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Caro rispettato Maestro, cara amata comunità, [br]oggi è il 12 giugno 2024

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e ci stiamo avvicinando alla fine del ritiro di giugno di quest'anno;

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siamo al New Hamlet a Plum Village

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Mi sento molto grato del suono della campana

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perché, quando suona la campana,[br]non devo dire niente.

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È difficile dire qualche cosa proprio adesso,

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è difficile dire qualunque cosa, e non [br]è necessariamente utile dire qualcosa.

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Sono anche molto grato per la presenza del sangha,

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di molti praticanti, di molti momenti[br]di pratica conservati dal passato,

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di cui oggi facciamo tesoro: è il nostro magazzino[br]collettivo di presenza mentale,

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concentrazione e visione profonda, su cui tutti noi ci basiamo,

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è la nostra eredità condivisa che ci offriamo gli uni con gli altri.

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È una cosa preziosissima e bellissima,[br]una risorsa preziosa.

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È bello poter semplicemente[br]sedersi insieme e respirare insieme;

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è interessante domandarci se riusciamo a[br]sentire la presenza del sangha nel nostro respiro,

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nel nostro stare seduti,

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perché è una cosa che Thay [br]ci chiedeva spesso di fare.

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Ci diceva: “Inspirando, sono consapevole del sangha [br]tutto intorno a me,

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espirando, mi sento molto felice”.

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Io non mi sentivo veramente felice,

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all'inizio lo trovavo molto difficile perché [br]ero confuso su quello che avrei dovuto provare.

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Cosa significa “sentire la presenza del sangha”? [br]È qualcosa di mistico?

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È un sesto senso come il super potere di Spiderman?[br]“Sento la presenza del sangha”.

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Forse lo è…

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adesso penso di poter sentire[br]la presenza del sangha

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e mi sento molto felice di sentirla.

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Oggi vorrei parlare un po’ dell'azione;

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abbiamo già parlato molto dell'azione [br]e voglio continuare a farlo;

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voglio parlare di attivismo, di buddhismo impegnato,

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e voglio parlare di fede,

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che è una parola complicata.

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La fede è il primo dei cinque poteri;

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se vi piace il buddhismo, [br]sapete che ci sono anche degli elenchi,

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possiamo metterci sempre[br]in tasca uno di questi elenchi;

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è come una piccola mappa [br]che possiamo usare per navigare,

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può essere utile ma può essere [br]anche un ostacolo, quindi state attenti.

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Dunque, la fede è il primo dei cinque poteri,

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e certe volte Thay si riferiva a questi [br]cinque poteri come a una centrale elettrica,

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anzi cinque centrali elettriche;

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i cinque poteri sono la centrale elettrica che produce l'energia,[br]e sono anche l'energia che viene prodotta.

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C’è la fede,

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poi il secondo è l'energia, il vigore, la vitalità,

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e gli ultimi tre sono facili,

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sono i tre che si trovano in quasi tutti gli elenchi:

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la presenza mentale, la concentrazione [br]e la visione profonda.

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Cominciamo con la fede; qualche[br]volta si comincia con la consapevolezza,

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ma oggi voglio riavvolgere un po’ il nastro

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e vedere che cosa intendiamo con la parola “fede”

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e voglio trattare questo argomento [br]perché è qualcosa con cui ho lottato;

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è una parola che inizialmente mi scoraggiava,

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perché pensavo che il buddhismo fosse razionale,[br]analitico, e che non avessimo bisogno della fede,

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che non ci fosse chiesto di avere fede.

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In realtà Thay parla di fede non come di un “atto” di fede,

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quindi non una fede cieca,

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ma una fede che si basa sull'esperienza, [br]sulla pratica.

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Fede in che cosa?

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In che cosa abbiamo fede, basandoci sulla pratica[br]o come risultato della pratica?

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Ci sono degli ostacoli a questa fede, nel nostro [br]modo di pensare, nella nostra visione del mondo?

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Potrebbero esserci alcuni ostacoli [br]nascosti al risveglio di questa fede,

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per il tempo in cui viviamo, per il modo in cui siamo [br]stati educati o per le idee correnti,

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i modi dominanti di pensiero, [br]perciò questi potrebbero essere ostacoli.

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Per questo voglio indagare [br]un po’ insieme su questo tema.

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Vorrei anche parlare di sofferenza,[br]uno dei nostri argomenti preferiti,

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e vorrei riconoscere che tutto ciò è difficile,[br]adesso, in questo momento;

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è difficile, non so se lo sentite,[br]io lo sento.

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Proprio perché è così difficile, perché[br]c'è così tanta sofferenza nel mondo,

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può essere difficile anche avere fede[br]in quello che facciamo,

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e in ultima analisi la questione [br]della fede si riduce a questo: è abbastanza?

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Stiamo facendo abbastanza?

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In un modo o nell'altro, in questo ritiro ho[br]sentito molte persone porre questa domanda:

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“È abbastanza?”

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E, visto che ci poniamo la domanda: “Questo è abbastanza?”[br]dobbiamo anche chiederci cosa si intende per “questo”,

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cos'è questa cosa che può[br]essere o non essere abbastanza.

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In linea di principio sappiamo[br]di cosa stiamo parlando: la pratica,

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ma questo è un argomento contenitore molto ampio[br]che racchiude molti tipi di comprensione e di interpretazione.

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Qualche volta recitiamo i tre rifugi,

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che potrebbero sembrare articoli di fede,[br]come se dicessimo: è in questo che abbiamo fede.

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Abbiamo fede nel Buddha,

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abbiamo fede nel Dharma,

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abbiamo fede nel Sangha,

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oppure no?

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Le tre gemme: il Buddha, il Dharma, il Sangha.

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Nella mia famiglia di ordinazione c'era un fratello,

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un ottimo amico che poi è tornato allo stato laicale e pratica ancora in modo diligente,

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che era solito dire:

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“Capisco che il Buddha sia una gemma, anche il Dharma,

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ma il Sangha…”,

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lo chiamava il “carbone” del sangha,

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che non era ancora diventato una gemma.

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Forse se si prendesse un pezzo di carbone

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e lo si mettesse sotto pressione per qualche milione di anni

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potrebbe diventare un diamante,

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magari abbiamo bisogno di più pressione,

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anche se penso che ne abbiamo a sufficienza,

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e penso che il sangha sia una gemma,

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ma è interessante domandarselo:[br]lo vediamo sempre come tale?

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Qualche volta lo vediamo come un ostacolo

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e pensiamo: il problema è il sangha.

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Il sangha non è abbastanza questo,[br]non è abbastanza quest'altro,

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dovrebbe fare questo, [br]dovrebbe fare quest'altro.

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Qualche volta ce ne sentiamo parte,

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qualche volta sentiamo che ne siamo al di fuori, e lo guardiamo dall'esterno,

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qualche volta sentiamo di appartenervi, [br]qualche volta sentiamo di non appartenervi.

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Il sangha è una bestia complicata [br]con molte facce, con molte manifestazioni:

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parliamo del sangha monastico?

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Il sangha dell'ordine dell'interesse,

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il sangha degli insegnanti di Dharma,

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il sangha locale?

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Il sangha nazionale?

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Ha molte identità,

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molti tipi di identificazione, che vanno a costituire[br]il nostro senso di appartenenza o di non appartenenza,

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e la nostra sensazione di essere[br]all'interno del sangha o di restarne fuori puntando il dito.

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Ora scrivo qualcosa alla lavagna[br]tanto per divertimento…

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fede

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abbiamo i tre rifugi:

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il Buddha

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il Dharma

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il Sangha

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I cinque poteri:

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fede

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energia

9:59:59.000,9:59:59.000
presenza mentale

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concentrazione,

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e - si spera- visione profonda.

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Con un po’ di fortuna...

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Da questa parte scrivo il tema dell'azione,

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che cosa si intende per “azione”?

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Thay Phap Huu ha condiviso molto bene[br]sul tema del triplice karma: le azioni del corpo,

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della parola,

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e del pensiero.

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Queste sono

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tre zone di azione, tre tipi di azione,

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e quando pensiamo alle nostre azioni

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in relazione alla sofferenza [br]possiamo domandarci:[br]

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qual è la risposta appropriata?

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Shantum, nel dibattito con Sister True Dedication e

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Christiana ci ha ricordato che al tempo del Buddha

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c'erano molti insegnanti che[br]parlavano di determinismo,

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dicendo che non c'è libero arbitrio,[br]che ogni cosa è predeterminata;

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quindi, in realtà, non c'è azione,

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ma il Buddha offriva un tipo diverso di comprensione,[br]un tipo diverso di visione profonda,

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ed è interessante vedere che oggi, nei tempi moderni,

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molti neuroscienziati e filosofi[br]stanno dicendo la stessa cosa.

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Molte persone parlano di determinismo assoluto,

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dicono che il libero arbitrio è un'illusione,

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e secondo alcuni persino[br]la coscienza è un'illusione.

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È interessante,

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la cosa più onnipresente che ci sia,

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la sostanza della nostra esperienza,

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ogni singolo momento della nostra consapevolezza, [br]secondo alcuni è un’illusione.

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Per me è interessante che questo tema sia rilevante ancora adesso

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per sostenere la possibilità dell'azione;

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forse è importante, per indagare

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che cosa intendiamo per azione,[br]soprattutto alla luce del non sé,

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che è un terreno un po’ scivoloso.

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Quando parliamo di azione,

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se togliamo il concetto di attore,[br]la nozione di attore,

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può esserci azione senza un attore?

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Un pensiero senza un pensatore?

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Una sensazione senza qualcuno che sente?

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Dobbiamo essere molto attenti e precisi

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per essere sicuri di sapere[br]di cosa stiamo parlando.

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Anche per questo è difficile[br]aprire la bocca a caso.

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E appena lo facciamo commettiamo un errore,

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ma lo facciamo comunque.

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Lo facciamo comunque, nello spirito di

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“magari è sbagliato” ma forse, si spera, utile.

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C'è uno scienziato che ha detto che tutti i modelli[br]sono sbagliati, ma alcuni sono utili.

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Penso che la stessa cosa sia[br]vera per il Dharma scritto

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e anche parlato,

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in un certo senso è tutto sbagliato.

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Che cosa? Sacrilegio!

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Come puoi dire una cosa simile?

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C'è una specie di gerarchia nella[br]nostra comprensione del Dharma

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che è utile tenere a mente[br]

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quando parliamo del Dharma scritto,

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del Dharma parlato,

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e del Dharma vivente

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questo è quello buono, ma lo sono tutti.

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Forse nel Dharma vivente c'è meno rischio di confusione.

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Qui sto solo tracciando le linee generali, ma c'è di più.

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Parleremo di azione, di attivismo

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e di buddhismo impegnato.

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E poiché vogliamo che la nostra azione,

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come ha detto Shantum nel dibattito, sia una risposta appropriata,[br]se possiamo agire, se c’è la possibilità dell’azione,

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e data la nostra consapevolezza[br]della sofferenza,

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come praticanti la nostra priorità è sapere [br]qual è la risposta appropriata alla sofferenza.

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Quindi la nostra consapevolezza[br]della possibilità di azione

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o la nostra scelta dell’azione dipende[br]dalla nostra consapevolezza della sofferenza.

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Giusto?

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Se non sei consapevole di questo,[br]non puoi dare una risposta appropriata.

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Bisogna essere molto fortunati per riuscire a rispondere a caso,

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ma dobbiamo essere il più consapevoli possibile

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e si spera che, quanto più consapevoli siamo della sofferenza,

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tanto più saremo in grado[br]di trovare la risposta appropriata,

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quindi pratichiamo la[br]consapevolezza della sofferenza.

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Infatti, l'azione implica [br]la possibilità di una risposta,

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e noi vorremmo dare la [br]risposta appropriata

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alla sofferenza.

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Di quale tipo di sofferenza stiamo parlando?

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Per il momento

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ho identificato due tipi di sofferenza, anche se non sono veramente due,

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ma allo scopo di fare delle mappe[br]- che sono probabilmente sbagliate ma forse utili -

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faremo questa distinzione:

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Sofferenza nel mondo:

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questa è la sofferenza che dilaga

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nei collegamenti con i social media,

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nelle nostre caselle di posta

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e in quello che vediamo nei telegiornali;

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ce n’è tantissima

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e possiamo essere più o meno consapevoli dell'ingiustizia,

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di molti tipi diversi di ingiustizia,

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delle disuguaglianze,

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di molti tipi diversi di disuguaglianze;

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forse sia l'ingiustizia che le disuguaglianze[br]hanno delle sottocategorie,

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per esempio la disuguaglianza di accesso alle risorse,

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all'istruzione,

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le disuguaglianze nel potere politico e altro.

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La disuguaglianza nella rappresentanza,

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le disuguaglianze nella sicurezza,

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fisica, politica e così via,

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la disuguaglianza di sovranità.

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Questa lista non ha lo scopo di essere esaustiva

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e se salto qualcosa non bisogna dire:

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“Ha saltato qualcosa, ne ha saltata una”,

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ci sono i puntini … la lista è lunga.

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Poi c'è la sofferenza in noi stessi

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e naturalmente una è collegata all’altra;

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forse ne possiamo scrivere alcune qui anche se non c'è più spazio:

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la solitudine,

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lo stress

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nelle sensazioni, nel corpo, nelle relazioni,

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tensioni, paura,

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odio, rabbia,

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ansia, angoscia,

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destino tragico,

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disperazione,

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impotenza,

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collera,

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burnout

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e suicidio o pensieri di suicidio.

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Queste sofferenze sono parte della[br]realtà del nostro momento presente,

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perché una volta o l'altra tutti noi

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proviamo aspetti diversi di queste cose e qualche volta,

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quando vediamo la violenta [br]disuguaglianza nel mondo, l'ingiustizia,

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gli squilibri di potere,

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l'odio, le uccisioni, [br]la discriminazione di ogni genere,

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questo ci può far provare tutte queste cose[br]che abbiamo elencato,

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perché le due sofferenze sono[br]collegate e quindi sorge la domanda:

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qual è la risposta appropriata,[br]cosa possiamo fare?

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Posto che ne abbiamo la possibilità.

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bella scelta.

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È tanto più bello ascoltare il suono[br]della campana che dire delle cose.

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Grazie campana!

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Quindi, sulla questione dell'azione,

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qualche volta possiamo avere[br]la tendenza a confonderci un po’,

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quando pensiamo quale[br]sia la risposta appropriata.

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Potremmo avere la tendenza a pensare[br]che cosa dovremmo fare noi,

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ma spesso pensiamo a[br]che cosa dovrebbero fare gli altri,

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e questo comprende[br]il campo di azione del sangha.

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E se il sangha non fa le cose che[br]noi pensiamo siano quelle giuste da fare,

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questo ci può portare a sentire[br]che non apparteniamo più al sangha

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e ci può portare a dire e a fare cose

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che ci fanno sentire ancora[br]meno il senso di appartenenza.

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Quanto più diciamo e facciamo determinate[br]cose, tanto meno sentiamo di appartenere,

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e qualche volta possiamo avere la sensazione[br]che quello non sia più il nostro sangha,

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che non stia più praticando[br]il buddhismo impegnato;

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così pensiamo: “Creerò un nuovo gruppo

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e noi porteremo la torcia del buddhismo impegnato, [br]Plum Village non pratica più il buddhismo impegnato”.

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Alcune persone l'hanno detto di recente[br]in modi più o meno espliciti.

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E di nuovo quando diciamo “Plum Village” intendiamo i monaci?

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Quali monaci?

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Tutti? Alcuni?

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Quelli con cui siamo d'accordo?[br]Quelli con cui non siamo d'accordo?

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Includiamo noi stessi in Plum Village?

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O ci mettiamo fuori e,

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puntando il dito, diciamo: quello è Plum Village,[br]loro dovrebbero fare questo,

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loro dovrebbero fare quest'altro.

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Per me, quando facciamo così,

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quando puntiamo il dito,

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e lo facciamo - io lo faccio -

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a qualche livello stiamo dividendo il sangha,

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e questo è un tipo di azione molto grave,[br]un tipo di parola, di pensiero.

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Nei precetti monastici dividere il sangha[br]è il secondo livello di gravità.

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Ci sono i precetti principali, fondamentali,[br]infrangendo i quali non si è più monaci

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– chiuso. Sei fuori.

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Poi c'è un altro livello in cui ti[br]vengono date tre occasioni: di solito,

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se fai una determinata cosa, ti viene[br]ricordato tre volte, se poi continui a farla,

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allora hai infranto il precetto e devi impegnarti[br]in un processo abbastanza serio di reintegrazione

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Questa è la questione,

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può voler dire vivere mesi lontano dal sangha,[br]non avere il permesso di insegnare o di facilitare;

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è una cosa molto seria, [br]è presa molto sul serio.

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Questo processo di reintegrazione[br]è molto importante, lungo e complesso,

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e si deve veramente diventare più umili

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e ammettere quello che si è fatto,

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ma è anche un precetto[br]abbastanza difficile da applicare.

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Non ricordo nessuna occasione[br]in cui abbiamo effettivamente fatto così,

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e detto: “Questa persona è[br]colpevole di aver diviso il sangha”.

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Quindi è soprattutto qualcosa che riguarda[br]noi, è così che funziona il precetto,

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perlopiù non c’è qualcuno che punta il dito[br]verso di te e dice: “Hai fatto questo, hai fatto quest'altro”,

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dipende da ognuno di noi [br]riconoscere e ammettere

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quello che abbiamo fatto e [br]ammettere le nostre responsabilità.

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È così che funziona il sistema nella comunità monastica,

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ma penso che da questo[br]possiamo imparare qualcosa,

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principalmente a considerare[br]che cosa significa dividere il sangha

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e che cosa significa non dividere il sangha,

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perché non è solo quello che diciamo, [br]ma è anche il modo in cui lo diciamo.

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Questo non significa che non si possano dire le cose,

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ma penso che sia importante[br]per tutti noi membri del sangha

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avere questa consapevolezza di fondo,[br]e domandarci:

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“Sto contribuendo alla divisione del sangha

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o sono ancora impegnato in quella che[br]è la mia carriera più nobile, più alta,

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che è la costruzione del sangha?”.

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Costruire il sangha è una delle cose[br]più belle che possiamo fare

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coi nostri preziosi secondi, minuti,[br]ore e giorni su questo pianeta;

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quindi vale la pena controllare

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e non è sempre ovvio - [br]il che lo rende interessante.

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Penso che per me essere molto sicuri[br]sia un segnale di allarme;

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quando sono molto sicuro questa dovrebbe[br]essere la mia bandiera rossa;

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quando ho una sorta di sicurezza, questo dovrebbe farmi da segnale di pericolo,

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dovrebbe essere come il suono[br]che fa il campanello d'allarme.

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“Sei davvero sicuro?”, controlla di nuovo!

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Questo sangha è così prezioso,[br]non è carbone, è una gemma,

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e non vogliamo distruggerlo;

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così il nostro rispetto per il sangha è quello che ci [br]fa rendere conto dell'importanza di non distruggerlo,

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nel nostro pensiero, nelle parole e nelle azioni,

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e se non abbiamo abbastanza rispetto per il sangha[br]possiamo facilmente dire e fare delle cose

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che dividono il sangha, lo distruggono, causano divisioni[br]e contribuiscono a formare fazioni e gruppi separati.

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Magari pensiamo di agire nel nome della giustizia,

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potremmo esserne molto sicuri

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spero che sia chiaro che io non sono qui per dire[br]quello che è giusto e sbagliato dire o fare,

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ma che spero di offrire dei parametri,

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delle linee guida in modo da poter[br]controllare, quando vogliamo dire o fare qualcosa,

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se ho nutrito il mio rispetto e la mia fiducia nel sangha[br]e se vedo ancora il sangha come un gioiello.

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Se non è così, come faccio a[br]ristabilire prima di tutto quella fiducia,

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come nutro, come costruisco quella fiducia?

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Potrebbe essere attraverso la gratitudine

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e ricordando quando il sangha mi ha salvato,

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quando la pratica mi ha salvato,

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perché penso che in un modo o[br]nell'altro tutti noi siamo stati salvati,

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siamo stati salvati dall'oceano[br]della sofferenza

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più volte, e, quando ci ricordiamo di questo,[br]ci ricordiamo che il sangha è un gioiello,

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qualcosa da preservare, da proteggere

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e di cui prenderci cura

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Questo potrebbe farci[br]riflettere un po’ di più

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sul modo in cui vogliamo parlare e agire,

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e non significa che non dovremmo[br]dire quello che abbiamo da dire,

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ma lo facciamo con la consapevolezza[br]del rischio di distruggere il sangha.

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È un fatto grave, non è una cosa piccola,

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causare una divisione in un sangha,

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è una cosa che dobbiamo valutare e soppesare[br]quando decidiamo qual è la nostra risposta appropriata

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in una situazione qualsiasi.

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Adesso, pensando al buddhismo impegnato,

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è successo che - molti di voi magari[br]ne sono consapevoli e ne sono al corrente

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- più o meno nelle ultime settimane e mesi a Plum Village,[br]o a Plum Village a livello internazionale,

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la comunità monastica internazionale

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è stata più o meno indirettamente accusata [br]di non praticare più il buddhismo impegnato.

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Non so se lo sapevate.

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Queste critiche sono arrivate qualche volta[br]anche dall'interno della comunità monastica,

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giusto per completare il quadro;

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e di solito queste critiche nascono con il[br]presupposto che la persona che sta criticando,

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per poterlo fare, sappia che cos'è il buddhismo impegnato,

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altrimenti non sarebbe in grado di dirlo, non sarebbe[br]in grado di dire che non lo stiamo più facendo.

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Perciò questo è il presupposto: *********[br]“Io so cos'è e voi non lo state più facendo”.

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Siamo sicuri?

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Siamo sicuri di sapere di cosa si tratta?

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Molto spesso quando ci colpiscono si usa la frase:

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“Thay avrebbe fatto questo,

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Thay avrebbe detto questo…”.

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Sei sicuro?

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È complicato catturare, [br]cogliere un maestro Zen!

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Molti ci hanno provato

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e l'unica cosa che posso dire[br]della mia esperienza con Thay

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è che lui non ha mai fatto quello[br]che io pensavo che avrebbe fatto;

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per questo, se vi scoprite a dire:

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“Thay avrebbe fatto questo,[br]Thay avrebbe detto questo”,

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non siate troppo certi,

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è più probabile che avrebbe[br]fatto qualche cosa di sorprendente,

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qualche cosa che non ci si aspettava

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e che nemmeno si pensava possibile.

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Quindi, quando ci giudichiamo gli uni gli altri

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perché lo facciamo,

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ci giudichiamo, giudichiamo l'impegno l'uno dell’altro

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nel sangha laico, nel sangha monastico,[br]tra il sangha laico e quello monastico,

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tra l'Ordine dell'Interesse e quelli che[br]non ne fanno parte, tra gli insegnanti di Dharma

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quando ci giudichiamo gli uni con gli altri,[br]e dico questo con sicurezza perché lo facciamo,

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dovremmo essere molto attenti,

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perché in quel giudizio è nascosta[br]la presunzione di sapere

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che cos'è il buddhismo impegnato[br]e che cosa dovrebbe essere.

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Abbiamo già deciso qual è la risposta più appropriata,

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quello che Thay avrebbe fatto,

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quello che avrebbe detto,

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quello che il sangha dovrebbe fare…

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Quindi di nuovo vorrei davvero

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partire della mia pratica

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e costruire il mio sistema di preavviso:

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se scopro che sto pensando in questo modo,

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se mi scopro a pensare in questo modo[br]o a parlare in questo modo,

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scatta l'allarme che dice:

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“Sei troppo sicuro”

9:59:59.000,9:59:59.000
e la sicurezza per me è[br]un segno di confusione,

9:59:59.000,9:59:59.000
è un segno che ho ristretto le scelte

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fino al punto di pensare[br]che ce n'è una sola,

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che c’è solo una cosa giusta da fare.

9:59:59.000,9:59:59.000
È importante sapere che, dal punto di vista delle neuroscienze,

9:59:59.000,9:59:59.000
questa sicurezza è una dipendenza.

9:59:59.000,9:59:59.000
Amiamo il senso di sicurezza

9:59:59.000,9:59:59.000
e amiamo avere ragione[br]ed essere nel giusto, retti.

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Potremmo pensare che la nostra sicurezza[br]sia il frutto di una valutazione razionale,

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in cui abbiamo valutato le opzioni e per poi concludere[br]che questa è la risposta corretta, l'analisi corretta,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma potrebbe essere importante sapere

9:59:59.000,9:59:59.000
- potete prendere nota di questo per dopo -

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che la sicurezza non è questo.

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In uno sviluppo recente delle[br]neuroscienze abbiamo scoperto

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che la sicurezza non deriva[br]da un processo di valutazione razionale,

9:59:59.000,9:59:59.000
è una sensazione.

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Ecco perché le persone possono essere sicure[br]di cose che molto chiaramente non sono corrette,

9:59:59.000,9:59:59.000
e penso che noi sappiamo che questo è[br]un elemento della situazione corrente del mondo.

9:59:59.000,9:59:59.000
Si può essere molto sicuri,[br]le persone possono essere molto sicure,

9:59:59.000,9:59:59.000
di cose molto strane e questo resiste all'evidenza.

9:59:59.000,9:59:59.000
Si può essere molto sicuri,

9:59:59.000,9:59:59.000
le persone possono essere molto sicure,[br]di cose molto strane e questo resiste all'evidenza.

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Più siamo sicuri e più sentiamo di non aver bisogno di prove

9:59:59.000,9:59:59.000
e si può mostrare alle persone una[br]prova e loro ti possono rispondere:

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“Sì ma io lo so, non puoi dimostrare[br]che sto sbagliando, lo so che è vero”.

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È una sensazione che ci piace, è una sensazione piacevole,

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e forse si può chiarire il punto rendendosi conto che l'insicurezza non è una sensazione piacevole:

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è instabile, complicata e impegnativa, sfidante,

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e l'insicurezza è anche una sensazione che si esprime[br]nel nostro sistema nervoso e nel nostro corpo.

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Se ti prendi un momento per sentire[br]qual è la sensazione che ci dà l'essere incerti,

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potresti notare che non è una sensazione[br]particolarmente piacevole

9:59:59.000,9:59:59.000
e visto che siamo quello che siamo,

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noi tendiamo a evitare le sensazioni spiacevoli[br]e a cercare le sensazioni piacevoli,

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quindi potremmo inconsciamente evitare l'insicurezza, compresa l'insicurezza morale,

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l'ambiguità morale,

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l'incertezza dell'azione,

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il non sapere che cosa dovremmo[br]fare o non fare, dire o non dire;

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quindi cadiamo nella sicurezza perché[br]è meno impegnativa e meno spiacevole.

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Perciò una parte della mia pratica è anche addestrarmi[br]ad accettare le sensazioni spiacevoli

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nel corpo, nelle mie sensazioni, nella mente e dire:

9:59:59.000,9:59:59.000
“Ah, va bene, non è poi così terribile”.

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Questo è un addestramento,

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possiamo addestrarci ogni giorno[br]a essere a nostro agio col disagio,

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e questo potrebbe aiutarci quando[br]dobbiamo affrontare situazioni complicate,

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in cui potremmo non avere tutte le informazioni:

9:59:59.000,9:59:59.000
non sappiamo qual è la cosa giusta[br]da fare, qual è la cosa giusta da dire.

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Possiamo permetterci di [br]stare con questa pazienza,

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e non cercare di risolvere quello[br]stato di disagio troppo in fretta;

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forse va bene stare con quel disagio,

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potrebbe essere molto doloroso,

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potrebbe essere molto scomodo,

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ma stai attento a non cercare[br]di risolverlo troppo in fretta,

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perché questo potrebbe portarci

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nella confusione della certezza,

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dove incominciamo a non prestare più[br]attenzione ad altri tipi di informazioni

9:59:59.000,9:59:59.000
e quindi restringiamo[br]il campo d'azione,

9:59:59.000,9:59:59.000
e poi lo imponiamo agli[br]altri e gli diciamo:

9:59:59.000,9:59:59.000
“Se non fai questo non stai più[br]praticando il buddhismo impegnato”.

9:59:59.000,9:59:59.000
Davvero?

9:59:59.000,9:59:59.000
Sei sicuro?

9:59:59.000,9:59:59.000
Quindi uno dei modi in cui noi[br]restringiamo il campo d'azione

9:59:59.000,9:59:59.000
è passando un sacco di tempo online,

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a guardare il nostro piccolo[br]schermo luccicante,

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perché può sembrare avvincente,

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può sembrare che il campo d'azione[br]sia dire delle cose online,

9:59:59.000,9:59:59.000
e la questione si riduce[br]al fatto che stai dicendo qualcosa,

9:59:59.000,9:59:59.000
e non a vedere se stai dicendo[br]cose giuste o sbagliate.

9:59:59.000,9:59:59.000
Per vostra informazione, non sto dicendo[br]che non dovremmo dire niente online,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma sto dicendo che non[br]è l'unico tipo di azione,

9:59:59.000,9:59:59.000
quindi faccio un invito a tutti noi ,[br]e anche a me stesso:

9:59:59.000,9:59:59.000
sai trovare un tipo di azione impegnata

9:59:59.000,9:59:59.000
che non biasimi nessuno,[br]che non dia la colpa a nessuno,

9:59:59.000,9:59:59.000
è possibile?

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È possibile trovare un tipo di azione[br]impegnata che non punti il dito?

9:59:59.000,9:59:59.000
È una domanda, perché nella mia[br]esperienza puntare il dito alle persone

9:59:59.000,9:59:59.000
non è di grande aiuto, [br]non so se l'avete notato.

9:59:59.000,9:59:59.000
E lo facciamo, lo facciamo molto!

9:59:59.000,9:59:59.000
Io sono un monaco,

9:59:59.000,9:59:59.000
non penso che il mio campo di azione sia dire qualche cosa online,

9:59:59.000,9:59:59.000
e so che alcune persone vorrebbero che io dicessi qualcosa online,

9:59:59.000,9:59:59.000
e sono sicuro che ci sono persone[br]che diranno delle cose online,

9:59:59.000,9:59:59.000
e io li sostengo nel[br]dire queste cose online,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma personalmente non penso che[br]sia l'uso migliore del mio tempo.

9:59:59.000,9:59:59.000
Se riduciamo la questione del buddhismo[br]impegnato a dire delle cose online,

9:59:59.000,9:59:59.000
allora potremmo avere la tendenza a dire che[br]io non sto praticando il buddhismo impegnato,

9:59:59.000,9:59:59.000
perché non ho detto cose online.

9:59:59.000,9:59:59.000
Quello che vorrei dire è:

9:59:59.000,9:59:59.000
non facciamo questo gli uni agli altri,

9:59:59.000,9:59:59.000
non pensiamo così poco gli uni degli altri,

9:59:59.000,9:59:59.000
non restringiamo l'ambito del possibile[br]in termini dei campi di azione.

9:59:59.000,9:59:59.000
La natura del nostro impegno teniamola vasta,

9:59:59.000,9:59:59.000
e dire delle cose online è una forma legittima[br]di azione, non sto dicendo che non lo sia,

9:59:59.000,9:59:59.000
e magari ci sono cose migliori o peggiori da dire.

9:59:59.000,9:59:59.000
Non è un campo d’azione facile,[br]è molto difficile dire qualunque cosa online,

9:59:59.000,9:59:59.000
senza infastidire e turbare qualcuno,

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e forse alcuni di voi pensano che[br]sia necessario infastidire qualcuno,

9:59:59.000,9:59:59.000
e anche questo potrebbe essere vero.

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Per chiarezza, non sto dicendo che la comunità monastica[br]di Plum Village non dovrebbe dire niente online,

9:59:59.000,9:59:59.000
sto dicendo che non è questo[br]tutto quello che facciamo,

9:59:59.000,9:59:59.000
non è questo che determina il nostro essere o[br]meno una comunità buddhista impegnata.|

9:59:59.000,9:59:59.000
Se pensate che lo sia, [br]allora non ci avete capito.

9:59:59.000,9:59:59.000
Quando ci colpiscono citando Thay,

9:59:59.000,9:59:59.000
“Thay avrebbe fatto questo, Thay avrebbe detto questo,[br]Thay ha fatto questo, Thay ha detto questo”,

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queste parole sono spesso accompagnate[br]da un particolare tipo di comprensione storica

9:59:59.000,9:59:59.000
della vita di Thay e del[br]buddhismo impegnato di Thay.

9:59:59.000,9:59:59.000
Di solito dicono così: Thay è stato impegnato negli anni ‘60

9:59:59.000,9:59:59.000
nel movimento per la pace,

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quando ha partecipato alle marce per la[br]pace a New York e in altri luoghi,

9:59:59.000,9:59:59.000
e ha partecipato a conferenze stampa con[br]il dottor Martin Luther King jr,

9:59:59.000,9:59:59.000
e così via, sapete com’è.

9:59:59.000,9:59:59.000
Poi negli anni ‘70 è stato impegnato nel salvataggio dei “boat people”,

9:59:59.000,9:59:59.000
in seguito ha fatto altre cose, ha scritto dei libri

9:59:59.000,9:59:59.000
e infine ha fondato Plum Village,

9:59:59.000,9:59:59.000
e si è concentrato molto sulla costruzione[br]di una comunità monastica.

9:59:59.000,9:59:59.000
Immagino che abbia rinunciato[br]al buddhismo impegnato.

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Molti lo pensano, molti sono ancora[br]turbati da questo,

9:59:59.000,9:59:59.000
non tutti nel movimento per[br]la pace l’hanno apprezzato.

9:59:59.000,9:59:59.000
È stato odiato da alcuni

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per non aver detto le cose [br]che volevano che dicesse,

9:59:59.000,9:59:59.000
per non aver fatto le cose [br]che volevano che facesse.

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In generale, alcune persone hanno visto il[br]buddhismo impegnato di Thay in calo,

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come se fosse forte all'inizio ma poi lui avesse[br]cominciato a fare [semplicemente] dei ritiri,

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e vorrei esaminare un po’ questo tema,

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perché penso che facciamo una vera[br]ingiustizia a Thay se lo vediamo così.

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Penso, anzi sono piuttosto sicuro …

9:59:59.000,9:59:59.000
- sicuro? diciamo moderatamente sicuro -

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che la visione profonda di Thay abbia continuato a crescere,

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che non abbia mai smesso di crescere,

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e posso dire di avere fiducia[br]in questo perché

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per molti anni ho passato[br]del tempo vicino a lui,

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e mi sembra che non abbia mai[br]smesso di crescere,

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quindi penso che sarebbe più sicuro ipotizzare

9:59:59.000,9:59:59.000
- visto che non lo sappiamo -

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sarebbe più sicuro ipotizzare che la pratica di[br]buddhismo impegnato di Thay non fosse in calo,

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ma anzi in crescita,

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che sia diventata più impegnata,

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forse semplicemente non appariva[br]come ci aspettavamo che apparisse,

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e quel crescendo per me è una cosa[br]che continua e non si è mai fermata.

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C’è un'intervista a Thay di Joe Confino

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- mi pare del 2011 - che è qui da qualche parte;

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si è svolta nella capanna di Thay,

9:59:59.000,9:59:59.000
eravamo convinti di aver[br]perso la registrazione,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma di recente è ricomparsa[br]ed è molto bella;

9:59:59.000,9:59:59.000
è stata pubblicata in uno degli episodi del[br]podcast “La via d'uscita è dentro di noi”,

9:59:59.000,9:59:59.000
vale davvero la pena di ascoltarla.

9:59:59.000,9:59:59.000
Ne farò una parafrasi molto poco accurata:

9:59:59.000,9:59:59.000
a un certo punto Joe aveva fatto a[br]Thay una serie di domande,

9:59:59.000,9:59:59.000
del tipo: “Come fai a risvegliare le persone?”.

9:59:59.000,9:59:59.000
Il contesto di questa intervista[br]riguardava la crisi climatica

9:59:59.000,9:59:59.000
e voi sapete che Joe è un giornalista,[br]stava parlando come giornalista

9:59:59.000,9:59:59.000
e gli chiese: “Cosa devo fare?[br]Qual è l'azione appropriata?”

9:59:59.000,9:59:59.000
Joe è impegnato a dire cose online,[br]come ero io una volta.

9:59:59.000,9:59:59.000
È una buona domanda:

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come risvegliamo le persone,[br]come le avvisiamo del pericolo,

9:59:59.000,9:59:59.000
e la risposta di Thay fu questa:[br]“Lo sanno già, non è questo il punto, lo sanno”.

9:59:59.000,9:59:59.000
Se lo sanno perché non agiscono?

9:59:59.000,9:59:59.000
Perché certamente[br]se sai qualcosa, poi agisci.

9:59:59.000,9:59:59.000
Potrei dire la stessa cosa adesso che siamo[br]testimoni di quotidiane atrocità sui nostri schermi

9:59:59.000,9:59:59.000
e nei nostri salotti,

9:59:59.000,9:59:59.000
e una parte dello shock morale in cui siamo[br]inseriti come specie è questa confusione.

9:59:59.000,9:59:59.000
Tutti possono vedere

9:59:59.000,9:59:59.000
e tuttavia noi permettiamo a tutto questo di continuare!

9:59:59.000,9:59:59.000
Lo sappiamo, tutti lo sanno!

9:59:59.000,9:59:59.000
Perché c'è la convinzione che,[br]se noi sappiamo, allora agiremo.

9:59:59.000,9:59:59.000
La risposta di Thay per me è[br]molto importante perché lui disse:

9:59:59.000,9:59:59.000
“Non è che le persone non lo sappiano, lo sanno”

9:59:59.000,9:59:59.000
possiamo parlare di una qualunque delle molteplici[br]crisi che stiamo affrontando proprio adesso

9:59:59.000,9:59:59.000
e tutte sono intersecate

9:59:59.000,9:59:59.000
quindi il punto non è che non lo sappiano,

9:59:59.000,9:59:59.000
il punto è che già non agiscono per affrontare[br]e risolvere la sofferenza nelle proprie vite,

9:59:59.000,9:59:59.000
già adesso non sono in[br]grado di riconciliarsi,

9:59:59.000,9:59:59.000
non sono in grado di allentare[br]le tensioni, lo stress,

9:59:59.000,9:59:59.000
non sono capaci di guarire[br]le proprie ferite

9:59:59.000,9:59:59.000
e volete che possano fare qualcosa per[br]quest'altro enorme problema strutturale?

9:59:59.000,9:59:59.000
Sono già sopraffatti!

9:59:59.000,9:59:59.000
Per questo, quando pensiamo all'arco della vita di Thay,

9:59:59.000,9:59:59.000
del suo insegnamento

9:59:59.000,9:59:59.000
e del suo buddhismo impegnato,

9:59:59.000,9:59:59.000
dobbiamo domandarci: [br]“Che cosa stava combinando?”.

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Thay è un uomo intelligente,

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aveva un progetto,

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e se siamo suoi studenti[br]dobbiamo capirlo;

9:59:59.000,9:59:59.000
la mia ipotesi è che io non l'abbia[br]ancora capito, non del tutto,

9:59:59.000,9:59:59.000
e, proprio nel momento in cui penso di [br]averlo capito, potrebbe essermi sfuggito.

9:59:59.000,9:59:59.000
Nel cercare di cogliere un[br]insegnante Zen dicendo:

9:59:59.000,9:59:59.000
“Ah, Thay sta facendo questo”

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Thay già sfugge, non lo[br]si può cogliere in questo modo,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma possiamo continuare a[br]porci le domande su che cosa voleva fare,

9:59:59.000,9:59:59.000
qual era il suo programma

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e qual era il suo progetto per[br]trovare la risposta alla domanda:

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“Qual è l'azione appropriata, qual è[br]la risposta appropriata alla sofferenza?”.

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Di certo Thay era consapevole della sofferenza

9:59:59.000,9:59:59.000
nelle sue molte sfaccettature

9:59:59.000,9:59:59.000
ed era continuamente impegnato a rispondere[br]alla domanda: qual è la risposta appropriata?

9:59:59.000,9:59:59.000
Dovremmo riuscire a trovare degli[br]indizi in quello che faceva e diceva,

9:59:59.000,9:59:59.000
non faceva e non diceva;

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quello che pensava è forse più misterioso,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma almeno in quello che fece e disse,

9:59:59.000,9:59:59.000
non fece e non disse, ci sono degli indizi.

9:59:59.000,9:59:59.000
Vorrei fare l’ipotesi, magari mi sbaglio,

9:59:59.000,9:59:59.000
che ci fosse un ‘crescendo’ e non un ‘diminuendo’,

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che la sua comprensione e la sua abilità nel[br]rispondere stesse continuamente crescendo,

9:59:59.000,9:59:59.000
magari mi sbaglio, ma[br]in questo caso non credo.

9:59:59.000,9:59:59.000
Quindi ipotizziamo che,

9:59:59.000,9:59:59.000
da bravo praticante buddhista,

9:59:59.000,9:59:59.000
Thay continuasse a porsi la domanda:[br]quali sono le radici della sofferenza?

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Siamo consapevoli della sofferenza, la prima nobile verità

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e poi cerchiamo le radici, come si[br]è creata questa sofferenza?

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Perché per affrontarla dobbiamo capirla,

9:59:59.000,9:59:59.000
dobbiamo capire come si è creata nel mondo e in noi stessi;

9:59:59.000,9:59:59.000
quello è il sentiero,

9:59:59.000,9:59:59.000
e dovremmo tutti continuare a chiederci:

9:59:59.000,9:59:59.000
ho capito le radici della sofferenza[br]in me stesso e nel mondo,

9:59:59.000,9:59:59.000
ho davvero capito?

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Questa è la base della nostra pratica,

9:59:59.000,9:59:59.000
se non lo facciamo,

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certamente non possiamo dire che stiamo[br]praticando il buddhismo impegnato.

9:59:59.000,9:59:59.000
Quindi dobbiamo farlo, [br]dobbiamo continuare a farlo.

9:59:59.000,9:59:59.000
Ipotizziamo che Thay lo stesse facendo,

9:59:59.000,9:59:59.000
penso che lo stesse facendo,

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per cui c’è tutto nella risposta alla domanda, quando ha detto:

9:59:59.000,9:59:59.000
“Non è che le persone non lo sappiano, lo sanno,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma sono già sopraffatte [br]e incapaci di trasformare la propria

9:59:59.000,9:59:59.000
sofferenza personale nella [br]loro vita, di riconciliarsi e di guarire”.

9:59:59.000,9:59:59.000
Guardando la mia vita [br]penso di poter dire:

9:59:59.000,9:59:59.000
“Sì ha ragione, ha proprio [br]ragione il maestro Zen!”

9:59:59.000,9:59:59.000
Ahi! è un po’ seccante,

9:59:59.000,9:59:59.000
perché anche adesso che sono un monaco, [br]e che sono monaco da un po’ di anni,

9:59:59.000,9:59:59.000
ho la sensazione di non [br]aver ancora fatto i compiti.

9:59:59.000,9:59:59.000
È proprio difficile sapere cosa fare,

9:59:59.000,9:59:59.000
visto che le persone sono sopraffatte

9:59:59.000,9:59:59.000
e non sono capaci neanche di dare una risposta alle[br]proprie sofferenze immediate, nella situazione [in cui si trovano].

9:59:59.000,9:59:59.000
Thay disse: “Mostrate loro una persona felice”

9:59:59.000,9:59:59.000
interessante

9:59:59.000,9:59:59.000
“Mostrate loro che è possibile [br]essere felici, essere liberi”.

9:59:59.000,9:59:59.000
È tutto qui quello che dovremmo fare,

9:59:59.000,9:59:59.000
qualche volta con più o meno successo,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma in linea di principio questa [br]è parte della sua risposta,

9:59:59.000,9:59:59.000
questa è la sua risposta appropriata [br]alla sofferenza del nostro tempo.

9:59:59.000,9:59:59.000
Dimostrare che è possibile essere felici, essere liberi,

9:59:59.000,9:59:59.000
senza ignorare la sofferenza,

9:59:59.000,9:59:59.000
al contrario dando alle persone,

9:59:59.000,9:59:59.000
facendo sperimentare alle persone,

9:59:59.000,9:59:59.000
un momento di felicità, [br]un momento di libertà.

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Questo succede nella comunicazione[br]silenziosa nel sangha,

9:59:59.000,9:59:59.000
quando si passa del tempo vicino a una [br]persona che è davvero piena di vita,

9:59:59.000,9:59:59.000
piena di gioia, piena di libertà:

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è contagioso, si trasmette, lo si sente, [br]lo si riceve, se ne coglie un po’ il sapore;

9:59:59.000,9:59:59.000
ci fa dire: “Ah è bello, mi piace, forse [br]dovrei passare più tempo a Plum Village”

9:59:59.000,9:59:59.000
Questo è quello che è successo a me,

9:59:59.000,9:59:59.000
io non sapevo letteralmente cosa stessi facendo,

9:59:59.000,9:59:59.000
ho semplicemente detto: “Ah è bello, queste persone sono belle”,

9:59:59.000,9:59:59.000
questa è stata una delle impressioni più potenti che ho avuto di Plum Village,

9:59:59.000,9:59:59.000
di un posto, il primo posto in tutta la mia vita

9:59:59.000,9:59:59.000
in cui io abbia sperimentato che non [br]mi sarebbe successo niente di male,

9:59:59.000,9:59:59.000
dove nessuno aveva intenzioni [br]malevole e tutti erano gentili.

9:59:59.000,9:59:59.000
Quando si sta qui un po’ più a lungo,

9:59:59.000,9:59:59.000
beh, sai com'è, diventa un po’ più complicato, [br]è molto più facile quando si sta solo una settimana,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma facciamo del nostro meglio,

9:59:59.000,9:59:59.000
facciamo del nostro meglio.

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Thay disse anche: “Sai, quando fai vedere a qualcuno [br]che è possibile essere felici con meno cose,

9:59:59.000,9:59:59.000
e che la loro felicità non dipende dal potere, [br]dalla posizione, dalla fama, dal profitto, dal sesso,

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da tutte queste cose,

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allora forse le persone si possono rilassare, [br]perché non devono rincorrere così tanto queste cose,

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e così si crea un po' di spazio”.

9:59:59.000,9:59:59.000
Cosa succede quando qualcuno ha spazio?

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Qui stiamo parlando di presenza mentale,

9:59:59.000,9:59:59.000
stiamo parlando della pratica della presenza mentale,

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tutto quello che ho detto finora è che, [br]con la pratica della presenza mentale,

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si dà alle persone la capacità di coltivare[br]una sensazione di felicità,

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di generare una sensazione di gioia, [br]di gratitudine,

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si dà loro spazio, e la presenza mentale [br]è una fonte di tutte queste cose.

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Potremmo parlare di più di cosa significa coltivare [br]concretamente una sensazione di gioia,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma è molto importante che finora non abbiamo puntato il dito,

9:59:59.000,9:59:59.000
non abbiamo detto: “Dovresti fare di più,

9:59:59.000,9:59:59.000
dovresti essere più impegnato,

9:59:59.000,9:59:59.000
dovresti essere più consapevole della sofferenza,

9:59:59.000,9:59:59.000
dovresti dare una risposta alla sofferenza”.

9:59:59.000,9:59:59.000
Non abbiamo detto niente di tutto questo;

9:59:59.000,9:59:59.000
al contrario abbiamo detto: “Rilassati,

9:59:59.000,9:59:59.000
va tutto bene, vieni a prendere [br]una tazza di tè”.

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I fratelli e le sorelle mi hanno davvero insegnato[br]come bere una tazza di tè con gioia,

9:59:59.000,9:59:59.000
non avevo assolutamente idea di [br]come bere una tazza di tè con gioia;

9:59:59.000,9:59:59.000
pensavo fossero matti a dirmi:

9:59:59.000,9:59:59.000
“Vieni a goderti una tazza di tè”,

9:59:59.000,9:59:59.000
sembrava una perdita di tempo,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma mi hanno trasmesso quell'arte

9:59:59.000,9:59:59.000
e la mia mente ha continuato[br]a generare problemi:

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“Non è abbastanza, questo non risolve[br]niente, questo non è di aiuto”.

9:59:59.000,9:59:59.000
Sapete, la mia mente era ancora molto [br]focalizzata su questo elenco

9:59:59.000,9:59:59.000
perché in un certo senso questo elenco,

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quello delle sofferenze nel mondo, [br]è molto più facile di quest’altro.

9:59:59.000,9:59:59.000
Davvero ci si può infiammare su questo,[br]sulla sofferenza del mondo,

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“Cosa dobbiamo fare? Bisogna capire!”.

9:59:59.000,9:59:59.000
Siamo molto impegnati a capire le cause storiche,

9:59:59.000,9:59:59.000
come è successo,

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e poi andiamo a dare un colpo in testa a tutti

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nella convinzione - che condividevo e che qualche volta ancora condivido -

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che se noi potessimo arrivare alla perfetta comprensione [br]di che cosa è giusto e di che cosa è sbagliato,

9:59:59.000,9:59:59.000
chi ha ragione, chi ha più potere, chi ha meno potere,

9:59:59.000,9:59:59.000
dov'è l'ingiustizia strutturale e come si è verificata,

9:59:59.000,9:59:59.000
se davvero potessimo [br]capire questo e poi comunicarlo,

9:59:59.000,9:59:59.000
tutti sarebbero d'accordo e direbbero:

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“Ah sì, la tua analisi è davvero [br]avvincente, capisco,

9:59:59.000,9:59:59.000
smettiamo di ucciderci l'un l'altro”

9:59:59.000,9:59:59.000
Davvero vi convince? Ci credete?

9:59:59.000,9:59:59.000
Pensate davvero che funzionerà?

9:59:59.000,9:59:59.000
Non l'abbiamo già provato?

9:59:59.000,9:59:59.000
Non sto dicendo che non sia importante [br]capire le cause storiche,

9:59:59.000,9:59:59.000
le condizioni della sofferenza, certamente lo è,

9:59:59.000,9:59:59.000
ma non sono convinto che questo [br]lo risolverà, non da solo,

9:59:59.000,9:59:59.000
perché le persone non vengono [br]convinte nemmeno dall'evidenza,

9:59:59.000,9:59:59.000
non ha nemmeno importanza se hai ragione,

9:59:59.000,9:59:59.000
puoi essere il più giusto [br]dei giusti, non servirà!

9:59:59.000,9:59:59.000
Puoi scrivere tutto su un libro,

9:59:59.000,9:59:59.000
portarlo alle persone che stanno per [br]schiacciare il bottone dell'intelligenza artificiale

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del sistema che lancerà una bomba;

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questi leggeranno l'analisi: “sì sì va bene”, [br]e schiacceranno lo stesso il bottone.

9:59:59.000,9:59:59.000
Non servirà,

9:59:59.000,9:59:59.000
perché non abbiamo ancora identificato [br]tutte le radici della sofferenza.

9:59:59.000,9:59:59.000
Ricordiamoci che, nell'arco del buddhismo [br]impegnato di Thay,

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lui ha fatto anche questo: ha scritto [br]“Un loto in un mare di fuoco”

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Se lo leggete, vedrete che è una intensa descrizione delle condizioni storiche

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di come si è verificata la [br]guerra in Vietnam

9:59:59.000,9:59:59.000
e come l'avremmo potuta risolvere [br]se solo l'avessimo capita.

9:59:59.000,9:59:59.000
Ha funzionato?

9:59:59.000,9:59:59.000
No, mi dispiace, questo [br]non ha fermato la guerra.

9:59:59.000,9:59:59.000
Vi immaginate quanto [br]potesse essere doloroso?

9:59:59.000,9:59:59.000
Il fatto è che sono abbastanza sicuro

9:59:59.000,9:59:59.000
- non penso che questo si applichi a tutti

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ma almeno nel caso di Thay,

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lui probabilmente aveva ragione su [br]quasi tutto quello che c'era in quel libro,

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ma non ha risolto il problema;

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non dico che non sia servito,

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ma non è stata una soluzione completa.

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Di fatto è interessante vedere che in seguito,

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nell'insegnamento di Thay e nel suo rapporto con noi come discepoli monastici

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- molti di noi, me compreso,

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erano infiammati da questo [br]libro “Il loto in un mare di fuoco”,

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pensavamo che fosse energico, intenso,

9:59:59.000,9:59:59.000
uno stile molto diverso

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- Thay ci ha detto di non leggerlo.

9:59:59.000,9:59:59.000
Come, non leggerlo?

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Perché la saggezza di Thay [br]aveva continuato ad evolversi.

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Come a dire: va bene,

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ma quel Thay è morto, non c’è più.

9:59:59.000,9:59:59.000
C'è un Thay vivente proprio qui [br]davanti a te e non si è fermato.

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Ricordate la gerarchia, il Dharma scritto? [br]È in fondo alla lista.

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Avete il Dharma vivente [br]proprio davanti a voi,

9:59:59.000,9:59:59.000
prestate attenzione a questo [br]più che alle parole,

9:59:59.000,9:59:59.000
ancora di più del Dharma parlato

9:59:59.000,9:59:59.000
Per questo [Thay] non voleva che lo leggessimo

9:59:59.000,9:59:59.000
e da questo bisogna dedurre

9:59:59.000,9:59:59.000
mettendo insieme gli indizi [br]e i suggerimenti che abbiamo

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che non pensasse più che l'analisi [br]storica fosse la risposta appropriata;

9:59:59.000,9:59:59.000
non che la volesse escludere, [br]ma non era sufficiente.

9:59:59.000,9:59:59.000
Così ha continuato nella sua indagine,

9:59:59.000,9:59:59.000
ha continuato a cercare [br]di capire come fare,

9:59:59.000,9:59:59.000
come risolvere,

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e nel 2011 ha detto: “Mostrate alla gente [br]una persona felice,

9:59:59.000,9:59:59.000
mostrate alla gente una comunità felice

9:59:59.000,9:59:59.000
è possibile vivere insieme

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e date loro le pratiche di presenza mentale,

9:59:59.000,9:59:59.000
in modo che possano coltivare la felicità, [br]la gioia e la libertà in sé stessi”.

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Tutto questo è parte della sua risposta,

9:59:59.000,9:59:59.000
e qual è il risultato che ne deriva

9:59:59.000,9:59:59.000
quando si crea quello spazio e [br]si offre alle persone la presenza mentale

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e un modo risvegliato di vivere?

9:59:59.000,9:59:59.000
Cosa succede?

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Tutti ne abbiamo fatto esperienza, [br]perché è questo che facciamo,

9:59:59.000,9:59:59.000
cominciamo a essere in grado di [br]affrontare un po’ di più quel secondo elenco,

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quello più difficile,

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quello che è più vicino all'osso:

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i nostri antenati, il rapporto coi genitori,

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il rapporto col partner, con gli amici, coi figli,

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con le persone con cui non parliamo più,

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con la nostra infanzia,

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il dolore, le ferite, le cose sepolte,

9:59:59.000,9:59:59.000
le sofferenze che nemmeno [br]sappiamo da dove vengono

9:59:59.000,9:59:59.000
e che sono state passate [br]da una generazione all'altra.

9:59:59.000,9:59:59.000
Cominciamo ad avere un po’ più di spazio

9:59:59.000,9:59:59.000
e cominciamo a capire come [br]generare una sensazione di gioia.

9:59:59.000,9:59:59.000
Che sollievo! È possibile!

9:59:59.000,9:59:59.000
Non ignorando la sofferenza,

9:59:59.000,9:59:59.000
non è un bypass spirituale,

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non si tratta di fingere che non esista,

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è una gioia in quanto parte [br]della risposta alla sofferenza,

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una gioia che accompagna la sofferenza.

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È questo che succede quando si entra un [br]po’ in contatto con quello spazio,

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e la prima cosa che si apre [br]è la tua capacità di sentire il dolore.

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Ma vedete il percorso? [br]Non ci siamo andati subito lì,

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non siamo andati a colpire [br]qualcuno in testa per dirgli:

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“Devi fare di più”,

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ci siamo limitati a prenderci [br]cura di loro,

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ad occuparci di loro e dar loro [br]un po' di sollievo e di fiducia,

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perché dobbiamo fidarci [br]gli uni degli altri.

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Questo gioiello del Buddha non è [br]una statuetta laggiù,

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non è neanche il Buddha storico,

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è la capacità di risveglio [br]in ognuno di noi,

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e se non abbiamo fiducia in [br]questo siamo bloccati.

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Questa fiducia è qualcosa che possiamo costruire [br]e sperimentare per vedere che cosa succede;

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possiamo condividere la pratica con qualcuno [br]finché è in grado di avere un po’ più di respiro,

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un po’ più di spazio, un po' più [br]di tenerezza e di rilassamento.

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La prima cosa che succede alle persone è [br]la capacità di stare un po' di più col proprio dolore,

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sono in grado di stare col tuo dolore [br]e col dolore del mondo,

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perché adesso hanno questa capacità,

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che continua a crescere in ciascuno di noi,

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individualmente e collettivamente,

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ed è qualcosa a cui possiamo [br]sempre contribuire.

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Abbiamo anche la fiducia,

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abbiamo una fede basata sulla nostra esperienza,

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che - quando siamo capaci di sentire il dolore con un po’ di spazio -

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la compassione ci pervada.

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È la capacità di sentire il dolore,

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di stare con il proprio dolore,

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con il dolore attorno a noi,

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delle persone care, delle persone [br]amate e del mondo;

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questa è la fonte della compassione,

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ciò che genera l'energia [br]della compassione.

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Quindi sappiamo che quello è l'obiettivo:

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ci serve più compassione nel mondo,

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e Thay ci ha detto come arrivarci.

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Non si comincia da lì perché [br]le persone sono sopraffatte,

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non riescono a gestirla, è troppo;

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quindi, bisogna dare prima un po’ di sollievo, [br]un po’ di spazio.

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Quando poi abbiamo la compassione,

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quello che ne deriva è il coraggio,

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il coraggio di agire,

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e l'assenza di paura, l'audacia,

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quando conosciamo la [br]fonte della nostra felicità

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e sappiamo che non [br]dipende dalle comodità,

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dal lusso, dal denaro, dal possesso, dal potere, [br]dallo status e dalla posizione sociale.

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Quando sappiamo questo, possiamo [br]generare la nostra stessa felicità,

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che è già presente gratuitamente,

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allora possiamo essere [br]davvero coraggiosi.

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Di recente, la comunità monastica è [br]stata anche accusata di

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non parlare apertamente [br]della situazione a Gaza perché

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avremmo paura che le persone [br]smettano di fare donazioni.

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Qualcuno lo crede,

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ed è vero che quella specie di minaccia è stata fatta,

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basta solo che usiamo la parola “Gaza”,

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e ci arrivano queste lunghe [br]e-mail che dicono: “Come osate?

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Non vi sosterrò più, smetterò di fare donazioni”,

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così questo ha portato [br]alcune persone a pensare

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che questo è il motivo per cui [br]non abbiamo fatto una dichiarazione.

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Davvero avete davvero [br]un'opinione così bassa di noi?

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Pensate davvero che prenderemmo una [br]decisione di questo tipo sulla base del denaro?

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Siamo monaci!

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Abbiamo rinunciato a tutto,

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alla carriera, all'occasione [br]di avere una famiglia,

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all’occasione di avere [br]rapporti intimi, di avere figli,

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di realizzare la nostra visione artistica, [br]abbiamo rinunciato a tutto.

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Abbiamo rinunciato alle comodità,

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al lusso, a tutte queste cose, perché?

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Perché non abbiamo paura!

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Non abbiamo paura.

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Pensate che, se tutti smettessero di fare donazioni a Plum Village,

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smetteremmo di praticare?

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Ma dai!

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Non è questo il motivo.

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L'altro giorno, durante un cerchio di [br]condivisione, di ascolto profondo,

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per permettere a tutti di riflettere

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e condividere il dolore in relazione [br]ai conflitti armati in atto nel mondo,

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e in relazione alla domanda su cosa fare,

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cosa dire, che cosa non dire,

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qualcuno ha chiesto - e penso [br]che sia un'ottima domanda

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e penso che possa in momenti diversi [br]essere in tutti i nostri cuori - è abbastanza?

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Tutto questo,

9:59:59.000,9:59:59.000
respirare,

9:59:59.000,9:59:59.000
sorridere,

9:59:59.000,9:59:59.000
camminare,

9:59:59.000,9:59:59.000
sedersi,

9:59:59.000,9:59:59.000
sdraiarsi,

9:59:59.000,9:59:59.000
mangiare,

9:59:59.000,9:59:59.000
è tutto qui ? è tutto quello che avete?

9:59:59.000,9:59:59.000
è sufficiente?

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Lo capisco e io mi chiedo la stessa cosa,

9:59:59.000,9:59:59.000
perché tante volte non sembra che sia sufficiente.

9:59:59.000,9:59:59.000
Faccio un passo in presenza mentale,

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ma le bombe continuano a cadere,

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le persone sono ancora uccise [br]e io non posso impedirlo!

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E mi spezza il cuore

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ogni giorno

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di non poterlo fermare.

9:59:59.000,9:59:59.000
È sufficiente?

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Abbiamo fiducia nel modo risvegliato di vivere

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in quanto risposta appropriata alla [br]sofferenza in noi stessi nel mondo?

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Sì e no.

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È davvero difficile avere fiducia in questo,

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perché non sembra una risposta diretta,

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non sembra una risposta impegnata,

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qualunque cosa pensiamo che significhi.

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Potrebbe persino sembrare una [br]risposta che mira soltanto

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a creare una piccola isola di agio [br]e di sicurezza per noi stessi,

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potrebbe persino sembrare un bypass spirituale:

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“Ah va bene per voi respirare, [br]sorridere, camminare in pace, ma

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le bombe continuano a cadere”.

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È questo è il punto in cui noto

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scogli nascosti nella mia mente,

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che sono lì come risultato della mia visione del mondo,

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perché, crescendo,

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la mia istruzione mi ha dato due scelte [br]dal punto di vista della visione del mondo:

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una è la visione scientifica del mondo,

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che dice che l'universo [br]è fatto di atomi ed elettroni,

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le leggi fisiche sono deterministiche,[br]prive di significato,

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un cosmo morto in cui la vita [br]è successa in modo accidentale,

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come se fosse emersa [br]dal brodo primordiale,

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priva di significato, inutile,

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indifferente a tutto ciò a cui teniamo,

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direi che questa è la visione dominante.

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Penso che, qualche volta,

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persino noi che ci descriveremmo [br]come persone spirituali,

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siamo soggetti a questa visione; [br]è molto difficile contestarla,

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perché sembra abbia avuto tanto successo

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e abbia prodotto così tanto:

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un aumento della durata della vita,

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una riduzione della mortalità infantile,

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la cura delle malattie, una tecnologia incredibile

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- tutto questo,

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incluso il fatto che possiamo atterrare sulla luna,

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non prova in un certo senso che la descrizione [br]scientifica della realtà è quella giusta?

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Sembra convincente, [br]è difficile contestarla,

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io trovo molto difficile contestarla,

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e l'unica altra scelta che avevo era una versione [br]molto molto strana del cristianesimo,

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tutta fuoco e zolfo.

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Un predicatore che veniva nella mia scuola [br]una volta portò una spada in classe,

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agitandola, noi avevamo [br]circa sei anni, che diamine!

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Cercava di spaventarci [br]con la paura dell’inferno,

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della dannazione eterna

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e quindi mi sono chiesto:

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è questo o è quella bella dimostrazione logica e [br]coerente, quella spiegazione e quel meccanismo incredibili?

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A me è sembrato abbastanza [br]ovvio, a sette anni;

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perciò sono diventato uno scettico [br]razionale abbastanza militante.

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Pensavo che la cosa moralmente giusta da fare

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fosse distruggere la fede delle persone,

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perché pensavo che la fede fosse una specie di veleno,

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e che le persone fossero state assoggettate [br]per secoli a credenze superstiziose

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e controllate da strutture di potere,

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in una religione intesa come [br]strumento di controllo,

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ne ero piuttosto sicuro.

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Ho fatto molti danni,

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ho ferito molti amici con la mia [br]certezza e col mio scetticismo.

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Una domanda che riguarda tutti noi,

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indipendentemente da [br]quello che crediamo, è:

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quanto viviamo all’interno [br]della storia del materialismo,

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che sostiene che il mondo [br]è fatto di materia?

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Perché quasi tutte le notizie [br]si basano su quello,

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e anche le decisioni politiche,

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nella maggior parte dei paesi [br]- se non in tutti i paesi -

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e le decisioni economiche vengono prese [br]all’interno di quel quadro interpretativo.

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Le decisioni sul clima vengono [br]prese all'interno di quel quadro,

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e se doveste partecipare a una [br]di quelle conferenze e diceste:

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“No, il sole è un bodhisattva e la Madre [br]Terra è viva, forse dovreste parlarle”,

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penso che capiate che questa non sia [br]considerata una comprensione legittima,

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anche se un po’ sta cambiando.

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Per esempio, c'è una maggiore consapevolezza [br]delle convinzioni e pratiche dei popoli indigeni,

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e della loro saggezza, quindi [br]c'è un inizio di cambiamento.

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Ciò che è davvero interessante per me,

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anche se non mi dilungherò,

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è che il cosiddetto mondo [br]scientifico non è scientifico.

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Questa è una storia lunga,

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ma la scienza davvero non ha niente [br]da dire sulla natura della realtà,

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non è il suo settore.

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La scienza può formulare ipotesi,

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fare esperimenti per testarle,

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può fare previsioni e testarle,

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migliorare le ipotesi e le teorie,

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può creare delle mappe,

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ottime mappe, tante mappe,

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ma non ha accesso [br]alla natura della realtà.

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Quindi, quello che sto cercando di sostenere è

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che quella visione del mondo forse può [br]essere nascosta nella nostra cantina,

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e forse può limitare l'ambito del possibile;

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così, quando pensiamo alla guerra [br]e cerchiamo di fermarla,

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possiamo avere la tendenza a pensare [br]secondo quella visione del mondo,

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possiamo avere la tendenza [br]a pensare in termini di leggi,

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dichiarazioni,

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sanzioni,

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il tipo di azioni che esistono all'interno di [br]un mondo costituito di materia,

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e non sto dicendo neanche per un momento [br]che quelle cose non siano importanti,

9:59:59.000,9:59:59.000
sono tutte importanti!

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Però, se non siamo attenti

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- e qui parlo in base alla mia esperienza -

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quando penso che gli unici modi per [br]fermare questa guerra siano materiali,

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essenzialmente, cado in una [br]profonda disperazione,

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e non posso fare a meno di concludere [br]che non stiamo facendo abbastanza,

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e questo mi porta persino a pensare [br]che tutto è cupo e senza scopo;

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poi guardo le poesie del mio maestro e [br]noto che anche lì ha lasciato degli indizi per noi.

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“Oggi il regno dei cieli ha fatto una grande festa per migliaia di stelle,

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il cielo è limpido, le nuvole sono state tutte spazzate via;

9:59:59.000,9:59:59.000
sono salito fino a quel regno,

9:59:59.000,9:59:59.000
mi sono inginocchiato e ho pregato

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affinché l'angoscia, le uccisioni,

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il disastro delle inondazioni e degli incendi,

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e la crudeltà cessino [br]nella nostra povera terra”

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Questo è buddhismo impegnato?

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Funziona?

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In un mondo materialista non funziona.

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La preghiera è impotente, futile.

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Ma Thay non è un uomo poco intelligente.

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Alcune settimane fa sono stato sveglio [br]per la maggior parte della notte

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sdraiato sulla schiena [br]a guardare le stelle,

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a meditare su questa domanda.

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Ho notato che

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quando guardo le stelle ho la tendenza

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a vederle secondo la mia [br]comprensione scientifica,

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quindi faccio questo processo [br]inconscio di costruzione mentale

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e penso: gigantesca palla di idrogeno ed elio,

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costretta a una reazione di fusione da [br]forze di attrazione gravitazionale…

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wow!

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Sì, da questo si può trarre [br]un po’ di succo,

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di soddisfazione da ciò, si può dire:

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“Ah è davvero grande, davvero [br]lontanissima, davvero deserta,

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ma è morta!”.

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Improvvisamente mi sono venuti [br]in mente i versi di questa poesia,

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grazie a una nostra sorella [br]che l’ha messa in musica,

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e mi è entrata in testa e mi sono detto:

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sono salito a quel regno a quel [br]festival di stelle e ho pregato…

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che diamine!

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Hai pregato una gigantesca palla di idrogeno fuso?

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Perché? Che senso ha?

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Improvvisamente mi sono reso conto che

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la mia fede era limitata [br]dalla mia visione del mondo.

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La mia visione del mondo [br]a cui tra l'altro nemmeno credo,

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perché razionalmente so che è sbagliata,

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non è neanche scientifica;

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potrei spiegarlo tutto il giorno, tutta la notte,

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potrei scriverci un libro,

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potrei riempirvi le orecchie [br]spiegandovi perché è sbagliata,

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ma ce l'ho ancora nelle ossa!

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Quando guardo le stelle io le definisco

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e le vedo ancora attraverso questa lente.

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Improvvisamente è caduta,

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e le stelle mi si sono rivelate come [br]ardente consapevolezza e coscienza

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- mi mancano le parole -

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come divinità; è così ovvio [br]che siano vive,

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che siano dei bodhisattva,

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è così ovvio, non è razionale, è solo [br]consapevolezza chiara e immediata.

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Mi sono reso conto improvvisamente che,

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quando leggo queste poesie, [br]penso che siano metafore,

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“Ah che bella metafora!

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Ho pregato le stelle, perché le [br]stelle sono una specie di persone”,

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non so, non ha molto senso, [br]ma le tratto come metafore.

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Improvvisamente ho pensato:

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“E se intendesse esattamente [br]quello che ha detto,

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letteralmente, se non fosse [br]affatto una metafora?

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Ci sono anche altre prove,

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quando si pensa alla risposta di [br]Thay alla guerra nel suo paese,

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all'uccisione di fratelli, sorelle, [br]amici, studenti.

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Thay pregava per un risveglio,

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pregava che nascesse un Buddha,

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perché chi può dare una risposta [br]alla sofferenza se non un Buddha?

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Quindi mi sono domandato: pregare non [br]dovrebbe essere parte del mio buddhismo impegnato?

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Con tutto il mio cuore e [br]la mia anima per un risveglio,

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non il mio, il nostro, ma [br]per un risveglio collettivo.

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Ed è qui che ci imbattiamo [br]in questi scogli nascosti,

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perché quello che è popolare adesso [br]è il buddhismo secolare, anzi,

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la consapevolezza secolare, [br]la consapevolezza come sollievo allo stress.

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Questo è molto interessante, [br]che cosa pensiamo che sia?

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Potete per un attimo tenere nel cuore [br]e nella mente il divario di significato

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tra la consapevolezza come sollievo allo stress

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e la consapevolezza come l'energia dello Spirito Santo?

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Che cosa?

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Thay sta entrando nel nostro [br]inconscio collettivo.

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Io non sono neanche cristiano

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- non so neanche cosa sia lo Spirito Santo,

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non ho studiato teologia -

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ma in un certo senso quando Thay dice [br]così so per certo che non è una piccola cosa.

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Non è solo una funzione del mio cervello,

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che è quello a cui stiamo riducendo la [br]consapevolezza se non stiamo attenti;

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con tutto il nostro entusiasmo

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nel cercare una prova neuroscientifica che [br]supporti e puntelli la legittimità della nostra pratica,

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la riduciamo a una funzione di [br]una piccola parte del cervello,

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la parte frontale, temporale.

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Confrontate,

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usate la vostra immaginazione,

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per sentire dentro di voi la differenza

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tra intendere la consapevolezza [br]come una funzione di cervello,

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che in un certo senso ci aiuta a regolarizzare le nostre emozioni,

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a calmare il nostro sistema nervoso e

9:59:59.000,9:59:59.000
rinforza la capacità di processo [br]decisionale, eccetera.

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Questa è una spiegazione,

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oppure sentite Thay che dice:

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“È l'energia dello Spirito Santo”

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il miracolo della presenza mentale,

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la fede che un respiro, un passo possa guarire,

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che noi possiamo andare oltre ed essere liberati,

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che ci possiamo risvegliare insieme, [br]con una risposta attiva,

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una risposta appropriata,

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e che abbiamo bisogno di farlo non come esseri umani,

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non come esseri separati.

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Infatti ci ha dato un'altra mappa, è la [br]mappa del sutra del diamante:

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rimuovi l'idea di un sé separato, quello non è il tuo risveglio,

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non è “tuo”, rimuovi l'idea di “umano”, [br]non è un risveglio umano,

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rimuovi l'idea di essere vivente, non è un risveglio [br]che appartiene solo agli esseri viventi,

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rimuovi l'idea di durata della vita, [br]non è confinato a questa durata della vita,

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e quindi parla alle stelle, [br]parla alla Terra, prega.

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Ricordiamoci della nostra immensità,

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della nostra vastità,

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ricordiamoci di essere parte [br]di una tradizione spirituale,

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che ha un significato e un valore per rispondere [br]alla sofferenza del nostro tempo;

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la nostra risposta non può essere [br]soltanto una risposta materiale,

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non possiamo limitarla [br]a dire delle cose online

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- benché possiamo [br]anche dire delle cose online.

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Non mi potete dire

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che un passo fatto con quella qualità di [br]risveglio non sia buddhismo impegnato.

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Però dobbiamo vedere il collegamento,

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il punto di contatto,

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tra la crisi che è nei nostri cuori,

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il modo in cui la affrontiamo,

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la risposta appropriata [br]alle nostre tensioni,

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al nostro biasimo, alle nostre accuse, [br]al nostro puntare il dito,

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alla sensazione che non è abbastanza,

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che il sangha non è abbastanza

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e alle nostre proiezioni nei confronti dell’idea [br]di una figura che rappresenta un’autorità.**************************

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Rinunciamo al nostro potere,

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e lo facciamo perché non abbiamo [br]fiducia nel modo risvegliato di vivere,

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non crediamo che il modo risvegliato [br]di vivere sia la risposta appropriata.

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Vi chiedo, solo per un momento, [br]di usare la vostra immaginazione,

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se siete cristiani come me, o meglio,

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provenienti da un contesto [br]culturale più o meno cristiano,

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senza limitarci a questo,

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usate la vostra immaginazione per [br]collegarvi a figure della vostra cultura

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che hanno incarnato una grande fede.

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Se siete cristiani magari San Francesco, S. Teresa d’Avila,

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San Giovanni della Croce, Gesù,

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se siete musulmani magari Hafez, o Rumi,

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un mistico sufi, di cui [br]non avevo mai sentito parlare,

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trovate un esempio che vi risuoni,

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un archetipo di straordinaria [br]fede trascendente,

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ce l’avete?

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Poi trasferite l’intensità di quella fede, [br]di quella umiltà,

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di quella resa, trasferite [br]quella fede al modo risvegliato di vivere.

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E se avessimo quel nucleo ardente di [br]fede nel modo risvegliato di vivere?

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Il gioiello del Dharma,

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il gioiello del Buddha in ciascuno di noi.

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E se non potessimo fare a meno di vederci [br]gli uni con gli altri come dei futuri Buddha?

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Se riconoscessimo il potenziale di un [br]grande risveglio in ogni singola persona?

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Se questo fosse l’unico modo di vederci?

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E se vedessimo questo nel nostro sangha?

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Un sangha inteso non come un pezzo di carbone,

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ma come un gioiello [br]scintillante di risveglio

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- con le sue pecche, [br]con le sue imperfezioni.

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Quanto a me, mi domando dove porre questa [fede]

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– perché posso usare la mia immaginazione [br]per evocare quella intensità di fede,

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e so che loro ce l’avevano,

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perché non erano degli stupidi, [br]né degli ignoranti,

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e quella fede, se resto entro i confini [br]del materialismo scientifico,

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quella fede mi è inaccessibile,

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non ha spazio, non ha senso, è illogica,

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è stupida, superstiziosa.

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Ma il materialismo scientifico è una [br]serie di ipotesi non dimostrate,

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non scientifiche.

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E se è questo che ci sta intrappolando,

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ce ne dobbiamo liberare,

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perché è incompatibile con il risveglio.

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Non c’è risveglio nel materialismo scientifico,

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non è possibile, quindi gettiamolo via.

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gettiamolo via non perché vogliamo [br]sostituirlo con un’altra visione del mondo,

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ma perché prendiamo rifugio [br]nel rimuovere i punti di vista,

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nel liberarci dalle visioni del mondo,

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diventiamo capaci di essere a nostro agio [br]con il disagio di non sapere.

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E quel non sapere ci dà uno spazio [br]immenso di possibilità.

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Se guardate le stelle e non [br]sapete che cosa sono,

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allora riuscite a vederle.

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Se pensate di sapere che “è una [br]grande palla di idrogeno fuso,

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scriviamone l’equazione”,

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la rendete piccola, irrilevante,

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anche se in un certo senso è fantastica,

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meravigliosa, mi piace ancora la scienza…

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Non sto parlando contro la scienza,

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la scienza è straordinaria,

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è la visione del mondo [br]che non è scientifica.

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Quando sappiamo agire quella fede [br]risoluta di fronte alla sofferenza

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non sto dicendo che dovremmo soltanto [br]stare seduti a pregare e basta,

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abbiamo bisogno di tutti i [br]tipi di risposte,

9:59:59.000,9:59:59.000
abbiamo bisogno di un’enorme [br]varietà di risposte

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ma quando guardiamo [br]l’albero di tiglio all’Upper Hamlet,

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gli chiediamo di fare una [br]dichiarazione sulla guerra a Gaza?

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Siamo scontenti dell’albero di tiglio[br]perché non ha detto niente online?

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No, vogliamo che l’albero di tiglio [br]sia un vero albero di tiglio,

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e il tiglio lo è, e sta molto bene, [br]è bellissimo, offre rifugio a tutti noi;

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perciò dipende da ognuno di noi [br]identificare la propria zona di azione,

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e reclamare la nostra sovranità.

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Se volete dire qualcosa online, ditela, [br]ditela con tutta la saggezza,

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l’amore e la cura e l’abilità della vostra pratica,

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ma non puntate il dito per dire che [br]altre persone non stanno facendo abbastanza,

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a cosa e a chi può servire questo?

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Ci divide, divide il sangha.

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Penso che la creazione di Thay [br]di questa tradizione monastica

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sia parte del crescendo del suo [br]buddhismo impegnato,

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perché lui capiva che avremmo avuto [br]bisogno di una continuità nella pratica

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e di un luogo dove praticare [br]a tempo pieno,

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perché questo non riguarda solo quello che [br]succede quest’anno o il prossimo anno,

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riguarda quello che succederà [br]fra cinquecento anni, fra mille anni.

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Quindi penso, spero,

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che quello che volete che siamo [br]è dei veri monaci.

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Abbiamo appena ricevuto una mail [br]che diceva: “Dovreste …”

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ve la leggo, perché dovete capire [br]la situazione in cui siamo.

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Questi sono praticanti molto bravi,

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pieni di esperienza, non vi [br]leggo questa mail per criticarli,

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per puntare il dito o per [br]dire che non stanno praticando,

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è chiaro che capiscono la pratica,

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che capiscono l’interessere, [br]e tuttavia c’è un punto critico,

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perché apparentemente vedono [br]la comunità monastica

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come una specie di fonte di potere [br]o di autorità nel mondo,

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e quando ci sentiamo disperati, [br]vogliamo che l’autorità faccia qualcosa.

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Ma non sono sicuro, perché se facessimo [br]la dichiarazione perfetta,

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che non disturba nessuno, [br]che va al cuore del problema,

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dice la cosa giusta,

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e la pubblicassimo online, pensate [br]che farebbe la differenza?

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Pensate che fermerebbe la guerra?

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Francamente, nell'arco degli anni abbiamo [br]fatto innumerevoli dichiarazioni,

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è una cosa che lascia il tempo che trova,

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nessuno nei media le presta [br]alcuna attenzione,

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anche quando facciamo un comunicato [br]stampa nessuno ce lo pubblica,

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nemmeno quando l'ha fatto Thay, [br]solo un piccolo segno, subito sparito;

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siamo fortunati ad avere Joe, ma [br]nessun altro ha pubblicato niente.

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Quando, soprattutto negli ultimi anni,

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hanno chiesto a Thay di fare una [br]dichiarazione su una cosa o l'altra

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o di firmare una cosa o l'altra, [br]che cosa ha fatto?

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Magari eravamo noi che glielo chiedevamo,

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sentendoci molto nel giusto e gli dicevamo:

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“Thay, sei stato invitato ad andare nel tal posto [br]a firmare questa dichiarazione”,

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questa era la risposta di Thay,

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e poi si allontanava per [br]andare nel suo studio.

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Noi ci seccavamo un po’, dicevamo:

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“Ma Thay, è una dichiarazione [br]contro la schiavitù moderna,

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il traffico di esseri umani,

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è ovvio che è una cosa sbagliata, firma!

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È tutto chiaro: la questione morale contro il traffico di esseri umani!

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Non è difficile da fare”.

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Non è che Thay pensasse che fosse sbagliato,

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ma non credeva che quello fosse l'uso più [br]efficace del suo tempo e della sua energia,

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andare in aereo da qualche parte, [br]firmare qualcosa, farsi fotografare.

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Lui faceva qualcosa di diverso, magari in [br]modo molto silenzioso, ma molto potente.

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Quindi quando ci fanno questa domanda:

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“Vi chiediamo di trovare la strada [br]per uscire dalla confusione”

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- ah grazie, grazie molte –

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“e di capire che la chiarezza è una scelta”

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– bene,

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perché implicitamente, in questo caso,

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non fare una dichiarazione, [br]non dire delle cose online,

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viene considerato come complicità [br]e condono dell'azione.

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Davvero?

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Avete un'opinione così bassa di noi?

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Pensate che non prendiamo [br]posizione contro le uccisioni?

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Sinceramente, come [br]potete dire una cosa simile?

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È una follia presupporre che, perché non [br]abbiamo detto qualche cosa online,

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siamo a favore delle uccisioni!

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Pensate davvero questo?

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Come potete avere un'opinione [br]così bassa di noi?

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- “Vi chiediamo di trovare modi [br]per usare la vostra voce,

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come vasta comunità internazionale [br]che pratica la pace,

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di usare la vostra voce per la pace, [br]così come usate la vostra voce per la Terra,

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di unirvi alle richieste delle Nazioni Unite [br]per un cessate il fuoco a livello mondiale,

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e alle richieste per gli aiuti umanitari [br]per Gaza in un modo sostenuto e visibile”.

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Quindi sostenuto e visibile.