Vi ricordate com'era trattenere Il respiro
sott'acqua, nel buio totale,
per un periodo che sembrava infinito?
Chi si ricorda?
Lo avete fatto tutti, tutti quanti.
È stata la prima volta
che avete trattenuto il respiro.
Non ha avuto
un vero e proprio inizio,
ed è finita con la vostra nascita
e il vostro primo respiro.
Ce lo scordiamo, vero?
Dimentichiamo
di essere venuti al mondo
trattenendo il respiro
E come sarebbe tornare indietro?
(Risate)
In quel mondo tranquillo,
liquido e silenzioso?
Andiamo?
(Pubblico) Sì.
Andiamo insieme
a fare un'immersione in apnea?
(Pubblico) Sì.
Va bene.
Rilassatevi e immaginatevi
sdraiati sulla superficie dell'oceano
guardando giù nel blu,
guardando i bagliori
di questi raggi di sole
che convergono in un punto
molto lontano sotto di voi.
Dove state andando è ben più lontano,
dove questi raggi,
al massimo, si sono diffusi
in un tipo di luce pallidissima.
Inalate un ultimo, cruciale respiro
(Inspira profondamente).
Questo respiro sarà il sistema
di supporto della vostra vita
per i prossimi minuti.
Il vostro corpo si ripiega sottosopra,
le braccia spingono l'acqua
e vi tirano giù
e subito
sentite la spinta di galleggiamento
che vi tira verso la superficie
che vi trattiene,
chiedendovi: "Ma veramente vuoi andare?"
Se la risposta è sì,
dovete nuotare velocemente
con tutta la forza
per vincere quella spinta contraria.
Ma state attenti:
non usate troppa energia
perché in questa fase dell'immersione
si brucia la maggior parte di ossigeno.
Le gambe battono,
le braccia spingono l'acqua,
e il ciclo si ripete.
Gradualmente,
la superficie vi lascia andare.
Nel corpo,
i polmoni si comprimono
per la pressione
della colonna d'acqua sopra di voi,
e a 10 metri
sono già la metà del volume
che avevano in superficie.
Ciò significa che la densità media
del corpo è aumentata.
Quando questa densità
diventa esattamente pari
a quella dell'acqua fuori dal corpo,
avrete raggiunto un assetto
di galleggiamento neutro.
Se vi fermaste qui
fluttuereste sospesi e immobili.
Quando continuate oltre questo punto,
è come doversi lasciare
alle spalle una parte di sé:
lasciate la vostra storia,
le vostre speranze,
i vostri rimpianti,
le vostre preoccupazioni.
Da questo momento
c'è solo il vostro io presente
nel momento presente.
Avete lasciato alle spalle il concetto
e il ricordo del respiro stesso,
dell'essere terrestre
e continuate con questa convinzione
di essere aquatici.
Siete come un razzo
che si è liberato del suo carico
e che continua
solo con ciò che è necessario al viaggio.
Meno di voi stessi portate giù,
più leggero è il carico.
Ancora due bracciate,
più ampie, più lente e più facili,
e adesso state andando giù per inerzia.
Potete spegnere i motori.
Da questo momento avete
un assetto di galleggiamento negativo,
le braccia si abbandonano ai fianchi,
quasi le rimboccate all'interno,
come una sula,
in caduta libera per immergersi.
Tutti i muscoli del corpo si rilassano,
a parte i piedi forse,
che funzionano come dei piccoli timoni
per mantenere un percorso verticale.
Quello che state facendo
è una caduta libera.
La verità è che questo vi ucciderebbe
se lo continuaste a farlo,
ma nello stesso tempo
è la parte più bella dell'immersione,
quando vi sentite accettati
e assorbiti dall'oceano.
Persino le palpebre si abbassano
e vi coprono gli occhi.
Ogni uno o due secondi
magari si aprono per un attimo
per vedere se siete vicino alla corda
Ogni uno o due secondi
la lingua pompa un po' d'aria
nell'orecchio medio
per equilibrare la pressione.
I polmoni continuano
a comprimersi ulteriormente,
perdendo più volume
e creando una specie di effetto di vuoto
che vi comprime la gabbia toracica,
vi comprime i bronchi e la trachea
e solleva il diaframma,
sotto la cassa toracica.
C'è un esercizio fuori dall'acqua
che posso fare
per riprodurre quest'effetto
e darvi un'idea di cosa succede al torso
(Inspira profondamente)
(Espira intensamente)
(Inspira)
(Espira profondamente)
(Espirazioni brevi e continue)
(Pubblico) Wow!
(Espira)
(Acclamazioni) (Applausi)
Grazie! Ho solo dovuto
ingoiare di nuovo il pranzo.
(Risate)
Oltre a questo, succede anche
che la milza si contrae,
rilasciando nuovi globuli rossi
in circolazione.
Anche i capillari nei muscoli
si contraggono
spostando a lato il sangue nei muscoli
e forzandoli a lavorare
in modo anaerobico,
conservando l'ossigeno per il cervello
che nel frattempo sente la narcosi
a causa dell'alta pressione dei gas.
E nei polmoni
i capillari sono gonfi
e dilatati per la pressione negativa.
Niente di ciò che succede al vostro corpo
somiglia a ciò che succede
in altri sport e in altre attività.
Ma perché dovrebbe?
Quello che state facendo
è forse la cosa più aliena
che un essere umano possa fare.
Certo, se vi fate
una passeggiata nello spazio,
siete fuori dal pianeta e senza peso,
ma l'apnea vi trasforma
completamente in un'altra creatura.
Adesso è buio,
c'è una specie di crepuscolo,
una penombra.
Ma in non importa comunque,
non c'è molto da vedere qui.
C'è anche molto poco da sentire.
Potrebbero sparare
fuochi d'artificio in superficie
e non lo sentireste,
al massimo c'è il rumore sordo
del vostro battito,
che ha rallentato più della metà
della sua frequenza a riposo:
è così lento che c'è questa specie
di pausa inquietante
tra le due fasi del battito,
quindi invece di essere bum-bum,
bum-bum, bum-bum
è più come glang... glang,
glang... glang,
glang... glang...
Naturalmente vi state dirigendo
verso una certa profondità,
c'è un traguardo,
un disco bianco a quella profondità,
in cui c'è un cartello
che dovete prendere
e portare in superficie
come prova del vostro percorso,
ma c'è un "ma":
Non si può in alcun modo
anticipare il vostro arrivo a quel punto.
Dovete andare a caduta libera,
scendere convinti,
e senza l'aspettativa
di un punto di arrivo.
Una creatura terrestre
diventerebbe sempre più tesa e agitata
man mano che discende,
ma non è il vostro caso:
voi siete acquatici, ricordate?
(Risate)
L'oceano è casa vostra,
e più vi fondete con esso,
più rilassati diventate.
Quando il disco di fondo,
o l'allarme
sul vostro computer d'immersione
alla fine vi sveglia da questo sogno,
allora acchiappate la corda con una mano,
l'unico momento in cui potete toccarla,
prendete il cartello
e il corpo fa un giro di 180 gradi.
Questo potrebbe essere il momento giusto
per chiedersi: "Perché sei qui?
Perché stai facendo questo?"
(Risate)
Perché non te ne stai in superficie?
E mi piacerebbe provare
a rispondere a questa domanda.
Il mio suggerimento
è che la parola chiave sia "superficie".
"La malattia del nostro tempo
è che viviamo sulla superficie.
Siamo come il fiume Platte,
largo un miglio
e profondo qualche centimetro".
Lo ha detto Steven Pressfield.
Proprio adesso, sospetto che tutti noi
siamo incollati alla superficie del mondo.
La gravità incolla, non è vero?
Siamo incastrati
su questo piano bidimensionale
che si estende per alture e valli,
sopra laghi e mari,
separando il solido e il liquido dal gas,
l'incomprensibile dal comprensibile,
la forma dall'informe.
Questo limite, questa interfaccia,
è dove viviamo le nostre vite:
scendo da una montagna,
nuoto attraverso un lago,
magari cammino dall'altra parte,
per una foresta,
e non mi sono separato
una sola volta da quel limite.
Alla fine c'è un motivo per cui si dice:
"Libero come un uccello",
"Liibero come un delfino",
ma non diciamo mai
"Libero come un riccio"
o "Libero come una giraffa".
(Risate)
In rari momenti
scappiamo da questa superficie
per librarci nell'aria,
ma dipendiamo sempre
da qualcosa di esterno al corpo,
come un aliante, un paracadute,
o degli scii su cui atterrare.
L'unico altro modo
in cui possiamo scappare dalla superficie
è giù, sott'acqua.
E il nuoto,
o gli altri sport acquatici
non sono abbastanza,
perché si sta sempre
sull'interfaccia, al confine.
E nuotando,
si sollevano gli arti
per sfruttare il fatto
che si muovono più velocemente
in aria che in acqua.
L'apnea è l'unico sport
completamente acquatico,
dove si è completamente
immersi nell'oceano,
avvolti in qualcosa di diverso dal gas,
e senza una bombola
con del gas, sulle spalle.
È un'immersione senza ingombro:
l'unico vero modo
per evadere dalla superficie.
E viene fuori che sotto la superficie
è un bel posto in cui stare, no?
Il 95% dell'ecosistema
del pianeta è lì sott'acqua,
Ci siamo evoluti dall'oceano
530 milioni di anni fa.
Ci sono cavallucci marini,
pesci pipistrello dalle labbra rosse,
polpi Dumbo,
tutto quello che volete.
Ma questo è il fatto:
non è solo il nostro pianeta
che ha uno strato di superficie,
questa specie di limite di superficie
è anche nelle nostre menti,
che separa la mente razionale, cosciente,
dal subconscio.
Noi trascorriamo
la maggior parte della vita
sopra questo limite,
in questo ambito etereo e sciolto
che è il pensiero razionale,
mentre sotto c'è questo pozzo
calmo e profondo del subconscio.
Lì sotto c'è dell'attività naturalmente,
ma tutto succede senza
la nostra consapevolezza:
non possiamo vedere,
non sappiamo che succede,
ma da lì vengono fuori delle cose,
non sappiamo quanto è profondo,
ma non abbiamo mai visto il fondo.
E possiamo immergerci
in questo mare del subconscio
proprio come fosse
l'oceano fisico del nostro mondo.
Certo, l'origine fisica
della nostra specie
risale all'oceano, sotto la superficie,
e allo stesso modo le nostre menti
si sono evolute da sotto la superficie,
dal tronco encefalico in su,
aggiungendo parti
e crescendo sopra la superficie,
in pensiero razionale e consapevolezza.
Quindi non sono solo gli apneisti
ad andare sotto la superficie,
chiunque faccia meditazione, mindfulness,
o anche chi prende sostanze psicotrope,
fa escursioni sotto,
in quel mare immobile.
E a volte mi sembra quasi
come un'immersione,
sapete,
mi sembra quasi di barare,
o di prendere una scorciatoia,
perché l'ambiente dell'apnea
è già un oceano immobile.
A 100 metri di profondità
non si può pensare
alla politica, alla lavanderia,
o a se si è detta la cosa giusta.
Tutto questo appartiene a un altro mondo
che avete lasciato alle spalle,
su, in superficie.
Si diventa immobilità,
immersi nell'immobilità,
e in quel vuoto,
quella che si svela, secondo me,
è una delle esperienze più belle,
è una consapevolezza di presenza,
e presenza nella consapevolezza.
È coscienza pura,
una di quelle cose
che forse non saremo mai in grado
di spiegare con la scienza.
Certo, non importa quanto a fondo andiate,
dovrete sempre tornare sopra.
Io vi ho lasciati lì,
sospesi nelle profondità oscure,
pronto ad affrontare quella lunga
risalita verso la superficie,
perdonatemi...
(Risate)
Ma questa sarà la parte
più fisica dell'immersione.
Dopo la corsa libera
verso il basso,
adesso la pagheremo
sulla via del ritorno.
E qui inizia tutto:
siete andati troppo a fondo?
Quel cordone ombelicale
che vi lega alla superficie
lo avete stirato troppo,
fino a spezzarlo in due,
e ora non c'è abbastanza ossigeno
per tornare sopra?
Fermatevi! Dovete fermarvi proprio lì.
Gli stessi pensieri
sono frequenze di onde cerebrali
che consumano ossigeno
con le loro creazioni,
e con i pensieri negativi
si moltiplicano come gremlins
fino a che non si accalcano
nella vostra mente.
Se entrate in panico proprio adesso,
consumerete in un baleno
il resto dell'ossigeno.
Invece, potete contare le bracciate,
dare alla mente qualcosa da fare
come dareste a un bambino
un ciuccio da succhiare.
Una bracciata,
due bracciate,
tre bracciate
Tre bracciate? Quante devo farne ancora?
No, non cominciate nemmeno cosi!
(Risate)
Di nuovo, non dovete avere aspettative
sul punto di arrivo,
ci sono solo questa bracciata,
questa battuta di gambe,
questo momento,
questo momento,
questo momento...
Di colpo si contraggono
i muscoli del torace,
espandendo la gabbia toracica:
è un riflesso di respirazione involontaria
che cerca di aspirare dell'aria in bocca,
ma la bocca e la glottide
sono serrate mentre siete sott'acqua,
così l'acqua non passa.
Invece il diaframma
viene sollevato sotto la gabbia toracica:
è come un pugno nello stomaco
che dice: "Devi respirare, subito".
Ma non guardate in su,
non sarete ancora in grado
di vedere la superficie,
e se guardate su,
infrangete la posizione aerodinamica
e stirate la trachea
che si è come afflosciata
per la pressione negativa.
Ecco la parte più delicata e pericolosa
dell'immersione in apnea,
quando i sommozzatori di sicurezza
vengono a prendervi
e vi scortano per questi ultimi metri.
La luce alla fine sta tornando,
e con essa la spinta di galleggiamento,
cosa che vi fa avanzare di più
a ogni bracciata,
mentre l'aria nei polmoni
si espande nuovamente.
Alla fine si vede la superficie,
e per questi ultimi momenti,
vi godete la sensazione
di volare attraverso il liquido.
Vi state per svegliare da questo sogno,
da questo viaggio sotto le superfici,
sotto le onde
e sotto le turbolenze dei pensieri.
State per tornare
da un regno di coscienza pura,
e quando lo fate
quando inalate il primo respiro,
non lo fate solo
in quanto umanoide terrestre
che torna al proprio elemento,
ma anche, allo stesso modo,
come un mammifero acquatico
che riemerge per immettere aria.
Fate un respiro adesso
(Inspira profondamente)
gustatelo come fosse il primo
e trattenete questa
coscienza della profondità
mentre tornate alla vita in superficie.
Questo è il motivo per cui faccio apnea.
(Risate)
Grazie di aver fatto
questo viaggio con me.
(Applausi) (Acclamazioni)