Niente rovina l'atmosfera di una cena tra amici come il discutere di religione, politica, aborto,
o veganismo. Così ho pensato che sarebbe una splendida idea se in QUESTO video, noi discutessimo di tutti e quattro!
(Non ho una gran vita sociale...)
Ciao sono Emily di BiteSizeVegan e benvenuti a un altro vegan nugget.
Tra le mille obiezioni e critiche al veganismo, dal comune
"le piante hanno dei sentimenti" e "ma i leoni mangiano carne", si trova un tema a cui non è così facile rispondere,
e che non è affatto scontato: la presa di posizione vegana sull'aborto.
I temi dell'aborto e del veganismo condividono terreno comune. Entrambe sono questioni decisamente intense,
veloci a scatenare dibattiti accesi, che hanno individui appassionati e diretti da entrambe le parti,
che spesso utilizzano simili strategie, quali educazione e dimostrazioni,
e che comportano una forte attenzione riguardo i concetti di senzienza, individualità,
percezione del dolore e coscienza.
Prima di tuffarci in questo campo minato della morale lasciatemi prima dire che io non arriverò ad una conclusione
riguardo il tema dell'aborto in questo video. Scusate per la delusione. Quello che farò sarà presentare
le varie argomentazioni poste , insieme a così percepite incongruenze di logica, e approfondimenti scientifici.
Inoltre utilizzerò i comuni termini di pro-life (per la vita) e pro-choice (per la scelta) nonostante sappia che ognuna
delle due parti ha problemi con questi e ha la sua specifica terminologia. Questo solo per semplificare
la retorica, per rendere l'argomento più facilmente comprensibile. Potete trovare citazioni complete e
una bibliografia esaustiva per tutto ciò che è discusso oggi nelle informazioni fornite sotto.
Vorrei inoltre aggiungere che non c'è un consenso generale da parte della comunità vegana, o una dottrina ufficiale riguardo l'aborto.
I vegani, come il resto della popolazione mondiale, abbracciano credi molto diversi tra loro al di fuori del loro
rifiuto di partecipare allo sfruttamento degli animali non-umani. Punti di vista sulll'aborto sono
spesso, ma non sempre, fortemente influenzati dalla pratica religiosa o spirituale del singolo e
dalla sua linea morale, che varia ampiamente sia fra vegani che non.
Di fatto che l'aborto sia o non sia anche solo rilevante allo stesso veganismo è un concetto molto dibattuto.
Nonostante il tema dell'aborto sia , almeno secondo la mia esperienza personale, molto spesso usato
come tattica diversiva intesa a invalidare l'essere vegan nella sua totalità, rimangono comunque
alcuni reali e validi punti d'incontro da esplorare.
Una presa di posizione ritenuta illogica, percepita molto spesso nel dibattito veganismo-aborto, è quella della persona vegana pro-choice
Iniziamo dalle critiche basilari contro la persona vegana pro choice.
Se i vegani sono contrari all'uccisione, allora dovremmo essere contrari ad ogni uccisione.
L'errore in questa asserzione è ciò che è chiamato falsa dicotomia,
fingere che esista una realtà in bianco e nero, quando invece esistono innumerevoli sfumature.
Anche i pacifisti più rigorosi si difenderebbero da un aggressore e non troverebbero
nessun difetto morale nella morte di un colpevole in una situazione di uccidi-o-resta-ucciso.
Dall'altra parte della medaglia troviamo la più basilare argomentazione in difesa del veganismo pro choice:
l'aborto ha a che fare con un feto nell'utero, la cui senzienza, consapevolezza e percezione del dolore
continua ad essere ampiamente discussa, mentre il veganismo ha a che fare con esseri innegabilmente senzienti,
consapevoli, e che percepiscono dolore. Tuttavia come vedremo tra poco, questa eccessiva semplificazione
non tiene conto delle infinite e complesse sfumature, nonostante sia senza dubbio la più forte e consistente obiezione,
sicuramente da prendere in considerazione.
Quando iniziamo ad immergerci in profondità nel dibattito sull'aborto, tutto comincia a sfumare ancora di più.
La capacità di un feto di provare dolore è la primaria argomentazione nell'ambito pro-life.
Considerando che la prevenzione del dolore e della sofferenza sono uno dei fondamenti dell'etica vegana,
sembrerebbe che i vegani pro-choice incappino in una sorta di paradosso.
Infatti, se un feto può provare dolore, la distinzione morale "nato" vs "non nato" viene meno. In cui la parola chiave è "se".
Questo è uno degli ambiti in cui manca trasparenza riguardo il dibattito aborto- veganismo.
Ancora oggi la comunità scientifica non concorda sulla percezione del dolore nel feto. Uno studio di meta-analisi del 2005 ha concluso che
"la percezione del dolore nel feto è improbabile prima del terzo trimestre." Un articolo del 2010, della Reale Università britannica per Ostetrici
e Ginecologi, ha affermato che "il feto non può percepire dolore in nessun modo prima (delle 24 settimane)"
Il minor numero di mesi viene stimato dal Dr. Kanwaljeest S.Anand, una sorta di eccezione nel campo e molto spesso citato dalla causa pro-life.
Anand sostiene infatti che già tra le 18-24 sett. il feto possa provare dolore,
nonostante ciò enfatizza che "il dolore nel feto non è molto rilevante per l'aborto,
visto che la maggior parte degli aborti viene eseguita prima che il feto sia capace di percepire dolore". Infatti meno dell'1,5% degli aborti è eseguito
dopo le 20 settimane negli Stati Uniti.
Un elemento che annebbia il dibattito è però quello della differenza tra dolore e nocicezione,
di cui parlo più in dettaglio nel mio video "Possono i pesci provare dolore"
(Can Fish Feel Pain)
In breve, potrebbe esserci una reazione a stimoli potenzialmente dolorosi o che comunque possono nuocere
senza che si provi dolore, e i nocicettori, che compaiono fin dalle prime 7 settimane di vita del feto,
non sono affatto capaci di provocare dolore.
Certamente, questo punto riguardo il dolore
non chiarisce esattamente la scelta del vegan pro-choice. Molti vegani sostengono infatti che la capacità di provare dolore
negli animali non-umani non dovrebbe essere provata scientificamente per la nostra soddisfazione
prima di smettere di abusarli. Perchè condurre studi crudeli quando loro rendono palesemente ovvio
piangendo, cercando di scappare, sussultando, tirandosi indietro, in difficoltà, dimostrando indicatori di stress psicologico?
Dovremmo comportarci secondo il presupposto che loro provano dolore.
Allora perché questa cortesia non viene estesa al feto umano? Se il dolore soltanto costituisse il centro della discussione,
i vegani supporterebbero l'uccisione degli animali non aventi consapevolezza di sé, e i pro-life non protesterebbero contro l'aborto
di feti che non hanno ancora sviluppato la percezione del dolore. Ma entrambe le questioni sono composte da più strati
come la consapevolezza di sé o senzienza, e i futuri interessi nella vita. I vegani vedono la senzienza
degli animali non-umani come la loro capacità di percepire, concepire e in generale vivere soggettivamente,
e questa senzienza come terreno solido su cui basare la loro protezione. Spesso scambiata con "consapevolezza", la senzienza
negli animali non-umani è ampiamente accettata tra gli scienziati, con più di 2.500 studi
e la pubblicazione della Dichiarazione Internazionale sulla Consapevolezza/Coscienza nel 2012.
In modo simile rispetto allo sviluppo della percezione del dolore, la certezza riguardo la senzienza
viene a mancare nel dibattito sull'aborto.
Ciononostante però, come l'attivista vegano Gary Yourofsky afferma,
"la senzienza non è l'unico fattore di cui tener conto quando si decide come dovremmo trattare gli altri esseri viventi"
(anche se gli alberi, le montagne, l'aria e l'acqua sono forze vitali non senzienti, io credo
che loro abbiano diritto a non essere sfruttate, inquinate e distrutte")
L'argomentazione contro il vegano pro-choice guadagna ancora terreno nel dibattito sul potenziale della vita.
Alcuni vegani, includendo me stessa, spesso mettono in dubbio che anche se potessimo in qualche modo
effettivamente uccidere un animale non-umano senza dolore o consapevolezza, sarebbe comunque non etico.
poiché sceglieremmo di porre fine alla loro vita prematuramente. Noi, che la pensiamo così, non vediamo un'azione simile
come una scelta personale: visto che una scelta personale non è più personale quando coinvolge il benessere di un altro.
Quindi, come può essere un vegano a favore della scelta di abortire una potenziale vita umana?
L'argomentazione che il feto non sia consapevole del suo possibile futuro non sta in piedi a meno che i vegani
non condonino anche l'uccisione degli animali che sono ignari o inconsapevoli al momento della morte.
Così siamo forse tornati al punto di partenza, alla differenza tra nato vs non-nato?
Di nuovo tutto diventa annebbiato dall'incertezza riguardo dolore e senzienza.
Esiste però un elemento di auto-difesa coerente con gli ideali vegani che può essere applicato all'aborto
nel caso di stupro, incesto, o quando è in ballo la vita della madre. Ma cosa dire
dell'aborto per inconvenienza o problemi economici? O agli aborti fini a selezionare il genere
in cui i feti femmina vengono abortiti a causa della preferenza culturale per i maschi, una pratica molto spesso associata
a Cina e India, ma usata anche in molti altri paesi dove i maschi sono molto più numerosi delle femmine.
Scegliere di porre fine alla potenziale vita di un feto, per ciò che potremmo chiamare il tornaconto di un singolo,
è parallelo alla scelta dei carnivori, di porre fine alle vite dei non-umani per il loro di tornaconto?
Esistono parallelismi anche più diretti. Nel mio video "Is Lab Meat Vegan" (è la carne creata in laboratorio vegana) discuto
i metodi di raccolta per il siero fetale dei bovini, un mezzo di sviluppo usato in un'ampia serie di esperimenti di laboratorio,
insieme a sieri fetali di maiali e pecore. Il siero fetale delle mucche è ottenuto dalla foratura del cuore pulsante del feto,
e dal successivo prosciugarlo di energia. Un feto di vitello che è stato tagliato via dall'utero della madre nel mattatoio.
Questa pratica ha comprensibilmente incontrato l'orrore e il disgusto dei vegani che ne sono venuti a conoscenza, e anche non-vegani.
Se questi vegani fossero pro-choice, sarebbe questa reazione un'indicazione di discordanza o ipocrisia?
Lo studio che ho citato continua in modo esauriente sulla potenziale percezione del dolore
nel feto di mucca e propone come riferimento una generale accettazione della percezione del dolore nel feto umano di 24 settimane
presentando inoltre una stima di circa dodici settimane, o 3 mesi per le mucche, che
sono più interamente sviluppate alla nascita rispetto agli umani.
Di nuovo le differenze in questa situazione possono smorzare la scelta del pro-choice vegano,
dato che i feti del bovino devono avere almeno 3 mesi per procurare abbastanza siero e spesso sono di sei mesi
o anche più grandi quando affrontano questa procedura senza nessuna anestesia, siamo ben oltre il dibattito sulla percezione del dolore.
In aggiunta, è senza dubbio evidente che una madre umana che richiede l'aborto
differisce drammaticamente dal tagliare un feto vivente e altamente sviluppato dal
corpo di una madre mucca macellata contro la sua volontà, e prosciugarne il cuore per profitto.
Vorrei inoltre portare all'attenzione un altro aspetto. Mentre i vegani credono nei diritti degli animali non-umani,
la maggior parte, per quello che ho potuto constatare, che non vuole in nessun modo essere conclusivo, sembrano
supportare la sterilizzazione e castrazione degli animali da affezione. Mentre questa è sicuramente una violazione dei loro diritti,
non è però, come ha scritto Gary Yourofsky, una pratica crudele se eseguita correttamente.
Lui, insieme a molti altri attivisti, sostiene che data l'impossibilità di sradicare l'addomesticamento di cani e gatti nel prossimo futuro,
sterilizzare e castrare è un'alternativa migliore alla attuale, crudele e non necessaria morte di milioni di
animali d'affezione abbandonati e non desiderati dovuta all'enorme sovrannumero di animali allevati per lucro.
Ancora una volta il parallelismo non è esattamente ideale visto che gli animali "da compagnia" non hanno la possibilità
di compiere questa scelta per loro stessi, e sterilizzare e castrare previene mentre l'aborto pone fine.
Presento questo solo come esempio di vegani che si relazionano con un'ambiguità etica
e che supportano le restrizioni ai diritti riproduttivi degli animali.
Tuttavia, visto che l'umanità continua a uccidere trilioni di esseri innocenti ogni anno
decima il pianeta, e cresce in popolazione e domanda di carne, si potrebbe affermare che
ostacolare questa proliferazione alla sua radice possa invece essere
perfettamente in linea con i principi vegani?
Ogni tentativo di presentare la singola visione di un vegano sull'aborto nega la diversità e varietà dei vegani stessi.
Molti vegani rigettano la suddetta dicotomia "animali vs. umani" guardando agli umani e ai diritti degli animali
come inestricabili - da proteggere e per cui combattere simultaneamente.
Trovo affascinante, nell'intero dibattito, l'interesse verso la possibilità per un vegano di essere pro-choice.
Con tutte le incertezze inerenti la percezione del dolore e senzienza del feto,
e l'assoluta certezza sulla percezione del dolore e la senzienza degli animali non-umani
è interessante come la domanda più concreta rimanga senza risposta:
Può un non-vegano essere per La Vita (pro-life)?
Come ho detto in apertura, non risponderò al dibattito sull'aborto, e nemmeno al dibattito veganismo-aborto.
Anche con i miei tentativi di semplificazione, è evidente quanto complesso
questo discorso possa facilmente diventare.
Mi farebbe molto piacere conoscere i vostri pensieri sul dibattito nei commenti sotto.
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Ora andate a vivere vegan e assicuratevi
di mostrare questo video alla vostra prossima cena tra amici. A presto!
Vorrei aggiungere che non c'è nessun vegan cons...
vegan consen...cons..consenso. Buon Dio.
Vorrei aggiungere che non c'è nessun vegan cons...
consenso. E' una parola, giusto?
Pensavo che parlare di aborto sarebbe stato difficile, ma.... a quanto pare dire la parola consenso (consensus) è la parte difficile.