Ehi, sono Mark di Game Maker’s Toolkit.
Ormai sapete come funziona.
Come sempre,
nell'ultimo video dell'anno
celebro un gioco
che ha fatto qualcosa di diverso.
Un gioco che si è rivelato
innovativo, ingegnoso,
o semplicemente brillante.
Negli anni scorsi ho parlato
di racconti gialli magistrali,
di piccoli RPG,
e di avventure piene
di serpenti striscianti.
Ma per quest'anno, per il 2023, devo…
portare indietro l'orologio.
Nel lontano 2015
avevo fatto un video
sui nuovi titoli di Tomb Raider.
Beh, ora non sono più nuovi
ma allora lo erano.
Comunque sia, l'argomento del video
era la piattezza delle arrampicate
in quei giochi.
L'eroica scalata di Lara Croft
su una parete rocciosa
consisteva nel…
tenere premuta la levetta analogica
per tipo cinque minuti.
E dalla pubblicazione di quel video…
le cose non sono cambiate granché.
Aloy scala le montagne di Horizon
senza coinvolgere
più di tanto il giocatore.
E l'epica ascesa di Atreus
lungo la parete di Asgard
per lui sarà stata anche terrificante,
ma certamente non per me.
Comunque sia, nel 2023,
è apparso un gioco che ha osato
fare le cose in maniera diversa.
Un gioco che ha reso le arrampicate
interessanti e avvincenti.
E così, senza ulteriori indugi,
vi annuncio che il gioco
più innovativo dell'anno è…
Jusant.
Jusant, sviluppato da DON'T NOD,
è una malinconica odissea zen
su una colossale montagna.
E l'unico modo per raggiungere
la cima è arrampicarsi.
Comunque sia,
questo video è privo di spoiler
quindi sentitevi liberi di guardarlo
prima di giocare.
Come ho detto nell'introduzione,
una delle cose che detestavo
dell'arrampicata di Lara
era la completa dissonanza
tra ciò che accadeva a schermo
e i movimenti sul controller.
Ma Jusant prova a fare
qualcosa di diverso.
Lasciatemi spiegare
come funziona l'arrampicata.
Quando siamo su una parete,
possiamo cercare un appiglio
con la levetta analogica sinistra.
Essenzialmente, la levetta sposta
un cursore nelle due dimensioni,
e se il cursore si sovrappone
ad un appiglio valido,
il personaggio si allungherà
in quella direzione.
Il sistema ci permette di scegliere
l'appiglio che preferiamo,
anche tra uno più vicino
e un altro più lontano,
semplicemente spostando
un po' di più la levetta.
E sì, ho passato un'intera giornata
a ricreare il gioco in Unity
per questa dimostrazione di dieci secondi.
Onestamente,
forse non ne è valsa la pena,
ma tant'è…
Comunque, se il personaggio
si allunga verso un appiglio,
possiamo afferrarlo premendo
il dorsale corrispondente:
dorsale sinistro per la mano sinistra,
dorsale destro per la mano destra.
Il dorsale dovrà rimanere premuto
mentre cerchiamo l'appiglio successivo.
Questo sistema crea quindi
una profonda connessione
tra quello che state facendo
sul controller
e quello che il protagonista
sta facendo a schermo.
Spingete la levetta analogica
alla ricerca di un appiglio
proprio come il personaggio
allunga il suo braccio.
La ritmica alternanza tra i due dorsali
imita il movimento "una-mano-dopo-l'altra"
delle vere arrampicate.
E il dover tenere premuto un dorsale
significa stringere il controller
proprio come il personaggio
si tiene ben stretto alla parete.
Se mollate la presa, lui molla la presa.
E DON'T NOD ha provato ad andare oltre.
In un prototipo si controllavano
sia le braccia che le gambe,
usando i quattro dorsali
per le mani e i piedi,
ma si è rivelato
eccessivamente complicato.
Inoltre volevano coinvolgere il controller
nei salti verso gli appigli più lontani.
L'idea era di inclinare la levetta
in direzione opposta a quella del salto
per raccogliersi e darsi lo slancio
prima di rilasciare la levetta
e compiere il balzo.
Ma si è rivelato difficile
da spiegare ed eseguire
e alla fine si è optato
per la pressione del tasto "salto"
per, essenzialmente, caricare il balzo.
Certo, non è essenziale che un gioco
permetta di imitare col controller
le azioni del personaggio,
ma il cosiddetto "design cinestetico"
si è rivelato una strategia molto efficace
per rendere le meccaniche di gioco
più immersive e coinvolgenti.
Che si tratti di tener premuto
più a lungo il pulsante
per far saltare Mario più alto,
o di tirare indietro la levetta analogica
per catturare un fantasma
in Luigi's Mansion.
Del rapido "su e giù" sulla levetta
per eseguire un manual
in Tony Hawk’s Pro Skater,
o delle famigerate sequenze
sulla levetta in stile arcade
per eseguire un Hadoken
o un montante in Street Fighter.
E, ovviamente, lo abbiamo già visto
anche nelle arrampicate.
Gli sviluppatori di DON'T NOD
si sono certamente ispirati
alle prese sul controller
di Shadow of the Colossus
per restare aggrappati
ai quei mostri giganteschi.
E Grow Home di Ubisoft
ha ispirato l'uso dei dorsali
sinistro e destro
per le mani sinistra e destra.
Quindi a rendere speciale Jusant
è la simultaneità di tutte queste cose,
e la presenza di un personaggio umano
invece di un robot rosso tontolone
in grado di piegarsi in modi irrealistici.
Nota a margine:
è importante notare
che una complessa interazione
con il controller
può rivelarsi problematica
per i giocatori con determinate
disabilità motorie.
Cavolo, ho dovuto giocare
a Jusant venti minuti alla volta
perché tenere premuti
i dorsali così a lungo
andava a braccetto
con la mia patologia da RSI.
Quindi tanto di cappello a DON’T NOD
per aver inserito
molte opzioni di accessibilità
per semplificare gli input.
Ora, i controlli semplicistici
non sono la mia unica critica
ai sistemi per le arrampicate
tipici del "periodo Uncharted".
Per migliorare un gioco non basta
coinvolgere più pulsanti,
altrimenti avremmo solo personaggi
che si muovono come il tizio di QWOP.
No, il problema è che le arrampicate
devono essere istintive,
prive di problem solving
e processi decisionali,
ovvero due elementi
che valorizzano i giochi.
Ed è decisamente in contrasto
con le arrampicate della vita reale.
Ad esempio,
lo sapete che nell'arrampicata
le vie su una parete
si chiamano "problemi"?
Perché l'arrampicata non è solo
una questione di forza e resistenza,
ma anche di pianificazione
del passaggio da un appiglio all'altro.
Di come spostare il corpo,
e di come usare appigli,
posizioni e prese
per raggiungere la cima.
È difficile da replicare in un videogioco,
ma Jusant ci va vicino
grazie a due strumenti:
la corda e il chiodo da roccia.
All'inizio di ogni arrampicata,
il personaggio aggancerà
automaticamente la corda
ad un moschettone
incastonato nella parete.
Ciò significa che in caso di caduta
la corda vi sosterrà e potrete risalire.
Ma poi entrano in gioco
i chiodi da roccia.
Potete piantarli nella parete
per creare, di fatto, dei checkpoint.
Quando cadrete,
verrete sostenuti dall'ultimo chiodo.
Tuttavia ne avete solo tre
quindi dovrete usarli con giudizio.
Siete quindi voi a decidere
quando e dove salvare,
e a dover compiere più di una scelta
durante l'arrampicata.
Ma la corda non è solo
un originale sistema di salvataggio.
Vedete, la corda non è infinita,
anzi, è lunga esattamente 40 metri,
e quindi dovrete assicurarvi
di avere il lasco
per arrivare alla cima dell'arrampicata.
Per questo potreste
dover ricorrere ad una scorciatoia,
o tornare indietro per estrarre
un chiodo rompiscatole
che sta tirando la corda
nella direzione sbagliata.
Inoltre la corda è un oggetto
fisico vero e proprio
che può impigliarsi e aggrovigliarsi
attorno ad altri oggetti.
Quindi la corda può salvarvi la vita
o diventare l'ostacolo principale.
Ma DON'T NOD
ha fatto un paio di concessioni.
Innanzitutto un piccolo inganno
a favore del giocatore:
in prossimità di una sporgenza
la corda si allungherà
magicamente di cinque metri
per evitare quegli odiosi momenti
in cui vi sarebbe bastata
giusto un po' di corda in più.
E poi ci sono queste staffette
che vi permettono di resettare
l'intera corda fino a quel punto.
Sono un'aggiunta ingegnosa:
le staffette fungono
da punto di riferimento
e da alternativa alla semplice
arrampicata verticale.
E senza di esse
le arrampicate avrebbero
una lunghezza predefinita
determinata dalla necessità di avere
una superficie dover resettare la corda.
Ma grazie alle staffette,
DON’T NOD ha potuto ideare
arrampicate epiche
con una permanenza in parete
molto più lunga.
È davvero un sollievo raggiungere la cima
e rilasciare finalmente i dorsali.
Ma la corda fa ancora di più,
perché permette di ampliare
notevolmente lo spazio di gioco.
Limitandovi all'arrampicata e ai salti,
potete esplorare soltanto
l'area che vi circonda,
che dovrà per forza avere
un appiglio a distanza di salto.
La corda invece vi permette
di andare molto più lontano.
Potete piantare un chiodo nella parete,
calarvi e quindi
oscillare lungo la parete.
L'arco di esplorazione è molto più ampio
e vi consente di raggiungere
sporgenze lontane dagli appigli.
Nelle fasi avanzate
lo vivrete nelle tre dimensioni:
potreste dover scalare una parete
per poi lasciarvi penzolare
e quindi oscillare verso
una superficie perpendicolare.
In altre sezioni del gioco
DON'T NOD propone sfide
che coinvolgono l'ambientazione.
Ad esempio, c'è un pulsante
per far germogliare questi boccioli
e usarli come appiglio: comodo.
Ma esposti alla luce diretta,
i boccioli appassiranno
a poco a poco per poi morire.
Questo vi obbliga a fare in fretta
e ad usare i chiodi per sicurezza.
A volte Jusant mi ricorda
i classici titoli di Tomb Raider
dove bisogna prendere le misure
e decidere come sfruttare
i vari tipi di salto
per andare dal punto A al punto B.
Un vero e proprio
puzzle game tridimensionale.
Tuttavia, non voglio
esagerare nelle lodi perché…
Ok, torneremo sulla questione
tra un minuto.
L'ultima cosa che rende noiosi
i vecchi sistemi di arrampicata
è la totale assenza di pericolo.
Nessuna posta in gioco, nessun rischio.
In questa scena, Lara Croft sta scalando
una torre radio barcollante
ed è assolutamente terrorizzata.
Ma io… no.
Modificare i controlli
in nome del coinvolgimento
potrebbe aumentare l'empatia
verso il personaggio,
ma penso che serva andare oltre.
Ad inizio anno abbiamo parlato del modello
basato su meccaniche,
dinamiche ed estetica
che illustra come le meccaniche di gioco
possano influire
sul comportamento del giocatore,
che a sua volta può influire
sul suo stato emotivo.
I designer possono quindi
ricorrere a meccaniche
che metteranno i giocatori
nel giusto stato d'animo.
Che si tratti di sentirsi dei veri duri
o assolutamente terrorizzati.
Se volete che i giocatori abbiano paura,
il fallimento dovrebbe avere
una qualche conseguenza.
E in queste sezioni di Tomb Raider…
non ce l'ha.
E vale lo stesso per Jusant.
Innanzitutto in Jusant non si muore.
Ci sono muri invisibili
per non cadere dai dirupi,
e dato che iniziate ogni arrampicata
legati ad una corda,
mollare gli appigli
vi farà scendere alla base
o all'ultimo chiodo che avete piantato.
Peccato che in Jusant
le cadute siano rarissime.
La ragione più probabile
sarebbe rimanere senza forze.
Completare un'azione
significa consumare energia:
poca quando si afferra un appiglio,
o molta quando si salta.
DON'T NOD ha sottoposto
il sistema a molte iterazioni,
compresa una stamina indipendente
per ciascun braccio,
un sistema di blocchi
per cui se ne consumate uno
questo non si rigenererà
finché non toccherete il suolo.
Un sistema in cui la stamina si rigenerava
solo ciondolando dalla corda,
e un sistema che in caso
di esaurimento della stamina
costringeva a ricominciare dall'inizio
dopo una discesa manuale.
Alla fine il playtesting
li ha bocciati tutti quanti.
Alcuni si sono rivelati troppo punitivi,
altri rovinavano
il ritmo dell'arrampicata,
mentre altri erano difficili da spiegare.
Alla fine DON'T NOD ha optato
per qualcosa di molto più semplice:
la stamina cala ma potete
ricaricarla in ogni momento
cliccando la levetta sinistra.
Tuttavia, azioni impegnative come i salti
svuoteranno permanentemente
la barra della stamina
finché non toccherete una superficie.
Quindi più saltate,
più spesso dovrete riposare.
Di conseguenza, l'unico modo
per esaurire la stamina
è ignorare del tutto quei segnali palesi
che vi invitano a fermarvi e riposare.
E così la gestione della stamina
finisce col diventare…
una piccola seccatura da tenere d'occhio.
Non qualcosa di cui preoccuparsi davvero,
come, ad esempio,
in Shadow of the Colossus.
Ed è per questo che Jusant
non vi fa quasi mai sentire
in una situazione di vero pericolo.
Ma ecco il punto:
non era quello lo scopo di DON'T NOD.
Lo sviluppatore mi ha detto
che l'obiettivo del gioco
era offrire un'esperienza placida,
senza pressione.
Un'avventura calma e d'atmosfera
ispirata in particolare da Journey.
E così gli sviluppatori hanno
volutamente rimosso gli aspetti
che avrebbero potuto causare
tensione e frustrazione.
È per questo che non voglio elogiare
troppo il problem solving del gameplay.
Ci sono delle idee brillanti
ma niente che vi possa mettere
davvero in difficoltà:
perché risulterebbe estraneo
al flusso previsto da DON'T NOD.
E le intenzioni dello sviluppatore
sono qualcosa che forse ho trascurato
nei miei video precedenti.
Torniamo ad esempio all'arrampicata
in Tomb Raider e Uncharted.
Gli sviluppatori hanno mai voluto
che quelle sezioni
imitassero la vera arrampicata su roccia?
Improbabile.
Come ho spiegato nel video
sulla combinazione dei generi,
le sezioni di arrampicata sono concepite
come qualcosa di semplice
per riprendere fiato
tra un combattimento e l'altro.
E così, talvolta, ho criticato dei giochi
per non aver incluso meccaniche,
sistemi o idee
che in realtà non erano mai
stati presi in considerazione.
Volevo che Spider-Man avesse
un complesso sistema di web-swinging
che richiedesse capacità e impegno.
Ma lo scopo di Insomniac era che tutti
i giocatori si sentissero come Spidey
fin dal primo momento di gioco.
E forse sono io che diventando
più vecchio e saggio
sto capendo che non tutto
ruota intorno a me?
Che non sono il protagonista della realtà?
Forse è una conseguenza
delle conversazioni con gli sviluppatori.
Forse è dovuto all'essere diventato
a mia volta uno sviluppatore,
e in quanto tale dotato di intenzioni.
In ogni caso,
se devo avere un vero rammarico
verso gli episodi passati di GMTK,
è questo.
E così, invece di dire
«vorrei che Jusant fosse
più impegnativo o più punitivo»
riconoscerò al gioco i suoi meriti.
Posso quindi soffermarmi
su ciò che mi è piaciuto
– i controlli immersivi,
l'ingegnosa fisica della corda,
i ragionamenti dietro i checkpoint –
aggiungendo nuovi esempi
alla cassetta degli attrezzi.
E per il resto,
beh, invece di vederlo
come qualcosa da aggiustare,
posso vederlo come un'opportunità
– per un altro sviluppatore,
con intenzioni diverse –
da cogliere in futuro.
Ciò che voglio dire è:
«Ehi, Square Enix!»
«Se cercate una nuova identità
per il prossimo Tomb Raider…
giocate a Jusant!»
«È su Game Pass: è grandioso!»
Ok, ehilà!
Sono andato un po'
sul bizzarro-personale, eh?
Ma sono tornato a Jusant
prima che mi sfuggisse tutto di mano.
Fiu!
Grazie mille a DON'T NOD
per la chiacchierata
in vista dell'episodio.
E per aver condiviso
quei video dietro le quinte.
È il momento delle menzioni d'onore.
Storyteller è un puzzle game
estremamente ambizioso
dove vi vengono dati
delle vignette vuote e un titolo.
Il vostro compito è riempire gli spazi
con personaggi, oggetti e temi
per dar vita a una storia
coerente con l'indicazione.
Si basa sul linguaggio visivo
e, beh, lo storytelling
per offrirci un rompicapo
del tutto inedito.
Terra Nil è un city-builder
con un deciso messaggio ecologista.
Invece di consumare
le risorse di un pianeta,
nel gioco bisogna rimediare
alle avide gesta
delle generazioni precedenti.
Posizionerete strategicamente gli edifici
per sostentare
e dare nuova vita ai terreni
per poi fare le valigie
e tornare nello spazio.
Shadows of Doubt è un epico
simulatore investigativo.
Il gioco genera un quartiere
con centinaia di persone
che hanno una vita, un lavoro,
relazioni e routine quotidiane.
Quando uno dei cittadini viene ucciso,
dovrete lavorare al caso
e trovare l'assassino
sfruttando elementi
come impronte digitali,
telecamere a circuito chiuso
e database dei dipendenti.
Il tutto organizzato con cura
su una bacheca
completa di puntine e fili rossi.
Pseudoregalia è un metroidvania
che sembra riemerso dalla N64,
ed ha alcune tra le migliori sezioni
di platforming 3D degli ultimi anni.
Potete mescolare e abbinare varie mosse
come un salto in lungo,
un ground pound e un wall kick
per superare
dei percorsi ad ostacoli fissi
e, se siete abbastanza bravi,
rompere la sequenza di gioco.
Zelda: Tears of the Kingdom
merita un encomio
per l'ingegnosità del sistema
dell'Ultramano.
Link lo può usare
per fondere insieme gli oggetti
e creare veicoli,
armi e strumenti di problem solving.
La sua eleganza vi permette di costruire
facilmente tutto ciò che volete
e quindi di giocare
nel modo che preferite.
In un video ho spiegato
come Nintendo ci è riuscita.
Viewfinder è un incredibile
capolavoro di tecnica.
Potete scattare una foto
e poi posizionare la Polaroid
per replicare il contenuto della foto
nel mondo di gioco.
È una meraviglia continua.
E inoltre è un ottimo puzzle game in sé,
con molte varianti ingegnose
sulla meccanica centrale.
E Chants of Sennaar,
un gioco sul linguaggio.
Dovete decifrare un alfabeto sconosciuto
per raggiungere la cima
di una grande torre.
Dovrete usare indizi
contestuali e salti logici
per ipotizzare il simbolismo
di ciascuna lettera.
E poi rifare tutto da capo,
con un nuovo gruppo di glifi,
al piano successivo.
Wow, è stato un anno ricco di giochi
incredibilmente innovativi!
Fatemi sapere nei commenti
se mi è sfuggito qualcosa.
Grazie mille per aver guardato
Game Maker's Toolkit anche quest'anno.
Negli ultimi dodici mesi
ho fatto dei video su The Sims,
Zelda, Banjo Kazooie, Resident Evil 4,
i giochi investigativi, il modello MDA,
le telecamere bidimensionali
e l'approccio di Valve al playtesting.
C'è stata una nuova game jam da record,
una nuova serie sui giochi
indie di breve durata
e quattro devlog per Mind Over Magnet,
che ora potete aggiungere
alla Lista dei desideri su Steam.
Ci vediamo a Gennaio per il
– riuscite a crederci ? –
decimo anno di Game Maker’s Toolkit.
Il tempo vola quando ci si diverte.