Avevo circa cinque minuti prima di tenere un discorso a un gruppo di imprenditori sulla visibilità e il trovarsi davanti a una telecamera. Dopotutto, ero la cosiddetta esperta, presentatrice televisiva da 20 anni e life e business coach. Ho dato uno sguardo al mio cellulare per vedere l'ora e ho notato una chiamata persa dal mio ex-marito. Posso ancora sentire la sua voce. "Darieth, cosa sta succedendo? Mi ha appena chiamato un tipo che mi ha detto di andare su un sito, e ora mi trovo a guardare tutte queste foto di te nuda. Le tue parti intime sono ovunque su questo sito. Chi le ha viste?" Non riuscivo a pensare. Non riuscivo a respirare. Fui travolta dall'umiliazione, dall'imbarazzo, dalla vergogna. Sentii il mondo crollarmi addosso. E questo fu l'inizio di mesi di dolore e depressione, rabbia, confusione e silenzio. Il mio geloso ex-fidanzato, un manipolatore e uno stalker, aveva fatto esattamente ciò che aveva detto: aveva creato un sito a mio nome, e aveva postato questa. E questa. E varie foto esplicite che mi aveva fatto mentre dormivo, quando vivevo con lui in Giamaica. Per mesi, prima, aveva continuato ad inviarmi messaggi minatorii come questo. Stava cercando di farmi sembrare una sporca sgualdrina poco di buono. Mi aveva persino minacciato di morte, dicendomi che mi avrebbe sparato in testa e pugnalato al cuore solo perché volevo chiudere quella relazione asfissiante. Non riuscivo a credere che stesse accadendo a me. Non sapevo neanche come chiamare tutto ciò. Forse lo conoscete come cyberstalking o cyberbullismo. I media lo chiamano "revenge porn". Io ora lo definisco "violenza domestica digitale". In genere nasce da una relazione finita male, in cui un ex-fidanzato possessivo, respinto, non accetta di essere lasciato, quindi non potendoti mettere le mani addosso fisicamente usa armi diverse: cellulari e computer. I proiettili? Foto, video, informazioni esplicite, contenuti, tutto postato online, senza il tuo consenso. Voglio dire, ammettiamolo, tutti noi viviamo le nostre vite online e internet è un mondo molto piccolo. Mostriamo le foto dei nostri bambini, fondiamo e ampliamo le nostre attività, creiamo delle relazioni, ci apriamo al mondo, un like dopo l'altro. E sapete cosa ho scoperto? Un mondo ancora più piccolo. Una donna su 25 dice di essere stata colpita da revenge porn. Per le donne sotto i 30 anni, il numero si abbassa a una su 10, e questo rende alcune di voi qui presenti potenziali vittime. Volete sapere cos'è ancora più preoccupante? La mancanza di leggi per proteggere adeguatamente le vittime e punire i responsabili. C'è solo una legge federale in discussione: è chiamata l'Enough Act, della senatrice Kamala Harris. Dovrebbe rendere il revenge porn un crimine. Ma potrebbero volerci anni prima dell'approvazione. Quindi cosa abbiamo a disposizione nel frattempo? Crimine civile minore. Ad oggi, solo 40 stati e DC sono dotati di una qualche legge contro il revenge porn e le condanne variano, parliamo di multe da $500. Cinquecento dollari? State scherzando? Le donne perdono il lavoro. Soffrono per relazioni finite male e reputazioni danneggiate. Si ammalano e cadono in depressione e il tasso di suicidi sta crescendo esponenzialmente. State guardando una donna che ha passato 11 mesi di processo, ha fatto tredici viaggi in tribunale e ha speso migliaia di dollari in spese legali, solo per avere due cose: protezione dal cyberstalking e cyber abuso, anche conosciuto come PFA, e la parola di un giudice che costringerà una terza società web a rimuovere il contenuto. È costoso, complicato e confuso. E peggio ancora, scappatoie legali e problemi giurisdizionali hanno trascinato il tutto per mesi, mentre le mie parti intime sono state online per mesi. Come vi sentireste se il vostro corpo nudo fosse mostrato al mondo intero e voi aspettaste, privi di aiuto, che il contenuto venga rimosso? Alla fine mi sono imbattuta in una compagnia privata per ricorrere al DMCA e far chiudere il sito. Il DMCA, Digital Millenium Copyright Act è una legge che regola materiali e contenuti digitali. In poche parole, il DMCA protegge i proprietari di copyright e gli utenti. Beccatevi questa: coloro che fanno e condividono foto di nudo ne possiedono i diritti e potrebbero chiedere al DMCA di rimuovere il contenuto. Ma non così in fretta, perché l'altra battaglia che dobbiamo affrontare è contro le terze parti di internet che non rispettano le regole. E oh, comunque, anche nelle relazioni consenzienti solo perché fai una foto di nudo, non vuol dire che hai il diritto di condividerla anche senza l'intenzione di nuocere. Torniamo alla mia situazione, che si complica ancor di più, perché lui mi stalkerava e molestava a distanza, rendendomi quasi impossibile essere aiutata qui. Ma aspettate un attimo, internet non è internazionale? Non dovremmo avere una qualche politica in atto che ci protegga a prescendire da confini o restrizioni? Semplicemente non potevo arrendermi; dovevo lottare ancora. Così, volontariamente, per tre volte, ho permesso l'accesso al mio cellulare e al mio portatile al Dipartimento di Sicurezza Interna e all'Ambasciata Giamaicana per indagini scientifiche dettagliate, perché avevo conservato tutte le prove. Ho mostrato in tutti i dettagli le mie parti intime alla squadra investigativa, completamente composta da uomini. Ed è stato un ulteriore imbarazzante e umiliante supplizio. Ma poi è successo qualcosa. Le autorità giamaicane l'hanno arrestato davvero. Ora è sotto imputazione in base al loro Malicious Communication Act e, se ritenuto colpevole, potrebbe pagare migliaia di dollari di multe e scontare fino a 10 anni di prigione. Ho anche scoperto che il mio caso sta facendo la storia: è il primo caso internazionale legato a questo nuovo crimine. Wow, finalmente un po' di giustizia. Ma questo mi ha portata a pensare che nessuno merita questo. Nessuno merita tutta questa umiliazione e di dover superare tutte queste sfide. I nostri diritti civili digitali sono a rischio. Qui negli USA dobbiamo avere una tutela chiara e forte; dobbiamo pretendere che le compagnie online siano obbligate a rispondere; dobbiamo evidenziare le responsabilità legate a post, condivisioni e messaggi; e dobbiamo ridare dignità alle vittime. E le vittime che non hanno tempo, soldi o risorse per combattere una guerra, che restano impotenti, mal etichettate e distrutte? Possono fare due cose: mettere da parte la vergogna e rompere il silenzio. La vergogna è al centro di tutto ciò. Per ogni prigioniero silenzioso della vergogna: è la paura del giudizio che ti tiene ostaggio. E il prezzo da pagare è la perdita dell'autostima. Il giorno che rotto il mio silenzio mi sono liberata dalla vergogna e dalla paura del giudizio della persona che pensavo mi avrebbe giudicata di più: mio figlio, che in realtà mi ha detto: "Mamma, sei la persona più forte che io conosca. Puoi farcela. E poi, mamma, lui si è messo contro la donna sbagliata." (Risate) (Applausi) Fu quel giorno che decisi di usare i miei social, la mia storia e la mia voce. Per iniziare mi sono fatta quest'unica semplice domanda: Chi ho bisogno di diventare adesso? Quella domanda, davanti a tutto ciò che stavo affrontando, ha trasformato la mia vita e mi ha fatta pensare a tutte le possibilità. Ora possiedo la mia storia, dico la mia verità e sto raccontando un nuovo capitolo della mia vita. Si chiama "50 Sfumature di Silenzio." E' un progetto di giustizia sociale globale, stiamo lavorando per girare un futuro documentario per dare voce e dignità alle vittime. Se sei una vittima o conosci qualcuno che lo è, sappi questo: per diventare più forte devi prenderti cura di te stessa e devi amarti. Devi trasformare la rabbia in azione, il dolore in potere e gli ostacoli in occasioni per continuare la tua vita. Questo è un processo e un viaggio di scoperta di se stessi che può includere il perdono. Ma sicuramente richiede coraggio, sicurezza e convinzione. Io lo chiamo: trovare il nostro coraggio quotidiano. Grazie. (Applausi)