Mi chiamo Gardenia. Sei anni fa, studiavo a Damasco. Oggi sono un membro della difesa civile siriana, nota anche come Caschi Bianchi. I Caschi Bianchi sono un'organizzazione volontaria, composta da paramedici della comunità, che hanno promesso di servire la loro comunità all'interno della Siria con neutralità, imparzialità e umanità. Gardenia non è il mio vero nome, e mi dispiace, ma non posso mostrarvi il mio volto oggi. I Caschi Bianchi, i loro amici e le loro famiglie sono quotidianamente presi di mira in Siria dal regime siriano, perciò indosso questo casco per proteggerli. La storia dei Caschi Bianchi comincia nel marzo del 2013, due anni dopo l'insurrezione siriana. Allora, il regime siriano effettuava 50 bombardamenti al giorno contro i civili ad Aleppo, con artiglieria pesante e attacchi aerei, e a Daraa, a Damasco, nelle zone rurali di Damasco, a Hama, Homs e Idlib. Usavano barili bomba per distruggere i mercati, le piccole imprese, gli ospedali, le scuole e i quartieri residenziali. Questo è un esempio del danno che un barile bomba può causare. È difficile trasmettere la portata di questo orrore sul posto. L'effetto circoscritto di un barile bomba è lo stesso di un terremoto di magnitudo 8 sulla scala Richter. Per darvi un'idea di cosa significhi, gli spaventosi terremoti in Italia a gennaio di quest'anno erano di magnitudo 5,7. Perciò immaginatevelo 50 volte al giorno. Interi palazzi crollavano, le persone che vivevano e lavoravano là venivano schiacciate e i superstiti rimanevano intrappolati sotto le macerie, senza possibilità di essere salvati. Famiglie, vicini e volontari della società civile accorrevano a dare una mano, ma senza l'addestramento e gli attrezzi necessari per aiutare chi era intrappolato gli era impossibile farlo. Migliaia di persone morivano ogni giorno. Nel 2013, il regime siriano diede ai civili due opzioni: lasciare quelle zone o essere uccisi. Per la maggioranza delle nostre comunità andarsene non era un'opzione, ma neppure aspettare di farsi uccidere, perciò, nel nord di Aleppo, un gruppo di falegnami, fornai, costruttori e tassisti hanno scelto di prendere in mano la situazione. Dopo aver ricevuto una settimana di addestramento da parte di una ONG internazionale, e un piccolo kit di attrezzature, ritornarono nella comunità e iniziarono a condurre operazioni di salvataggio. Due giorni dopo, salvarono dalle macerie una famiglia di quattro persone. Quella fu l'origine dei Caschi Bianchi. Dopo quattro anni, siamo ora più di 3.200 volontari addestrati e lavoriamo in 120 squadre in tutta la Siria, nelle aree esterne al controllo del regime. Abbiamo salvato la vita a 87.500 persone. (Applausi) Grazie. Abbiamo salvato la vita a 87.500 persone, e, a questo punto del conflitto, abbiamo più esperienza nel rispondere ad attentati dinamitardi e a bombardamenti di qualsiasi altra organizzazione al mondo. Le nostre squadre sono addestrate in una vasta gamma di abilità, che includono l'allerta e la preparazione della comunità, la ricerca e il salvataggio urbano, l'estinzione degli incendi, il servizio di emergenza medica e altre abilità tecniche, come segnare e rimuovere i residui esplosivi della guerra. Sebbene le squadre siano state create per fornire un servizio di salvataggio, ci siamo resi conto in fretta che le nostre abilità, insieme agli strumenti e all'addestramento ricevuti, ci permettevano di fare molto di più per le nostre comunità, che non il solo salvarle dopo un attacco. Quando non eravamo impegnati a estrarre la gente dalle macerie, potevamo usare le nostre capacità per fornire assistenza medica, per istruire la comunità, per ricollegare l'elettricità e l'acqua, e riaprire strade, ospedali e scuole. Usiamo l'attrezzatura ricevuta per fare molte cose: usiamo le nostre autopompe per distribuire acqua potabile nelle aree che lo necessitano, e usiamo le nostre escavatrici come risposta a inondazioni e bufere di neve. In alcuni casi, siamo persino stati capaci di proteggere delle infrastrutture. Per esempio, quando il regime siriano usò bombe a grappolo incendiarie per distruggere i raccolti di Homs nel 2016, per affamare la popolazione, piazzammo delle squadre di Caschi Bianchi attorno ai campi, per spegnere gli incendi e proteggere le coltivazioni, che erano una fonte vitale di cibo per le persone. In breve, i Caschi Bianchi sono diventati un coltellino svizzero che fornisce servizi alla comunità in tempo di crisi. Abbiamo visto quanto si possa ottenere con molto poco quando questo investimento è fatto direttamente nella comunità per il beneficio della comunità. La diversità delle nostre esperienze è fondamentale per il nostro successo, e l'addestramento condiviso ci ha dotato di un linguaggio comune, così come di attrezzature adattabili, per far fronte ai bisogni in continua evoluzione della comunità. Come membro donna dei Caschi Bianchi, ho sperimentato la diversità in prima persona. Le donne hanno fatto parte dell'organizzazione fin dal principio, e anche noi siamo diverse. Nei nostri ranghi ci sono madri, insegnanti, studentesse, contabili, giornaliste e molte altre professioni. Sebbene restiamo una minoranza nell'organizzazione, i nostri numeri stanno aumentando, grazie al crescente riconoscimento del ruolo unico e prezioso che i vari difensori donna ricoprono nel servire le loro comunità. Per esempio, attraverso campagne di sensibilizzazione e la fornitura di servizi sanitari, abbiamo reso possibile l'accesso a gruppi di genere, comunitari e culturali che altrimenti ne sarebbero stati privati. Offriamo un canale unico per valutare i bisogni umanitari, e un impegno che va oltre la difesa civile siriana, i limiti della difesa civile. All'inizio, le donne erano un'anomalia, ma con il tempo, siamo state accettate dall'intera comunità. Non siamo più le vittime nascoste della guerra. Siamo rispettate e onorate per servire le nostre comunità, per salvare vite e per dare speranza ai disperati. A che punto siamo ora? La nostra missione principale è salvare vite e fornire servizi essenziali, ma il lavoro dei Caschi bianchi ha un impatto che va oltre le comunità che serviamo. Abbiamo creato reti di ambulanze che sostengono le cliniche locali e le organizzazioni internazionali, compresi Medici senza frontiere e altre ONG. I Caschi Bianchi hanno agevolato la fornitura di aiuti umanitari e hanno portato a termine riparazioni d'emergenza in aree di tregua, rendendo possibile il ritorno di famiglie dislocate. Siamo l'organizzazione principale di rimozione di munizioni inesplose in Siria. Quotidianamente forniamo la cessazione delle ostilità all'ufficio dell'inviato speciale delle Nazioni Unite. Registriamo le armi chimiche, le bombe a grappolo e altre armi proibite, che vengono riportate dallo Human Rights Watch e da altri enti. 165 dei nostri volontari sono stati uccisi, e più di 480 hanno riportato lesioni che hanno cambiato loro la vita. Il nostro lavoro è stato spesso considerato come il lavoro più pericoloso del mondo, in questo Stato, in una guerra che si è presa le vite di 450.000 civili, con più del 50% delle famiglie dislocate. Il nostro più grande contributo non è stato salvare 87.500 vite, ma portare speranza dove prima non ce n'era. La speranza, per natura, guarda avanti. Abbiamo sperato e immaginato che il conflitto finisse prima, e che avremmo deposto i nostri attrezzi e saremmo tornati alle nostre vite. Oggi, sappiamo che quello che è successo al nostro paese è irreversibile, e la maggioranza dei nostri volontari non ha una casa a cui tornare. La nostra idea ora è che quello che abbiamo ricostruito negli ultimi quattro anni giocherà un ruolo essenziale nella ricostruzione, nella ripresa e nella riconciliazione del nostro Paese. Speriamo che le squadre che oggi usano i loro attrezzi per farsi strada tra le macerie, alla ricerca di sopravvissuti, useranno, in futuro, quegli stessi attrezzi per ricostruire le case, le strade e le infrastrutture locali. Un giorno, i combattimenti finiranno. Quando succederà, la più grande sfida non sarà ricostruire le strade tra le comunità, ma ristorare la fiducia tra di esse. La fiducia è stata distrutta in Siria; la fiducia nel governo che affermò di aver avuto la responsabilità di proteggere i suoi civili, la fiducia e la volontà o la capacità nella comunità internazionale di agire per conto loro, la fiducia nei nostri compatrioti siriani di comportarsi con umanità tra di loro. Dobbiamo il nostro attuale successo alla fiducia riposta in noi dalle disperate comunità che serviamo. Questa fiducia è stata conquistata grazie alle nostre azioni, attraverso la legittimità e la rappresentatività, attraverso la credibilità dei nostri membri e i valori umanitari che incarnano, e attraverso la chiara missione dell'organizzazione: salvare vite e servire la comunità. Allo stesso modo, i Caschi Bianchi hanno portato speranza ai disperati. La nostra idea è aiutare a ristabilire la fiducia dove non ce n'è. Ognuno di noi ha giurato di salvare vite, a prescindere dall'affiliazione politica, religiosa o settaria. Abbiamo salvato combattenti da tutti gli schieramenti, compresi i soldati del regime, i soldati russi, quelli di Hezbollah, combattenti dell'opposizione e persino quelli dell'ISIS. La devastazione della guerra non fa distinzioni tra le sue vittime, perciò la pace non dovrebbe fare distinzioni tra i suoi beneficiari. Il futuro necessita di più Caschi Bianchi, persone comuni come noi, che, con il giusto addestramento, possono arruolarsi per ricostruire il tessuto della società. Mi guardo attorno per vedere chi saranno queste persone; la maggioranza di queste erano bambini quando la guerra è iniziata. Allora giocavano a fare i soldati; oggi, giocano ad essere Caschi Bianchi. Grazie. (Applausi) Grazie. (Acclamazioni) (Applausi)