Solitudine.
Ognuno di noi in questa stanza proverà
la solitudine prima o poi nella vita.
La solitudine non dipende
dallo stare da soli,
ma dipende piuttosto da quanto
siamo connessi socialmente
con chi ci circonda.
Potrebbe esserci qualcuno qui ora
circondato da mille persone
che sta provando solitudine.
Nonostante la solitudine
possa essere attribuita a molti fattori,
come architetto,
oggi vi dirò come la solitudine
possa essere il risultato
del nostro ambiente edificato ...
proprio le case dove scegliamo di vivere.
Diamo uno sguardo a questa casa.
È una bella casa.
C'è un grande giardino, una staccionata,
un garage per due auto.
E la casa potrebbe trovarsi
in un quartiere come questo.
E per molte persone nel mondo,
questa casa, questo quartiere ...
è un sogno.
Eppure il pericolo dietro
l'avverarsi di questo sogno
è un falso senso di connessione
e un aumento dell'isolamento sociale.
Lo so, posso sentirvi,
c'è qualcuno nella stanza
che mentalmente mi sta urlando contro,
"Quella è casa mia,
quello è il mio quartiere,
e conosco tutti nel mio isolato!"
A cui risponderei: "Splendido!"
E vorrei ci fossero più persone come te,
perché scommetto
che ci sono più persone qui
che vivono una situazione simile
che forse non conoscono i propri vicini.
Potrebbero riconoscerli e salutarli,
ma sottovoce,
stanno chiedendo al coniuge:
"Com'è che si chiamavano?"
così possono fare domande usando
i loro nomi per indicare che li conoscono.
Anche i social media contribuiscono
a creare un falso senso di connessione.
Questa immagine forse
è fin troppo familiare.
Siete in un ascensore,
seduti in un bar,
e vi guardate intorno,
e tutti sono al telefono.
Non state inviando SMS
o controllando Facebook,
ma tutti gli altri sì,
e forse sarà capitato anche a voi
di avere un contatto visivo,
di aver sorriso e salutato,
e di vedere l'altra persona
strappare via gli auricolari
e dire: "Scusa, cosa hai detto?"
Lo trovo estremamente isolante.
Il concetto che vorrei
condividere con voi oggi
è un antidoto all'isolamento.
Non è un concetto nuovo.
Infatti è un modo di vivere antico,
ed esiste tuttora in molte culture
non europee nel mondo.
Circa 50 anni fa,
i Danesi decisero
di inventare un nuovo nome,
e da allora
decine di migliaia di persone danesi
vivono in questo modo connesso.
Ed è stato perseguito
diffusamente in tutto il mondo
poiché le persone cercano
un senso di appartenenza.
Questo concetto
è il cohousing.
Il cohousing è un vicinato
creato volutamente
dove le persone si conoscono
e si prendono cura l'uno dell'altro.
Nel cohousing, hai la tua casa,
ma condividi anche spazi
significativi, sia dentro che fuori.
Prima di mostrarvi foto del cohousing,
vorrei prima presentarvi
i miei amici, Sheila e Spencer.
Quando conobbi Sheila e Spencer,
erano appena sessantenni,
e Spencer stava guardando avanti
dopo una lunga carriera
nell'istruzione primaria.
Lui detestava l'idea
di non poter condividere
la sua vita con dei bambini
dopo il pensionamento.
Ora sono i miei vicini.
Viviamo in una comunità solidale
che ho non solo progettato,
ma sviluppato
e dove ho il mio studio d'architettura.
Questa comunità è deliberatamente
legata alle interazioni sociali.
Vi faccio fare un giro.
Dall'esterno, sembra
un condominio qualunque.
Infatti è identico a quello a fianco,
tranne per il fatto di essere
di un giallo acceso.
All'interno, le case
sono piuttosto tradizionali.
Tutti abbiamo salotti e cucine,
camere e bagni,
e ci sono nove case come questa
attorno a un cortile centrale.
Questa è la mia,
e questa è di Spencer e Sheila.
Ciò che rende questo palazzo
straordinariamente solidale
non sono le case,
ma piuttosto, ciò che accade qui ...
le interazioni sociali che avvengono
dentro e attorno a quel cortile centrale.
Quando guardo oltre il cortile
non vedo l'ora di vedere Spencer e Sheila.
Infatti ogni mattina, vedo questo:
Spencer che mi saluta con foga
mentre prepariamo le nostre colazioni.
Dalle nostre case,
guardiamo giù nel cortile,
e a seconda del periodo dell'anno,
vediamo questo:
ragazzi e adulti in varie combinazioni
che giocano e passano il tempo insieme.
Ci sono un sacco
di risatine e chiacchiere.
Ci sono molti giochi di hula hoop.
E ogni tanto:
"Ehi, smettila di colpirmi!"
o un grido di uno dei bambini.
Sono questi i suoni
della nostra vita quotidiana,
e sono i suoni
della connessione sociale.
In fondo al cortile,
c'è una serie di doppie porte,
che portano negli spazi in comune.
Io considero lo spazio in comune
l'ingrediente segreto del cohousing.
È l'ingrediente segreto perché è il luogo
dove le interazioni sociali
e la vita comunitaria iniziano,
e da lì, si irradiano
verso il resto della comunità.
All'interno del nostro spazio comune
c'è un grande soggiorno
per far sedere tutti noi 28 e gli ospiti,
e mangiamo insieme tre volte a settimana.
Per poter cucinare quei pasti,
abbiamo una grande cucina
così da poter fare a turno per cucinare
l'un per l'altro in gruppi di tre.
Ciò vuol dire, con 17 adulti,
dirigo la cucina
una volta ogni sei settimane.
Le altre due volte, mi presento
e aiuto la mia squadra
con la preparazione e le pulizie.
E tutte le altre sere,
mi presento e basta.
Ceno, chiacchiero con i miei vicini,
e torno a casa,
dopo aver ricevuto un ottimo pasto
da qualcuno che ci tiene
alle mie preferenze vegetariane.
Le nostre nove famiglie
hanno volutamente scelto
un modo di vivere alternativo.
Invece di inseguire il sogno americano,
dove avremmo potuto essere isolati
nelle case uni-familiari,
noi abbiamo scelto il cohousing,
così da poter accrescere
le nostre connessioni sociali.
Ed è così che il cohousing ha inizio:
con un'intenzione condivisa
di vivere in collaborazione.
Ed è proprio l'intenzione
la caratteristica più importante
che differenzia il cohousing
da qualsiasi modello di alloggio.
Nonostante l'intenzione
sia difficile da vedere o da mostrare,
sono un architetto, e non posso far altro
che mostrarvi altre foto.
Quindi ecco qualche esempio
per illustrare
come l'intenzione è stata espressa
in alcune delle comunità
che ho visitato.
Attraverso l'attenta selezione
dell'arredamento,
materiali acustici e d'illuminazione
per favorire la condivisione dei pasti;
nell'attenta scelta della posizione visiva
e dell'accesso visivo
alle aree di gioco dei bambini
intorno e all'interno degli spazi comuni;
nella considerazione della misura
e della distribuzione
dei punti di raccolta sociali
dentro e intorno alla comunità
per favorire le nostre vite quotidiane.
Tutti questi posti aiutano
a contribuire ed elevare
il senso di "communitas"
in ogni comunità.
Qual era la parola? "Communitas".
In scienze sociali, communitas è un modo
elegante di dire "spirito di comunità".
Visitando più di 80 diverse comunità,
il mio parametro
di communitas è diventato:
Con quale frequenza
i residenti mangiano insieme?
Nonostante dipenda
da ogni singolo gruppo
con quale frequenza
consumare pasti comuni,
conosco alcuni che hanno mangiato
insieme tutte le sere
negli ultimi 40 anni.
Conosco altri
che hanno una cena occasionale
una o due volte al mese.
E dalle mie osservazioni posso dirvi:
coloro che mangiano insieme più spesso,
mostrano livelli più alti di communitas.
A quanto pare, quando mangiate insieme,
iniziate a pianificare
più attività insieme.
Mangiando insieme,
condividete più cose.
Vi aiutate con i figli a vicenda.
Prestate i vostri attrezzi elettrici.
Vi prestate l'auto a vicenda.
E nonostante tutto questo,
come piace dire a mia figlia,
non è tutto rose e fiori nel cohousing,
e non sono amica di ogni singola persona
nella mia comunità.
Abbiamo anche noi differenze e conflitti.
Ma vivendo nel cohousing,
le nostre relazioni sono intenzionali.
Siamo motivati a risolvere
le nostre differenze.
Approfondiamo, controlliamo,
esprimiamo la nostra verità personale
e, ove opportuno,
chiediamo scusa.
Gli scettici diranno che il cohousing
è interessante o allettante
per un gruppo ristretto di persone.
E sono d'accordo.
Se guardate alle culture
occidentali nel mondo,
quelle che vivono nel cohousing
sono solo una piccola percentuale.
Ma questo deve cambiare,
perché le nostre stesse vite
dipendono da questo.
Nel 2015, la Brigham Young University
completò uno studio
che mostrava un aumento significativo
del rischio di morte prematura
per coloro che vivevano in solitudine.
Negli USA, il Ministro della Sanità
ha dichiarato l'isolamento un'epidemia.
E questa epidemia non si limita
solo agli Stati Uniti.
Quindi quando prima ho detto
che il cohousing
è un antidoto alla solitudine,
quello che avrei dovuto dire
è che il cohousing può salvarvi la vita.
Se fossi un medico, vi direi
di prendere due aspirine
e di chiamarmi il mattino seguente.
Ma come architetto,
vi consiglio di fare
una passeggiata col vostro vicino,
di condividere un pasto insieme,
e di chiamarmi fra vent'anni.
Vi ringrazio.
(Applausi)