(musica piena di suspense)
- Sì, ma finito cosa significa?
(ride)
- Già.
- Il testo ha questa illusione
di essere comprensibile.
(rumore di carta)
Anche se hai letto qualcosa,
non significa che l'hai capita.
Così io ecco gioco col linguaggio,
o rendo qualcosa
davvero comprendibile
o molto molto opaco.
E incoraggio le persone
a cercare di capire
è proprio un invito,
vieni, pensa con me.
(fruscio di carta)
- Oh sì.
Di tutta la mia famiglia,
Sono la più portata a organizzare.
Perciò ogni volta che vado a casa,
ho preso a rubare qualche foto.
Mio papà si convertì all'Islam
nei primi anni 80.
In pratica imparava l'Islam
scrivendo a macchina queste note.
(rumore di tasti di macchina da scrivere)
Fotocopiava pezzi
di testi religiosi,
che poi incollava
su un foglio,
infine aggiungeva le sue note.
Riuscì a cogliere
il senso delle cose
attraverso questo leggere e rileggere.
Era meraviglioso
perché io riflettevo
su questa idea di rispondere a un testo.
Un testo in sé non è mai finito,
quando leggiamo qualcosa di nuovo,
prendiamo nota o sulla pagina
oppure nel cervello,
e in pratica creiamo
letteralmente dei testi nuovi.
Questa collaborazione attiva tra
il lettore e lo scrittore,
il testo non è lì per offrirci
un significato definitivo,
ma è lì per invitarci
per coinvolgerci.
(fruscio di carta)
Se pensi a (ride)
mio papà e alle sue note,
ciò che lui fece per studiare
in sostanza è la mia pratica artistica.