(musica calma) - (Tommy) Sono cresciuto a Memphis e ho vissuto in un quartiere chiamato White Haven per buona parte della mia infanzia. Non mi era permesso uscire di casa, quindi tutto ciò che conoscevo di Memphis, per molto tempo, era solo il davanti e retro di casa mia. Un Halloween, iniziammo a giocare a un gioco di supereroi, credo fosse Batman. Poiché eravamo poveri, indossavamo tutti la stessa cosa, delle buste della spazzatura nere e contavamo soprattutto su noi stessi, sulle nostre menti e sulla nostra immaginazione sul fatto che dire qualcosa significava già abbastanza per noi. Ci fu questa strana autorizzazione che la mia famiglia mi concesse. Fu come dire: "Va bene ammettere che se devi imparare l'inglese, va bene. Non devi rimanere fermo al passato e continuare a parlare cinese con noi." Voleva dire che mi lasciavano andare. PEZZI E PARTI DI TOMMY KHA Le continue domande: di dove sei? Di dove sei davvero? Qual è il tuo nome cinese? Il tuo nome coreano? Non sono coreano. "Da dove vieni?" Me lo chiedevano in continuazione quando ero bambino. Alcuni scherzano sul fatto che abbiamo scelto Memphis per Elvis Presley o per un clima simile. La mia famiglia è finita qui per via della guerra, dell'esercito e degli abusi domestici. La mia famiglia iniziò ad arrivare nel '90 quando Memphis iniziò a sostenere i rifugiati vietnamiti. - Ciao, nonno! Sentire mia nonna urlare senza motivo in piena notte perché era scoppiato un incendio o per le notizie dei bombardamenti in Oklahoma City è per loro un'immagine molto familiare. Era l'assurdità di come la guerra non era solo immersa nella nostra terra e nei nostri confini, ma anche in noi stessi, nei bambini e nelle persone venute dopo i nostri genitori. Come ne parliamo? Come noi... (sospira) Come continuamo a vivere? (musica calma) Torno sempre a Memphis. Memphis è come quel punto di legame tra la mitologia e la storia, tra i sentimenti e la memoria. È un qualcosa che in un certo senso ricordi in maniera confusa. Buona parte dei miei lavori e della storia della mia famiglia è questo: sono pezzi e parti. È una continua ricerca di informazioni e materiali, qualsiasi cosa del nostro passato che possiamo illuminare. - Ti spiace togliere i calzini? - I calzini? Okay. Mi piace la luce. Bellissima. Okay. Faccio una foto veloce ora. Ho iniziato a usare dei collage di me stesso e l'ambivalenza di cosa si tratta davvero sta nel mezzo di queste categorie: dove c'è una mia opera, c'è anche un'estensione di me stesso. Puoi girare un po' la testa a destra? Grazie. Tre, due, uno. (macchina fotografica scatta) È una sorta di riflesso di quella frammentazione, non un prendere pezzi e parti delle storie della mia famiglia, ma sono i materiali stessi che compaiono e fanno emergere le connessioni. Sono opere molto improvvisate e vengono dalla mia biografia. (musica ritmata) (chiacciericcio indistinto) - (Tommy) Uno, due, tre. Ho seguito gli artisti di tributo a Elvis, così vengono denominati propriamente gli impersonificatori di Elvis. Va oltre l'impersonificazione e l'imitazione, diventa trascendente. Volevo creare un'opera ed essere in grado di creare un'opera che riguardasse la rappresentazione, che parlasse della cultura popolare e la percezione che la gente ha del sud attraverso queste icone come Elvis. Questo influenza il mio lavoro dal momento che l'idea di Elvis e i suoi ritagli si riflettono nel resto dei miei progetti. (chiacchierio indistinto) (musica calma) Penso molto alla fotografia che celebra la costruzione della ferrovia e a come abbiamo escluso molti operai, soprattutto quelli cinesi, dalla fotografia. Quella sorta di invisibilità si è riflessa attraverso la storia fotografica. Come vediamo noi stessi quando non veniamo rappresentati? Penso che sia una continua prestazione, un continuo cercare dove siamo nella fotografia. Qual è il modo migliore per arrivare a noi stessi attraverso la fotografia.