Attivista.
Fino a qualche anno fa
sentivo la parola attivista
e immediatamente mi immaginavo
questi personaggi presuntuosi,
categorici,
che portavano in strada il proprio credo
con striscioni e megafoni.
E non riuscivo a fare a meno
di domandarmi:
"Cosa diavolo fanno queste persone?"
Poi, nella mia vita, da cosa è nata cosa
e da un momento all'altro,
eccomi per le strade di Vancouver,
con uno striscione e il cuore in mano.
Buon pomeriggio a tutti voi,
io sono Ella Van Cleave,
ho 14 anni e sono una giovane attivista.
Ma facciamo un passo indietro.
Per me tutto è iniziato due estati fa.
Chiedete ai miei amici, alla mia famiglia,
sono un po' una fanatica dell'oceano,
lo sono sempre stata.
E quando un amico mi ha mostrato
un documentario sul massacro
di circa 2.000 delfini
al largo di Taiji, in Giappone,
il mio mondo è stato sconvolto.
Per una dodicenne come me,
l'oceano non era mai stato altro
che un "paese dei balocchi",
ma quell'immagine
sarebbe svanita in fretta.
Quel giorno non mi mostrarono
un qualsiasi documentario.
Mi fecero conoscere un mondo
in cui gli squali erano bastonati
e uccisi per le loro pinne,
le foche picchiate
e scuoiate vive per le loro pelli,
dove le balene, i giganti gentili
dei nostri oceani
rimanevano immobili in superficie,
il sangue che sgorgava dalle ferite.
Non potei più fuggire da questo mondo
che mi fecero conoscere,
eppure, nonostante i disastri
provocati ai nostri oceani,
dalle fuoriuscite di petrolio
all'acidificazione,
non riuscivo a pensare ad altro
se non a quei 2.000 delfini,
le cui vite venivano crudelmente rubate
anno dopo anno.
Al primo impatto,
Taiji dà l'impressione di una comunità
che ama delfini e balene.
Ma uno sguardo più attento alla cultura
del loro villaggio svela ben altro.
Ogni anno, da settembre a marzo,
circa 2.000 delfini e piccoli cetacei
vengono massacrati
ad Hatajiri Bay, "The Cove".
Considerando che il Giappone è una nazione
con una quota di catture di 23.000 capi,
tra delfini e piccoli cetacei,
spesso ci si chiede:
"E allora cosa c'è di diverso a Taiji?"
La risposta, in termini
di caccia ai cetacei
è che Taiji è particolare
per molti aspetti.
Una delle caratteristiche che rende unica
questa comunità
in cui si cacciano i delfini
è il modo in cui praticano le uccisioni.
A Taiji usano una tecnica
nota come "Drive",
con la quale, ogni stagione,
catturano un certo numero di delfini
da trasferire nei parchi acquatici.
Il temine "Drive" si riferisce
all'azione di spingere a riva
un gruppo di delfini,
dove poi vengono intrappolati.
I pescatori mettono in mare
lunghi pali di metallo
e ne percuotono la cima con dei martelli,
emettendo così un gran fragore,
che crea forte stress negli animali.
I cetacei, vale a dire delfini,
focene e balene,
sono estremamente sensibili ai suoni.
Si servono di un bio-sonar per cacciare,
comunicare e orientarsi.
È uno strumento di sopravvivenza
di altissima precisione,
vitale per loro,
e i pescatori hanno scoperto
il modo in cui potersene avvantaggiare.
L'uso dei pali di metallo
è il loro modo per sfruttare
quel senso di cui i cetacei
non possono fare a meno.
E, parlando di sfruttamento,
questa è solo la punta dell'iceberg.
I governi coinvolti
nel massacro dei cetacei
tendono a nascondere tali pratiche.
Sembra non ritengano necessario
informare la gente
di ciò che accade nel proprio Paese,
anche se ciò potrebbe rappresentare
un pericolo per la loro salute.
I governi sembrano proteggere
le grandi compagnie che portano soldi,
non la gente, non gli animali.
La maggior parte dei delfini
vittima di questa caccia
è venduta al pubblico sotto forma di cibo,
ma il problema è che,
a causa della loro posizione
nella catena alimentare,
i delfini contengono
elevatissime dosi di mercurio,
pertanto le loro carni sono tossiche.
La quantità massima indicata
per il consumo di mercurio
nel pesce, in Giappone,
è di 0,4 parti per milione.
La carne di delfino contiene
2.000 parti per milione...
Duemila parti per milione!
Quindi qui non si tratta solo
di proteggere gli animali,
ma di tutelare le persone.
Il consumo di queste carni,
in Giappone, è molto limitato,
solamente l'1% della nazione ne fa uso.
La conseguenza è che, spesso, la carne,
viene distribuita gratis
nelle mense scolastiche,
e i bambini rimangono intossicati
dall'elemento non radioattivo
più tossico che ci sia.
Ma aspettate un attimo.
Se in Giappone meno dell'1%
consuma carne di delfino,
e ne uccidono 23.000 ogni anno,
dov'è la logica in tutto questo?
Dove starebbe il profitto
di operazioni di caccia
da milioni di dollari,
se nessuno mangia quella carne?
Ecco qui la risposta.
E non ha niente a che fare con la carne.
Le operazioni di caccia di Taiji
si fondano su questo: "La cattività".
Senza gli acclamati
spettacoli di SeaWorld,
o i programmi di nuoto con i delfini
di tutto il mondo,
questa caccia non sussisterebbe.
Ogni mattina, gli addestratori di delfini
arrivano alla baia
per selezionare gli esemplari più belli
per una vita in cattività,
e spesso partecipano
di persona alla caccia.
Chi ci fa credere di amare i delfini
più di chiunque al mondo,
gli addestratori stessi,
sono invece in acqua, in barca,
con i pescatori che li terrorizzano
nelle ultime 30 ore della loro vita.
A quanto pare, non è tutto come sembra.
Gli addestratori pagano
tra i 150.000 e i 300.000 dollari
per un delfino.
Mettiamo le cose in prospettiva:
la carne di un delfino
costa intorno ai 600 dollari,
quindi, vedete, i soldi veri
arrivano dai parchi marini.
In totale, i pescatori di Taiji
guadagnano intorno al milione di dollari
per il loro massacro,
ma sembra che ora paghino
le forze di polizia
intorno a 1,5 milioni
perché proteggano la baia.
Non credo sia necessario dire
che stanno proteggendo
i circa 3 milioni di dollari
che ricavano dal consegnare
esemplari vivi alla cattività.
L'aiuto che io ho voluto dare
alla protezione di questi cetacei
è partita dal massacro di Taiji
ma si è poi concentrata
sull'industria della cattività.
Ci ho messo un po' ad accettare
l'idea che luoghi come SeaWorld
fossero anche solo lontanamente malvagi,
ma oggi non potrei mai
accettare di sostenerli.
I loro legami con il massacro dei delfini
mi hanno fatto rabbrividire,
ma, approfondendo, ho capito
che è solo un altro schema per far soldi
con la protezione del governo.
Come ho detto,
i governi a quanto pare tutelano solo
queste grandi multinazionali,
non le persone, non gli animali.
È proprio quello che non vediamo
della cattività
che la rende inaccettabile.
In cattività i cetacei
sono soggetti a stress incredibili.
Tanto per iniziare,
la cattura in sé è una procedura
molto violenta
e il trasporto non è da meno.
Poi, una volta in vasca,
la situazione può solo peggiorare.
Ho già accennato a quanto i cetacei,
quindi delfini, focene e orche,
siano sensibili ai suoni.
Ora provate a immaginare
una vita passata a esibirsi
per un pubblico che grida e applaude
più volte al giorno.
E a nuotare in circolo, negli intervalli,
in vasche le cui pareti sono di continuo
urtate dai bambini.
Spesso un tale stress porta alla morte,
ed è proprio questo
che i parchi marini non vi dicono.
Marineland, qui in Canada,
ha riportato 29 esemplari mancanti,
probabilmente morti,
in un inventario della struttura,
in quanto non intende ammettere
cosa sia realmente accaduto.
Marineland e SeaWorld sono nate
allo scopo di guadagnare,
non di proteggere gli animali,
e nulla è cambiato.
Prendiamo, ad esempio, Junior,
un giovane maschio di orca che visse,
nel 1990, a Marineland Ontario.
Quell'anno, un video non autorizzato
lo riprende isolato in una vasca minuscola
in compagnia di due delfini tursiopi.
I suoi compagni furono trasferiti
a SeaWorld,
e Junior rimase lì, nella stessa vasca,
nello stesso umido magazzino
nei pressi del parco acquatico.
Anni dopo, nel 1994,
altri video non ufficiali
mostrano Junior ancora solo,
nella stessa vasca,
isolato, ignorato e letargico,
a soli 12 anni di età.
Già l'uso di un magazzino,
in quella situazione,
sprizza "segreto" da tutti pori,
ed è proprio così, segreto.
I parchi marini sono pieni di segreti,
hanno sempre qualcosa da nascondere.
Eppure la gente insiste
che la cattività sia essenziale
per insegnare alle persone
non solo chi siano questi animali
ma anche come imparare ad amarli.
Questa e pura disinformazione.
SeaWorld promuove l'idea
che farsi spingere in acqua da un delfino
sia una bella cosa,
proprio come lo sarebbe
usare un'orca come tavola da surf.
Infastidire un delfino o un'orca,
anche solo avvicinarli, in mare aperto,
è un crimine federale.
Che ironia!
Arriviamo al punto.
Quando avevo 7 anni ho partecipato
a un programma di nuoto con i delfini.
Ero emozionata, c'erano i delfini!
E come ho detto,
l'oceano mi ha sempre affascinata.
Entrata in vasca,
ho dato una seppia al delfino,
che mi ha baciato sulla guancia,
e me ne sono andata.
Sembrava quasi irreale, e quel giorno
non ho amato meno i delfini
ma nemmeno più di quanto li amassi
prima di vivere quell'esperienza.
Me ne sono innamorata veramente
quando, per caso, mi sono ritrovata
faccia a faccia con un'orca libera.
Un paio di anni fa ero in kayak
al largo di Willow Beach,
a Victoria, insieme a mia madre,
e, a circa 3 metri di distanza
abbiamo visto affiorare un'orca.
Il fatto che una creatura tanto enorme
e potente avesse deciso
di venire a vedere chi fossimo
mi ha fatto sentire tanto umile,
è un'esperienza che non dimenticherò mai.
Quel giorno ho compreso il motivo primario
per cui la cattività non funzionerà mai.
Io li ho visti liberi.
Come disse Jacques Cousteau:
"Nessun acquario, nessuna vasca
in un delfinario, per quanto ampia sia,
potrà mai replicare le condizioni del mare
e nessun delfino che viva in una vasca
o in un delfinario
potrà mai essere considerato normale".
Ma non si tratta solo
di salvare i delfini.
Ci troviamo di fronte a un problema
molto più grave,
che è quello della salvaguardia
degli oceani.
Dai, facciamo tutti qualcosa!
Il nostro pianeta ha bisogno
di un intervento drastico.
La tutela dell'ambiente ora è altro,
non è solo abbracciare gli alberi
o salvare le tigri.
I tempi sono cambiati.
Non risolveremo i problemi
limitandoci a riciclare
o a spegnere la luce
quando usciamo da una stanza.
La realtà è che i nostri mari
stanno morendo
e a una velocità molto più rapida
di quanto avessero previsto.
Le barriere coralline potrebbero sparire
nel corso delle mia vita,
a meno che non agiamo in modo drastico.
Oggi, i maiali sono i maggiori predatori
dei nostri mari.
Consumano più pesce
di tutti gli squali esistenti.
Circa un terzo del pesce
che prendiamo dai nostri oceani
viene trasformato in mangime.
E così vediamo i gatti di casa
mangiare più tonno
di tutte le foche esistenti.
Gli uccelli marini muoiono di fame
perché il pesce di cui dovrebbero nutrirsi
è destinato al pollame.
Stiamo distruggendo la nostra casa!
Le questioni vitali per i nostri oceani
sono messe da parte
in un mondo in cui la nostra vita
dipende dagli oceani.
La Terra si fonda su un sottile equilibrio
per cui le specie dipendono una dall'altra
e l'uomo, più di tutte, ha bisogno
delle altre specie del Pianeta.
Prendiamo creature minuscole come le api,
loro possono vivere senza di noi,
ma noi non possiamo vivere senza di loro.
Jacques Cousteau disse
che la gente protegge ciò che ama,
e credo sia arrivata l'ora
di cominciare a proteggere la nostra casa.
Grazie.
(Applausi)