Il Buddhismo per secoli è stato
alla base della cultura cambogiana.
Quando il 17 aprile del 1975
Pol Pot raggiunse il potere,
una delle prime cose che fece
fu vietare e perseguire la religione.
Sappiamo molto poco dell`orrore
vissuto dai monaci buddhisti
durante i 3 anni, 8 mesi e 20 giorni
di Kampuchea Democratica.
Corriamo il rischio
che le loro storie vengano dimenticate per sempre.
Nel novembre scorso
la mia amica Raquel Vasquez e io,
ottenemmo una borsa di studio
per approfondire il tema delle persecuzioni
dei monaci buddisti durante quel periodo.
Senza pensarci due volte
siamo partite, equipaggiate
per andare in Cambogia.
Il nostro campo base era a Phnom Penh
da dove abbiamo osservato da vicino
i processi agli Khmer Rossi, e abbiamo cercato
quei monaci buddisti dell`era di Pol Pot
ancora vivi che condividessero
senza paura le loro storie
riguardo a un tema tanto delicato.
Sono molto anziani
e confondevano date e luoghi.
I loro racconti
erano un mosaico
da ricostruire.
Così abbiamo attraversato
la Cambogia e parti del Vietnam,
visitando villaggi, pagode, ripercorrendo le strade
sulle quali i monaci erano stati costretti ad emigrare.
Abbiamo saputo dai monaci buddisti
che dall`essere i leader spirituali
divennero i parassiti della loro società.
Furono costretti a sposarsi
e a consumare i loro matrimoni;
sono stati costretti a unirsi all`esercito;
a diventare forza lavoro;
ad abbandonare la loro fede
o a nasconderla.
Le loro famiglie e i loro amici sono stati uccisi
accusati di saper leggere
o di portare gli occhiali.
Continuavano a sorprenderci
la tranquillitá e persino il senso dello humour
con cui venivano raccontate queste storie.
Succede quando credi che la morte
sia solo l`inizio e non la fine,
e non puoi permetterti un sentimento come
la rabbia o la vendetta
per l`eternità.
Abbiamo imparato che il buddismo
è l'asse centrale attorno al quale
si sviluppa lo stile di vita cambogiano.
Ogni giorno Nom PePhnom Penh si colora di arancione
per tutti i monaci
che camminano per la città
spostandosi di casa in casa.
I Cambogiani, che sono molto umili,
condividono il loro danaro e cibo con essi.
Ogni giorno.
È passato molto tempo,
troppo tempo per fare giustizia,
ma troppo poco per dimenticare.
Adesso vediamo, con questa nuova prospettiva,
che la violenza contro l`identità
è tuttavia una tragica realtà.
Per questo motivo vogliamo contribuire,
in questo spazio pubblico,
con le testimonianze raccolte in Cambogia.
(Applauso)