Una stanza piena di maschietti.
Una bambina di appena nove o dieci anni
è seduta al centro della stanza
circondata da libri.
Lei è l'unica femmina fra i ragazzi
e quasi non sente la mancanza
delle cugine e delle amiche
che stanno a casa, anziché a scuola,
perché non è loro permesso
di studiare accanto ai maschi.
Non c'è una scuola femminile
nel suo villaggio.
È nata in una tribù di Beluci conservatori
dove le donne e le bambine
sono una questione d'onore.
È la primogenita
e quando stava per nascere
i genitori volevano un maschietto.
La sfortuna ha voluto
che arrivasse una bimba.
Nella famiglia si usava
tenere le donne sempre in casa.
Ma suo zio, un laureato,
ha voluto darle la possibilità
di conoscere il mondo
e integrarsi nella società.
Per fortuna, lei aveva un nome
sia maschile che femminile.
E così ha cambiato
il corso della sua vita.
Ha deciso di farla crescere
come un maschio.
A soli tre mesi
è passata da essere
bambina ad essere bambino.
Tirata su come un maschio.
Le era permesso uscire
ed essere istruita insiema ai maschi.
È libera, sicura di sé.
Osserva e nota tante piccole ingiustizie
subite dalle donne del villaggio.
I giornali in casa sua
passavano dal maschio più anziano
a quello più giovane.
Quando questi giornali
arrivavano alle donne
le notizie erano già storia.
Ha finito le scuole medie.
Iniziava ad aver paura.
Stava per finire di studiare,
perché la scuola superiore
era a cinque chilometri.
I maschi usano le bici.
Lei sapeva
che il padre le avrebbe vietato
di viaggiare da sola,
anche nei panni di un maschio.
"Non posso permettertelo.
E non ho il tempo
di camminare avanti e indietro.
Non se ne parla, mi spiace."
Era in crisi.
Ma poi un miracolo...
Un parente lontano si è offerto
di insegnarle le materie
dei primi due anni delle superiori
durante le vacanze estive.
È cosi riuscita a immatricolarsi.
La bambina di cui vi ho parlato
è la sottoscritta, Shameem.
(Applausi)
Per secoli, le persone
hanno combattuto per la loro identità.
Sono state amate e favorite
per la propria identità,
nazionalità ed etnia.
Allo stesso modo,
sono state odiate e respinte
per la nazionalità, l'identità,
la razza, il sesso, il credo.
L'identità determina la posizione
nella società, ovunque voi siate.
Se devo essere sincera,
odio il concetto di identità.
Milioni di donne
sono private dei diritti essenziali
solo perché sono donne.
Ci sarei passata pure io
se fossi cresciuta come una donna.
Ero determinata a continuare gli studi,
imparare ed essere libera.
Persino iscrivermi al college
non è stato facile, per me.
Ho fatto lo sciopero della fame
per tre giorni.
(Risate)
Poi è arrivata l'autorizzazione
per il college.
(Risate)
(Applausi)
È così che ho finito il college.
Due anni dopo, al momento
di andare all'università
mio padre si è concentrato
sui miei fratelli minori.
Dovevano andare a scuola,
lavorare e aiutare la famiglia.
Ero una donna, dovevo stare a casa.
Ma io non mi sono arresa.
Prima mi sono iscritta a un programma
per diventare ispettrice sanitaria.
Poi ho sentito parlare del Programma
Thardeep per lo Sviluppo Rurale,
una ONG che opera nelle comunità rurali.
Me la sono svignata.
Un viaggio di cinque ore per candidarmi.
Il posto più lontano che avevo visitato.
Il posto più vicino alla mia libertà.
Ho ottenuto il lavoro,
ma avrei dovuto affrontare mio padre.
(Risate)
I parenti lo stavano allertando
che la figlia stava per andarsene
spaventandolo, parlando
di passare la frontiera.
Appena arrivata a casa
non volevo altro che accettare
il posto a Thardeep.
La notte stessa ho fatto i bagagli,
sono andata in camera
di mio padre e gli ho detto:
"Domani dovrò prendere il bus,
se credi in me,
se ci credi davvero,
mi svegli e mi accompagni alla fermata.
In caso contrario, capirò."
Poi sono andata a letto.
La mattina seguente,
mio padre era al mio fianco
per accompagnarmi alla fermata.
(Applausi)
Quel giorno ho capito
l'importanza delle parole.
Ho capito come toccano il nostro cuore
e quanto siano importanti
nella nostra vita.
Ho capito che le parole
sono più forti della lotta.
A Thardeep ho visto un Pakistan
che non conoscevo,
un paese più complesso
di quello che conoscevo.
Fino ad allora, pensavo
la mia vita fosse stata dura.
Ma poi ho visto quello che le donne
stavano passando altrove in Pakistan.
Mi si è aperto un mondo.
Alcune avevano 11 figli,
ma niente da dargli da mangiare.
Ogni giorni tre ore a piedi
per raggiungere un pozzo d'acqua,
Il più vicino ospedale
era distante 32 chilometri
Se una donna ha le doglie
deve arrivare in ospedale
sul dorso di un cammello.
Durante il lungo tragitto
c'è il rischio che muoia.
Non lo consideravo solo un lavoro.
Ho scoperto le mie potenzialità.
Percepivo uno stipendio,
e mandavo i soldi a casa.
Lo hanno saputo anche
i miei parenti e il vicinato.
Da allora hanno capito
l'importanza dell'istruzione.
Da li a poco altri genitori
hanno mandato le figlie a scuola.
Con il tempo è diventata una prassi
che le donne andassero al college.
Oggi, nel mio villaggio,
nessuna ragazza deve stare a casa.
(Applausi)
Le donne lavorano
nella sanità e anche nella polizia.
La vita era migliorata.
Ma in fondo al mio cuore
sapevo però che anche
zone oltre il mio villaggio
avevano bisogno di opportunità.
E così ho preso parte ad Acumen.
Qui ho conosciuto attivisti
come me, provenienti da tutto il paese.
Ho visto come si caricavano
di responsabilità.
Ho iniziato a capire
cosa significa davvero leadership.
Ho così deciso di tornare
nella mia regione
e fare l'insegnante in una scuola isolata,
da raggiungere con un bus,
due ore di viaggio,
ogni giorno, al mattino e alla sera.
Nonostante fosse difficile,
già dal primo giorno sapevo
che era stata la scelta giusta.
Appena entrata a scuola
ho visto tante piccole Shameem fissarmi...
(Risate)
con gli occhi pieni di sogni,
gli stessi sogni di libertà
della mia infanzia.
Le ragazze erano desiderose di sapere,
ma la scuola era carente di personale.
Si sono sedute speranzose
senza imparare nulla
e sono andate via.
Non era tollerabile.
Non potevo restare a guardare.
Avevo trovato il mio posto nel mondo.
Ho radunato alcuni amici
per aiutarmi ad insegnare alle ragazze
quello che il mondo può offrire
attraverso libri
e attività extracurriculari.
Ho condiviso con loro i leader più grandi,
come Martin Luther King e Nelson Mandela.
Alcuni dei miei studenti
sono andati al college.
Fosse per me,
non smetterei mai di studiare.
Oggi sto finendo il mio dottorato
di ricerca in Scienze dell'Educazione
(Applausi)
che mi permetterà di avere
una posizione di rilievo
nel sistema scolastico,
avere potere decisionale
e avere un ruolo centrale nel sistema.
Credo che senza istruzione le donne
non possano essere ambasciatrici di pace,
né ridurre i matrimoni infantili,
né ridurre il tasso di mortalità infantile
e ridurre il tasso di mortalità materna.
Per questo dobbiamo continuare
a lavorare tutti insieme.
Almeno ci sto provando.
La meta non è vicina,
il percorso è in salita,
ma sono piena di speranza
e guardo la strada davanti a me.
Grazie.
(Applausi)