Partiamo da… ripartiamo da qua, dalla biodiversità. Ci serve: ne abbiamo bisogno, ne abbiamo bisogno attorno a noi, ne abbiamo bisogno tra di noi, nella diversità di relazioni che ci servono; e ne abbiamo bisogno dentro di noi, nella nostra pancia, nel nostro intestino, per il nostro sistema immunitario, per difenderci dall'esterno. Andiamo al pratico. Cosa avete mangiato stamattina, per colazione? Seguite una dieta vegana, vegetariana, onnivora? Vanno bene tutte, non c’è - non c'è critica nella domanda, ovviamente. L'unica cosa che posso stimolarvi, ed è quello che farò attraverso delle immagini, così non vi dò dati perché già ne avete presi abbastanza stamattina: interessantissimi, però - vado per immagini: Ognuno dei tipi di dieta che vi ho appena citato ovviamente sostiene dei modelli diversi, crea un pezzo di futuro completamente diverso. Io, per correttezza ve lo dico, sono cresciuto in un posto così, in una fattoria. Poi, come accennato prima, ho fatto un percorso, ho seguito un'altra passione, la comunicazione eccetera che è stata un po' un percorso lungo che mi ha permesso di incontrare, di confrontarmi, ma soprattutto di incontrare, realtà e persone incredibili. Il mio inizio di reazione parte da qua, nel condividere con voi tutte quelle cose meravigliose, ed entusiasmanti, ed estremamente provocatorie, che ho incontrato. In tutti questi anni, negli ultimi soprattutto, una delle critiche e delle considerazioni, delle domande che mi sono arrivate più spesso è stata: "Senti, ma tutti questi ragionamenti, la sostenibilità, le diete alimentari, la biodiversità - tutte queste elucubrazioni - ma non è più semplice che, semplicemente, ci rimettiamo tutti a contatto con la terra, rimettiamo tutti le mani nella terra, veniamo giù con i piedi per terra?" Sì, per metà sono d'accordo. La terra, la ruralità, il ritornare a contatto con le dinamiche che determinano le cose fondamentali, che ci servono, primarie: l’acqua, il cibo che in questo momento sono molto lontani da noi, sono separate da noi, è fondamentale. È uno - dico sempre: la terra è uno degli strumenti di disalienazione più potenti che abbiamo; ovviamente, fatto salvo il fatto di essere consapevoli che siamo alienati da questi modelli che portano ad avere l'acqua in casa, che portano ad avere il cibo nel frigorifero, eccetera. Parlando per immagini: se io vi faccio vedere questa immagine, cosa vi viene in mente? Disastro ambientale, qualcuno immagina questioni globali, qualcuno magari si responsabilizza un po’ di più - non lo so. Cose più vicine: i privilegi che ci portano ad avere il gasolio nella macchina. Questo è un po’ una provocazione iniziale che voglio farvi per arrivare al punto che volevo lasciarvi. Un'immagine, attiva, stimola cose completamente diverse. Questo è il titolo che ho voluto dare: "Prima la terra? No, Prima l'immaginario". Perché? Perché sì, riportiamo le mani nella terra, ma l'altra metà che vi dicevo, sulla quale non sono d'accordo è perché abbiamo messo l'immaginario al potere: l'immaginario che riceviamo, da cui siamo influenzati, condiziona poi anche le nostre scelte quotidiane, e questo immaginario è quello che decide e determina anche se uno vi parla, vi entusiasma, vi dice cose, poi ognuno torna alla propria vita e quello che fa capo è, ancora, l'immaginario nella nostra testa. Vi provoco con un'immagine, potrei farlo anche con un'altra: "Caspita parla di terra, finalmente un’immagine bucolica!" Io ho cercato questa immagine: i tag erano felicità, gioia, positività, giornata di sole - giusto no? Ecco l'esempio ve l'ho portato perché questa è una diapositiva meravigliosa di un disastro ecologico che si ripete tutti gli anni per produrre il grano. "Perché disastro ecologico? Cosa sta dicendo questo qua?" Disastro ecologico per tonnellate di diserbanti che servono a non far comparire neanche un filo d'erba. Disastro ecologico per il tipo di grano selezionato, che è nanizzato e crea dei disastri incredibili nei nostri stomaci. Un disastro ecologico perché non c'è una pianta neanche a pagarla a peso d'oro in chilometri, se non là in fondo proprio. Ecco, confessatelo, probabilmente non erano esattamente proprio i primi pensieri che avete fatto nonostante vi abbia fatto vedere questa immagine. Ora sarò sibillino: se io vi faccio il contrario di questo esempio, vi dico "Riempite il frigorifero. C’è il bisogno di riempire la dispensa": Che immagini vi si creano nella testa? Anche sfocate? Pronti, via! Qualcuno avrà immaginato questa, giusto? Oppure un'immagine tipo questa? Oppure un'altra, tipo questa. Come dicevo prima per la colazione, tre immagini simili sostengono, creano, implementano, modelli e futuro completamente diversi una dall'altra. Chi ha visto il film Inception? Così mi è un po’, un pochettino più semplice. Volendo insistere, e volendo lasciarvi questa cosa dell'immaginario, l’innesto è quella parte - è il modo più semplice per spiegare quanto questi schemi mentali possano essere influenzati: non sono a compartimenti stagni, questa è la cattiva notizia. E ci sono molte persone che hanno interesse - non è dietrologia, non è complottismo - con interessi economici, ormai è abbastanza oggettivo, a far sì che noi manteniamo certi schemi mentali, che le nostre vite siano all'interno di certi schemi mentali E che sostengano e mantengano certi modelli, perché funzionano e servono a qualcuno. Quindi la provocazione più grande, probabilmente, è legata a rompere questi modelli che possono esser influenzati, l’abbiamo sentito anche prima, con il cinema in tanti modi, con la televisione, col giornalismo, giustamente. Questo è un esempio di quello che succede tutti i giorni, anche a seguito, in conseguenza, di queste influenze. La certificazione biologica, lo sappiamo tutti, è uno dei grandi temi: ci sono - c’è di tutto. Guerra di religione quasi: c’è tutto contro tutto, "Sì, il biologico è una cosa meravigliosa", "Salvare il mondo!", "No è una farsa, tutto finto" eccetera eccetera. Ce n'è un altro di tema, così proprio per citarne un paio: quello degli OGM: anche qui ci si tira da una parte dall'altra - magari, effettivamente, l'oggetto di queste discussioni, di questa bagarre che succede online, offline eccetera, magari, se ci pensiamo bene, a volte siamo quasi pronti a scannarci contro l'altro, in qualche modo a difenderci, come se la nostra fosse una verità conquistata in anni di vita, e quando magari, se ci pensiamo davvero, è quasi lontana da noi l’essenza di certi concetti che cerchiamo di difendere con le unghie e con i denti a volte. Forse, la cosa migliore che possiamo fare è fermarci e osservare un'attività rivoluzionaria. Perché vi faccio vedere - vi voglio provocare con questa immagine? Questa probabilmente, potrebbe essere, dovrebbe essere - esagero - stampata e affissa in ogni casa; dovrebbe essere il nostro immaginario di riferimento. "Cosa? Una zolla di terra? Immaginario di riferimento? Ma che stai a dì?" Questo è il primo strato che c'è sotto i nostri piedi, è il cosiddetto "humus", sostanza organica. Dentro ci sono miliardi di microrganismi. senza fare discorsi scientifici, è una cosa molto semplice. Perché dovrebbe essere di riferimento? Perché questi potrebbero essere i nostri eroi, nel senso che un microrganismo, buttato nella mischia, o crepa oppure immediatamente si mette in relazione con tutti gli altri organismi e stimola, attiva dei processi di sinergia che sono efficaci e proficui per entrambi; come direbbero gli anglofoni, "win win". Cosa che dal mio punto di vista, rispetto a tutto quello che ho visto, a tutto quello che ho incontrato, è una delle cose più difficili. O lo abbiamo dimenticato o dobbiamo imparare a farlo. Uno dei due: scegliamo. Ovviamente, i sistemi sono complessi: non ci sono solo i microrganismi, ci sono anche le piante: ognuna delle quali svolge la sua funzione. Comunque l'importante secondo me è l'azione, l'osservare. Ci sono centinaia di esempi, ovviamente con tanti dati, tanti esperimenti, tante analisi eccetera, dove parlando di scenari, entrando nello specifico - adesso questo, evidentemente, non è un incontro per addetti ai lavori, però ci sono gli scenari che sono anche facilmente comprensibili quando ci stiamo a cercare soluzioni incredibili, quando a volte basta capire in maniera anche diretta: si vede. È molto comprensibile, è molto visibile quanto basta - su un tema come quello della sottrazione di CO2 - intervenire semplicemente con le coltivazioni, con l'agricoltura. Scenari come questi, anche qui parlando di immagini, sono più o meno la norma; uomini che coltivano delle orticole, in fila, sono tante, va bene - ecco questo è un altro esempio di disastro per questioni di esposizione del terreno, eccetera eccetera. Si può anche coltivare così: Matteo Mazzola, che doveva essere qui con me, sta facendo questa operazione qua a Iside, a Sulzano - è qui vicino, non vi parlo di cose d'altra parte dell'universo - e vi potrebbe spiegare perché non c'è un centimetro di terra libero, scoperto. Scenari diversi, che sono nella testa delle persone: qui sì, magari con degli addetti ai lavori si potrebbe entrare nel merito e spiegare e cominciare a ragionare. Ma il punto è l'osservazione. Veramente. Toglierci dalle cose omologate, dall'omologazione nell'immaginario. Ovviamente i sistemi sono complessi: non bastano le piante, ci devono essere anche gli animali. I sistemi sono complessità di complessità, a proposito di diversità. Se fosse stato qua con me, vi avrebbe spiegato molto bene, sarebbe entrato nel dettaglio, di come non si dovrebbe parlare né di agricoltura né di certificazioni ma di sistemi, sistemi integranti. Come piace chiamarli a Matteo: sistemi agro-silvo-pastorali-rigenerativi. Perché? Perché è una rigenerazione. La reazione, in questo caso, è una rigenerazione. Esempi di vario tipo, dove forse la cosa interessante da osservare è che una semplice passeggiata "Ah, che belle mucchine che ci sono in un campo", in realtà è un complessissimo sistema che è venuto meno, in cui una cosa quasi "bucolica", come si può dire, in realtà è un sistema da riadattare, da riprendere in considerazione con tutte le sue complessità. Questo è un altro scenario di riferimento: penso che tutti vogliamo mangiare il pane. Perfetto, dobbiamo coltivare il grano e i grani si coltivano così. Non è detto! Si potrebbero coltivare anche così, e vi garantisco che l'impatto sarebbe tutt'altro. La costruzione di un futuro con meno problemi sarebbe tutt'altro. È importante che teniamo sempre presente, l’ho rimessa anche in coda, perché l'importante è che ragioniamo e osserviamo con la nostra testa e ci mettiamo ad osservare. Eh, fermi tutti. Questa è un'immagine che ha, secondo me, due significati: uno, innanzitutto, è quello di doversi fermare a ragionare un attimo; e l'altra è quella che non si può, non si può fare; non si può fare l'operazione di pulire l’immaginario, di metterci in sinergia, di attivare dei processi di sinergia finché non smontiamo uno dei limiti, secondo me, uno dei gradini più alti che abbiamo tra di noi: la "diffidenza congenita". Io la chiamo così, non ho un altro modo per definirla. Cioè magari ci fidiamo, ci piacciono, siamo stati ammaliati da grandi gruppi che con il marketing - a proposito di marketing- è riuscito a entrare nel nostro cuore. Amiamo e desideriamo degli strumenti, magari, che sono dei pezzi di controllo delle nostre vite; e poi siamo diffidenti con il nostro vicino, cosa che i microrganismi ci guarderebbero, direbbero: "Ma questi qui?!" C'è bisogno di una sinergia tra di noi. E per fare questa cosa qua, c'è bisogno di fare un'operazione di "discesa dal gradino": anche qui un altro termine che ritorna dal capitalismo egoico, cioè del guardare ognuno dentro noi stessi. Non voglio fare retorica, però è un passaggio fondamentale perché sennò tutte le altre operazioni, il fatto di essere provocati dal punto di vista delle dinamiche naturali è un lavoro che non si può fare, perché deve partire da ognuno, deve partire dal microrganismo, dall’organismo uno, per poi interagire, proliferare sugli altri, con gli altri. Io vi ho portato, anche, un'immagine come questa perché adesso stiamo facendo, anche, un progetto territoriale appunto. Però la prima cosa da cui mi voglio smarcare è che non è un'immagine per dire "Ah beh, Christian dirlo subito! Se per cambiare e creare un futuro migliore, mi vado a fare una passeggiata il sabato pomeriggio, parcheggio la mia auto fuori e ci sediamo su delle balle di paglia!". No, non è esattamente il messaggio che vi volevo portare. C'è bisogno, sicuramente, di riprogettare i territori, di riprogettare le relazioni che ci sono sui territori; ma c'è bisogno, anche, di tornare a comprendere, ad ascoltare, ad approfondire quelli che sono i temi che determinano quello di cui abbiamo bisogno. Abbiamo un pochino sbolognato, scusate il termine, tutte le cose che sono fondamentali per la nostra sopravvivenza; un pochino bisogna riprenderle in mano. Se uno vuole! Magari per qualcuno non è il momento, e ci arriverà in un tempo successivo, però è una cosa fondamentale, e qui a Brescia lo stiamo provando a fare: come in tante altre parti d'Italia e del mondo. Io negli anni ho incontrato diversi modelli. Uno di quelli che mi ha convinto di più ve lo cito, si chiama CSA, è un acronimo sta per "Comunità che Supporta l'Agricoltura" e non è altro che un tentativo di mettere a modello, di mettere a sistema per la riprogettazione del territorio quello che vi ho detto fino adesso, cioè il riprogettare le relazioni tra di noi. Ci sono tanti modi per farlo: appunto andare in campo, fuori - ma abbiamo fatto tanti tipi, abbiamo messo in campo diversi modi per poter affrontare questo argomento. Esiste già, lo stiamo già facendo da mesi: il progetto si chiama "Ruraropoli", qui a Brescia in questo caso, giusto per parlare di qualcosa di pratico; e abbiamo pubblicato tutto. Abbiamo dichiarato cosa vogliamo fare, e in che direzione andare; i modelli a cui ho accennato prima, perché in pochi minuti non posso far altro che accennarvi di queste complessità, che poi magari si possono concretizzare in una cassetta che deve riempire le dispense. E in una cassetta che è fatta e composta da prodotti che vengono da produttori che applicano quei modelli: vi posso garantire che in pochissimo tempo, se dovesse essere scelta da tante persone, cambierebbe molto velocemente. Quanto meno iniziamo dall'ambiente che abbiamo circostante a noi, sostanzialmente. Anche perché non potrei portarvi qui stamattina due pomodori e farvi vedere:"Ah, hai visto che questo viene da modelli, e questo no?" perché molto spesso si assomigliano. Quello che è profondamente diverso è quello che c'è dentro, e quello che c'è dietro, per arrivare ad averli. So che nella pausa pranzo vi aspetta un pane che ha un valore simbolico molto molto forte. Nei giri che ho fatto ho incontrato, tra i tanti, un progetto che arriva da quasi 20 anni di questo scambio di sinergie tra ricercatori, scienziati, genetisti, associazioni, produttori, agricoltori, consumatori - che poi, io preferisco chiamarli co-produttori. Qual è la cosa meravigliosa di tutto questo? È che non hanno scelto una strada bella, bucolica perché qualcuno li ha influenzati e gli ha proposto: "Ma sì dai, perché non proviamo a fare così?": Hanno dovuto fare delle cose che erano completamente fuori dagli schemi. Nelle loro vite personali: dover fare degli spostamenti, essere guardati storti così dall'amico. Sentirsi dire: "Ma sì figurati, tanto non sta in piedi!". La "concretezza", qua a Brescia poi! Quante volte che l’ho sentita nelle orecchie! "Sì ma devi tirare la linea: se non c'è il soldo a fine mese..." Sì, tutto vero. Però ci hanno creduto, anche di fronte a colossi dal punto di vista economico. Ci hanno creduto, hanno rotto gli schemi, hanno provato, si sono messi in gioco. E non hanno scelto una strada: l’hanno costruita. Perché a volte non ci sono, bisogna costruirle. Grazie. Buon appetito! (Applausi)