quelli
che oggi considerano questa crisi
anche come un'opportunità.
Chiaramente, la trasformazione digitale
è un'enorme opportunità.
La digitalizzazione
nel campo dell'istruzione,
della pubblica amministrazione,
dei pagamenti, del commercio,
la connessione
delle piccole e medie imprese
coi consumatori attraverso il digitale,
è un grande passo avanti per tutti.
In secondo luogo, io spero proprio
che ci ritroveremo, passata la crisi,
con un impatto ambientale ridotto
e un'economia più resiliente
rispetto al clima.
Chi si muove in questa direzione
riduce i rischi, per sé stesso
e per tutto il mondo,
che derivano da quest'altra crisi,
di cui non si parla granché attualmente,
ma che non è affatto scomparsa.
E, credetemi, se non vi piace la pandemia,
la crisi climatica vi piacerà ancor meno.
Inoltre, i Paesi che si chiedono
come rendere l'economia del futuro
un'economia più giusta.
In altri termini,
abbiamo visto le diseguaglianze
accentuarsi prima di questa crisi.
I miei colleghi che hanno
studiato le pandemie
ne hanno tratto una lezione
molto amara per tutti noi.
Dopo le pandemie,
dopo l'H1N1,
dopo la SARS, dopo lo Zika,
la diseguaglianza aumenta.
Che facciamo, la lasciamo
crescere sempre più
dopo questa crisi?
Se lo facciamo,
danneggiamo il tessuto
delle nostre società;
e io ho l'impressione
che centinaia di milioni
di persone, in questa crisi,
preferirebbero di gran lunga
un mondo più semplice,
più giusto e più equo in cui vivere,
e certamente un mondo più sostenibile.
CA: Già.
KG: Questi sarebbero i vincitori.
WPR: Certo.
Ancora una domanda dagli ascoltatori,
prima di ridare la parola a Chris
per qualche ultima domanda in studio.
Questa viene da Sarah Rugheimer.
E la domanda è questa:
"Secondo lei, quali potrebbero essere
i principali cambiamenti positivi
in questo mondo
a seguito di questa pandemia,
nell'arco dei prossimi 2-10 anni?"
KG: Ho già detto qualcosa al riguardo.
Anzitutto, mi piacerebbe vedere
una politica fiscale
che favorisca la ripresa,
che si orienti verso una ripresa verde,
e una ripresa più equa.
E questa è una scelta che tocca
ai responsabili politici.
Si può fare.
In secondo luogo, mi piacerebbe davvero
che noi tutti mettessimo a frutto
quello che abbiamo imparato dalla crisi
in termini di lavoro virtuale.
Nella mia organizzazione, il FMI,
possiamo ridurre drasticamente
il nostro impatto ambientale
semplicemente continuando a fare
quello che stiamo facendo ora,
e lo faremo.
Io spero certamente di vedere, in futuro,
molta più attenzione per due aspetti
rivelatisi essenziali in questa crisi:
accesso universale alla salute
in una forma o nell'altra,
sistemi sanitari forti,
e reti di sicurezza sociali forti,
costruiti come stabilizzatori automatici
nei momenti di shock.
Tra l'altro, fatto così costa anche meno.
Il conto da pagare per tutti
sarà meno salato.
E poi, spero proprio che questa idea
di investire nelle persone,
ammettendo che, ora che assistiamo
a questa orribile tragedia,
a questa perdita di vite umane,
investire nelle persone è di gran lunga
il miglior investimento che possiamo fare.
CA: Già.
WPR: Magnifico.
CA: Bene, Whitney, a tra poco.
Kristalina, è così --
così stimolante, davvero,
sentire con quanta energia
con quanta energia affronta questa prova.
Non credo che molti dei nostri ascoltatori
si aspettassero di sentire il capo del FMI
insistere in questo modo sul
"Risolviamo la crisi climatica,
affrontiamo le diseguaglianze
e l'ingiustizia."
Crede davvero che questo momento,
e questa crisi,
possano portarci
a una Grande Trasformazione?
SI direbbe che pensare positivo
rientri nel suo mandato,
che non possa fare altrimenti.
Vede davvero una via d'uscita
da questa situazione,
e di che arco temporale stiamo parlando?
KG: Vede, una cosa che ho imparato
dalla transizione che ho vissuto,
il passaggio dalla pianificazione
all'economia di mercato,
è che è una strada dura, lunga e dolorosa,
ed è una strada piena di curve.
Quindi non mi aspetto miracoli
lungo il percorso,
ma sono sinceramente convinta
che ci troviamo a un punto
della nostra storia
in cui la gente chiede ai suoi leader
sicurezza e protezione
e una società che non sia
lacerata dai conflitti.
E questo non è uno spettacolo insolito.
Per cui, vorrei fare a mia volta
una domanda, Chris.
Dopo una guerra,
vediamo che il mondo torna a ricomporsi
per creare un mondo migliore.
Perché non dovrebbe accadere
anche dopo una pandemia?
Certo,
possiamo fare degli errori
e non imboccare la strada giusta.
Ma dobbiamo certamente cercare
di imboccarla, quella strada.
CA: Quindi se potesse instillare --
KG: E questo richiede l'impegno di tutti.
CA: Se si potesse instillare un'idea
nella testa di tutti quanti,
o nella testa dei leader mondiali
che vi ascoltano,
quale sarebbe quest'idea,
in questo momento?
KG: Ottimismo.
Costruire un mondo migliore.
È possibile, è desiderabile,
e dobbiamo farlo.
CA: Il suo ottimismo sembra
una scelta deliberata,
non un'ingenua convinzione che succederà,
ma un impegno a farlo succedere.
È questo che chiede?
Farne una motivazione
per risollevarci tutti assieme?
KG: Chris, ho ancora un minuto,
o è finita, devo smettere?
CA: Se vuole aggiungere
un'ultima cosa in un minuto, prego.
KG: Voglio dire una cosa.
Raccomandare al pubblico di vedere il film
"Il ponte delle spie."
In quel film c'è una scena
in cui i due protagonisti,
l'avvocato e la spia russa,
parlano tra loro.
L'avvocato dice: "Le cose si mettono male,
rischi l'impiccagione."
La spia è molto calma.
L'avvocato gli chiede: "Non hai paura?"
E la spia risponde:
"Servirebbe a qualcosa?"
Per cui il mio messaggio è: sarà dura,
ma aver paura non serve.
Darsi da fare sì.
Positivi, restiamo positivi,
questo è il mio messaggio.
CA: Bene, devo ringraziarla.
È davvero incredibilmente stimolante
vedere la sua energia
e il suo "determinato ottimismo",
chiamiamolo così.
Direi che le auguriamo un pieno successo
nell'usare la sua posizione per aiutarci
a tirarci fuori da questo pasticcio.
Grazie mille, Kristalina,
per il tempo passato con noi, qui su TED.
Grazie.
WPR: Grazie, Kristalina.