Usama: Dietro di noi, la mia terra.
Tutto quello che sono è nato là.
Babak: Tutto quello che era casa mia.
Il campetto di calcio
dove giocavamo da bambini.
Il sorriso del mio primo amore.
Il melo nel nostro parco
e il laghetto nascosto dietro il monte.
U: Il tè bollente sul vassoio di latta.
Grinzati cantastorie, quasi imbelliti
dalle loro rughe d'espressione.
Fare casino coi compagni
ritornando a casa da scuola.
B: E la notte, quando i genitori dormono,
uscire di nuovo.
La bicicletta cigolante di mio fratello,
le poesie di Neruda
e l'odore del prato bagnato.
U: Le radio dai suoni gracidanti
che riuscivano a diffondere melodie.
B: Il canto di mia sorella, la mattina.
U: Mia madre.
B: Mia madre, con tutte
le sue preoccupazioni di soldi.
E non so perché: le coccinelle.
U: Tutto questo era casa mia.
B: Tutto questo era casa mia, un tempo.
U: Ma non ho potuto rimanere.
Dietro di noi: la guerra,
la tomba appena scavata dei miei genitori,
il terriccio ancora fresco
che si sta assestando.
Così recente è il dolore.
E niente è stato elaborato.
B: Non potevo più restare.
Parlavano di noi
come di condannati a morte.
La nostra gente messa a forza su treni
che sparivano nel fumo delle locomotive.
Le nostre porte abbattute,
le vetrine dei negozi frantumate.
I nostri genitori terrorizzati,
fratelli e sorelle perseguitati
e terribili notizie di amici,
di quelli che erano ancora rimasti ...
la maggior parte era scomparsa.
U: Non si poteva più rimanere,
nemmeno un giorno in più.
Il passo successivo nella mia città
è stato l'ultimo passo nel mio Paese
e il passo peggiore è stato poi
su questa barca arrugginita,
che dapprima vacillerà,
che dapprima ci reggerà,
e poi affonderà, disperdendoci nel mare.
Nel mare così desolato,
la luna nascosta dietro le nuvole.
La notte così scura che non vedi niente.
B: Niente, per ore e ore.
E se nel buio chiudo gli occhi,
sento la voce di mia madre.
Intorno a noi solo il mare, come se
la nostra barca fosse il cuore di tutto.
Apro gli occhi e sussurro al cielo,
perché le preghiere sono le nostre vele.
U: I giubbotti di salvataggio
faranno il resto,
solo non possono portare la speranza.
Un uomo mi si avvicina a nuoto:
"Tieni, prendilo tu.
Io non ce la faccio più.
Ha un anno e si chiama Bassem".
Fu così che diventai
per la prima volta padre.
In mare. Per consegna diretta.
L'uomo col giubbotto di salvataggio
mi diede come erede il suo discendente.
B: Arrivato in esilio, ho subito imparato
che le parole più importanti
sono "permesso di soggiorno",
"scusa" e "grazie".
U: Arrivato in esilio, ho visto
una famiglia, riunita dopo tanto tempo.
Il padre che piangeva di gioia,
silenziosamente e dal profondo,
con tutta la vergogna
di chi raramente ha pianto.
Ho seguito quella famiglia
passo per passo, ma solo con lo sguardo.
B: Arrivato in esilio,
ma la terra della patria si porta con noi,
attaccata alle piante dei piedi.
Perché vengo da laggiù e ho ricordi.
Sono nato come nascono
tutti gli esseri umani,
ho una madre che mi vuole bene
e mi si spezza il cuore vedere
dalle lettere che mi scrive
che la sua mano ormai trema.
Dire "nostalgia di casa" è come un sogno,
perché la vecchia patria non c'è più.
E se rimaniamo qui,
diventiamo come la spiaggia,
né completamente mare,
né completamente terra.
U: E se rimaniamo qui,
diventiamo come la spiaggia,
né completamente mare,
né completamente terra.
Una volta arrivato in esilio,
un esercito mi dà il benvenuto,
mentre un altro
innalza bandiere straniere.
A volte si sente l'amore,
a volte si sente l'odio.
A te guardano il velo,
a me nel passaporto.
Ma non avercela con loro,
Amore, perdonali,
si sono dimenticati sia l'amore
che la Bibbia, augura loro pace.
Invece fai vedere come siamo tosti!
Strappaci via le gambe
e noi camminiamo sulle mani!
B: Strappaci via le gambe
e noi camminiamo sulle mani!
Viviamo come meglio possiamo,
fino alla fine dei nostri giorni.
E chissà.
Forse un giorno ritornerò a casa
e non sarà tutto cambiato.
Forse rivedrò il nostro vecchio melo
o il campetto di calcio
dietro il recinto arrugginito,
abbraccerò i miei fratelli e sorelle,
bacerò mia mamma
e la felicità mi morderà il cuore.
U: Mi chiamo Ahmed Yusuf,
padre di Bassem, e sono un profugo.
Sono scappato dalla Siria.
B: Mi chiamo Daniel Levy
e sono un profugo.
Sono scappato dalla Germania.
U: È l'anno 2015.
B: È l'anno 1938.
(Musica)
(Applausi)
B: Grazie mille.
U: Grazie mille.
B: Siamo Babak e Usama.
Siamo i RebellComedy dalla Germania.
Abbiamo scritto questa poesia
per tutti coloro che hanno dovuto lasciare
la loro casa, la loro patria,
la loro famiglia, i loro cari.
U: E speriamo che questa poesia
possa contribuire ad aumentare
la tolleranza nei confronti dei rifugiati,
perché un giorno tutti noi
potremmo avere bisogno di aiuto.
Cerchiamo di essere più tolleranti.
Grazie mille.
B: Grazie mille. Buon divertimento.
(Applauso)