Cari Hermanos,
il nostro adagio "Restiamo Umani", diventa un libro.
E all'interno del libro
il racconto di tre settimane di massacro,
scritto al meglio delle mie possibilità,
in situazioni di assoluta precarietà,
spesso trascrivendo l'inferno circostante
su un taccuino sgualcito...
...piegato sopra un'ambulanza in corsa a sirene spiegate
o battendo ebefrenico i tasti
su di un computer di fortuna...
...all'interno di palazzi scossi
come pendoli impazziti da esplosioni tutt'attorno.
Vi avverto che solo sfogliare questo libro
potrebbe risultare pericoloso
sono infatti pagine nocive,
imbrattate di sangue
impregnate di fosforo bianco,
taglienti di schegge d'esplosivo.
Se letto nella quiete delle vostre camere da letto,
rimbomberanno i muri delle nostre urla di terrore,
e mi preoccupo per le pareti dei vostri cuori,
che conosco come non ancora insonorizzate dal dolore.
Mettete quel volume al sicuro,
vicino alla portata dei bambini,
di modo che possano sapere sin da subito
di un mondo a loro poco distante...
...dove l'indifferenza e il razzismo
fanno a pezzi loro coetanei come fossero bambole di pezza.
In modo tale che possano vaccinarsi già in età precoce
contro questa epidemia di violenza verso il diverso...
...e ignavia dinnanzi all'ingiustizia.
Per un domani poter restare umani.
Confido in voi, che confidate in me...
...non per i morti
ma per i feriti a morte di questa orrenda strage.
Un abbraccio grande come il Mediterraneo
che separandoci, ci unisce.
Restiamo umani.
Vostro mai domo, Vik.
27 dicembre 2008
Guernica in Gaza
Il mio appartamento di Gaza dà sul mare.
Ha una vista panoramica
che mi ha sempre riconciliato il morale,
anche quand’ero affranto
per la miseria a cui è costretta una vita sotto assedio.
Prima di stamattina.
Quando dalla mia finestra si è affacciato l’inferno.
Ci siamo svegliati sotto le bombe oggi a Gaza,
e molte sono cadute a poche centinaia di metri da casa mia.
E molti miei amici, ci sono rimasti sotto.
Siamo a 210 morti accertati finora,
ma il bilancio è destinato a crescere. Una strage senza precedenti.
Hanno spianato il porto
e raso al suolo le centrali di polizia.
Mi riferiscono che i media occidentali
hanno digerito e ripetono a memoria...
...i comunicati diramati dai militari israeliani...
...secondo i quali gli attacchi avrebbero colpito chirurgicamente
solo le basi terroristiche di Hamas.
In realtà visitando l’ospedale di Al Shifa,
il principale di Gaza City,
abbiamo visto dei corpi distesi nel cortile, alcuni in attesa di cure,
la maggior parte degni di sepoltura, decine di civili.
Avete presente Gaza? Ogni casa è arroccata sull’altra,
ciascun edificio è posato sull’altro.
Gaza è il posto al mondo a più alta densità abitativa,
per cui se bombardi a diecimila metri di altezza
è inevitabile che tu faccia una strage di civili.
Ne sei cosciente e colpevole,
non si tratta di errore, di danni collaterali.
Così, bombardando la caserma di polizia di Al Abbas,
in pieno centro,
è rimasta coinvolta nelle esplosioni
anche la scuola elementare lì a fianco.
Era la fine delle lezioni
e i bambini erano già in strada,
decine di grembiulini azzurri svolazzanti
si sono macchiati di sangue.
Durante l’attacco alla scuola di polizia Dair Al Balah,
si sono registrati morti e feriti nel suq vicino,
il mercato centrale di Gaza.
Abbiamo visto corpi di animali e di uomini
mescolare il loro sangue in rivoli che scorrevano lungo l’asfalto.
Una Guernica fuoriuscita dalla tela
per trasfigurarsi nella realtà.
Ho visto molti cadaveri in divisa
nei vari ospedali che ho visitato. Molti di quei ragazzi li conoscevo.
Li salutavo tutti i giorni sulla strada per il porto,
o la sera mentre camminavo verso i caffè del centro.
Diversi li conoscevo per nome.
Un nome, una storia, una famiglia mutilata.
La maggior parte erano giovani,
sui diciotto vent’anni,
per lo più non schierati né con Fatah né Hamas:
semplicemente si erano arruolati in polizia
una volta finita l’università,
alla ricerca
di un posto di lavoro sicuro in una Gaza...
...che sotto il criminale assedio israeliano
vede più del 60% della popolazione disoccupata.
Mi disinteresso della propaganda,
lascio parlare i miei occhi, le mie orecchie
tese allo stridìo delle sirene e ai boati del tritolo.
Non ho visto terroristi fra le vittime,
ma solo civili e poliziotti.
Soltanto il giorno prima li prendevo in giro
per come si erano imbacuccati per ripararsi dal freddo.
Vorrei che almeno la verità
rendesse giustizia a queste morti.
Non hanno mai sparato un colpo verso Israele,
né mai lo avrebbero fatto,
perché non era quella la loro mansione.
Si occupavano di dirigere il traffico e della sicurezza interna,
tanto più che al porto
siamo ben distanti dai confini israeliani.
Ho una videocamera con me
ma ho scoperto oggi di essere un pessimo cameraman,
non riesco a riprendere i corpi maciullati
e i volti in lacrime. Non ce la faccio.
Non riesco perché piango anche io.
Sono andato a donare il sangue all’ospedale Al Shifa,
insieme agli altri dell’International Solidarity Movement.
E lì abbiamo ricevuto la telefonata:
Sara, una nostra cara amica,
è rimasta uccisa da un frammento di esplosivo
vicino alla sua abitazione nel campo profughi di Jabalia.
Una persona dolce, un’anima solare,
era uscita per comprare il pane per la sua famiglia.
Lascia 13 figli.
Poco fa mi ha chiamato da Cipro Tofiq.
Tofiq è uno dei fortunati studenti palestinesi
che grazie alle nostre barche del Free Gaza Movement...
...è riuscito a lasciare l’immensa prigione a cielo aperto della Striscia
e a rifarsi una vita altrove.
Mi ha chiesto se ero andato a trovare suo zio
e se l’avevo salutato da parte sua, come gli avevo promesso.
Titubante mi sono scusato
perché non avevo ancora trovato il tempo.
Troppo tardi, è rimasto sotto le macerie del porto
insieme a tanti altri.
Da Israele giunge una minaccia terribile:
questo è solo il primo giorno di una campagna di bombardamenti
che potrebbe protrarsi per due settimane.
Faranno il deserto e lo chiameranno pace.
Il silenzio del "mondo civile"
è molto più assordante delle esplosioni che ricoprono la città...
...come un sudario di terrore e morte.
Restiamo umani.
29 dicembre 2008
Un lento morire in vano ascolto
Nell’aria acre odore di zolfo,
lampi spezzano il cielo inframezzando fragorosi boati.
Ormai le mie orecchie sono sorde dalle esplosioni
e i miei occhi aridi di lacrime dinanzi ai cadaveri.
Mi trovo davanti all’ospedale di Al Shifa,
il principale di Gaza,
ed è appena giunta la terribile minaccia che Israele
avrebbe deciso di bombardare la nuova ala in costruzione.
Non sarebbe una novità,
ieri è stata bombardata la clinica Wea’m.
Insieme ad un deposito di medicinali a Rafah,
l’università islamica (distrutta)...
...e diverse moschee sparse per tutta la Striscia.
Oltre a decine di infrastrutture civili.
Pare che non trovando più obiettivi "sensibili",
l’aviazione e la marina militare si dilettino nel bersagliare...
...luoghi sacri, scuole e ospedali.
È un 11 settembre ad ogni ora,
ogni minuto, da queste parti,
il domani è sempre un nuovo oggi di lutto,
di disperazione sempre eguale.
Si avvertono gli elicotteri
e gli aerei costantemente in volo,
quando vedi il lampo sei già spacciato,
è troppo tardi per mettersi in salvo.
Non esistono bunker anti bombe
lungo tutta la Striscia, nessun posto è sicuro.
Non riesco a contattare più amici a Rafah,
neanche quelli che abitano a Nord di Gaza City,
spero solo perché le linee sono intasate.
Ci spero.
Sono 60 ore che non chiudo occhio,
e come me, tutti i gazawi.
Ieri con altri 3 compagni dell’Ism abbiamo trascorso la nottata
all’ospedale di Al Awda nel campo profughi di Jabalia.
Ci siamo andati perché temevamo
la tanto paventata incursione di terra che poi non si è verificata.
Ma i carri armati israeliani
stazionano pronti lungo tutto il confine della Striscia,
i loro cingoli pare si metteranno
in funerea marcia questa notte.
Verso le 23,30 una bomba è precipitata
a circa 800 metri dall’ospedale,
l’onda d’urto ha mandato in frantumi alcune finestre,
aggravando le condizioni dei pazienti già feriti.
Un’ambulanza si è recata sul posto,
hanno tirato giù una moschea, fortunatamente vuota a quell’ora.
Sfortunatamente,
anche se non di sfortuna si tratta,
ma di volontà criminale e terroristica di Israele
nel compiere stragi di civili,
l’esplosione ha travolto
anche l’edificio adiacente alla moschea, distruggendolo.
Abbiamo visto tirare fuori dalle macerie
i corpi di sei sorelline;
Cinque sono morte, una è gravissima.
Hanno adagiato le bambine sull’asfalto carbonizzato,
e sembravano bamboline rotte,
buttate via perché inservibili.
Non è un errore, è volontario cinico orrore.
Siamo a quota 320 morti, più di un migliaio i feriti,
secondo un medico di Shifa...
...il 60% è destinato a morire nelle prossime ore,
nei prossimi giorni di una lunga agonia.
Decine sono i dispersi,
negli ospedali donne disperate
cercano i mariti o i figli da due giorni,
spesso invano.
È uno spettacolo macabro all’obitorio.
Un infermiere mi ha raccontato
di una donna palestinese...
...che, dopo ore di ricerca fra i pezzi di cadaveri
conservati nelle celle frigorifere,
ha riconosciuto suo marito da una mano amputata.
Tutto quello che di suo marito è rimasto,
è la fede ancora al dito
dell’amore eterno che si erano ripromessi.
Di una casa abitata da due famiglie rasa al suolo,
è rimasto ben poco: dei corpi umani seppelliti sotto.
Ai parenti hanno mostrato un mezzo busto, e tre gambe.
Proprio in questo momento una delle nostre barche
del Free Gaza Movement sta lasciando il porto di Larnaca a Cipro.
Ho parlato coi miei amici a bordo. Eroici,
hanno ammassato medicinali un po’ dappertutto sull’imbarcazione.
Dovrebbe approdare al porto di Gaza
domani verso le otto.
Sempre che il porto esista ancora
dopo un’altra notte di bombardamenti continui.
Starò in contatto con loro tutto questo tempo.
Qualcuno fermi questo incubo.
Rimanere immobili in silenzio
significa sostenere il genocidio in corso.
Urlate la vostra indignazione,
in ogni capitale del mondo "civile",
in ogni città, in ogni piazza,
sovrastate le nostre urla di dolore e terrore.
C’è una parte di umanità
che sta morendo in pietoso ascolto.
Restiamo umani.
30 dicembre 2008
Le fabbriche degli angeli
Jabalia, Beit Hanun, Rafah, Gaza City,
le tappe della mia personale mappa dell’inferno.
Checché vadano ripetendo
i comunicati dei vertici militari israeliani,
trasmessi a grancassa dai media di massa europei,
in questi giorni sono stato testimone oculare
di bombardamenti sopra moschee, scuole...
...ospedali, mercati, e decine di edifici civili.
Il direttore medico dell’ospedale Al Shifa
mi ha confermato...
...di aver ricevuto telefonate
da esponenti dell’Idf (l’esercito israeliano)
che gli intimavano di evacuare immediatamente le corsie,
pena una pioggia di missili. Non si sono lasciati intimorire.
Il porto, dove dovrei dormire
(ma a Gaza non si chiude un occhio da quattro giorni)
è costantemente soggetto a bombardamenti notturni.
Non si odono più sirene di ambulanze
rincorrersi all’impazzata,
semplicemente perché al porto e nell’area circostante
non c’è più anima viva, sono morti tutti,
sembra di poggiare i piedi
su un cimitero dopo un terremoto.
La situazione è davvero da "catastrofe innaturale",
un cataclisma di odio e cinismo...
...piombato sulla popolazione di Gaza come "Piombo fuso"
che fa a pezzi corpi umani...
...e, contrariamente a quanto si prefigge,
compatta i palestinesi tutti:
gente che prima nemmeno si salutava,
perché appartenente a fazioni differenti,
ora si è ritrovata unita,
vittima di una immane tragedia.
Quando le bombe cadono dal cielo da diecimila metri,
state tranquilli, non fanno distinzioni fra le bandiere di Hamas
e quelle di Fatah esposte sui davanzali.
Non esistono operazioni militari chirurgiche:
quando si mettono a bombardare l’aviazione e la marina,
le uniche operazioni chirurgiche...
...sono quelle dei medici che amputano arti maciullati
alle vittime senza un attimo di ripensamento,
anche se spesso braccia e gambe sarebbero salvabili.
Non c’è tempo, bisogna correre,
le cure necessarie per un arto seriamente ferito...
...potrebbero rappresentare la condanna a morte
per il ferito successivo in attesa di una trasfusione.
All’ospedale di Al Shifa ci sono 600 ricoverati gravi
e solo 29 macchine respiratorie.
Mancano di tutto, soprattutto di personale preparato.
Per questa ragione,
esausti più che per le notti insonni...
...per l’immobilismo e l’omertà
dei governi occidentali complici di fatto dei crimini d’Israele,
abbiamo deciso di far partire ieri da Larnaca (Cipro)
una delle nostre barche del Free Gaza Movement...
...con a bordo 3 tonnellate di medicinali e personale medico.
Li ho aspettati invano,
avrebbero dovuto attraccare al porto alle 8 di questa mattina.
Sono invece stati intercettati a 90 miglia da Gaza
da undici navi da guerra israeliane,
che in piene acque internazionali
hanno ripetutamente cercato di affondarli.
Li hanno speronati tre volte,
causando un’avaria ai motori e una falla nello scafo.
Per puro caso l’equipaggio e i passeggeri sono ancora vivi...
...e sono riusciti ad attraccare nel porto di Tiro,
nel sud del Libano.
Sempre più frustrati
dall’assordante silenzio del mondo "civile",
i miei amici ci riproveranno presto;
hanno scaricato infatti i medicinali
dalla nostra nave danneggiata, la Dignity,
e li hanno caricati su un’altra imbarcazione,
pronta a salpare alla volta di Gaza.
Molti giornalisti che mi intervistano mi chiedono conto
della situazione umanitaria dei palestinesi di Gaza,
come se il problema fosse la mancanza di cibo,
acqua, elettricità, gasolio,
e non chi causa questi problemi sigillando confini,
bombardando impianti idrici e centrali elettriche.
All’ospedale Al Awda di Jabalia
ho visto confluire cadaveri e feriti...
...non su ambulanze,
ma sopra carretti di legno trainati da animali.
Carri armati, caccia, droni, elicotteri apache,
il più grande e potente esercito del mondo...
...in feroce attacco contro una popolazione
che si muove ancora sui somari come all’epoca di Gesù Cristo.
Al momento in cui scrivo
sono 55 i bambini coinvolti nei bombardamenti,
20 gli uccisi e 35 i gravemente feriti.
Secondo "Al Mizan", un centro per i diritti umani,
Israele ha trasformato gli ospedali palestinesi
in tante fabbriche di angeli,
non rendendosi conto dell’odio che fomenta
non solo in Palestina, ma in tutto il mondo.
Le fabbriche degli angeli
sono in produzione a ciclo continuo anche questa sera,
lo avverto dai fragori delle esplosioni
che sento fuori dalle mie finestre.
Quei corpicini smembrati, amputati
e quelle vite potate ancora prima di fiorire,
saranno un incubo per tutto il resto della mia vita,
e se ho ancora la forza di raccontare della loro fine...
...è perché voglio rendere giustizia a chi non ha più voce,
forse a chi non ha mai avuto orecchie per ascoltare.
Restiamo umani.
1 gennaio 2009
catastrofe innaturale
Il nuovo anno è subentrato al vecchio
con gli stessi auspici di morte e desolazione.
Mai viste tante bombe cadere attorno a casa mia.
Un’esplosione, a meno di 100 metri,
ha scosso i sette piani del palazzo,
facendolo oscillare come un pendolo impazzito.
Per un momento ho temuto venisse giù,
i vetri delle finestre sono scoppiati.
Panico, ho pregato Dio che l’edificio
fosse stato costruito con criteri antisismici,
ben conscio dell’effimera illusione,
Gaza poggia su di una striscia di terra che non trema.
Il terremoto qui si chiama Israele.
Proseguo nella disperata ricerca
di quegli amici che non rispondono più al telefono.
Ahmed l’ho rintracciato a casa sua,
una delle poche ancora in piedi
nel centro del quartiere Tal Alhawa di Gaza City.
Intorno,
uno scenario apocalittico
che ricorda l’area sciita nel sud di Beirut...
...dopo la pioggia di bombe del 2006;
bombe della stessa fabbricazione e provenienza
ci cadono addosso in questi giorni.
Ahmed sta bene,
i suoi familiari pure,
ma sua madre se l’è vista brutta sabato.
È un’insegnante della scuola "Balqees" delle Nazioni Unite,
quel giorno si è trattenuta in aula più del solito,
è stata la sua salvezza.
In attesa alla fermata degli autobus,
molti dei suoi studenti sono rimasti seppelliti
sotto le macerie prodotte dalle esplosioni.
Una bomba è caduta sull’auto di Ahmed,
una utilitaria verde pistacchio,
la stessa con cui proprio la sera prima
scorrazzavamo in cerca di pane...
...in una città in cui la farina viene venduta a peso d'oro.
Rafiq invece alla fine l’ho rintracciato al telefono,
la sua voce cavernosa
sembrava provenire da un pozzo senza fondo,
un cunicolo di tristezza e disperazione...
per aver appena appreso della morte
di tre dei suoi migliori amici durante l’attacco al porto.
In uno degli ultimi caffè aperti a Gaza,
provvisto di connessione internet,
bombe ed energia elettrica permettendo,
sorridendo amaramente a un paio di amici
ho mostrato dallo schermo del mio portatile...
...la notizia di un morto e 382 feriti.
Non il computo delle vittime
dei lanci di "razzi" Qassam,
che fortunatamente non hanno fatto registrare alcun morto,
ma i numeri della strage compiuta
dai nostri botti di fine anno in Italia.
Quelli di Hamas sono dei pivelli, ho detto ai miei amici,
se credono di guerreggiare contro Israele
con i loro giocattolini artigianali.
Dovrebbero andare a scuola a Napoli
per confezionare dei razzi veramente mortiferi.
Come pacifista e non violento
aborro qualsiasi attacco di palestinesi contro israeliani,
ma qui siamo arcistufi di ascoltare la cantilena...
...secondo la quale questa strage di civili...
...sarebbe la risposta d’Israele
ai lanci dei modesti "razzi" palestinesi
Per inciso, dal 2002 a oggi...
...i Qassam hanno prodotto 18 morti in Israele,
qui sabato in una manciata di ore...
...di civili morti negli ospedali ne abbiamo contati più di 250.
Chiedo conto agli avventori del caffè
della tregua proposta dall'Unione europea e cassata da Israele,
che evidentemente possiede ampie scorte
di materiale bellico da smaltire nei magazzini militari.
Tutti scuotono la testa.
C’è mai davvero stata tregua,
prima di questo feroce attacco
su una popolazione inerme?
Solo nel mese di novembre, l’esercito
israeliano ha fatto fuori ben 17 palestinesi
43 in tutto dall’inizio della "tregua"
E anche prima di allora,
l’assedio criminale imposto a Gaza...
...aveva prodotto più di 200 vittime
fra i malati palestinesi.
con le carte in regola
per essere ricoverati in ospedali all’estero...
...ma impossibilitati a muoversi per la chiusura dei confini.
L’assedio criminale israeliano
aveva distrutto l’economia già precaria,
portando la disoccupazione a oltre il 60%,
costringendo l’80% delle famiglie palestinesi
a vivere di aiuti umanitari.
Aiuti che stentavano a filtrare
oltre la cortina di ferro tesa da Israele...
...attorno alla più grande
prigione a cielo aperto del mondo: Gaza.
Da quel caffè alla fine siamo dovuti fuggire a gambe levate,
è giunta l’ennesima telefonata di minaccia:
il locale sarebbe stato bombardato entro pochi minuti.
Ieri, al campo profughi di Jabalia,
caccia F-16 hanno lanciato missili contro un’ambulanza,
sono morti un medico, Ihab El Madhoun,
e il suo infermiere di fiducia, Mohamed abu Hasira.
Per questo oggi noi, internazionali dell’Ism,
abbiamo indetto una conferenza stampa...
...davanti alle telecamere
di una delle televisioni palestinesi più popolari.
Per informare Israele che da stanotte...
...salteremo sulle ambulanze per dare una mano nei soccorsi,
sperando che la nostra presenza
funga da minimo deterrente...
...ai crimini contro l’umanità
di cui si sta macchiando Israele.
A volte quando ci troviamo fra noi i
discorsi si fanno cupi,
è probabile che alla fine di questa terrificante offensiva...
...qualcuno di noi andrà ad aumentare il conto dei morti,
degli scomparsi.
Non ci pensiamo, andiamo avanti.
Restiamo umani.
3 gennaio 2009
Fantasmi che chiedono giustizia
Mentre scrivo,
i carri armati israeliani sono entrati nella Striscia.
La giornata è iniziata allo stesso modo
in cui è finita quella che l’ha preceduta,
con la terra che continua a tremare sotto i nostri piedi,
e il cielo e il mare,
senza sosta alcuna, a tramare sulle nostre teste,
sui destini di un milione e mezzo di persone...
...passate dalla tragedia di un assedio
alla catastrofe di bombardamenti...
...che fanno dei civili il loro bersaglio predestinato.
Il mio orizzonte è avvolto dalle fiamme,
cannonate dal mare
e bombe dal cielo per tutta la mattina.
Le imbarcazioni di pescatori
che fino a qualche giorno fa scortavamo in alto mare
ben oltre le sei miglia
imposte dall’assedio illegale criminoso d’Israele,
le vedo ora ridotte a tizzoni ardenti
Se i vigili del fuoco tentassero di domare l’incendio,
finirebbero bersagliati dalle mitragliatrici degli F-16:
è già successo ieri.
Dopo questa massiccia offensiva,
il conteggio dei morti,
se mai sarà possibile,
si dovrà ricostruire una città
sopra un deserto di macerie.
Il ministro degli esteri israeliano Livni...
...dichiara al mondo
che "a Gaza non c’è alcuna emergenza umanitaria".
Evidentemente il negazionismo
non va di moda solo...
...dalle parti del presidente iraniano Ahmadinejad.
Su una cosa i palestinesi sono d’accordo con la Livni,
che Joseph, autista di ambulanze,
definisce "un’ex serial killer del Mossad"
le derrate alimentari
che stanno filtrando all’interno della Striscia...
...in questi giorni sono aumentate,
semplicemente perché il mese scorso...
...oltre la cortina di filo spinato tesa da Israele
non è passato pressoché nulla.
Ma che senso ha servire pane appena sfornato
all’interno di un cimitero?
L’emergenza è fermare subito le bombe,
prima ancora che far arrivare i rifornimenti di viveri.
I cadaveri non mangiano,
vanno solo a concimare la terra,
che qui a Gaza non è mai stata così fertile di decomposizione.
I corpi smembrati dei bimbi negli obitori invece...
...dovrebbero nutrire i sensi di colpa negli indifferenti,
verso chi avrebbe potuto fare qualche cosa.
Le immagini di un Obama sorridente
che gioca a golf alle Hawaii...
sono passate su tutte le televisioni satellitari arabe...
...come in spregio alla cappa
di lutto che incombe su queste terre.
Quaggiù comunque nessuno si era mai illuso
che bastasse il pigmento della pelle...
...a marcare radicalmente la politica estera statunitense.
Ieri Israele ha aperto il valico di Erez...
...per far evacuare tutti gli stranieri presenti a Gaza.
Noi internazionali dell’Ism...
...siamo gli unici a essere rimasti.
Per rispondere al governo di Tel Aviv
oggi abbiamo convocato una conferenza,
con la quale abbiamo spiegato le motivazioni
che ci costringono a non muoverci da qui.
Ci ripugna che i valichi vengano spalancati
per evacuare cittadini stranieri,
gli unici possibili testimoni di questo massacro,
e non si aprano in direzione inversa,
per far entrare i molti medici e infermieri europei...
...che sono pronti a venire a portare assistenza
ai loro eroici colleghi palestinesi.
Non ce ne andiamo,
perché riteniamo essenziale la nostra presenza...
...come testimoni oculari dei crimini
contro l’inerme popolazione civile...
...ora per ora, minuto per minuto.
Siamo a 445 morti,
più di 2.300 feriti, decine i dispersi.
Settantatré, al momento in cui scrivo,
i minori maciullati dalle bombe.
Finora Israele conta tre vittime in tutto.
Non siamo fuggiti...
...come ci hanno consigliato i nostri consolati,
perché siamo ben consci che il nostro apporto sulle ambulanze,
come scudi umani e nel dare prima assistenza ai soccorsi,
potrebbe rivelarsi determinante per salvare vite.
Anche ieri un’ambulanza è stata colpita a Gaza City,
il giorno prima due medici del campo profughi di Jabalia...
...erano morti, centrati da un missile
sparato da un elicottero Apache.
Personalmente, non mi muovo da qui,
perché sono gli amici
ad avermi pregato di non abbandonarli.
Quelli ancora vivi, ma anche quelli morti,
che come fantasmi popolano le mie notti insonni.
I loro volti diafani ancora mi sorridono.
Ore 19.33,
ospedale della Mezza Luna Rossa,
Jabalia.
Mentre ero in collegamento telefonico
con la folla che protestava in piazza a Milano,
due bombe sono cadute dinanzi all’ospedale.
I vetri della facciata sono andati in pezzi,
le ambulanze per puro caso non sono rimaste danneggiate.
Nelle ultime ore i bombardamenti
si sono fatti ancora più intensi e massicci.
La moschea di Ibrahim Maqadme, qui vicino,
è appena crollata sotto le bombe:
è la decima in una settimana.
Undici vittime per ora, una cinquantina i feriti.
Un’anziana palestinese
incontrata per strada questo pomeriggio
mi ha chiesto se Israele pensa di essere nel medioevo,
dal momento che continua
a colpire con precisione chirurigca le moschee,
come se fosse concentrato in una personale guerra santa
contro i luoghi sacri dell’islam a Gaza.
Ancora un’altra pioggia di bombe a Jabalia
e, alla fine, sono entrati.
I cingoli dei carri armati
che da giorni stazionavano al confine...
...sono penetrati in un’area a nord-ovest di Gaza
e stanno spianando le case, metro per metro.
Seppelliscono il passato e il futuro,
famiglie intere, una popolazione che,
scacciata dalle proprie terre nel 1948,
non aveva trovato altro rifugio
che una baracca in un campo profughi.
Siamo corsi qui a Jabalia dopo che una terribile minaccia
era piovuta dal cielo venerdì sera.
Centinaia di volantini lanciati dai caccia israeliani...
...intimavano l’evacuazione generale del campo profughi.
Minaccia che si sta dimostrando purtroppo reale.
Alcuni, i più fortunati, sono scappati all’istante,
portandosi via le poche cose di valore,
un televisore, un lettore dvd,
i pochi ricordi della vita in una Palestina...
...occupata e perduta una sessantina d’anni fa.
La maggioranza non ha trovato alcun posto dove fuggire.
Affronteranno quei cingoli affamati delle loro vite...
...con l’unica arma che hanno a disposizione,
la dignità di saper morire a testa alta.
Io e i miei compagni
siamo coscienti degli enormi rischi a cui andiamo incontro,
questa notte più delle altre;
ma siamo certo più a nostro agio qui,
nel centro dell’inferno di Gaza,
di quanto lo saremmo mai stati
nei paradisi metropolitani europei o americani,
dove la gente festeggia il nuovo anno...
...e non capisce quanto in realtà sia complice
di tutte queste morti di civili innocenti.
Restiamo umani.
5 Gennaio 2009
Medici con le ali: Arafa Abed Al Dayem R.I.P.
"All’innocente gente di Gaza:
la nostra guerra non è contro di voi ma contro Hamas:
se non la smettono di lanciare razzi voi sarete in pericolo".
È la trascrizione di una registrazione che è possibile ascoltare
rispondendo al telefono in queste ore a Gaza.
L’esercito israeliano la sta diffondendo illudendosi...
...che i palestinesi non abbiano né occhi né orecchi.
Occhi per vedere che le bombe
colpiscono quasi esclusivamente obiettivi civili,
come moschee...
(15, l’ultima, a oggi,
quella di Omar Bin Abd Al Azeez di Beit Hanoun),
scuole, università, mercati, ospedali.
Orecchi per non udire
le urla di dolore e terrore dei bambini,
vittime innocenti...
...eppure predestinate di ogni bombardamento.
Secondo fonti ospedaliere,
mentre scrivo...
...sono già 120 i minori rimasti uccisi sotto le bombe,
su un totale di 548 morti,
più di 2700 feriti,
decine e decine di dispersi.
Due giorni fa, all’ospedale della mezzaluna rossa
nel campo profughi di Jabalia, la notte non è mai calata.
Dal cielo elicotteri Apache
hanno lanciato ordigni illuminanti in continuazione,
tanto da non farci accorgere
di una qualche differenza tra alba e tramonto.
Il cannoneggiare ripetuto di un tank
posto a meno di un chilometro dall'ospedale...
...ha crepato seriamente le mura dell’edificio,
ma abbiamo resistito fino alla mattina.
Verso le 10, bombe al fosforo bianco
sul campo incolto adiacente l’edificio,
fuoco di mitragliatrice tutt’intorno.
Secondo i medici della mezzaluna rossa
si è trattato di un avvertimento dell’esercito rivolto a noi:
evacuazione immediata,
pena la vita.
Abbiamo trasferito i feriti
in altre strutture ospedaliere...
...e ora la base operativa delle ambulanze
è sulla strada di Al Nady:
il personale medico
sta seduto sui marciapiedi in attesa delle chiamate,
che si susseguono febbrilmente.
Per la prima volta dall’inizio dell’attacco israeliano...
...ho visto negli ospedali
cadaveri di combattenti della resistenza palestinese.
In numero modesto,
di fronte alle centinaia di vittime civili,
che dopo l’invasione di terra
sono aumentate vertiginosamente.
Dopo l’attacco alla moschea di Jabalia...
(coinciso con l’entrata dei carri armati)
che ha causato 11 morti e una cinquantina di feriti,
scortando le ambulanze per tutta la notte di sabato,
ci siamo resi conto della tremenda potenza distruttiva...
...degli obici sparati dai tank israeliani.
A Bet Hanoun
una famiglia che si stava scaldando nella propria casa
dinanzi a un fornellino a legna
è stata colpita da uno di questi micidiali colpi di cannone.
Abbiamo raccolto quindici feriti,
4 in condizioni disperate.
Poi,
verso le 3 del mattino,
abbiamo risposto a una chiamata d’emergenza:
troppo tardi,
davanti alla porta di un’abitazione
tre donne in lacrime...
...ci hanno messo in braccio una bambina di quattro anni
avvolta da un lenzuolo bianco,
il suo sudario, era già gelida.
Ancora una famiglia colpita in pieno, a Jabalia
questa volta dall'aviazione,
due adulti con in corpo schegge di esplosivo.
I due figli hanno riportato ferite lievi,
ma da come strillavano
era evidente il trauma psicologico che stavano vivendo,
qualcosa che li segnerà per tutta la vita...
...più di uno sfregio su una guancia.
Anche se nessuno si ricorda di citarli,
sono migliaia i bambini
afflitti da gravi turbe mentali...
...procurate dal terrore dei continui bombardamenti,
o peggio dalla vista dei genitori e dei fratellini
ilaniati dalle esplosioni.
I crimini di cui si sta macchiando Israele in queste ore...
...vanno oltre i confini dell’immaginabile.
I soldati non ci permettono di soccorrere i superstiti...
...di questa immensa catastrofe innaturale.
Quando i feriti si trovano in prossimità
dei mezzi blindati israeliani che li hanno attaccati,
a noi sulle ambulanze della mezzaluna rossa
non è concesso avvicinarci,
i soldati ci bersagliano di colpi.
Avremmo bisogno della scorta
di almeno un’ambulanza della croce rossa,
in coordinamento con i comandi militari israeliani,
per poter correre a cercare di salvare vite:
provate a immaginare
quanto tempo porterebbe via una procedura del genere,
una condanna a morte certa...
...per feriti in attesa di trasfusioni
o di trattamenti d’emergenza.
Tanto più che la croce rossa
ha i suoi di feriti a cui pensare,
non potrebbe in nessun modo
rendersi disponibile ad ogni nostra chiamata.
Ci tocca allora stazionare in una zona "protetta",
eufemismo qui a Gaza,
e attendere che i parenti
ci portino i congiunti moribondi, spesso in spalla.
Così è andata verso le 5,30 di questa mattina,
quando abbiamo fermato l’ambulanza col motore acceso
al centro di un incrocio...
...e indicato tramite telefono la nostra posizione
a uno dei parenti dei feriti.
Dopo una decina di minuti di snervante attesa,
quando l’autista
aveva già deciso di ingranare la marcia...
...ed evacuare l’area
per andare a rispondere a un’altra chiamata,
abbiamo visto un carretto carico di persone sospinto da un mulo
girare l’angolo e dirigersi lentamente verso di noi.
Una coppia con i suoi due figlioletti.
La migliore rappresentazione possibile di questa non-guerra.
Questa, infatti, non è una guerra,
perché non ci sono due eserciti
che si danno battaglia su un fronte:
è un assedio unilaterale condotto da forze armate
(aviazione, marina, ed esercito)...
fra le più potenti del mondo,
sicuramente le più avanzate in fatto di tecnologia militare,
che hanno attaccato una misera striscia di terra...
...di 360 kmq,
dove la popolazione si muove ancora sui muli...
...e dove c’è una resistenza male armata
la cui unica forza è quella di essere pronta al martirio.
Quando il carretto si è fatto abbastanza vicino...
...gli siamo andati incontro
e con orrore abbiamo scoperto il suo macabro carico.
Un bimbo stava sdraiato con il cranio fracassato,
gli occhi, letteralmente saltati fuori dalle orbite,
penzolavano sul viso come i peduncoli di un granchio,
lo abbiamo raccolto che ancora respirava.
Il suo fratellino invece aveva il torace aperto,
gli si potevano distintamente contare le costole bianche
oltre i brandelli di carne lacera.
La madre teneva poggiate le mani
sul quel petto scoperchiato,
come se cercasse di aggiustare
quel che il frutto del suo amore aveva saputo generare...
...e l’odio di un anonimo soldato,
obbediente agli ordini,
aveva per sempre danneggiato.
Un ulteriore crimine...
...e un nostro ennesimo personale lutto.
L’esercito israeliano continua a prendere di mira le ambulanze.
Dopo il medico e l’infermiere morti a Jabalia 4 giorni fa,
ieri è toccato a un nostro amico,
Arafa Abed Al Dayem, 35 anni,
che lascia 4 figli.
Verso le otto e mezza di ieri mattina
abbiamo ricevuto una chiamata da Gaza City,
due civili falciati dalla mitragliatrice di un tank;
una delle nostre ambulanze della mezzaluna rossa
è accorsa sul posto.
Arafa e un infermiere
hanno caricato i due feriti sull’ambulanza,
hanno chiuso gli sportelli
pronti a correre verso l’ospedale,
quando sono stati centrati in pieno
da un obice sparato da un carro armato.
Il colpo ha decapitato uno dei feriti
e ha ucciso anche il nostro amico;
l’infermiere se l’è cavata...
...ma ora è ricoverato
nello stesso ospedale dove lavora.
Arafa, maestro elementare, si offriva come volontario paramedico
quando c’era carenza di personale.
Sotto pioggia di bombe in una situazione di così alto rischio
nessuno se l’era sentita di chiamarlo.
Arafa però si era presentato da solo
e lavorava conscio dei pericoli,
convinto che oltre la sua famiglia...
...c’erano anche altri esseri umani da difendere,
da soccorrere.
Ci mancano le sue burle,
il suo irresistibile e contagioso
sense of humour...
in grado di sdrammatizzare
anche le situazioni più deprimenti.
Qualcuno deve arrestare questa carneficina,
ho visto cose in questi giorni,
udito fragori,
annusato miasmi pestiferi,
che difficilmente riuscirò a raccontare...
...a miei eventuali futuri figli.
Sentirsi isolati e abbandonati...
...è desolante non meno della vista di un quartiere di Gaza
dopo una campagna di raid aerei.
Sabato sera...
...mi hanno telefonato
partecipanti alla manifestazione di piazza di Milano:
ho passato a mia volta il cellulare ai medici
e agli infermieri con cui stiamo lavorando,
li ho visti rincuorarsi per un attimo.
Le manifestazioni in tutto il mondo
dimostrano che esiste qualcuno in cui credere,
ma non sono ancora in grado
di esercitare la pressione necessaria sui governi occidentali...
...perché fermino i crimini di Israele.
per renderlo responsabile
dei suoi crimini di guerra e di crimini contro l'umanità.
Moltissime le donne incinta terrorizzate
che in queste ore stanno dando alla luce figli prematuri.
Ne ho accompagnate personalmente tre a partorire.
Una di queste, Samira, al settimo mese,
ha dato alla luce uno splendido,
minuscolo bimbo di nome Ahmed.
Correndo con lei in ambulanza
verso l’ospedale di Auda...
...e lasciandoci negli specchietti retrovisori
lo scenario di morte e distruzione...
...dove poco prima stavamo raccogliendo cadaveri,
ho pensato per un attimo
che questa vita in arrivo potesse essere d’augurio...
...per un futuro di pace e speranza.
L’illusione è svanita col primo razzo
piombato a fianco della nostra ambulanza...
...di ritorno dall’Auda verso il centro di Jabalia.
Queste madri-coraggio mettono al mondo creature...
...che assorbono come prima luce nei loro occhi
nient’altro oltre il verde militare dei tank...
...e delle jeep
e i lampi intermittenti delle esplosioni.
Questi bimbi che adulti saranno?
Restiamo umani.
6 gennaio 2009
Al-Nakba
Sfilano timorosi con lo sguardo rivolto verso l’alto,
arresi ad un cielo che piove su di loro terrore e morte,
timorosi della terra
che continua a tremare sotto ogni passo,
che crea crateri dove prima c’erano case,
scuole, università, mercati, ospedali,
seppellendo per sempre le loro vite.
Ho visto carovane di palestinesi disperati...
...in fuga da Jabalia, Beit Hanoun
e da tutti i campi profughi di Gaza,
andare ad affollare,
come terremotati, le scuole delle Nazioni Unite.
Come vittime di uno tsunami...
...che giorno per giorno sta inghiottendo la Striscia di Gaza
e la sua popolazione civile:
senza pietà, senza alcun riguardo per i diritti umani,
facendo carta straccia delle convenzioni di Ginevra.
Soprattutto senza che nessun governo occidentale
muova un dito per fermare questi massacri,
per inviare qui personale medico,
per arrestare il genocidio di cui si sta macchiando Israele.
Continuano gli attacchi indiscriminati
contro gli ospedali e il personale medico.
Ieri, dopo aver lasciato l’Al Awda a Jabilia,
ho ricevuto una telefonata da Alberto,
compagno spagnolo dell’Ism:
una bomba è caduta sull’ospedale.
Abu Mohammed, infermiere,
è rimasto seriamente ferito alla testa.
Proprio lui, comunista,
poco prima che l’ordigno lo colpisse,
davanti a un caffè mi raccontava le gesta eroiche
dei leader del Fronte Popolare,
i suoi miti:
George Habbash, Abu Ali Mustafa, Ahmad Al Sadat.
Gli si erano illuminati gli occhi quando aveva scoperto...
...che le prime nozioni sull’immensa tragedia della Palestina
mi erano state impartite dai miei genitori,
comunisti convinti.
Mi aveva chiesto quali erano i leader di sinistra
italiani del passato davvero rivoluzionari,
e gli avevo risposto Antonio Gramsci.
E quelli odierni?
Avevo preso tempo, gli avrei risposto oggi.
Abu Mohammed che ora giace
in coma nell’ospedale dove lavorava,
si è risparmiato la mia deludente risposta.
Verso mezzanotte ho ricevuto un’altra chiamata,
questa volta da Eva.
L’edificio in cui si trovava era sotto attacco.
Conosco bene anche quel palazzo,
al centro di Gaza city,
è la sede dei principali media, ci ho passato una notte
con alcuni amici fotoreporter palestinesi,
che stanno cercando di raccontare
con immagini e parole
la catastrofe innaturale
che ci ha colpito dieci giorni fa.
Reuters, Fox news, Russia today
e decine di altre agenzie locali e non,
sotto il fuoco di sette razzi
partiti da un elicottero israeliano.
Sono riusciti a evacuare tutti in tempo
prima di rimanere seriamente feriti:
i cameramen, i fotografi, i reporter,
tutti palestinesi...
...dal momento che Israele non permette
a giornalisti internazionali di mettere piede a Gaza.
Non ci sono obbiettivi "strategici"
attorno a quel palazzo,
né resistenza che combatte
l’avanzata dei mortiferi blindati israeliani,
posizionati ben più a nord.
Chiaramente qualcuno a Tel Aviv non riesce a digerire
che le immagini dei massacri di civili...
...possano sovrapporsi a quelle dei briefing
con tanto di rinfresco offerto ai giornalisti prezzolati.
Tramite queste conferenze stampa
stanno cercando di convincere il mondo...
...che gli obbiettivi delle bombe
sono solo i terroristi di Hamas...
...e non quei bambini orrendamente mutilati
che tiriamo fuori ogni giorno dalle macerie.
A Zaytoun,
una decina di chilometri da Jabalia,
un edificio bombardato è crollato sopra una famiglia,
una ventina le vittime.
I soccorritori hanno atteso diverse ore
prima di poter arrivare sul posto,
i militari continuavano a spararci a contro.
Sparano alle ambulanze,
bombardano gli ospedali.
Pochi giorni fa,
da una nota emittente radiofonica milanese,
una "pacifista" israeliana
mi ha detto a chiare lettere...
...che questa è una guerra dove le due parti contrapposte
utilizzano tutte le loro armi a disposizione.
Invito allora Israele a sganciarci addosso
una delle sue tante bombe atomiche...
...che tiene segretamente stipate
contro tutti i trattati di non proliferazione nucleare.
Ci tiri addosso la bomba risolutiva,
metta fine all’inumana agonia di migliaia di corpi maciullati
nelle corsie sovraffollate degli ospedali.
Ieri ho scattato alcune fotografie in bianco e nero
alle carovane di carretti trascinati dai muli,
carichi all’inverosimile di bambini
sventolanti un drappo bianco rivolto verso il cielo,
i volti pallidi, terrorizzati.
Riguardando oggi quegli scatti di profughi in fuga,
mi sono corsi i brividi lungo la schiena.
Se potessero essere sovrapposte a quelle fotografie
che testimoniano al-Nakba del 1948, la catastrofe palestinese,
coinciderebbero perfettamente.
Nel vile immobilismo di stati e governi
che si definiscono democratici,
c’è una nuova catastrofe in corso
da queste parti,
una nuova pulizia etnica
che sta colpendo la popolazione palestinese.
Fino a questa mattina si contavano 650 morti,
153 bambini uccisi,
più di 3000 i feriti,
decine e decine i dispersi.
Il computo delle morti civili in Israele,
fortunatamente, rimane fermo a quota quattro.
Dopo questo pomeriggio il bilancio sul versante palestinese
va drammaticamente aggiornato,
l’esercito ha iniziato
a bombardare le scuole delle Nazioni Unite.
Le stesse che stavano raccogliendo migliaia di sfollati
evacuati dietro minaccia di un imminente attacco.
Li hanno scacciati dai campi profughi, dai villaggi,
solo per raccoglierli tutti in un unico posto,
un bersaglio più comodo.
Sono tre le scuole bombardate oggi.
L’ultima, quella di Al Fakhura, a Jabalia,
è stata centrata in pieno.
Più di 40 morti.
In pochi istanti
se ne sono andati uomini, anziani, donne,
bambini che si credevano al sicuro
dietro le mura dipinte in blu con i loghi dell’Onu.
Le altre 20 scuole delle Nazioni Unite
tremano.
Non c’è via di scampo
nella Striscia di Gaza,
non siamo in Libano, dove i civili dei villaggi del sud
sotto le bombe israeliane...
...evacuarono al nord,
o in Siria e in Giordania.
Da enorme prigione a cielo aperto
la Striscia di Gaza si è tramutata in una trappola mortale.
Ci si guarda sconvolti...
...e ci si chiede se il Consiglio di Sicurezza dell’Onu
riuscirà questa volta...
...a pronunciare un’unanime condanna,
dopo che anche le sue scuole sono prese di mira.
Qualcuno fuori di qui ha deciso davvero...
...di fare un deserto, e poi chiamarlo pace.
Ci aspetta una lunga nottata sulle ambulanze,
anche se l’alba da queste parti è ormai una chimera.
I ripetitori dei cellulari lungo tutta la Striscia
sono stati distrutti, abbiamo rinunciato a contarci.
Spero di riuscire a rivedere un giorno tutti gli amici
che non posso più sentire, ma non mi illudo.
Qui a Gaza siamo tutti bersagli ambulanti,
nessuno escluso.
Mi ha appena contattato il consolato Italiano,
dicono che domani evacueranno l’ultima nostra concittadina:
Un’anziana suorina che da venti anni abita
nei pressi della chiesa cattolica di Gaza...
...ormai adottata dai palestinesi della Striscia.
Il console mi ha gentilmente pregato
di cogliere quest’ultima opportunità,
aggregarmi alla suora
e scampare da questo inferno.
L’ho ringraziato per la sua generosa offerta
ma da qui non mi muovo, non ce la faccio.
Per i lutti che abbiamo vissuto...
...prima ancora che italiani, spagnoli, inglesi, australiani,
in questo momento siamo tutti palestinesi.
Se solo per un minuto al giorno lo fossimo tutti,
come molti siamo stati ebrei durante l’olocausto,
credo che tutto questo massacro
ci verrebbe risparmiato.
Restiamo umani
7 gennaio 2009
Fionde contro bombe al fosforo bianco
“Prendi dei gattini,
dei teneri micetti e mettili dentro una scatola"
mi dice Jamal,
chirurgo dell'ospedale Al Shifa, il principale di Gaza,
mentre un infermiere appoggia per terra dinnanzi a noi
proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue.
"Sigilla la scatola,
quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra...
...sino a quando senti scricchiolare gli ossicini,
e l'ultimo miagolio soffocato".
Fisso gli scatoloni attonito,
il dottore continua...
"Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe
subito dopo la diffusione di una scena del genere...
la reazione giustamente sdegnata
dell'opinione pubblica mondiale...
...le denunce delle organizzazioni animaliste...";
il medico continua il suo racconto...
...e io non riesco a spostare un attimo gli occhi
da quelle scatole poggiate ai miei piedi.
"Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola
come in una scatola...
...decine di bambini,
e poi l'ha schiacciata con tutto il peso delle sue bombe.
E quale sono state le reazioni nel mondo?
Quasi nulla.
Tanto valeva nascere animali,
piuttosto che palestinesi,
saremmo stati più tutelati".
A questo punto il dottore si china verso una scatola,
e me la scoperchia davanti.
Dentro ci sono gli arti mutilati,
braccia e gambe dal ginocchio in giù...
...o interi femori, amputati ai feriti provenienti
dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia...
...più di cinquanta finora le vittime.
Fingo una telefonata urgente,
mi congedo da Jamal,
in realtà mi dirigo verso i servizi igienici,
mi piego in due e vomito.
Poco prima mi ero intrattenuto in una discussione
con il dottor Abdel, oftalmologo,
circa i rumors, le voci incontrollate che da giorni circolano
lungo tutta la Striscia secondo le quali l'esercito israeliano...
...ci starebbe tirando addosso una pioggia
di armi non convenzionali, vietate dalla Convenzione di Ginevra.
Cluster bombs e bombe al fosforo bianco.
Esattamente le stesse che l'esercito di Tsahal
utilizzò nell'ultima guerra in Libano...
...e l'aviazione USA a Falluja,
in violazione delle norme internazionali.
Davanti all'ospedale Al Awda siamo stati testimoni
(e abbiamo filmato) dell'utilizzo di bombe al fosforo bianco...
...cadute a circa cinquecento metri
da dove ci trovavamo,
troppo lontano per essere certi
che sotto gli Apache israeliani ci fossero dei civili,
ma tremendamente troppo vicino a noi.
Il Trattato di Ginevra del 1980...
...prevede che il fosforo bianco non debba essere usato
direttamente come arma di guerra nelle aree civili,
ma solo come fumogeno o per l'illuminazione.
Non c'è dubbio che utilizzare quest'arma sopra Gaza...
...una striscia di terra dove si concentra
la più alta densità abitativa del mondo,
è già un crimine a priori.
Il dottor Abdel
mi ha riferito che all'ospedale Al Shifa...
non hanno la competenza militare e medica specifica...
per comprendere se alcune ferite di cadaveri che hanno esaminato
siano state prodotte effettivamente di armi illegali.
A detta sua però,
in venti anni di mestiere...
...non ha mai visto casi di decessi
come quelli portati all'ospedale nelle ultime ore.
Mi ha spiegato di traumi al cranio...
con fratture a vomere, mandibola, osso zigomatico,
osso lacrimale, osso nasale e osso palatino...
...che indicherebbero
l'impatto di una forza immensa sul volto della vittima.
Quello che, dal suo punto di vista è totalmente inspiegabile,
è la totale assenza di globi oculari...
che anche in presenza di traumi di tale entità dovrebbe rimanere
al loro posto, almeno in tracce, all'interno del cranio.
Invece stanno arrivando negli ospedali palestinesi
cadaveri senza più occhi,
come se qualcuno li avesse rimossi chirurgicamente
prima di consegnarli al coroner.
Israele ci ha fatto sapere che da oggi ci è generosamente concessa
una tregua ai suoi bombardamenti di 3 ore quotidiane,
dalle 13 alle 16.
Queste dichiarazioni dei vertici militari israeliani
vengono apprese dalla popolazione di Gaza,
con la stessa fiducia di quelle dei leaders di Hamas
quando dichiarano di aver fatto strage di soldati nemici.
Sia chiaro, il peggior nemico dei soldati di Tel Aviv
sono gli stessi combattenti sotto la stella di Davide.
Ieri una nave da guerra, al largo del porto di Gaza,
ha individuato un nutrito gruppo di guerriglieri
della resistenza palestinese...
...che si muoveva compatto intorno a Jabalia...
...e ha cannoneggiato.
Erano invece dei loro commilitoni, risultato:
3 soldati israeliani uccisi...
...una ventina i feriti.
Alle tregue sbandierate da Israele
qui non ci crede ormai nessuno,
... infatti alle 14 di oggi
Rafah era colpita dall’aeronautica,
...e a Jabalia l'ennesima strage di bambini:
tre sorelline di 2, 4, e 6 anni
della famiglia Abed Rabbu.
Sempre a Jabilia una mezz’ora prima
erano le nostre ambulanze ad essere sotto attacco.
Eva e Alberto, miei compagni dell'ISM, che si trovavano a bordo,
hanno videodocumentato l'accaduto
passando poi i video e le foto ai maggiori media.
I cecchini israeliani hanno gambizzato Hassan,
fresco di lutto per la morte del suo migliore amico, Araf...
il paramedico ucciso due giorni fa
mentre soccorreva i feriti a Gaza City.
I miei compagni sull’ambulanza della mezzaluna rossa,
che si erano fermati a raccogliere il corpo di un ferito...
...agonizzante in mezza alla strada,
sono stati bersagliati da una decina di colpi.
Un proiettile ha colpito alla gamba Hassan
e ridotto un colabrodo l'ambulanza.
Andando verso l'ospedale di Al Quds...
...correndo su uno dei pochi taxi temerari...
...che zigzagando ancora
sfidano il tiro a segno delle bombe,
ho visto fermi ad una angolo di strada
un gruppo di ragazzini sporchi, coi vestiti rattoppati,
tali e quali i nostri sciuscià del dopoguerra italiano.
Con delle fionde lanciavano pietre verso il cielo,
in direzione di un nemico lontanissimo e inavvicinabile
che si fa gioco delle loro vite.
La metafora impazzita
che fotografa l'assurdità di questa di tempi e di questi luoghi.
Restiamo umani.
8 gennaio 2009
Non lascerò il mio paese!
Il dentifricio, lo spazzolino,
le lamette e la mia schiuma da barba.
I vestiti che indosso, lo sciroppo per curarmi una brutta tosse
che mi affligge da settimane,
le sigarette comprate per Ahmed,
il tabacco per il mio narghilé.
Il mio telefono cellulare, il computer portatile su cui batto ebefrenico
per tramandare una testimonianza dell'inferno circostante.
Tutto il necessario per una vita umile e dignitosa
a Gaza proviene dall'Egitto
ed è arrivato sugli scaffali dei negozi del centro
passando attraverso i tunnel.
Gli stessi tunnel che caccia F16 israeliani
hanno continuato a bombardare massicciamente nelle ultime 12 ore,
coinvolgendo nelle distruzioni
le migliaia di case di Rafah vicino al confine.
Un paio di mesi fa
mi sono fatto sistemare tre denti malconci;
alla fine dell'intervento ricordo che ho chiesto al mio dentista
palestinese dove si procurava tutto il materiale odontotecnico,
anestetico, siringhe,
corone in ceramica e ferri del mestiere.
Sornione, il dentista
mi aveva fatto un cenno con le mani: da sotto terra.
Non vi è alcun dubbio che attraverso i cunicoli sotto Rafah
passavano anche esplosivo e armi,
le stesse che la resistenza sta impiegando oggi
per cercare di arginare la temibile avanzata dei blindati israeliani,
ma è poca cosa rispetto alle tonnellate di beni alimentari
e di consumo che confluivano in una Gaza ridotta alla fame...
...da un criminale assedio.
Su internet è facile reperire foto che documentano come
anche il bestiame passava il confine con l'Egitto attraverso il tunnel.
Capre e bovini addormentati e imbragati
venivano calati in un pozzo egiziano
per riemergere da quest'altra parte
e rifornire Gaza di latte, formaggi e carne.
Anche i principali ospedali della Striscia
si approvvigionavano clandestinamente.
I tunnel erano l'unica risorsa che ha consentito
alla popolazione palestinese di sopravvivere all'assedio:
un assedio che qui, ben prima dei bombardamenti,
causava un tasso di disoccupazione del 60%
e costringeva l'80% delle famiglie
a vivere di aiuti umanitari.
I nostri compagni dell'ISM a Rafah
ci descrivono l'ennesimo esodo a cui stanno assistendo.
Carovane di disperati che su carretti trainati da muli o sopra
mezzi di fortuna stanno lasciando le loro case dinnanzi all'Egitto.
Copione già visto, i giorni precedenti
erano piovuti dal cielo volantini che intimavano l'evacuazione,
Israele mantiene sempre le sue minacce,
ora stanno piovendo bombe.
Gli sfollati di oggi passeranno la notte da parenti,
amici e conoscenti a Gaza.
Nessuno si fida più
ad andare ad affollare le scuole delle Nazioni Unite,
dopo il massacro di Jabalia.
Moltissimi però non si sono mossi
perché non hanno alcuno posto dove riparare.
Passeranno la notte pregando un Dio
che li scampi alla morte,
dato che nessun uomo
pare interessarsi alle loro esistenze.
Finora sono 768 i morti palestinesi,
3129 i feriti, 219 i bambini uccisi.
Il computo delle vittime civili israeliane,
fortunatamente, è ancora fermo a quota 4.
A Zaytoun, quartiere a est di Gaza City,
le ambulanze della Croce Rossa
hanno potuto accorrere
sul luogo di una strage solo dopo diverse ore,
coordinandosi con i vertici militari israeliani.
Quando sono arrivati,
hanno raccolto 17 cadaveri e 10 feriti,
tutti della stessa famiglia,
Al Samouni.
Una esecuzione perfetta:
sui corpicini dei bambini morti è possibile notare...
...non schegge di esplosivo,
ma fori di proiettile.
Le ultime due notti negli ospedali di Gaza City
sono state più tranquille del solito,
abbiamo soccorso decine di feriti e non centinaia.
Evidentemente
dopo la strage della scuola di Al Fakhura
l’esercito israeliano
ha sfondato il budget settimanale di morti civili
da offrire in pasto al governo
in vista delle imminenti elezioni.
Abbiamo sentore che già da stanotte
torneranno a riempire gli obitori fino a scoppiare.
A sirene spiegate continuiamo a scortare negli ospedali
donne gravide che partoriscono prematuramente.
Come se la natura,
la conservazione della specie
inducesse queste madri-coraggio
ad anticipare la messa al mondo di nuove vite
per sopperire al crescente numero di morti.
Il primo vagito di questi neonati,
quando sopravvivono,
sovrasta per un attimo il boato delle bombe.
Leila, compagna dell’Ism, ha chiesto ai figli dei nostri vicini di casa
di scrivere dei pensieri sull’immane tragedia che stiamo vivendo.
Ecco alcuni stralci dei loro temi,
gli orrori della guerra osservati da uno sguardo puro e innocente,
quello dei bambini di Gaza.
Suzanne, 15 anni:
"La vita a Gaza è molto difficile.
In realtà non si può descrivere tutto.
Non possiamo dormire,
non possiamo andare a scuola o studiare.
Proviamo molte emozioni, a volte abbiamo paura
e ci preoccupiamo perché gli aerei e le navi
colpiscono 24 ore su 24.
A volte ci annoiamo perché durante il giorno non c’è elettricità
e la notte ce l’abbiamo solo per circa quattro ore;
e quando c’è guardiamo il notiziario in Tv.
E vediamo bambini e donne feriti o morti.
Così viviamo l’assedio e la guerra".
Fatma, 13 anni:
"È stata la settimana più difficile della mia vita.
Il primo giorno eravamo a scuola,
a dare l’esame del primo trimestre,
poi sono iniziate le esplosioni
e molti studenti sono stati uccisi o feriti,
e gli altri sicuramente
hanno perso un parente o un vicino.
Non c’è elettricità, cibo o pane.
Che possiamo fare, sono gli israeliani!
Tutti nel mondo festeggiano il nuovo anno,
anche noi lo festeggiamo ma in modo diverso".
Sara, 11 anni:
"Gaza vive in un assedio,
come in una grande prigione: niente acqua, niente elettricità.
La gente ha paura e non dorme la notte,
e ogni giorno nuove persone vengono uccise.
Fino ad ora,
più di 700 sono state uccise e più di 3000 ferite.
E gli studenti davano gli esami del primo trimestre, così Israele
ha colpito le scuole, il Ministero dell’educazione, e molti ministeri.
Ogni giorno la gente chiede quando finirà,
e aspettano altre navi di attivisti
come Vittorio e Leila".
Darween, 8 anni:
"Sono una bambina palestinese
e non lascerò il mio paese;
così avrò molti vantaggi
perché non lascerò il mio paese
e sento il rumore di razzi
così non lascerò il mio paese".
Meriam ha 4 anni,
i suoi fratellini le hanno chiesto:
"Cosa provi quando senti i razzi?"
E lei ha detto: "Ho paura!",
e subito è corsa a nascondersi
dietro le gambe del papà.
Gaza è mestamente avvolta nell’oscurità
da dieci giorni,
solo negli ospedali
ci è concesso ricaricare computer e cellulari...
...e guardare la televisione con i medici e i paramedici
in attesa di una chiamata di soccorso.
Ascoltiamo i boati in lontananza,
dopo qualche minuto le reti satellitari arabe...
...riferiscono esattamente
dove è avvenuta l’esplosione.
Spesso ci riguardiamo sullo schermo trarre fuori dalle macerie corpi,
come se non bastasse averli visti in diretta.
Ieri sera col telecomando
sono capitato su una televisione israeliana.
Davano un festival di musica tradizionale, con tanto di soubrette
in vestitini succinti e fuochi artificiali finali.
Siamo tornati al nostro orrore,
non sullo schermo, ma sulle ambulanze.
Israele ha tutti i diritti di ridere e cantare
anche mentre massacra il suo vicino di casa.
I palestinesi chiedono solo
di morire di una morte diversa,
che so, di vecchiaia.
Restiamo umani.
9 Gennaio 2009
Hanno ucciso Ippocrate
A Gaza
un plotone di esecuzione...
...ha messo a muro Ippocrate,
ha puntato e ha fatto fuoco.
Le allucinanti dichiarazioni
di un portavoce dei Servizi Segreti israeliani...
...secondo cui l'esercito
ha ottenuto via libera a sparare sulle ambulanze...
...perché si presume che a bordo
ci siano membri della Resistenza Palestinese,
rendono il senso del valore dato da Israele
alla vita in questi giorni,
della vita dei nemici, s'intende.
Vale la pena ricordare..
...il giuramento di Ippocrate
a cui è tenuto ogni medico
prima di iniziare ad esercitare la professione.
In particolare in questo passaggio:
"Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio
e dell'impegno che assumo,
giuro: di esercitare la medicina in libertà
e indipendenza di giudizio e di comportamento;
di curare tutti i miei pazienti, con uguale scrupolo e impegno
indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano...
...e prescindendo da ogni differenza di razza,
religione, nazionalità,
condizione sociale e ideologia politica".
Sono nove i camici bianchi uccisi
dall'inizio dei bombardamenti,
una decina le ambulanze colpite
dall'artiglieria israeliana.
I sopravvissuti tremano di paura,
ma non si tirano indietro.
I lampeggianti cremisi delle ambulanze
sono gli unici squarci di luce
lungo le strade nelle notti oscure di Gaza,
esclusi i lampi che precedono le esplosioni.
Pierre Wettach, capo della Croce Rossa a Gaza, denuncia:
le sue ambulanze sono potute accorrere sul luogo di un massacro,
a Zaytoun, est di Gaza City,
solo 24 h dopo l'attacco israeliano.
I soccorritori dichiarano...
...di essersi trovati dinanzi
uno scenario raccapricciante:
"quattro bambini piccoli
vicini ai corpi senza vita delle loro madri in una delle case.
Erano troppo deboli per reggersi in piedi.
E' stato trovato vivo anche un uomo,
anche lui troppo debole per reggersi in piedi.
In tutto sui materassi giacevano 12 corpi".
I testimoni di questa ennesima carneficina raccontano...
come i soldati israeliani, penetrati nel quartiere,
abbiano radunato
le decine di membri della famiglia Al Samouni in un solo edificio,
per poi bombardarlo ripetutamente.
Con i miei compagni dell'Ism
sono giorni che giriamo sulle ambulanze della mezzaluna rossa...
...subendo molteplici attacchi.
Sulle ambulanze il nostro dovere
è raccogliere feriti, non accogliere a bordo guerriglieri.
E quando troviamo riverso per strada
un uomo ridotto a un ammasso di sangue,
non si ha il tempo di controllare i suoi documenti,
chiedergli se parteggia per Hamas o Fatah.
Anche perchè quasi sempre
i feriti come i morti non rispondono.
Alcuni giorni fa...
...mentre caricavamo un ferito grave,
ha cercato contemporaneamente di salire sull'ambulanza
anche un altro uomo, ferito in maniera più lieve.
Lo abbiamo spintonato fuori,
proprio perchè sia chiaro a chi ci spia dal cielo...
...che non fungiamo da taxi
per il trasporto di membri della resistenza.
La notte scorsa
è arrivata all'ospedale di Al Quds di Gaza City Miriam, 17 anni,
in preda alle doglie.
Al mattino erano passati nello stesso ospedale
suo padre e sua cognata, entrambi cadaveri,
vittime di uno dei tanti bombardamenti indiscriminati sui civili.
durante la notte Miriam ha partorito un bel bimbo,
inconsapevole del fatto...
...che mentre lei si trovava in sala parto,
a un piano più in basso, all'obitorio era giunto anche il giovane marito.
Alla fine...
...persino le Nazioni Unite si sono accorte che qui a Gaza...
...siamo tutti immersi nello stesso catino,
bersagli mobili per ogni cecchino.
Siamo arrivati a quota 789 vittime,
3300 i feriti,
410 vertono in situazione criticha,
230 i bambini uccisi, decine e decine i dispersi.
Il computo delle vittime civili israeliane,
fortunatamente, è sempre fermo a quota 4.
Per bocca di John Ging
capo dell’Unrwa (Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi),
le Nazioni Unite hanno annunciato la sospensione...
...delle loro attività umanitarie lungo la Striscia.
Ho incrociato Ging
negli uffici dell’agenzia di stampa Ramattan...
...e l’ho visto sdegnato agitare il suo indice accusatorio
contro Israele davanti alle telecamere.
L’Onu cessa le sue attività a Gaza
dopo che due dei suoi operatori sono stati uccisi ieri,
beffa ha voluto durante tre ore della solita tregua
che Israele ha annunciato e non ha rispettato.
"I civili di Gaza hanno a disposizione
3 ore al giorno per cercare di sopravvivere,
i soldati israeliani le restanti 21...
...per cercare di sterminarli"
ho sentito Ging dichiarare a due passi da me.
Da Gerusalemme mi scrive Yasmine,
moglie di uno dei numerosi giornalisti in fila al valico di Erez...
...in attesa di un lasciapassare che Israele stenta a concedere.
È vietato raccontare questo massacro dall’interno.
Queste le sue parole:
"L’altro ieri sono andata a vedere Gaza dal di fuori.
I giornalisti del mondo
sono tutti ammucchiati su una collinetta di sabbia...
...a un paio di chilometri dal confine.
Decine di telecamere puntano verso di voi.
Si sentono aerei che ci sorvolano,
ma non si vedono,
sembrano solo illusioni mentali...
...finché non si vede il fumo nero salire all’orizzonte.
La collina è diventata anche meta turistica
per gli israeliani della zona.
Con grandi binocoli e macchine fotografiche vengono...
...a vedere i bombardamenti dal vivo".
Mentre sto trascrivendo questa corrispondenza
una bomba cade nel palazzo a fianco a quello in cui mi trovo.
I vetri tremano, i timpani fanno male,
mi affaccio dalla finestra e vedo che hanno colpito l’edificio
dove sono concentrati i principali media arabi.
È uno dei palazzi più alti di tutta Gaza City,
l’Al Jaawhara Building.
Sul tetto tengono fissa una troupe con telecamera,
li osservo ora contorcersi a terra,
agitare le braccia invocando aiuto, avvolti da una cappa nera di fumo.
Paramedici e giornalisti,
le professioni più eroiche in questo spicchio di mondo.
All’ospedale Al Shifa
ieri sono andato a trovare Tamim,
reporter sopravvissuto a un bombardamento aereo.
Mi ha spiegato come secondo lui Israele sta adottando...
...le stesse identiche tecniche terroristiche di Al-Qaeda:
bombarda un edificio,
attende l’arrivo dei giornalisti e dei soccorsi,
quindi fa cadere un’altra bomba...
...che fa strage di questi ultimi.
A suo avviso è per questo motivo...
...che si sono registrate molte vittime
fra i paramedici e i reporters,
gli infermieri attorno al suo letto acconsentono.
Tamim mi ha voluto mostrare, sorridendo, i suoi moncherini.
Ha perso le gambe ma è felice di essersela cavata...
...al contrario del suo collega Mohammed,
ucciso da una seconda esplosione
mentre scattava delle foto.
Nel frattempo mi sono informato:
per la bomba appena caduta nel palazzo qui vicino...
...sono rimasti feriti due giornalisti,
entrambi palestinesi,
uno della Libyan Tv l’altro della Dubai Television.
Un altro sonoro avvertimento...
...da chi esige che questo massacro di vittime civili
non venga in alcun modo raccontato.
Non mi resta che augurarmi...
...che nel quartier generale dei vertici militari israeliani...
...non si legga Il manifesto,
né vi siano affezionati visitatori del mio blog.
Restiamo umani.
10 gennaio 2009
Distruzione totale lavori in corso
Alcune famiglie di palestinesi ci hanno consegnato dei volantini,
piovuti dal cielo nei giorni scorsi,
lanciati dall’aeronautica israeliana in alternativa alle bombe.
Volantino n. 1, tradotto dall’arabo:
"A tutte le persone residenti in quest’area.
A causa delle azioni terroristiche con cui
i terroristi presenti nella vostra area stanno aggredendo Israele,
le Forze di Difesa Israeliane sono state costrette a reagire
immediatamente e ad agire in questo modo nelle vostre zone.
Vi esortiamo, per la vostra sicurezza,
ad evacuare immediatamente quest’area.
Forze di Difesa Israeliane".
In pratica l’esercito israeliano sta passando di casa in casa
appiccicando sugli usci un avviso di "lavori in corso",
prima di radere al suolo interi quartieri,
affossando per sempre speranze di vita presente e futura.
Seppellire sotto tonnellate di macerie
chi non ha un posto dove evacuare.
Poco fa ci hanno comunicato il lancio di nuovi volantini,
avvisano che "la terza fase
della guerra al terrorismo sta per iniziare".
Sono cortesi i militari israeliani,
chiedono collaborazione alla popolazione di Gaza,
prima di schiacciarli come insetti.
Se i volantini non sono abbastanza persuasivi,
ci pensa l’aeronautica
a bussare "dolcemente" sui tetti delle case di Gaza.
È una nuova prassi degli ultimi giorni,
piovono bombe un pochino più leggere,
abbastanza per scoperchiare i tetti delle abitazioni
e invitare gli abitanti all’evacuazione.
Dopo due o tre minuti i caccia ripassano
e non rimane più niente dell’edificio.
Evacuare, ma evacuare dove?
Non ci sono posti al sicuro lungo tutta la Striscia,
io personalmente temo di più per la mia vita sopra un’ambulanza,
o passando di fianco a una moschea o una scuola,
che davanti a uno dei palazzi governativi ancora in piedi.
Ieri notte, a 20 metri da casa mia,
i caccia israeliani
hanno tirato giù la stazione dei pompieri.
Sulla strada parallela al porto
ho scoperto stamane dei crateri profondi tre metri,
come se fossero piovuti meteoriti
in un film di fantascienza.
La differenza è che qui
gli effetti speciali fanno parecchio male.
Girando per i corridoi dell’ospedale Al Shifa,
affollati di feriti in attesa di cure,
è possibile imbattersi in un medico
dai tratti somatici non proprio arabi:
è Mads Gilbert, norvegese
dell’organizzazione non governativa Norwac.
Gilbert, anestesista, conferma il sospetto di armi proibite
utilizzate da Israele sui civili di Gaza:
"Molti feriti arrivano con amputazioni estreme,
con entrambe le gambe spappolate,
lesioni che io sospetto siano provocate da bombe Dime".
(La bomba Dime è un tipo innovativo di bomba,
concepita per colpire obiettivi mirati con il massimo danno possibile
causando un'onda mortale dove cade.)
Questo mentre Navi Pillay,
Alto commissario dell’Onu per i diritti umani,
denuncia "gravissime violazioni
che possono costituire crimini di guerra".
L’ultimo di questi crimini poche ore fa,
a est di Jabalia:
la famiglia di Abed Rabbu,
appena ha lasciato la propria abitazione,
si stava rifornendo di scorte alimentari
in uno dei piccoli negozi ancora aperti...
...che è stato bombardato:
8 vittime, 10 feriti gravi.
L’impressione generale è quella che Israele
abbia deciso di prendersela con calma,
le bombe cadono costantemente
e le forze di terra avanzano lentamente.
I soldati non hanno problemi nel procacciarsi razioni k,
le razioni alimentari militari,
a differenza della gente di Gaza
che non trova più il pane.
I panettieri, esaurite le scorte, hanno iniziato a mescolare la farina
con quella animale per sfornare pagnotte.
È pane ammuffito,
avanzi di produzioni vecchie di settimane, verde di muffa.
Lo si mette su un piccolo fuoco
ricavato da un paio di ceppi di legno,
vi assicuro che non è proprio una prelibatezza.
Israele continua a diffondere,
specie via internet, immagini riprese dal cielo...
...che dimostrerebbero come i suoi attacchi
sono precisi e mirati...
...su "terroristi"
o ipotetici magazzini di scorte di armi ed esplosivo.
L’altissimo conto delle vittime civili
basta da solo a smentire questi video.
Mi chiedo come Israele
possa definirsi civile e democratico,
se per stanare e uccidere un suo nemico
nascosto in un edificio abitato...
...il suo esercito non esita un attimo ad abbatterlo
seppellendoci sotto decine di innocenti.
Sarebbe come se l’esercito italiano,
per catturare un pericoloso boss mafioso,
iniziasse a bombardare pesantemente il centro di Palermo.
Sono 821 i morti palestinesi nel momento in cui scrivo,
93 le donne ammazzate,
235 i bambini,
12 i paramedici uccisi nell’adempimento del loro dovere,
3 i giornalisti, ben 3.350 i feriti,
più della metà sono minori di diciotto anni.
Secondo il centro Mezan per i diritti umani,
noto per la sua attendibilità,
i civili palestinesi massacrati in due settimane
rappresentano l’85% delle vittime totali.
Il computo delle vittime civili israeliane,
fortunatamente, è ancora fermo a quota 4.
Se le Nazioni Unite
non riescono a proteggere la popolazione civile...
...dalle massicce violazioni di Israele
agli obblighi umanitari internazionali,
ci proveranno i miei amici del Free Gaza Movement,
pronti a sbarcare a nella Striscia fra un paio di giorni.
Sono medici, infermieri e attivisti per i diritti umani,
che ritengono loro preciso dovere morale
fare il possibile per fornire qualche misura di protezione.
Avevano già provato ad arrivare
martedì 31 dicembre sulla Dignity,
ma la marina israeliana aveva speronato la nostra barca,
in acque internazionali,
tentando di affondarla
e successivamente parlato di "incidente".
Attenderò i miei amici con il loro carico di aiuti umanitari
fra le macerie di quel che resta del porto,
e voglio sperare
che non si ripetano altri "incidenti" in alto mare.
Il secondo volantino piovuto dal cielo che abbiamo tradotto
è una vera chicca:
"Ai cittadini di Gaza.
Prendetevi la responsabilità del vostro destino!
A Gaza i terroristi e coloro che lanciano i razzi contro Israele
rappresentano una minaccia per le vostre vite...
...e per quelle delle vostre famiglie.
Se desiderate aiutare la vostra famiglia
e i vostri fratelli che si trovano a Gaza,
tutto quello che dovete fare
è chiamare il numero indicato di seguito e darci informazioni...
...riguardo alle posizioni in cui si trovano
i responsabili dei lanci dei razzi...
...e le milizie terroriste
che fanno di voi le prime vittime delle loro azioni.
Evitare che vengano commesse atrocità
è ora vostra responsabilità!
Non esitate! È garantita la più totale discrezione.
Potete contattarci al seguente numero...
Oppure scriveteci a questo indirizzo di posta elettronica...
...per comunicarci qualunque informazione abbiate
riguardo a qualsiasi attività terroristica.
Invito coloro che mi scrivono per esprimermi solidarietà
a continuare a manifestare indignazione
...per la tragedia che stiamo subendo
e a tifare per i diritti umani.
Se poi avete 5 minuti di tempo
e un gettone telefonico da spendere,
i riferimenti contenuti nell’ultimo volantino
potrebbero tornarvi utili per dire la vostra...
...a chi per via area, marittima, terrestre,
decide cinicamente del destino di un milione e mezzo di persone.
Mai gettone sarà speso meglio.
Quei 235 bambini uccisi vi chiedono questo.
Restiamo umani.
13 gennaio 2009
Avvoltoi e cacciatori di taglie
Del mare proviamo a fare ancora un corridoio salvifico,
una breccia su questa terra martoriata,
confiscata e imprigionata, stuprata in ogni suo palmo,
ridotta a un cimitero per salme che non trovano riposo.
Da qualche giorno infatti...
...anche i funerali sono diventati
target dell’aeronautica israeliana,
come se i palestinesi meritassero
un’ulteriore punizione anche da morti.
Se un corridoio umanitario stenta a schiudersi...
...per venire in soccorso di una popolazione
ridotta allo stremo delle forze,
ci penserà la Spirit of Humanity,
una delle nostre barche targata Free Gaza Movement.
Salpata oggi da Larnaca, Cipro,
cercherà di portare sino al porto di Gaza,
oltre a tonnellate di medicinali,
una quarantina di medici, infermieri, giornalisti,
parlamentari europei, attivisti per i diritti umani,
rappresentanti di 17 nazioni diverse.
Esseri veramente umani,
come i tanti in Italia
che mi testimoniano la loro indignazione,
disposti a rischiare la vita...
...piuttosto che continuare a restare seduti e ignavi
nel salotto buono di casa,
davanti a un televisore...
...che rimanda solo una minima parte
del massacro che ci sta affliggendo.
Il 29 dicembre...
...i miei amici ci provarono con la Dignity:
furono attaccati dalla marina israeliana
che tentò di affondarli,
lanciato l’Sos dovettero rifugiarsi in Libano...
...coi motori in avaria e una falla nello scafo.
Per puro caso in quell’occasione non ci furono feriti gravi.
Ci auguriamo...
...che domani siano rispettate le loro vite e i diritti umani.
Ci sono terribili catastrofi naturali
inevitabili a questo mondo,
come i terremoti e gli uragani.
A Gaza è in corso una catastrofe umanitaria innaturale...
...perpetrata da Israele...
...ai danni di un popolo che vorrebbe ridotto
alla più completa miseria e sottomissione.
Una popolazione disperata
che non trova più il pane e il latte per nutrire i suoi figli.
Che non piange neanche più i suoi lutti...
...perché anche agli occhi è stata imposta una dieta ferrea.
Il mondo intero non può ignorare questa tragedia...
...e, se lo fa,
non includeteci in questo mondo.
Ogni giorno invochiamo le forze che ci governano
affinché fermino questo genocidio in corso,
per domani mattina...
...chiediamo solo
che la nostra piccola imbarcazione approdi a Gaza...
...con il suo carico di comprensione,
pace, amore, empatia,
che a tutti i palestinesi siano concessi
gli stessi diritti di cui godono gli israeliani...
...e qualsiasi altro popolo del pianeta.
Il mare come ancora di speranza,
il mare come meta di distruzione.
Secondo l’agenzia di stampa Ma’an,
e la Reuters conferma,
gli Stati Uniti stanno per rifornire Israele
di 300 tonnellate di armi,
tramite due navi cargo in partenza dalla Grecia.
Armi e una grande quantità di esplosivo e detonatori,
tutto il necessario...
...per spianare la Striscia
da migliaia delle sue abitazioni.
Sono già 120 mila gli sfollati da Gaza a Jabalia...
...ma i più, compresi diversi miei amici,
non sapendo dove rifugiarsi
non si sono mossi.
Giornalisti, medici e becchini.
Sono le professioni che si danno più da fare,
senza sosta ormai da 16 giorni.
Gli avvoltoi, oltre i caccia bombardieri,
preoccupano e suscitano disprezzo,
specie quelli che fino a ieri
sedevano sulla stessa sedia del compianto Arafat...
...(1929-2004), l'ex presidente
dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina,
e ora anelano a venire a riprendersi il trono
sulle ceneri di quel che di Gaza sarà.
Siamo giunti a 923 vittime,
4150 i feriti,
255 i bambini palestinesi orribilmente trucidati.
Il computo delle vittime civili israeliane,
fortunatamente, è sempre fermo a quota 4.
Gira voce che Olmert avrebbe fatto sapere ai suoi...
...che il raggiungimento di 1000 vittime civili è il termine ultimo
per arrestare questa brutale offensiva infanticida.
Un po’ come succede alla Vucciria di Palermo,
dove i quarti di manzo gocciolano sangue all’aperto...
...e si contratta la carne un tanto al chilo.
Le apparizioni di Ismail Haniyeh sullo schermo
sono seguitissime dai palestinesi della Striscia.
Non si può parlare di tregua
senza contemporaneamente prefissare una fine dell’assedio.
Continuare ad assediare una Gaza ridotta in macerie,
non permettere il confluire di viveri e medicinali,
impedire l’uscita di malati e di feriti,
significa condannarla a una più lunga agonia.
Questo il sunto delle parole del leader di Hamas...
...che fanno breccia nell’opinione pubblica gazawi.
Il discorso di un leader
che avrebbe potuto fuggire a ripararsi altrove,
invece è rimasto qui
a prendersi bombe sulla testa come chiunque altro.
Mentre sto scrivendo,
arriva la solita telefonata intimidatoria...
...che ordina l’evacuazione
prima di un bombardamento.
Mi trovo nel palazzo
dove risiedono i principali media internazionali,
tra cui, Al Jazeera, Ramattan e Reuters.
Ci siamo dovuti precipitare giù per le scale
riversandoci in strada,
cercando di scorgere con gli occhi incollati al cielo...
...da dove giungerà il fulmine distruttivo.
Questa notte non ci saranno telecamere e reporter
a documentare il massacro di civili,
mentre aleggia il fondato sospetto
che le vittime innocenti saranno più del solito.
Per strada fisso il mio compagno Alberto
e gli strizzo un occhio,
si avvicina e gli sussurro in un orecchio...
...se ritiene plausibile che la telefonata intimidatoria
sia stato un segnale per noi due soli,
dopo la scoperta di un sito statunitense di estrema destra...
...che ci ha messo una taglia sulla testa:
"Allertate i militari dell'Idf per colpire l'Ism.
Numero da chiamare
se localizzate i covi di Hamas con i membri dell’Ism.
Dall’America chiamate...
...011-972-2-5839749.
Da altri paesi non digitare lo 011.
Aiutateci a neutralizzare l’Ism,
che è ormai parte integrante di Hamas
sin dall’inizio della guerra.
Bersaglio ISM #1
Per le forze aeree israeliane e le truppe di terra dell'Idf:
Invito all'omicidio di Vittorio Arrigoni
che attualmente assiste Hamas a Gaza.
(dal sito www.stoptheism.com.)".
Non prendetevi la briga di visitare questo sito...
...ne tanto meno di linkarlo ai vostri blog.
È solo una testimonianza sociologica
da tramandare ai posteri.
Analizzando questi tempi,
il futuro pronuncerà la sua sentenza inappellabile...
...su come l’odio fosse il sentimento più puro,
e il livore verso il diverso muovesse eserciti...
...e fosse il collante di intere masse di uomini.
Non è necessario che i miei detrattori...
...e chi mi vorrebbe morto
compongano quel numero,
l’esercito israeliano sa benissimo
dove trovarmi anche questa notte,
sto sulle ambulanze dell’ospedale Al Quds di Gaza City.
Restiamo umani.
Restiamo umani.
14 Gennaio 2009
I figli di un Allah minore continuano ad espiare l'eredità di un odio
tramandato di generazione in generazione...
...per una colpa che non hanno commesso.
I soldati israeliani
si calano alla perfezione nel ruolo di tanti Erode contemporanei:
sono già 253
i bimbi palestinesi massacrati in questo attacco.
Un orrore senza fine,
per il quale nessun soldato,
nessun ufficiale dell’esercito,
nessun governo israeliano sarà mai messo dinanzi
alle sue responsabilità di criminale di guerra.
Se per qualche ora
queste vittime innocenti vengono graziate,
non è così per i luoghi che ospitano i loro giochi,
i sogni e le ambizioni di diventare adulti,
quei padri e quelle madri che a loro sono stati strappati.
Gli orfanotrofi sono diventati il nido preferito
per gli uccelli meccanici israeliani,
negli orfanotrofi
i caccia vanno a deporre le loro bombe.
I compagni dell’Ism da Rafah mi scrivono:
"Domenica 11 gennaio,
approssimativamente alle 3.00 am,
caccia F16 hanno bombardato il centro per orfani
dell’associazione Dar al-Fadila...
...che includeva una scuola,
un college, un centro informatico...
e una moschea in Taha Hussein Street,
nel quartiere Kherbat al-’Adas a nord est di Rafah.
Parte degli edifici sono andati completamente distrutti
e quelli ancora in piedi sono seriamente danneggiati.
La scuola assisteva circa 500 bambini senza più genitori".
La personalissima jihad israeliana
contro i luoghi sacri dell’Islam lungo la Striscia...
...continua nel "silenzio-assenso"
della comunità internazionale:
contando la moschea di Kherbat al-’Adas,
sono 20 le moschee finora rase al suolo.
Fortunatamente nessun "razzo" qassam
ha ancora sfiorato le pareti di una sinagoga,
altrimenti siamo certi che avremmo giustamente avvertito
levarsi al cielo grida di sdegno da ogni angolo del mondo.
Dio deve pagare il dazio
di ricevere preghiere dai palestinesi.
Delle quasi 950 vittime, l’85% sono civili.
L’infernale macchina di distruzione israeliana
continua lentamente ad avanzare e ad avvolgere tutta Gaza,
abbattendo case, scuole, università, ospedali,
senza nessun tangibile segnale
né volontà sanzionatoria da parte dei governi occidentali.
È giunto allora il nostro turno,
di semplici cittadini senza cittadinanza...
...se non quella di ritenerci appartenenti
a una sola e unica comunità di persone:
la famiglia umana.
È ora che infiliamo un bastone
in questo maledetto ingranaggio infernale.
Ho incontrato il dottor Haidar Eid,
professore dell'università Al Quds di Gaza City.
Un intellettuale di sinistra,
coriaeceo e insieme ilare, passionale, generoso,
come in Italia non se ne vedono più,
estinti o deposti in qualche seminterrato della memoria...
...perché non riciclabili con la divisa bipartisan...
che fa marciare a braccetto
postfascisti e postcomunisti,
uniti in comune litania a giustificare Israele
dopo ogni suo massacro.
Haidar dinanzi a me si fa portavoce del Pacbi
(The Palestinian Campaign
for the Academic and Cultural Boycott of Israel)
e del BDS (The Boycott,
Divestment & Sanctions Campaign National Committee),
e con lui ho discusso di boicottaggio.
La storia insegna ma non ha alunni...
e Mandela e il Mahatma Gandhi
sono al momento impossibilitati a concedere ripetizioni.
Ma c’è la storia particolare del Sudafrica a indicarci la strada
per costringere un Israele razzista e colonialista...
...e giungere a un compromesso.
Allora non boicottare quel regime di apartheid
fu considerato un po’ come esserne complici,
cosa cambia oggi?
non crede che la miglior risposta all’occupazione israeliana
e a questo massacro in corso...
...siano gli attentati, i kamikaze e i razzi Sderot.
Il boicottaggio è pacifista, non violento,
la migliore risposta umanamente accettabile
all’imbarbarimento di un conflitto che rende disumano ogni gesto.
La migliore arma nell’arsenale della non violenza,
come ci ha ricordato Naomi Klein
in un recente editoriale sul Guardian.
Heidan riesce a trarre qualcosa di positivo
dalla pozza di sangue in cui stiamo annegando.
Come fu dopo il massacro di Sharpeville
in Sudafrica, 21 marzo 1960,
quando 78 neri furono fatti a pezzi per volontà
di un regime barbaro, e il mondo si sentì in dovere di dire BASTA!,
l’incomparabile massacro di mille civili palestinesi potrebbe dare il via
a una altrettanto forte campagna di mobilitazione...
...per punire i crimini israeliani.
Haidar è anche uno dei fautori di Israele e Palestina
uniti in un unico stato,
secolare, democratico e interreligioso,
per lui unica e pragmatica via di uscita da un conflitto
che non vede altre risoluzioni.
Più intimamente mi parla della al-Nakba,
che lui ha scampato per pochi anni,
pur avendola intensamente rivissuta
nei racconti dei suoi familiari.
Mi parla a chiare lettere,
lui figlio della post-catastrofe,
di come al-Nakba è stata tramandata...
...e ha alimentato l’inconscio collettivo
di migliaia di palestinesi.
L’incubo si è rifatto vivo
bussando sui tetti delle case il 27 dicembre 2008,
e da allora non smette di provocare notti insonni.
Haidar mi invita a divulgare,
e io registro sul mio taccuino lacero,
il suo appello per tutti gli italiani
a non comprare più alcun prodotto made in Israel.
I prodotti israeliani si riconoscono sugli scaffali
con il codice a barre che li contraddistingue:
729 le cifre iniziali.
Per ricavare la lista completa dei prodotti
è possibile accedere al sito www.boycottisraeligoods.org.
Stampatevi la lista, appiccicatela sulla porta del frigo o infilatela nella
borsa di vostra madre o di vostra moglie quando si recano al mercato.
"Se compri anche un solo bicchiere d’acqua
proveniente da Israele,
di fatto compri anche un proiettile
che prima o poi andrà a conficcarsi nel cuore di uno dei nostri figli".
Il movimento di boicottaggio,
che ha visto la luce nel 2005 in Palestina,
sta facendo passi da gigante
e si diffonde fra milioni di consumatori nel mondo.
Il presidente venezuelano Chavez
che ha espulso l’ambasciatore israeliano...
...e cessato ogni rapporto
con lo Stato che sta strangolando la Palestina...
...dovrebbe essere esempio a tutti i politici nostrani.
I leaders sudafricani della lotta contro il regime d’apartheid,
Mandela, Ronnie Kasrils e Desmond Tutu...
affermano che l’oppressione israeliana contro i palestinesi
è di gran lunga peggiore di quella del Sudafrica,
voci senz’altro più autorevoli
di Frattini e Fassino.
Diversi ebrei israeliani
si sono uniti alla campagna di boicottaggio,
circa 500 finora,
fra i quali Ilan Pappe e Neta Golan,
sopravvissuti all’Olocausto che gridano "mai più".
Il poeta israeliano Aharon Shabtai ci invita ad agire:
"Io spero nell’aiuto degli europei,
che i discendenti di Voltaire e Rousseau aiutino Israele,
perché Israele non porrà fine all’occupazione
fin quando l’Europa non gli dirà "basta".
Solo una pressione da parte dei paesi civili e democratici
può cambiare la situazione e riportarci la felicità.
La situazione attuale,
in cui a dettar legge è l’esercito,
non può essere cambiata dall’interno.
Per i valori di cui è portatrice,
l’Europa non può continuare a collaborare con Israele.
729 deve diventare la nostra shoah:
mai più!"
Restiamo umani.
15 gennaio 2009
I gironi infernali di Jabalia
Dante non avrebbe saputo immaginare gironi dei dannati
così infernali come le corsie negli ospedali di Jabalia.
La legge del contrappasso qui è applicata al contrario.
Tanto più innocente è la vittima,
tanto meno viene risparmiata dal martirio delle bombe.
Al Kamal Odwan, all’Al Awda, le piastrelle in ceramica
dei pronto soccorso sono sempre belle lustre,
gli inservienti hanno sempre un gran da fare
a ripulirle dal sangue che gronda...
...dall’incessante via vai di barelle
cariche di corpi massacrati.
Iyad Mutawwaq stava camminando per strada quando una bomba
ha aperto uno squarcio in un edificio poco distante.
Insieme ad altri passanti
si era precipitato a prestare soccorso,
mentre un secondo ordigno colpiva il palazzo,
uccidendo un padre di 9 figli, due fratelli...
...e un altro passante che, al pari di Iyad,
era corso sul posto per aiutare i feriti.
La solita storia ripetuta,
dieci, cento volte.
La tecnica preferita di ogni terrorismo
ricalcata alla perfezione dall’armata israeliana Tsahal.
Si lancia un bomba, si attendono i soccorsi,
si ribombardano feriti e soccorritori.
Per Iyad queste sono bombe americane ma portano l’autografo
anche di Mubarak, il Presidente dittatore egiziano
che qui Gaza fa concorrenza a Olmert
in capacità di catalizzare livore.
Dietro il letto di Iyad, un anziano con le braccia ingessate
sta disteso con gli occhi fissi al soffitto...
...e non proferisce più parola,
mi dicono che ha perso tutto, famiglia e casa.
Fissa le crepe dell’intonaco che cade a pezzi...
...come per cercare una risposta
alla disfatta della sua esistenza.
Khaled ha lavorato 25 anni in Israele,
prima dell’ultima intifada.
Come gratifica Tel Aviv
non gli ha concesso una pensione,
ma una serie di missili aria-terra sulla sua casa;
su tutto il corpo ha ferite da schegge di esplosivo.
Gli chiedo dove andrà a vivere
una volta dimesso dall’ospedale.
Mi risponde
dove stanno ora i suoi parenti: per strada.
Come la sua, sono tante le famiglie
che non sanno più dove rifugiarsi.
I più fortunati trovano ospitalità da parenti e conoscenti,
come abbiamo verificato,
ma si può definire vita quella di cento persone stipate
in due appartamenti di 3 stanze ciascuno?
Due bombe sull'abitazione di Ahmed Jaber
hanno messo in fuga la sua famiglia,
ma troppo tardi.
Una terza esplosione...
...ha sepolto sotto le macerie 7 suoi familiari...
...tra cui due bambini di 8 e 9 anni
suoi vicini di casa.
Dice: "ci hanno fatto fare un salto all’indietro nel 1948.
Questo è il supplizio
per il nostro attaccamento alla patria.
Possono staccarmi le braccia e la gambe dal tronco,
ma non mi lasceranno mai abbandonare la mia terra".
Un medico mi prende in disparte e mi confida
che la figlia di 7 anni di Ahmed è arrivata in pezzi,
stava contenuta in una minuscola scatola di cartone.
Non hanno avuto il coraggio di riferirglielo
per non deteriorare le sue già precarie condizioni di salute.
In serata anche a Iyad hanno portato via il telefono
per non fargli arrivare cattive notizie.
Un tank ha centrato la casa della sorella,
decapitandola.
Alla fine la nostra imbarcazione del Free Gaza Movement
non è giunta al porto di Gaza.
A 100 miglia dalla meta designata,
in acque internazionali,
è stata intercettata da 4 navi da guerra israeliane,
disposte a far fuoco e ammazzare
il nostro carico di medici, infermieri e attivisti per i diritti umani.
Nessuno deve osare ostacolare la mattanza di civili
che continua ininterrottamente da tre settimane.
A est di Jabilia, dinanzi al confine,
testimoni oculari
parlano di decine di corpi in putrefazione per le strade,
le loro carni putrescenti divorate dai cani.
Ci sono anche centinaia di persone
impossibilitate a muoversi, diverse sono ferite:
le ambulanze non possono arrivare nell’area
perché ovunque ci sono cecchini che sparano.
I palestinesi sono stanchi
di essere massacrati nell’indifferenza generale
e in molti accusano anche la Croce rossa internazionale e l’Onu
di non fare abbastanza,
di non ottemperare in pieno al loro dovere,
di non rischiare la loro vita per salvarne centinaia di altre.
Andremo noi dell’Ism,
a piedi, con delle barelle,
laddove l’umanità
ha oltrepassato i suoi confini e si è eclissata.
I soloni coi culi di pietra
poggiati nei salotti buoni della politica...
...discettano di strategie belliche
e di guerra contro Hamas,
mentre qui ci stanno letteralmente massacrando.
Bombardano gli ospedali
e c’è chi ancora...
...si pronuncia sul "diritto di Israele all’autodifesa".
In qualsiasi stato
che si definisca minimamente civile,
l’autodifesa è proporzionale all’offesa.
In questi 20 giorni
abbiamo contato 1.075 vittime palestinesi,
più di 5.000 feriti,
dei quali oltre la metà sono minori di 18 anni.
303 i bambini orrendamente trucidati.
Fortunatamente solo 4 vittime civili israeliane.
Come a dire che per Israele
il giusto bagno di sangue...
...per vendicare ognuno dei suoi civili ammazzati
è quello di sterminarne almeno 250 della parte avversa.
Ditemi voi se questa sproporzione fra difesa e offesa
non vi riporta agli eccidi compiuti...
...come rappresaglia
nelle pagine più nere della storia moderna europea.
Ma veniamo al punto,
si tratta di legittima difesa?
Ai Marco Travaglio, ai Piero Ostellino,
ai Pierluigi Battista e agli Angelo Panebianco...
che insistono con la loro solfa imputando ad Hamas la responsabilità
di questo genocidio in quanto trasgressore della tregua...
...fra Israele e Palestina,
vorrei ricordare la posizione delle Nazioni Unite.
Il professor Richard Falk,
relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani,
ha espresso idee chiare in proposito:
Israele ha di fatto rotto la tregua in novembre...
...sterminando bellamente 17 palestinesi.
Nel mese di novembre
si erano registrate zero vittime israeliane,
zero vittime come in ottobre,
come nel mese precedente e in quello precedente ancora.
Lo ha ricordato recentemente
anche l’ex presidente Usa premio Nobel Jimmy Carter.
Dispiace che giornalisti come Travaglio,
che stimavamo perché estremo baluardo
di una informazione libera e quanto più possibile veritiera,
si siano messi l’elmetto dell’esercito israeliano
e intrattengano le masse
dinanzi al tubo catodico...
...dilettandosi
nello sport più di moda da queste parti:
il tiro a segno sugli infanti.
Batto i tasti
in un ufficio dell’agenzia di stampa Ramattan,
attorno i reporter palestinesi
vestono giubbotti antiproiettile ed elmetti.
Non tornano
né stanno per recarsi dinanzi ai carri armati,
siedono semplicemente
davanti ai loro computer.
Due piani più sopra
gli uffici della Reuters sono stati appena colpiti da un razzo,
due feriti gravi.
Quasi tutti i piani dello stabile sono vuoti al momento,
sono rimasti i giornalisti più eroici,
questo inferno in qualche modo
deve continuare a essere raccontato.
Poco prima l’esercito israeliano
aveva rassicurato la Reuters di non evacuare,
di restare negli uffici perché sicuri.
Stamane è stato bombardato e distrutto
anche l’edificio delle Nazioni Unite,
stabile messo in piedi
con i soldi del governo italiano.
Berlusconi, esisti?
Diversi i morti e i feriti.
John Ging,
capo dell’Unrwa,
parla chiaramente come testimone oculare
di bombe al fosforo bianco.
Nel quartiere Tal el Hawa di Gaza City,
un’ala dell’ospedale Al Quds è in fiamme;
imprigionata dentro insieme a una quarantina
fra medici e infermieri e un centinaio di pazienti
c’è anche Leila,
nostra compagna dell’Ism.
Ci ha raccontato per telefono
le loro ultime drammatiche ore.
Un carro armato è davanti all’ospedale
e i cecchini sono ovunque, sparano a qualsiasi cosa si muova.
Tutto intorno la distruzione.
Nella notte hanno visto dalle loro finestre
un edificio colpito dalle bombe incendiarsi...
...e udito le urla di terrore
di intere famiglie, di bimbi,
implorare aiuto.
Non hanno potuto muoversi e, impotenti,
hanno osservato quei corpi
arsi dal fuoco riversarsi in strada...
...e ridursi in cenere.
L’inferno si è rivoltato e al suo centro,
nel cuore pulsante di Gaza,
ci siamo noi i dannati...
...di un odio inumano.
Restiamo umani.
16 gennaio 2009
Geografie rivoltate
Si racconta che un anziano palestinese,
uscito di casa per procurarsi del cibo...
...durante una delle rare tregue mattutine,
non sia stato più in grado di trovare la via del ritorno.
I bombardamenti
hanno modificato radicalmente la geografia di Gaza,
alterandone allo stesso tempo il tessuto sociale.
Costrette a fuggire
verso punti cardinali differenti lungo tutta la Striscia,
centinaia di famiglie
che per anni hanno vissuto una accanto all’altra...
...non hanno più alcun contatto fra loro.
Per raggiungere il quartiere Tal el Hawa,
a sud est di Gaza City,
bisogna attraversare a piedi una superficie lunare.
Lasciandosi dietro crateri e collinette di macerie,
i carri armati israeliani
si sono ritirati ieri mattina dopo 48 ore di assedio.
A far da cornice alla desolazione,
l’insalubre inconfondibile odore della morte.
Arrancando fra ciò che resta di interi palazzi e case,
carcasse bruciate di automobili e ambulanze,
mi sono messo alla ricerca della casa di Ahmed.
Non è stata impresa facile,
proprio a causa di questo mutamento di interi quartieri
messi a ferro e fuoco dai soldati.
Ricordavo che Ahmed abitava
al termine di una strada sterrata, impossibile da riconoscere...
...ora che mi trovavo a incespicare
su un unico fondo terroso di detriti...
masticati e risputati fuori
dai cingoli dei carri armati.
Qualora alla fine di questa massiccia offensiva genocida
si effettuasse una fotografia satellitare di Gaza City,
credo sarebbe arduo convincere qualcuno
che si tratta della stessa città fotografata venti giorni prima.
Ahmed l’ho riabbracciato...
...e per entrambi è stato come rivedersi dopo tanti anni,
alla fine di un lungo viaggio,
di ritorno da un paese lontano.
Purtroppo invece il nostro viaggio al termine della notte
non prevede ancora albe...
...che non siano detonate dall’odio
di chi ha mobilitato generali e truppe per questo sterminio.
Il mio amico mi ha mostrato
dov’è rimasto piazzato il tank israeliano per due giorni,
proprio davanti al suo giardino.
Per tutto quel tempo
la sua famiglia ha vissuto in un sottoscala,
con il terrore che un colpo di obice
seppellisse per sempre le loro esistenze.
Solo ieri notte, Ahmed
contraddicendo agli ordini dell’apprensivo padre,
strisciando sul pavimento si è avventurato fino a una finestra
per dare uno sguardo all’inferno circostante.
Ha visto il carro armato muoversi a 30 metri da lui...
...e andare a sbattere contro la saracinesca di un supermercato,
aprire una breccia...
...e di seguito smontare dal mezzo corazzato alcuni soldati.
Li ha visti recarsi festosi a "fare la spesa".
"Hanno riempito il blindato a tal punto
che facevano fatica e rientrarci dentro".
Poi mi ha descritto le risate, i canti di scherno,
che per tutta la notte hanno intercalato le esplosioni:
"Alì, Mohammed, this is a message to your Allah Akbar!".
La resistenza che per alcuni giorni era riuscita stoicamente
a limitare l’avanzata dei blindati israeliani,
si è come eclissata nelle ultime ore.
Lo scontro è impari,
i kalashnikov fanno il solletico alle corazze dei tank,
al contrario i colpi di obice
riescono a perforare le case da una parte all’altra.
Il quartiere residenziale di Abraj Towers,
popolato per lo più dalle famiglie dei professori
che insegnano all’università di Al Aqsa, vicino a Fatah,
non ospita "terroristi di Hamas".
Come ne sono a conoscenza io,
è ovvio che ne sono informati anche a Tel Aviv,
ma per loro non conta,
il quartiere è stato ridotto a un cumulo di macerie.
A fianco dei palazzi colpiti, l’ospedale Al Quds,
dato alle fiamme nelle giornata di ieri.
I miei compagni hanno assistito il personale medico...
...nell’evacuazione dei 300 feriti
ricoverati nell’altro ospedale di Gaza City, lo Al Shifa.
Ci hanno impiegato diverse ore,
specie perché per il trasporto di alcuni pazienti gravissimi...
...sarebbe stato necessario usare ambulanze specializzate
che i palestinesi non hanno a disposizione.
Con il dottor Dagfinn Bjorklind
dell’Ong novergese Norwac abbiamo atteso gli ultimi evacuati...
...e posto alcune domande
agli infermieri scampati all’incendio dell’Al Quds.
Resoconti agghiaccianti,
confermati anche dai miei compagni testimoni oculari.
A duecento metri dall’ospedale
stavano riversi in strada una trentina di corpi,
molte donne e bambini,
alcuni dei quali ancora vivi.
Non hanno potuto raggiungerli: i cecchini dai tetti delle case
sparavano a qualsiasi cosa si muovesse.
Quei corpi sanguinanti per strada erano civili
in fuga dalle loro case colpite e incendiate dalle bombe.
Gli snipers israeliani non hanno esitato un secondo
a stenderli uno ad uno,
una volta inquadrati nell’occhio del loro mirino,
bambini compresi.
Vi confido
che il mio "restiamo umani"...
...ha vacillato spesso in questi ultimi giorni,
ma resiste.
Resiste come l’orgoglio,
l’attaccamento alla terra natia...
...intesa come identità e diritto
all’autodeterminazione della popolazione di Gaza,
dai professori universitari alla gente incontrata per strada,
medici e infermieri,
reporter, pescatori, agricoltori,
uomini, donne e adolescenti, quelli che hanno perso tutto
e quelli che non avevano più nulla da perdere,
fino all’ultimo fiato in gola
mi esprimono l’inshallah di una vittoria vicina,
il sincero convincimento
che le loro radici raggiungono profondità tali...
...da non poter essere recise da alcun bulldozer nemico.
Mentre scrivo uno schermo televisivo vicino
trasmette immagini dall’interno dell’ospedale Al Shifa,
uomini in lacrime si battono le mani sul viso
come per arginare l’irrompere di lacrime di disperazione.
A Shija’ya, est di Gaza City, un colpo sparato da un carro armato
ha mietuto sette vittime e 25 feriti.
Erano tutti riuniti in veglia funebre per un lutto
che aveva colpito la loro famiglia il giorno precedente.
Ieri il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak
si è scusato con il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon,
per i colpi di artiglieria
sparati sulla sede dell’Agenzia delle Nazioni Unite...
...per i rifugiati palestinesi a Gaza City
(fra l’altro costruita con i soldi del governo italiano,
Berlusconi se ci sei batti un colpo!).
"Si è trattato di un grave errore",
queste le sue parole.
Non una richiesta di perdono
per le famiglie dei 357 bambini palestinesi uccisi sino ad oggi.
Evidentemente NON si è trattato di un errore.
Da un paramedico della Croce rossa ho ascoltato il resoconto
del loro arrivo sulla scena del massacro di Zaitun.
Un bambino, visibilmente denutrito,
stava accucciato davanti al corpo della madre...
...in avanzato stato di decomposizione.
Per quattro giorni si era preso cura di quel corpo
come se fosse ancora vivo;
l’aveva asciugato dal sangue sulla fronte...
...e strisciando fra le macerie
di quella che era stata la sua casa...
...si era procurato acqua, pane e dei pomodori,
che aveva posato vicino al viso della madre morta.
Pensava stesse semplicemente dormendo.
I soccorsi della Croce rossa impediti dai cecchini israeliani,
sono riusciti a raggiungere il luogo del massacro
solo parecchi giorni dopo.
Restiamo umani.
17 gennaio 2009
L’amore sotto le bombe
Fare l’amore sotto le bombe.
Ricordo un amico di Nablus che mi spiegava...
...quanto gli fosse difficile ritagliarsi un momento d’intimità
con sua moglie durante l’occupazione.
Una sera, mentre se ne stavano abbracciati,
un proiettile si era conficcato nella tastiera del letto,
a un palmo dalle loro teste.
Di amoreggiare sotto le bombe a Gaza
in questi giorni non se ne parla proprio...
...e anche il futuro coniugale delle giovani coppie palestinesi
si prospetta difficile,
dal momento che in molti hanno perso la casa
e sono costretti a vivere ammassati nelle scuole dell’Unrwa...
...o stipati con altre 20 persone
in un minuscolo appartamento.
"Oggi è sabato, stasera a Tel Aviv le giovani coppie
vanno a divertirsi nelle discoteche o in spiaggia...
...mentre qui noi non riusciamo neanche
a fare l’amore nei nostri letti",
mi dice Wissam, sposato da novembre.
"Le luci stroboscopiche
però ce le abbiamo anche noi"
e mi indica dei lampi a sud:
bombardamenti in corso.
Ragazzi come Wissam, 19 anni, diventano padri molto presto
e a quarant’anni sono già nonni di diversi nipoti,
consci che l’essere prolifici
è l’unica immortalità per la Palestina.
Mentre dall’esterno si vocifera di una tregua,
negli ultimi due giorni
c’è stata un’impennata di bombardamenti...
...e vittime civili.
Soltanto ieri più di 60,
tra cui una decina fuori da una moschea
nell’ora della preghiera.
Ciò che preoccupa enormemente i palestinesi
è che si possa arrivare a un cessate il fuoco...
...senza la contemporanea riapertura dei valichi di frontiera.
Prima ancora di far entrare i materiali per la ricostruzione...
...servono alimenti...
...ed è necessario far uscire i feriti gravi.
Gli ospedali sono al collasso,
lungo tutta la Striscia
hanno una capienza massima di circa 1.500 posti letto...
...ma i feriti, al momento in cui scrivo,
sono già 5.320.
L’opinione pubblica palestinese inoltre
non si fida del ruolo d’intermediario svolto dall’Egitto,
la cui leadership è notoriamente servile ai voleri d’Israele.
"Perché non si è chiesta
l’intermediazione di un paese europeo?
Per la risoluzione del conflitto fra Israele e Hezbollah...
...fu fondamentale il ruolo della Germania,
paese veramente neutrale",
mi dice sconsolato Hamza, un docente universitario.
Questa mattina un’altra scuola dell’Onu...
...è stata centrata dai tank israeliani a Beit Lahyia,
nel nord della Striscia.
Quattordici feriti e due fratellini di 5 e 7 anni ammazzati,
Bilal e Mohammed Al-Ashqar;
la loro mamma è sopravvissuta
ma ha perso entrambe le gambe.
Come altre 42.000 persone...
...si erano rifugiati nella scuola
dopo che Israele aveva intimato l’evacuazione dalle loro case.
Ritenevano di essere al sicuro,
esattamente come i 43 profughi...
...sterminati il 6 gennaio scorso
nella scuola dell’Unrwa a Jabalia.
"Questi due bambini erano innocenti,
senza dubbio,
così come non c’è dubbio che siano morti",
ha dichiarato il capo dell’Onu a Gaza, John Ging,
che da giorni continua instancabilmente a denunciare
i crimini di guerra compiuti dai soldati israeliani, invano.
I generali israeliani si apprestano a dichiarare al mondo
"missione compiuta".
Sono tornato sulle macerie di Tal el Hawa,
la parte ancora in piedi dell’ospedale
dato alle fiamme dai soldati...
...ha ripreso a funzionare come pronto soccorso
e base logistica per le ambulanze.
Dai palazzi seriamente danneggiati
continuano a tirare fuori feriti imprigionati tra le macerie.
All’ospedale Al Shifa
è ricoverato un bambino di nome Suhaib Suliman,
unico superstite di una famiglia di 25 persone .
Una ragazzina, Hadil Samony,
di familiari ne ha persi 11.
Quando verrà dimessa,
non avrà più nessuno che potrà occuparsi di lei.
Scusate, qualcuno è in grado di spiegarmi
di che missione si trattava?
Dalla punizione collettiva alla strage di massa.
Un arabo frustrato di nome Raja Chemayel
sul suo blog la definisce così:
"Prendete un pezzo di terra,
lungo 40 chilometri e largo all’incirca cinque.
Chiamatelo Gaza.
Poi riempitelo
con un milione e quattrocentomila abitanti.
Dopo di che circondatelo con il mare ad ovest,
l’Egitto di Mubarak a sud, Israele a nord e ad est...
...e chiamatela la Terra dei Terroristi.
Poi dichiaratele guerra
e invadetela con 232 carri armati,
687 blindati,
43 postazioni di lancio per jet da combattimento,
105 elicotteri armati,
221 unità di artiglieria terrestre,
346 mortai, 3 satelliti spia,
64 informatori,
12 spie infiltrate e 8.000 truppe.
E ora chiamate tutto questo
"Israele che si difende".
Adesso fermatevi per un momento
e dichiarate che...
"eviterete di colpire la popolazione civile"
e definitevi l’unica democrazia in azione.
Sarà un miracolo, da qualunque punto di vista, evitare di colpire
quei civili oppure sarà semplicemente una menzogna...
...dal momento che nessuno potrebbe evitare di colpirli
a meno che non sia un bugiardo.
Ora arriva la mia domanda:
Che cosa succederebbe
se questo invasore si rivelasse un bugiardo?
Che cosa accadrebbe a quei civili disarmati?
Come potrebbe perfino Madre Teresa,
o addirittura Topolino, con una tale potenza di fuoco,
riuscire ad evitare di colpire quei civili
in presenza di una tale equazione/situazione/scenario?
Chiamate tutto questo come volete.
Israele era perfettamente al corrente
della presenza di quelle persone disarmate,
perché è stato proprio Israele a metterle lì.
E allora chiamatelo genocidio.
È più credibile".
A parte un paio di leader assassinati,
Hamas non ha risentito di questa offensiva,
non ha certo perso consensi,
semmai ne ha guadagnati.
Ogni tanto qualcuno dovrebbe ricordarsi che Hamas
non è un gruppuscolo di terroristi e neanche un partito politico,
ma un movimento...
...e in quanto tale non certo neutralizzabile
con una pioggia di bombe a grappolo.
Quando domando ai palestinesi un parere
sul reale obiettivo di questo brutale massacro,
molti rispondono che secondo loro
è in funzione delle elezioni israeliane del febbraio prossimo.
"Fanno propaganda sulla nostra pelle,
è sempre stato così alla vigilia di ogni elezione".
Netanyahu, che solo un mese fa pareva il vincitore certo,
nei pronostici ora è dato per perdente
dinanzi agli occhi iniettati di sangue di Olmert e Livni.
Avigdor Lieberman è il leader di Yisrael Beitenu,
al momento la quinta forza politica del paese,
ma i sondaggi lo danno in forte crescita
specie dopo una dichiarazione aberrante come questa:
"Gaza dovrebbe essere cancellata dalle mappe
con una bomba atomica,
come hanno fatto gli americani
con Hiroshima e Nagasaki."
Lo scrittore israeliano Abraham Yehoshua
ha detto ieri su Ha’aretz:
"Uccidiamo i loro bambini oggi per salvarne tanti domani".
Temo che il suo Viaggio alla fine del Millennio...
...sia terminato a bordo di un carro armato
parcheggiato dinanzi a un ospedale in fiamme.
Voltaire invitata a rispettare qualsiasi opinione,
io invito a smetterla di gettare i semi dell’odio...
che qui, innaffiati di sangue,
alimentano il germe di un risentimento insanabile.
Restiamo umani.
19 gennaio 2009
I morti e i vivi
A Gaza solo i morti hanno visto la fine della guerra.
Per i vivi non c’è tregua che tenga
alla battaglia quotidiana per la sopravvivenza.
Senza più acqua, gas, corrente elettrica,
senza più pane e latte per nutrire i propri figli.
Migliaia di persone hanno perduto la casa.
Dai valichi entrano aiuti umanitari col contagocce...
...e si ha come la sensazione...
...che la benevolenza dei complici dei massacratori
sia solo momentanea.
Domani il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon
verrà a visitare Gaza,
siamo certi che John Ging, a capo dell’Agenzia
per i profughi palestinesi, ne avrà da raccontargliene;
dopo che Israele ha bombardato
due scuole delle Nazioni Unite,
ha assassinato 4 suoi dipendenti,
ha colpito e distrutto
il centro dell’Unrwa di Gaza City,
riducendo in cenere
tonnellate di medicinali e beni alimentari...
...destinati alla popolazione civile.
Le macerie di Gaza
continuano a vomitare morti in superficie.
Ieri fra Jabalia, Tal el Hawa e Zaitun,
paramedici della Mezza Luna Rossa...
...con l’aiuto di alcuni volontari dell’Ism...
...hanno estratto dalla rovine 95 cadaveri,
molti dei quali in avanzato stato di decomposizione.
Camminando per le strade della città di Gaza...
...senza più il costante terrore di un bombardamento
chirugicamente mirato alla mia decapitazione,
tremo ancora
alla vista dei cani randagi raccolti in circolo,
a ciò che mi si potrebbe parare davanti agli occhi...
...come loro pasto.
Gli uomini tirano un sospiro di sollievo
e tornano a frequentare moschee e caffè,
ma è facilmente smascherabile
il loro atteggiarsi alla normalità,
per i molti che non hanno più dove abitare
e per i moltissimi che hanno perso un familiare.
Fingono un ritorno alla routine
per incoraggiare le mogli e i figli:
in qualche modo bisogna oltrepassare
anche questa catastrofe.
Con alcune ambulanze questa mattina
ci siamo recati nei quartieri più colpiti della città,
Tal el Hawa e Zaytoun,
muniti di un questionario,
porta a porta abbiamo registrato l’entità dei danni agli edifici...
...e preso nota delle primissime urgenze per le famiglie:
medicinali per gli anziani e i malati,
e riso, olio, farina,
il minimo per alimentarsi.
Tutto quello che abbiamo potuto consegnare al momento
sono metri e metri di nylon,
da apporre alle finestre
laddove prima c’erano i vetri a difendere dal freddo.
Compagni dell’Ism a Rafah mi hanno informato...
...che la municipilità ha distribuito
alcune migliaia di dollari, poca cosa,
a quelle famiglie che hanno visto la loro casa
rasa al suolo da bombe
che a detta d’Israele
erano destinate alla distruzione dei tunnel.
Al termine del conflitto in Libano,
gli Hezbollah staccarono milioni di dollari in assegni
per ripagare i civili libanesi rimasti senzatetto.
In una Gaza sotto assedio ed embargo,
ciò che Hamas potrà versare
come risarcimento alla popolazione
"basterà a mala pena
a rimettere su un capanno per il bestiame",
mi fa sapere Khaled, contadino di Rafah.
La tregua è unilaterale,
quindi Israele unilateralmente decide di non rispettarla.
Ieri a Khan Yunis,
un ragazzo palestinese ucciso e un altro ferito.
A est di Gaza City...
...elicotteri innaffiavano di bombe al fosforo bianco
un quartiere residenziale.
La stessa cosa si è verificata a Jabalia.
Oggi, sempre a Khan Younis
navi da guerra hanno cannoneggiato su uno spazio aperto,
fortunatamente senza ferire nessuno;
e mentre scrivo
arriva la notizia di un’incursione di carri armati.
Non ci risultano lanci di razzi palestinesi
nelle ultime 24 ore.
Giornalisti internazionali
sciamano affamati di notizie lungo tutta la Striscia,
sono riusciti a raggiungerci solo oggi:
Israele ha concesso loro il lasciapassare a mattanza finita.
Dinnanzi allo scheletro annerito di ciò che resta
dell’ospedale Al Quds di Gaza City,
un interdetto reporter della BBC
mi ha chiesto come è stato possibile per l’esercito...
...scambiare l’edificio per un covo di terroristi.
Gli ho detto:
"Per lo stesso motivo per cui dei bambini
in fuga da un palazzo in fiamme a fianco dell’ospedale,
sono entrati nel mirino dei cecchini israeliani...
...che non hanno esitato un istante a ucciderli...
...spandendo la loro materia cerebrale sull’asfalto".
Ho risposto al giornalista inglese,
ancora più accigliato.
È evidente l’abisso fra noi
che siamo testimoni di questo massacro...
...e chi ne viene a conoscenza
tramite i racconti dei sopravvissuti.
Da Roma mi informano che l’Unione Europea...
...avrebbe congelato i fondi per la ricostruzione...
...fino a quando Gaza sarà governata da Hamas.
Lo ha lasciato intendere...
il Commissario europeo per le Relazioni estere,
Benita Ferrero-Waldner:
"Gli aiuti per la ricostruzione della Striscia",
ha detto la diplomatica europea,
"potranno arrivare
solo se il presidente palestinese Abu Mazen...
...riuscirà ad imporre nuovamente
la sua autorità sul territorio".
Per i palestinesi di Gaza
questo è un chiaro invito dall’esterno alla guerra civile,
ad un colpo di stato.
Come legittimare il massacro di 410 bambini...
...che sono morti
perché i loro genitori hanno scelto la democrazia
ed eletto liberamente Hamas.
"L’unione Europea ricalca alla perfezione
la criminale politica di punizione collettiva imposta da Israele.
perché non affidano i fondi all’Onu?
O a qualche organizzazione non governativa?."
"Gli Stati Uniti sono liberi
di eleggere un guerrafondaio come Bush,
Israele di scegliere leader con le mani sporche di sangue
come Sharon e Netanyahu,
e noi popolazione di Gaza...
...non siamo liberi di scegliere Hamas...",
mi suggerisce Mohamed,
attivista per i diritti umani...
...che non ha votato per il movimento islamico;
non ho argomenti per contraddirlo.
I palestinesi vivi imparano dai morti,
imparano a vivere morendo,
sin dalla più tenera età.
Tregua dopo tregua,
la percezione è quella di una macabra parentesi...
...per contare i cadaveri fra una mattanza e l’altra,
verso una pace che non è mai stata così distante.
Perlustrando Gaza City a bordo di un’ambulanza,
per una volta con la sirena muta,
la guerra resta presente impressa...
...nelle rovine di una città saccheggiata di sorrisi
e popolata da sguardi spauriti,
occhi che insistono a scrutare il cielo
verso aerei ancora incessantemente in volo.
All’interno di una casa
che ho visitato coi paramedici palestinesi,
sul pavimento ho notato dei disegni in pastello,
chiaramente una mano infantile
li aveva abbandonati evacuando in fretta e furia.
Ne ho raccolto uno:
carri armati, elicotteri
e omini stilizzati fatti a pezzi.
In mezzo al foglio un bambino ritratto con una pietra
riusciva a raggiungere l’altezza del sole...
...e danneggiare una delle macchine volanti
con impressa la stella di David.
Si dice che il significato del sole in un disegno infantile...
...è il desiderio di essere, di apparire.
Quel sole che ho visto
piangeva in pastello rosso, lacrime di sangue.
Per lenire questi traumi,
una tregua unilaterale basta?
Restiamo umani.
20 gennaio 2009
Tracce di morte
"Quando emergeranno
le enormi distruzioni della Striscia di Gaza,
non potrò più andare ad Amsterdam per turismo,
ma solo per comparire
davanti al Tribunale Internazionale dell’Aja".
Queste le parole rilasciate al quotidiano Ha’aretz...
...da un ministro israeliano
che ha chiesto di restare anonimo.
Organizzazioni umanitarie
e singoli cittadini indignati di mezzo mondo...
...stanno provando infatti a trascinare davanti ai giudici
l’esercito e il governo israeliano,
nella speranza di farli inquisire per i crimini di guerra
di cui si sono macchiati durante i 22 giorni di massacri a Gaza.
Nelle loro apparizioni pubbliche
i vertici militari e governativi non paiono preoccuparsene:
dichiarano di avere prove tangibili
per dimostrare che gli edifici bombardati...
...erano in realtà basi logistiche
utilizzate dai terroristi di Hamas.
Intendiamoci,
stiamo parlando di più di 20 mila case
danneggiate dalle bombe,
e di oltre 1.300 vittime.
Per accertarmi della precisione chirurgica...
...con cui questi ipotetici centri nevralgici
del terrorismo islamista sono stati colpiti...
...sono andato a Jabal Al Dardour, nel nord della Striscia,
una delle aree più massicciamente colpite dall’artiglieria israeliana.
Decine gli edifici rasi al suolo,
con i mastodontici bulldozer corazzati
che la Caterpillar (da boicottare)...
...assembla appositamente
per l’abbattimento delle case palestinesi...
e che vengono utilizzati
per dare manforte ai tank nell’opera di distruzione.
Tra le rovine ho visto uomini e donne rovistare
in cerca di qualcosa di ancora utilizzabile, qualche indumento,
un paio di cartelle scolastiche ricoperte di polvere,
foto di famiglia in cornici crepate.
Non ho scorto resti di arsenali distrutti,
ma solo edifici scoperchiati
dove s’intuiscono salotti, avanzi di stanze da letto,
cucine ridotte in cenere.
Abu Omar, biologo molecolare,
mi ha invitato a vedere
ciò che è rimasto in piedi del suo appartamento,
e anche il suo vicino di casa, Osama, pediatra,
mi ha mostrato la sua casa ridotta una gruviera.
La forza di propulsione dei missili...
...ha trascinato contro il palazzo
i frutti dell’adiacente aranceto.
Il loro succo,
mescolato al sangue rappreso sul pavimento,
pareva la tavolozza di un pittore naif.
Un anziano col capo fasciato da un kefia...
...si è avvicinato per informarsi sul paese di provenienza di Natalie,
la nostra compagna libanese dell’Ism.
Agitando nell’aria un bastone,
come a disegnare un lungo arco,
dinanzi a quel panorama di devastazione...
...le ha detto:
"Beirut e Gaza, stesso quadro, stesso artista".
Anche la piccionaia di Osama
non è stata risparmiata dalle detonazioni:
i volatili giacciono al suolo
come arresi a un cielo più pesante di loro,
pesante di "piombo fuso".
"Hanno voluto annientare l’aviazione palestinese...
...o forse pensavano che i tuoi pennuti
fossero staffette partigiane di Hamas...",
ho detto al pediatra strappandogli un sorriso amaro.
Abbiamo incrociato
il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon...
...mentre ci muovevamo sul nostro taxi sgarrupato:
un lungo corteo di suv nuovi fiammanti
coi vetri oscurati e gli stemmi "UN"...
...sgommava per Gaza City
come se la terra gli tremasse sotto le ruote.
In effetti è stato così fino all’altro ieri.
Girando nel puzzle non ricomponibile
delle rovine di Jabal Al Dardour...
...ho sentito fare il mio nome
e voltatomi ho scorto la figura di Abu Ashrafa.
Ero stato alla veglia funebre di suo figlio,
ucciso da un bombardamento nel mese di novembre,
quando secondo Israele e i media occidentali
era ancora in corso una tregua.
Ha perso un altro parente,
e la sua casa è stata buttata giù dalle fondamenta.
"Non un animale, non una pietra,
non un ulivo ci hanno lasciato in piedi, non sono esseri umani".
così dicendo mi ha accompagnato nel suo uliveto.
Diversi alberi, quelli secolari,
sono stati strappati via dai bulldozer israeliani.
Come per rifarsi di quelle vite
che pare impossibile sradicare dalle loro origini,
dalla loro identità e brama di giustizia.
Poco distante mi si è fatto incontro un uomo di mezza età...
...e mi ha chiesto se, a mio parere,
ogni palestinese fosse un guerrigliero di Hamas.
Da una finestra della sua abitazione sventrata,
sventolava una bandiera gialla di Fatah.
"Il nostro kalashnikov è la nostra fede e il nostro onore,
difenderemo la nostra terra con le unghie e con i denti
come difenderemmo nostra figlia da uno stupro",
mi ha detto il militante di Fatah.
Se l’obiettivo d’Israele
era isolare o debellare Hamas dalla Striscia,
soffiando sul fuoco
di un popolo già diviso da diatribe fratricide,
Israele ha ottenuto il risultato contrario,
perché le bombe hanno in parte restituito
unità nazionale a Gaza.
La cartina di tornasole di questa nuova situazione...
...è rappresentata dalla mukawama,
la resistenza palestinese,
eroica nel cercare di arrestare
l’avanzata dell’esercito israeliano.
Le lunghe barbe degli islamisti
delle brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas,
hanno combattuto a fianco dei pizzetti sbarazzini
dei guerriglieri marxisti del Fronte Popolare,
insieme ai martiri di al-Aqsa di Fatah.
Solo il tempo saprà dirci
se questa ritrovata unità delle milizie...
...potrà riflettersi sulla società civile e sulla politica.
Lasciando l’ambiente lunare
dell’area spogliata di costruzioni di Jabal Al Dardour,
ci siamo soffermati davanti a un bambino imbronciato
che se ne stava seduto su una collinetta di massi,
quel che è rimasto del suo cortile di casa.
Gli abbiamo chiesto
che cosa passasse nella sua testa in quell’istante.
Nelle sue elementari parole lasciava intendere
che a suo parere Hamas e la sua resistenza...
...fossero i veri responsabili di questa catastrofe.
Allora Fida, nostra compagna dell’Ism,
con fare materno lo ha preso in disparte...
...e gli ha brevemente raccontato la sua storia.
Di come i soldati entrarono a Rafah nel 2004...
...e rasero al suolo interi quartieri,
esattamente come è successo
dove ci trovavamo in quel momento.
Allora non c’era Hamas ma Fatah
e il suo leader Arafat era il terrorista, il nemico numero uno...
...da debellare e spazzare via dalla Palestina.
Ma invece di Fatah le truppe israeliane anche allora
colpirono e uccisero indiscriminatamente decine di civili,
radendo al suolo anche la casa della nostra amica.
Tornando verso Gaza City...
...l’automobile su cui viaggiavamo è sprofondata in un fosso
scavato sull’asfalto dai cingoli dei carri armati.
Il tassista si è voltato dicendomi:
"La morte è passata di qui e ha lasciato le sue tracce".
Chissà quanto tempo ci vorrà
per curare questa terra e cicatrizzare le sue ferite.
Restiamo umani.
22 gennaio 2009
Lacrime che hanno visto
Ho varcato la soglia di casa, davanti al porto di Gaza City,
dopo parecchi giorni di assenza.
Tutto è rimasto come l’avevo lasciato:
la bombola del gas continua a soffrire di stenti,
e rimpinguarla costa troppo,
la corrente elettrica resta tagliata
da una cesoia straniera.
E' mutato il panorama godibile dalle mie finestre,
non riconcilia più il morale affranto dalla miseria
di una vita sotto l'assedio israeliano,
ma rigira il coltello nella piaga di un trauma irremovibile:
la testimonianza di un massacro.
Della stazione dei pompieri, a venti metri dal mio uscio,
non resta che un enorme cratere in cui...
...come a voler esorcizzare il terrore dei genitori,
bighellona un gruppo di bambini.
Il richiamo alla preghiera del pomeriggio non ha più
il conforto del salmodiare del muezzin a cui ero abituato.
Chissà dove è finito, se è riuscito a sopravvivere
nella sommità di uno dei pochi minareti rimasti in piedi.
L’ultima volta che lo avevo ascoltato, questo muezzin anonimo
era stato costretto a interrompere la liturgia del suo canto...
...per una tosse catarrosa.
Una tosse dalla quale
non sono immune nemmeno io...
causata dai gas delle bombe
che a Gaza non hanno risparmiato nessuno.
Sotto una porta-finestra che dà su un piccolo balcone
ho trovato un messaggio...
...come fosse stato infilato da una mano amica.
E il giardino e la strada erano ricoperti di questi stessi volantini
lasciati cadere dagli aerei israeliani:
intimano alla popolazione palestinese di rimanere allerta,
di prendere coscienza dei muri che hanno occhi e orecchi.
"Al minimo atto offensivo contro Israele
torneremo a invadere la striscia di Gaza...
...quello che avete vissuto in questi giorni
non è nulla in confronto a ciò che vi aspetta".
Per strada alcuni ragazzi avevano raccolto questi volantini
e li avevano ripiegati per farne aeroplanini di carta,
cercavano di rispedire il messaggio al mittente.
Ahmed al telefono invece mi ha raccontato
di un altro gioco degli adolescenti:
fino a qualche giorno fa si divertivano ad attizzare il fuoco
calciando i frammenti delle bombe al fosforo bianco,
di cui tutta la Striscia è stata disseminata.
I residui di questi ordigni ad alto potenziale chimico
pare abbiano facoltà incendiarie imperiture:
raccolti dopo diversi giorni dalla loro detonazione,
se scossi, riescono ancora a infiammarsi.
I paramedici dell’ospedale Al Quds raccontano
come hanno rinunciato subito a cercare di domare gli incendi...
...provocati da queste bombe proibite,
le fiamme parevano alimentarsi al contatto con l’acqua.
"Il frutto di tutta la merda
che ci hanno tirato addosso in queste tre settimane,
lo raccoglieremo nel prossimo futuro
in tumori e neonati deformati",
mi ha detto Munir,
medico dell’ospedale Al Shifa.
Anche i vicini di Gaza sembrano essere preoccupati per l'uso massivo
di armi vietate da tutte le convenzioni internazionali.
A Sderot come ad Ashkelon, i cittadini israeliani
hanno formalmente richiesto al loro governo...
...delucidazioni circa le armi utilizzate
durante queste tre settimane:
è evidente che l’uranio impoverito e il fosforo bianco...
...sparso in maniera criminale
sul fazzoletto di terra di Gaza...
...nel provocare malattie genetiche
non farà distinzione tra ebrei e musulmani.
Dovremmo essere in piena tregua...
...eppure oggi nel mio letto mi ha destato dal sonno
il boato sordo del cannoneggiare di navi da guerra,
esattamente come qualche giorno fa
a bombardamenti in corso.
Muniti di reti, alcuni pescatori palestinesi stavano provando
a lasciare il porto a bordo delle loro barchette.
La marina israeliana li ha ricacciati indietro.
Ormai l’unico pesce di cui ci si può cibare a Gaza...
...è quello delle scatolette di tonno egiziano
fatte entrare attraverso i tunnel il mese scorso.
Ad est di Gaza City ulteriori "danni collaterali" delle bombe israeliane:
due bambini sono saltati in aria giocando con un ordigno inesploso.
Testimoni parlano di mine posizionate
davanti alle macerie delle case di Tal el Hawa.
Alcuni artificieri inviati da Hamas le hanno disinnescate...
...e dalla cura con cui ho visto
che le caricavano sul loro fuoristrada...
...credo che presto anche le brigate Al Qassam
cercheranno di rispedire quei messaggi al mittente.
Il confine israelo-palestinese non è mai sembrato così rimarcato
come dal tetto della casa di Naema.
Da una parte le colline verdeggianti
e costantemente irrigate dei kibbutz israeliani,
dall’altra l’arsura
di una terra saccheggiata di sorgenti e pascoli.
Naema mi ha raccontato i suoi ultimi giorni...
...una testimonianza olfattiva,
tattile e uditiva del massacro.
Non oculare, perché Naema è non vedente.
I soldati hanno intimato l’evacuazione del suo villaggio
solo una manciata di minuti prima d’invaderlo.
Gli uomini si sono caricati sulle spalle i bambini piccoli
e sono scappati trascinandosi dietro anche le donne.
Naema ha scelto di restare,
per non rallentare la loro fuga.
Si è rifugiata tra le sue quattro mura credendosi al sicuro...
...ed ha accolto con sé i suoi vicini
che non sapevano dove andare:
tre donne, un’anziana, e un vecchio paralitico.
Tank e bulldozer hanno sconfinato
e iniziato a seminare distruzione,
divorando la terra ettaro dopo ettaro,
sino ad arrestarsi dinnanzi all’abitazione di Naema.
L’edificio in cui vive sorge su una collinetta
ed è il più alto del villaggio.
I soldati di Tsahal
hanno giudicato strategica la sua posizione,
sono entrati
e l’hanno occupato per due settimane.
"Sono arrivati e ci hanno puntato le loro armi...
...spingendoci in una piccola stanza,
dove ci hanno rinchiuso per 11 giorni", racconta Naema.
"Durante tutto questo tempo
solo due volte ci hanno portato da bere...
...e il cibo era rappresentato
dall'avanzo del rancio dei soldati.
Non ci hanno mai consentito di andare in bagno
e abbiamo dovuto fare i bisogni in un angolo della stanza.
Non ci consentivano di parlare
e venivano a malmenarci...
...quando la notte in cerchio
cercavamo di pregare.
Ci intimavano armi alla nuca...
...di confessare la nostra appartenenza ad Hamas...
...ci insultavano quando non obbedivamo".
Al termine dell’undicesimo giorno di prigionia...
...la Croce Rossa Internazionale è finalmente riuscita
ad arrivare sul luogo e a liberare i sei palestinesi dai loro carcerieri.
"Non ci hanno permesso di raccogliere niente,
a me neanche gli occhiali da sole",
conclude il suo racconto la donna, aggiungendo che
una volta tornati a riprendere possesso della loro abitazione...
...si sono resi conto del furto dei soldati:
si sono portati via tutto il loro oro e i soldi nascosti,
dopo avere distrutto i pochi beni,
due televisori, una radio, un frigorifero,
i pannelli solari sul tetto.
Ho visto lacrimare gli occhi di Naema
nascosti sotto i suoi nuovi occhiali scuri...
...e mi sono parsi i più vividi che abbia mai veduto.
In realtà Naema ha visto coi suoi occhi spenti...
molte più cose di quante una giovane della sua età
avrà mai l’occasione di vedere,
se non ha la cattiva sorte
di nascere in questa terra martoriata.
Restiamo umani.