Vi ricordate l’emergenza rifiuti di Napoli del 2008? Provate a tornare indietro a quel momento: magari ricordate anche cosa facevate, il ponte del Primo Maggio del 2008. Non so voi, ma io ero proprio a Napoli. Era una città meravigliosa, con monumenti meravigliosi e un cielo blu spettacolare. E una montagna di rifiuti. Immondizia ovunque: a fianco ai musei, a fianco ai monumenti, persino a Capri. Era uno spettacolo incredibile: questo. (Musica) (Video) Nel 2008, da tempo, io cercavo di creare una mia propria idea imprenditoriale che mi gratificasse e mi potesse gratificare nel futuro come professione. Io allora facevo la consulente: supportavo le aziende in progetti di innovazione e di cambiamento organizzativo; però aiutare gli altri, e far sì che le cose accadessero per gli altri, mi facevano sentire una gregaria e non la protagonista della mia vita professionale. Non so voi, ma io credo in quei segnali sottili che non sono il caso, ma sono assolutamente il tuo destino. E così, davanti a quell’incredibile visione di cultura, bellezza e rifiuti, l’idea nacque assolutamente in modo chiaro e forte: avrei realizzato oggetti di design, oggetti di “Made in Italy” di alta gamma, ma con materiali rigenerati! Eh già, ma solo un folle può immaginare di pensare di unire la moda e il design con i rifiuti. Per fortuna il cognome mio - Pazzi - mi aiutò a mantenere questa visione e a crederci fino in fondo, anche in un momento dove, in realtà, i rifiuti erano un problema, un costo, e non erano ancora visti come una opportunità di business. Dovete sapere che l'Italia pagava altre aziende e altre nazioni, specialmente nell'Europa del Nord, per trasferire a loro i nostri rifiuti e per smaltirli. Per noi erano un costo: per questi mercati e queste nazioni erano una doppia opportunità perché da una parte ricevevano soldi da noi, e dall'altra li ricevevano, perché trasformavano i nostri rifiuti in energie, e così potevano rivendere l'energia. Ecco che in questi paesi si era già attivata un’economia che si chiama economia circolare. È una rivoluzione, quindi, economica nella gestione e trasformazione dei rifiuti. Ovviamente, in Italia ancora tutto ciò non esisteva. Che cos'è l'economia circolare? È in realtà un cambiamento di mentalità. Si parte da un modello di economia lineare, dove tipicamente un prodotto viene prodotto, utilizzato e poi gettato. In realtà, in questo modo, non facciamo altro che generare i rifiuti, e quindi generare un problema, che il nostro pianeta non è più in grado di sostenere. Al contrario, l'economia circolare si basa su un concetto di ingegnerizzazione e di ripensamento dei prodotti, dove ogni prodotto, una volta soddisfatto un bisogno, può diventare qualcos’altro, può cambiare funzione, avere una nuova vita, migliore della precedente, e non [essere] più, quindi, un rifiuto. Quindi è un nuovo paradigma, dove si utilizzano parole come riuso, riciclo, recupero. Come ad esempio questi prodotti, che sono realizzati dalla trasformazione di pannelli interni di frigoriferi e dai bicchierini delle macchine del caffè. Questo è il paradigma dell'economia circolare, che è ben diversa dall’economia lineare, anche nei suoi risultati, come vedete in fondo. Vi voglio portare qualche numero: noi nel mondo siamo in sette miliardi. Tre di questi vivono in aree urbane, e producono 1,5 miliardi di tonnellate annue di rifiuti solidi. Si calcola che nel 2025 questi rifiuti diventeranno 2,2 miliardi. Io non voglio spaventarvi, ma questi sono i tempi di degradazione dei rifiuti, in termini di anni. Voi tenete conto che nel mondo ci sono delle isole galleggianti di rifiuti. Sono ben cinque, negli oceani, la più grande delle quali è nell’Oceano Pacifico, nel nord. È grande quasi quanto gli Stati Uniti. Nessuno riconosce come propri questi rifiuti, e come tale nessuno stato è interessato, o comunque sia, è impegnato a far sì che questi rifiuti vengano ripuliti. A questo punto noi abbiamo realizzato un progetto: abbiamo deciso di trasformare in oro, quello che altrimenti sarebbero rifiuti, ed è nato un mantra, che è quello di trasformare i rifiuti in bellezza, perché non esista antitesi fra bellezza, funzionalità ed eco-compatibilità. Perché crediamo che dal mercato, dalla società dei consumi, possa nascere qualcosa di bello e di assolutamente compatibile con una funzione e con un'estetica legata alla sostenibilità. Per fare ciò noi abbiamo creato un mondo, dove abbiamo unito varie competenze: competenze di natura produttiva, creativa. Abbiamo fatto sì che queste persone si incontrassero e trovassero un contesto fertile, per poter realizzare questi progetti. È incredibile pensare che dei designer di fama internazionale abbiano accettato, fin dall'inizio, di inserirsi in questo progetto e ancor più accettando una sfida molto importante perché questi materiali che vedete, che sono parte della nostra materioteca, sono materiali che loro non conoscevano, e nemmeno noi li conoscevamo. Soprattutto in termini di lavorabilità di questi materiali. Per questo ci siamo fatti aiutare dal Politecnico di Torino e da Matrec, che è un portale di ricerca di materiali rigenerati, per arrivare a creare una materioteca, una raccolta di materiali rigenerati, con allegato ovviamente anche schede e campioni. È stato naturalmente un percorso, che è iniziato quasi 10 anni fa, ma che continua tuttora perché per noi è una continua sperimentazione, quella di realizzare questi prodotti della rigenerazione di scarti. È ovvio, che per noi è fondamentale il processo di trasformazione, perché è tecnologicamente avanzato ed innovativo. Quello che a noi interessa è che questi materiali abbiano una qualità pari a quella delle materie prime vergine, una estetica ovviamente accattivante e soprattutto una sostenibilità economica. Questa è assolutamente una sfida importante perché sono tutta una serie di filtri che portano ovviamente, spesso, ad intraprendere delle strade, che poi non portano a nulla. Ad esempio, realizziamo questo vassoio con 100 lattine, piuttosto che con la pelle rigenerata, piegata come un origmani, questo cestino per la carta. Sono piccole bellezze, - piccole poesie, scusate, di bellezza - legate alla sostenibilità e agli scarti. Assolutamente dei prodotti, dove "bello" si sposa con "sostenibilità" e dove il lusso possa assolutamente essere compatibile con questi termini di eco-sostenibilità. Nel mio percorso sono stata ispirata da una serie di persone, che per il loro carisma e la loro forza hanno avuto la capacità di accendere dibattiti molto forti su queste tematiche sfruttando ovviamente anche la loro notorietà e presenza pubblica. Una persona è Livia, moglie di Colin Firth, che da più di un decennio è paladina di un impegno legato al rispetto per l’uomo e l'ambiente. Costantemente lei denuncia all'opinione pubblica dei comportamenti poco etici, tipicamente nel settore della moda e del fast fashion. Come pure sfida le dive del cinema e della moda con il suo progetto di Green Carpet Challenge a utilizzare abbigliamento etico, quindi vestiti etici, negli eventi più mondani, come anche la notte degli Oscar. Ellen McArthur è una ragazza che è cresciuta nella campagna inglese e aveva il sogno di diventare navigatrice, lontana dal mare. Però lei c’è riuscita, meglio di chiunque altro perché nel 2005 ha infranto il record della circumnavigazione del globo in solitario, e, ovviamente, questo successo le ha dato una notorietà internazionale. Notorietà che nel 2010 ha deciso di utilizzare per affrontare una nuova sfida: ha creato una fondazione, ha messo insieme l'industria e l’istruzione e ha fatto si che ci fosse un’accelerazione molto forte, nel passaggio dall’economia lineare all'economia circolare. Ovviamente è un’economia che assolutamente porta solo vantaggi nella trasformazione dei materiali, nell'energia sostenibile, e quindi un impatto positivo nell’economia. Tenete conto che la Commissione Europea ha calcolato che in futuro possono esserci 580.000 nuovi posti di lavoro, se si adottano queste politiche, con un risparmio annuo per le imprese europee di 72 miliardi di euro. Sono tanti soldi, legati ovviamente a un consumo più responsabile, ma anche a un utilizzo più efficiente di materie. È chiaro che a questo punto, per me, il sogno è cambiato notevolmente. Non sono brava come Ellen, nel navigare in solitario, ma sicuramente anche il mio è stato un viaggio in solitario. Finalmente è arrivata una nuova sfida: quella di poter coinvolgere altre aziende, fare sistema e creare quindi un portale, dove aziende possano essere interessate ad applicare questi concetti di economia circolare, e realizzare, ad esempio, un portafoglio come questo, che è nato dal recupero delle tute dei piloti di moto gp. Naturalmente la sfida è grande: è molto importante, perché l'economia circolare chiede tanto, alle aziende. Però dona anche, tanto. Chiede tanto perché le aziende devono ripensare al proprio business model, devono riprogettare i prodotti, ragionare in termini di maggiore efficienza, di costi, energie, spese ed altri elementi che, ovviamente, coinvolgono tutte le aree aziendali: la produzione, il marketing, la logistica. È un cambiamento molto forte. D'altra parte, l’economia circolare dà anche tanto, in termini di competitività, di reputazione e anche di fatturato. Questo perché riprogettare i propri prodotti fin dall'inizio porta naturalmente a ripensare e ad avere un vantaggio competitivo rispetto ad altre aziende. È altrettanto vero che, ad esempio, nel momento in cui si ottimizza il proprio ciclo produttivo si possono avere enormi economie, in termini di efficientamento, ma anche dettate, appunto, dall'utilizzo di energie sostenibili che porta sia a un costo minore in termini di risparmio energetico, ma anche di utilizzo, appunto, di energie alternative. Non ultimo il fatto di non dover più spendere dei soldi per smaltire i propri rifiuti ma, in realtà, poter dare addirittura nuove risorse e quindi nuovo valore. Questi sono elementi fondamentali, non basta la ricerca di materiali, come abbiamo fatto, ma per noi, ad esempio, conta anche la riprogettazione, e ci tengo a ribadirlo perché ad esempio questo bracciale è realizzato con 270 bottoni ma non è, semplicemente, solo da riciclo: è anche riciclabile, perché essendo monomaterico io posso buttarlo nella campana della plastica e come tale potrà rivivere in altro modo. Questo è solo un esempio: ogni azienda potrà, ovviamente, valutare la propria realtà. Però la cosa importante è tener conto che non è pensabile che una azienda non sia coinvolta in questo cambiamento, perché il cambiamento è già in atto, è irreversibile ed è assolutamente sempre più veloce. Si potrà scegliere di cogliere l'opportunità e di trasformarla in un fattore critico di successo personale, aziendale; oppure farsi portare dall'economia circolare e adattarvisi, per sopravvivere sul mercato. È chiaro che ognuno gioca la propria partita: però è ineludibile, e quindi bisogna, comunque, tener conto che questo succederà e molto rapidamente. Ora il mio viaggio, ovviamente, acquista una forza ancora maggiore, perché non è più solo un viaggio in solitario. Io sono partita da Napoli con il sogno di trasformare i rifiuti in bellezza. Ora il mio sogno è quello di coinvolgere altre realtà, perché insieme riusciremo ancora più, con forza e velocemente, a far sì che un'economia che può portare business, quindi non solo un rispetto per il pianeta ma anche un’opportunità di mercato, possa far sì che la tutela del pianeta diventi quindi un interesse ancora più forte, ancora comune. Voi siete pronti a fare questo viaggio con me? (Applausi)