Buongiorno Hal!
John, che bello vederti!
È un piacere anche per me.
John, abbiamo una grande
sfida da affrontare.
Dobbiamo rimuovere il CO2 dall'atmosfera,
fermare le emissioni di CO2
e portarle a zero entro il 2050.
Entro il 2030 dovremo
arrivare a metà strada.
A che punto siamo adesso?
Come sai, ogni anno rilasciamo
55 miliardi di tonnellate
di inquinamento da CO2
nella nostra preziosa atmosfera,
come se fosse una sorta
di discarica a cielo aperto.
Per arrivare a metà strada
verso lo zero entro il 2030,
dobbiamo ridurre le emissioni annuali
di circa il 10% l'anno
e non siamo mai riusciti
a ridurre le emissioni annuali
nella storia del nostro pianeta.
Analizziamolo nel dettaglio.
Il 75% delle emissioni
è causato dalle 20 nazioni
a emissioni maggiori
ed è legato a quattro
settori della loro economia:
il primo è la rete elettrica,
il secondo sono i trasporti,
il terzo l'edilizia,
e il quarto le attività industriali.
Dobbiamo sistemarle tutte,
velocemente, e su larga scala.
Sì, certo.
La situazione per certi aspetti
è peggiore di quanto si pensi,
per altri è migliore.
Parto con i peggiori.
Il cambiamento climatico
è un problema perfido.
Che significa perfido?
È un problema
che oltrepassa i confini geografici.
Le cause e gli effetti sono ovunque,
anche se alcune nazioni
hanno contribuito molto più di altre.
Uno degli aspetti più terribili
del cambiamento climatico
è che chi vi ha contribuito
di meno, sarà il più colpito.
È un meccanismo molto iniquo.
Questo è un problema
che non possiamo risolvere
all'interno dei confini di un solo Paese,
ma le istituzioni internazionali
sono notoriamente deboli.
Tutto ciò contribuisce al problema.
Il secondo elemento
di questo problema perfido
è che oltrepassa i normali lassi di tempo.
Siamo abituati ai notiziari
giorno per giorno,
o ai rendiconti trimestrali delle aziende,
o ai cicli elettorali,
i termini più ampi in cui pensiamo.
Il cambiamento climatico dura per sempre.
Quando si immette CO2 nell'atmosfera,
i suoi effetti vi restano per 1000 anni.
È un regalo che continuiamo
a fare a figli e nipoti
e a decine di generazioni a venire.
Sembra una tassa che continuiamo a pagare.
Esatto, proprio così.
Si pecca una volta e si paga per sempre.
Il terzo elemento della sua perfidia
è che la CO2 è integrata
di quanto si pensi.
in ogni aspetto della
nostra economia industriale.
Ogni auto, camion, aereo, casa,
ogni presa elettrica,
ogni processo industriale
oggi emette CO2.
Quindi qual è la ricetta?
Ecco la scorciatoia.
eliminare la CO2 dalla rete elettrica
e far funzionare tutto con l'elettricità.
Eliminare la CO2
e alimentare tutto elettricamente.
Facendo queste due cose
si ha un'economia a emissioni zero.
Fino a qualche anno fa sembrava un'utopia,
perché era costoso creare
una rete a emissioni zero,
ma i prezzi di solare
ed eolico sono crollati.
L'energia solare è l'energia
più economica del pianeta
e quella eolica è la seconda.
Significa che si può rapidamente
convertire la rete elettrica
a emissioni zero di CO2
e risparmiare i soldi
dei consumatori lungo il percorso.
È un vantaggio.
Hal, credo che la domanda
sia se esistano le tecnologie necessarie
per sostituire i combustibili fossili?
La mia risposta è no.
Credo si sia circa al 70-80% del percorso.
Ad esempio, serve
una svolta urgente nelle batterie.
Le batterie devono essere
ad alta densità di potenza.
Devono avere una sicurezza potenziata
e una ricarica più veloce,
occupare meno spazio e pesare meno
e soprattutto devono costare molto meno.
Servono nuove chimiche non basate
sul cobalto scarseggiante.
Ne serviranno molte, di queste batterie.
Serve disperatamente più ricerca
sulle tecnologie per l'energia pulita.
Gli Stati Uniti investono
circa 2,5 miliardi di dollari all'anno.
Sai quanto spendono
gli americani in patatine?
No.
Quattro miliardi di dollari.
Cosa ne pensi?
Andiamo al contrario.
Ma fammi spingere oltre
su una domanda riguardo alla
Slicon Valley che mi affascina.
La Silicon Valley segue la legge di Moore,
dove le prestazioni
raddoppiano ogni 18 mesi.
Non è una legge, è una constatazione,
ma comunque sia...
Il mondo dell'energia
è retto da leggi più banali,
come quella della termodinamica.
Sono cose fisiche nell'economia:
cemento, camion, fabbriche,
centrali elettriche.
Atomi, non bit.
Atomi, non bit, perfetto.
La trasformazione
delle cose fisiche è più lenta,
i margini sono peggiori
e spesso i beni sono generici.
Come stimoliamo in questi mondi
il tipo di innovazione necessaria
per salvare il pianeta?
Ottima domanda.
L'innovazione inizia dalla scienza di base
nella ricerca e nello sviluppo.
L'impegno dell'America in questo,
seppur avanzato in senso globale,
è ancora misero.
Deve essere 10 volte maggiore
dei 2,5 miliardi all'anno
spesi in ricerca e sviluppo
per le energie pulite,
ma dobbiamo anche andare oltre
la ricerca e lo sviluppo.
Deve esserci un progresso,
una pre-commercializzazione
che negli Stati Uniti
è eseguita dal gruppo ARPA-E.
Poi c'è il problema
di formare nuove aziende.
Sì.
Credo che l'energia imprenditoriale
stia passando a quel settore.
È chiaro che servano più tempo e capitali,
ma si può creare un'impresa o un'azienda
di vera sostanza e valore.
Sì.
Tesla è un ottimo esempio,
Beyond Meat un altro,
e ispirano gli imprenditori
in tutto il mondo.
Ma non basta.
Serve anche un segnale di domanda
sotto forma di politiche e acquisti
da parte delle nazioni,
come la Germania per l'energia solare,
per creare questi mercati.
In fondo, io sono un capitalista.
Credo che questa crisi energetica
sia la madre di tutti i mercati
e richiederà più tempo,
ma il mercato per le batterie
dei veicoli elettrici
è di 500 miliardi di dollari all'anno,
le batterie stazionarie
ne valgono altrettanti.
Voglio raccontarti
un'altra storia sulle politiche,
ma soprattutto i progetti.
Shenzhen è una città innovativa,
in Cina, di 15 milioni di persone.
Hanno deciso di passare
agli autobus elettrici.
Occorreva che gli autobus
fossero tutti elettrici
e che i parcheggi avessero i caricatori.
Oggi, Shenzhen ha 18.000
autobus elettrici,
ha 21.000 taxi elettrici
e questi ottimi risultati
non sono arrivati per caso,
ma grazie a un progetto scritto,
meditato, di cinque anni
che non è solo una promessa elettorale.
I sindaci vengono promossi o dimessi
in base alla realizzazione
di questi progetti.
La questione è molto seria.
Riguarda la CO2,
la salute, i posti di lavoro
e la potenza economica complessiva.
In pratica la Cina oggi
ha 420.000 autobus elettrici,
l'America ne ha meno di 1.000.
Quali altri progetti esistenti
ti piacerebbe vedere?
Questo è uno sforzo globale,
ma non tutti faranno
o dovrebbero fare le stesse cose.
Partiamo dalla Norvegia,
un Paese eccellente
per il petrolio offshore,
ma capisce le conseguenze
della sua combustione.
Ha capito di poter utilizzare
le competenze
nello sviluppo del petrolifero offshore
per l'eolico offshore.
Le turbine eoliche nell'oceano
sono un progetto importante.
Nell'oceano i venti sono più forti
e sono più costanti, non solo più forti.
Equilibrano bene la rete elettrica,
ma costruire nell'oceano
profondo è difficile.
La Norvegia è molto competente,
lasciamola fare!
Se ne sta occupando?
A dire il vero sì,
è eccezionale.
Un altro esempio è l'India.
In India ci sono milioni di persone
che non hanno accesso all'elettricità.
Con i progressi nell'energia
solare e nelle batterie
non c'è motivo di costruire
una rete elettrica
per i villaggi in cui non arriva.
Si saltano i passaggi inquinanti
e si passa a quelli puliti.
Ma tutto ciò si materializza
nel campo delle politiche.
Occorrono degli acceleratori importanti
in ricerca e sviluppo, ma
anche nella distribuzione.
La distribuzione è innovazione
perché fa calare i prezzi.
La politica giusta può cambiare le cose
e l'abbiamo già visto
nel settore dell'elettricità.
I regolatori dell'elettricità
chiedono da sempre risorse
di energia più pulite:
più fonti rinnovabili,
meno carbone, meno gas naturale.
Sta funzionando.
Sta funzionando benissimo.
Ma non basta.
Il governo tedesco
ha riconosciuto la possibilità
di abbassare i prezzi dell'energia pulita
e ha elaborato delle normative.
Ha accettato di pagare un prezzo extra
per le fasi iniziali del solare,
supponendo che il prezzo sarebbe sceso.
Ha dato il segnale della domanda
attraverso una politica.
I cinesi, con una politica,
hanno dato un segnale di fornitura.
Hanno deciso di rendere il solare
parte strategica
dell'economia futura.
C'era un accordo non scritto,
tra i due Paesi,
uno che comprava molto,
l'altro che produceva molto,
che ha favorito una diminuzione
dei prezzi dell'80%.
Dovremmo farlo con 10 o 12 tecnologie
in tutto il mondo.
Le politiche sono l'ingrediente segreto
per gestire quei quattro settori
nei Paesi più grandi,
in tutti i Paesi.
Una delle cose che mi anima
è che ciò richiede
gente che si preoccupa del clima
come dovremmo fare tutti.
Queste persone devono dedicare le energie
alle politiche che contano
i decision-maker che contano.
Se non sai chi è il decision-maker
per decarbonizzare la rete,
o per produrre veicoli elettrici,
nel mondo delle politiche,
sei fuori dai giochi.
Hal, tu sei un esperto di politiche.
Lo so perché ho letto il tuo libro.
Grazie John.
Designing Climate Solutions.
Cosa rende valida una politica?
Ci sono alcuni segreti,
cruciali per risolvere la crisi climatica.
Ve ne rivelo un paio.
Il primo è andare dove
ci sono le grandi quantità.
Seguire le grandi quantità.
Questa è un'idea ovvia,
ma è incredibile quante politiche
operino solo sulla punta dell'iceberg.
La chiamo vernice verde.
Non ci serve la vernice
verde, ma la sostanza verde.
La seconda cosa è insistere
sul miglioramento costante
quando si fissa una politica.
Cosa significa?
Nel 1978, Jerry Brown,
il governatore più giovane
nella storia della California,
ha creato un codice
per gli edifici termici,
per cui gli edifici dovevano avere
isolamento termico.
È un'idea semplice,
ma in quella legge c'era uno stratagemma.
Ogni tre anni, il codice
diventava sempre più restrittivo
e come si poteva sapere quanto?
Tutto ciò che auto-ripaga
il risparmio energetico,
viene inserito nel codice.
Negli anni intermedi
abbiamo avuto isolamento,
finestre, caldaie
e tetti migliori.
Oggi, un edificio nuovo in California
usa l'80% in meno di energia
di un edificio pre-codice.
Jerry Brown ha usato una volta sola
il suo ampio potere legislativo
per elaborare una politica
che producesse frutti per sempre.
Ha usato bene le parole.
Sì, miglioramento costante.
C'è un'obiezione che dovrebbe essere
altrettanto istruttivo.
Tu ed io abbiamo un'età
che consente di ricordare
il primo embargo petrolifero
e la crisi energetica che provocò,
con stagnazione e inflazione.
Gerald Ford era presidente.
Si accorse che raddoppiando l'efficienza
del carburante dei nuovi veicoli
se ne poteva dimezzare
il consumo energetico.
Firmò una legge per raddoppiare
l'efficienza del carburante
dei nuovi veicoli venduti in America
da 20 km con 4,5 litri, patetico,
a 42 km con 4,5 litri.
È tanto.
È patetico per gli standard odierni,
ma allora era molto.
Era un raddoppio.
Impostando un numero come obiettivo,
abbiamo creato una stasi di 25 anni.
Immaginate se avesse detto
che l'efficienza del carburante
sarebbe dovuta aumentare
del 4% ogni anno per sempre.
Hal, un obiettivo è una positiva.
Come si trovano i responsabili
delle politiche per fissarli?
E come si influenzano?
Questa forse è la domanda più importante.
Anche se la preoccupazione
per i cambiamenti climatici è forte,
ma non viene mirata
correttamente, si disperde.
È un titolo di un giorno su una protesta.
Non risolverà il problema.
In ogni settore, in ogni Paese,
c'è un decision-maker.
Di solito non è il Senatore,
o il Presidente,
di solito è il legislatore
della qualità dell'aria
o un commissario
per le utenze pubbliche.
Queste sono le persone con i tasti segreti
dell'energia dell'economia,
che decidono
se la nostra energia
sarà sempre più pulita,
gli edifici e le auto
sempre più efficienti
e così via.
Quante persone così ci sono
nell'economia americana?
Le utenze elettriche sono monopoli
e sono regolate
da commissioni per le utenze,
altrimenti aumenterebbero troppo i prezzi.
Ogni stato ha una Utilities Commission
per le utenze pubbliche
che di solito ha cinque membri.
Quindi circa 250 persone, in America,
controllano il futuro
della rete elettrica.
Nessuna è un Senatore o un Governatore.
Sono ruoli assegnati.
Quanta CO2 controllano?
Il 40% della CO2 nell'economia.
Wow! 250 persone.
250 individui.
Puoi ridurre ancora di più il numero.
Consideriamo i 30 Stati più grandi,
perché contano le grandi quantità, vero?
Sì.
Ora siamo a 150 individui.
Se ti accontenti di vincere
con votazioni di tre a due,
scendi a 90 individui che controllano
quasi metà della CO2 nell'economia.
Come assicurasi che le 90 persone votino
per una rete energetica pulita?
Hanno un processo quasi giudiziario.
Tengono udienze,
raccolgono prove,
considerano ciò che possono fare
nel loro quadro normativo,
e poi decidono.
Devono considerare la salute,
l'economia, l'affidabilità.
E i gas serra.
C'è una svolta che vorresti vedere
o un'innovazione
di cui sei particolarmente entusiasta?
Mi interessa molto l'idrogeno verde.
Dobbiamo far diminuire
il costo dell'elettrolisi
e sarà sempre più cara
dell'elettricità pura,
è una certezza termodinamica,
ma una volta che si ha l'idrogeno,
si può trasformare,
con altre sostanze,
in carburante liquido,
come il diesel sintetico per gli aerei
o i camion a lunga percorrenza o le navi.
Si può usare per realizzare fertilizzanti
e si possono riformulare
le basi della chimica.
La chimica si basa sugli idrocarburi
e la dobbiamo basare sui carboidrati.
Sono molecole diverse,
ma non è impossibile.
Un'altra cosa che mi affascina
è la definizione 'investimenti
non recuperabili'.
Oggi, chi possiede una
centrale elettrica a carbone
o una miniera di carbone, quasi ovunque,
ha perso i suoi investimenti.
Non li può recuperare,
perché sono antieconomiche.
Abbiamo analizzato
ogni centrale a carbone in America
e conviene di più chiuderne il 75%
e sostituirle con un nuovo impianto
eolico o solare
che pagarne i costi operativi.
Cosa non sarà recuperabile in futuro?
È una domanda importante.
Credo che i prossimi
saranno i gas naturali.
I prezzi stanno già diminuendo
e chi investe denaro nei giacimenti di gas
o nelle turbine a gas ora, se ne pentirà.
John, quali innovazioni, o svolte,
ti entusiasmano di più?
Un progresso entusiasmante
viene dal mio amico ed eroe Al Gore
che ha un'idea e sta lavorando
con degli imprenditori
per integrare i dati e produrre
una stima in tempo reale
delle emissioni di CO2
per ogni luogo nel mondo.
Vengo dalla scuola
del misurare ciò che conta.
Sì.
Se avessimo un Google Earth in tempo reale
che può ingrandire sulle singole fabbriche
o sui giacimenti di petrolio
o sui negozi di Walmart,
credo potremmo cambiare la situazione.
Credo anche nel calcolo della CO2.
Ho visto imprenditori che creano sistemi
che permetteranno non solo ai proprietari,
ma a tutti i dipendenti
di un'impresa o un'azienda
di vedere cosa c'è
nella loro filiera di CO2.
Già.
Vorrei tanto vedere una legge
che richieda all'OMB di calcolare,
per ogni legislazione,l'impatto di CO2.
Sì.
Se facciamo sul serio, misureremo
ciò che conta davvero.
Sì.
Parliamo dell'Accordo di Parigi
perché c'è chi sostiene che alcuni Stati
siano in anticipo con i loro piani,
ma che altri non lo siano
e che il programma
non sia abbastanza aggressivo
e non ci porterà dove dobbiamo arrivare.
Cosa ne pensi degli Accordi di Parigi?
Gli Accordi di Parigi
sono figure interessanti.
Non sono impegni nazionali
né internazionali.
Non sono vincolanti.
Non sono vincolanti.
Sono contributi nazionali
determinati individualmente.
Questo è il termine ad arte
usato nell'Accordo di Parigi.
Cosa significa?
Che se l'Europa dice che emetterà
il 40% in meno di CO2 nel 2030
rispetto al 1990, per esempio,
e poi non riesce
ad arrivare a quella cifra,
non ci saranno conseguenze.
Se la supererà, nemmeno.
Ciò non significa
che gli Accordi di Parigi
non siano importanti,
sono molto importanti,
perché impostano una gara verso il meglio
anziché verso il peggio.
Innescano una dinamica
in cui si tende a fare sempre meglio.
Hanno creato trasparenza sulla situazione
riguardo alle emissioni di CO2
e alcuni Paesi prendono questi accordi
molto sul serio,
inclusa l'Unione Europea e la Cina.
Voglio esortare verso questa direzione
e ciò che occorre è un programma.
Spiegami.
Ciò che abbiamo sono obiettivi,
ma non abbiamo un programma.
Un programma sarebbe una politica
di 20 interventi precisi e mirati
che puntano al giusto decision-maker
nei luoghi giusti
per le 20 nazioni più grandi,
nei quattro settori dell'economia.
Queste campagne di precisione
dovrebbero essere ben finanziate e mirate,
con un ottimo fondatore/CEO/leader,
un ottimo staff,
una serie di obiettivi
di cui rendere conto
e risultati chiave e delle scadenze
dei progressi misurati trimestralmente.
Questo mi farebbe sperare che arriveremo
dove occorre entro il 2030.
Tu cosa ne pensi?
Vorrei aggiungere
un paio di caratteristiche
a ciò che hai appena detto.
Occorre avere una profonda comprensione
di chi sia il decision-maker,
la persona, il suo ruolo,
e capire esattamente ciò che lo motiva
o lo ostacola nella decisione
per poter mettere
tutte le proprie forze su di lui
al momento della decisione.
Una cosa è essere preoccupati
dell'ambiente e del clima,
un'altra è concentrare
quella preoccupazione
sulle decisioni
più importanti del pianeta.
Ecco cosa dobbiamo fare.
Mi piace questa idea.
Ok, concentrarsi sui decision-maker.
Credo ci siano altre azioni individuali
che possiamo e dobbiamo compiere.
Dobbiamo amplificare la vostra voce
perché possiate organizzare,
attivare, fare proselitismo
in azienda, con i vicini
di casa e gli amici.
I giovani hanno una voce incredibile.
Dovete votare.
Sì.
Dovete votare come se la vostra vita
dipendesse da questo.
Hal, qual è la conclusione?
Quali sono i concetti da ricordare?
Sono un ottimista John,
credo sia possibile.
Ho visto che se le nazioni
decidono di fare grandi cose,
possono farle.
Pensa all'elettrificazione
dell'America rurale,
al sistema autostradale
che abbiamo creato.
Sono progetti enormi
che hanno trasformato il Paese.
Per prepararci
alla Seconda Guerra Mondiale
abbiamo costruito 300.000
aerei in quattro anni.
Se decidiamo di fare qualcosa
o quando Germania,
Cina, India, altri Paesi
decidono di fare qualcosa,
possono realizzarla.
Ma se saremo approssimativi,
non ci riusciremo.
Cosa ne pensi? Sei ottimista?
Magari non ottimista, ma speranzoso.
Credo che la domanda sia:
possiamo fare ciò che dobbiamo
velocemente e in scala?
La buona notizia
è che oggi è più conveniente
salvare il pianeta che rovinarlo.
Quella brutta
è che il tempo sta per scadere.