[Video sottotitolato in italiano]
Un unico incontro del sangha
Il mondo è la nostra famiglia
24-28 marzo 2021
Questo è il vostro tasto 'ESC'
per uscire dalla mente
26 marzo 2021
"Carissimo Moojibaba, il mio cuore
straripa di gratitudine e di amore per te.
"Grazie, grazie, grazie,
per ciò che fai per tutta l'umanità,
"per il tuo amore infinito, la saggezza,
la pazienza,
"la gentilezza e la compassione".
La lettera è di Nick.
"Babaji ti prego, prendi il mio ego
e l'identificazione col corpo-mente,
"affinché non resti altro che te".
Nick, sì, ottimo.
Sono contento di vederti, Nick.
[Nick] Ciao Guruji.
[Mooji] Sì, che bello!
[Nick] Mio Signore!
[Mooji] Mio Signore!
"Babaji ti prego, prendi il mio ego
e l'identificazione col corpo-mente,
"perché non resti altro che te.
Anche ora, mentre scrivo,
"una parte di me scappa da te".
La conosco bene quella parte!
La conosciamo tutti quell'energia. Vero?
Qualcosa ti ha toccato il cuore,
ti chiama e conosci quella voce,
anche se ti sembra di non averla mai udita prima,
quando la senti dentro di te la riconosci,
perché non è separata: non è altro da te;
è come se ti chiamasse
la voce del tuo essere interiore.
Sì, tuttavia, qualcosa vuole scappare.
"Anche mentre scrivo questa lettera,
una parte di me scappa da te"
e continui dicendo: "Ti prego,
acchiappami, perché corro veloce!".
Sì, quella parte corre veloce:
devi saper riconoscere
la differenza tra la mente e il Sé.
L'entità che vive nella mente, il sé immaginario,
ne parla Sri Ramana nella frase che ho citato:
l'Io rimuove quell'io e resta se stesso,
ovvero, resta l' 'io sono' naturale.
Arriva lì, innanzitutto.
Quindi: "Ti prego acchiappami,
"perché sono un buon corridore
e non voglio scappare".
Ci sono tre tipi di corridori.
Il primo è tamasico: quando corre è pesante,
è molto lento, ma scappa comunque;
scappa per stare ovunque, ma non qui.
Poi, c'è il corridore rajasico:
corre, ha la velocità per scappare.
Infine, c'è il corridore satvico,
che è quello di cui parli tu,
quello che, in realtà, vuole restare;
corre, ma spera di essere fermato.
Solo il corridore satvico vuole essere fermato.
Ma c'è qualcos'altro, che non è un corridore
e che assiste alla corsa satvica.
Mi chiedo se riuscite a seguirmi, qui.
Se parliamo del corridore rajasico,
pieno di energia e impaziente di scattare,
oppure di quello tamasico,
molto pigro nel correre o fuggire altrove:
tu non sei nessuno dei due.
Però, c'è un corridore che guarda dietro di sé
come a dire: "Ti prego, prendimi!
"Le mie gambe corrono, ma il cuore vuol restare".
[Nick] Sì.
[Mooji] Sì, lui vuole stare fermo,
ma non riesce a controllare la propria agitazione:
come per un riflesso condizionato,
non appena la grazia chiama,
lui si accorge di stare già scappando.
Ce n'è un altro però,
qualcuno che non gareggia affatto
e in realtà, non può andare da nessuna parte:
quello è il tuo vero Sé.
E come facciamo a riconoscerlo?
È l'osservatore che guarda gli altri tre,
la sua energia è diversa e non è catturato da loro,
lui è lo spettatore e non appartiene
ad alcuna categoria: non gareggia proprio.
Era presente prima dell'inizio della gara,
durante e dopo la gara;
in lui non cambia nulla,
è sempre uguale a se stesso.
Tu lo conosci bene.
"Ti prego, acchiappami: corro veloce,
ma non voglio scappare.
"Piuttosto, vorrei invece,
che mi dissolvessi nella tua grazia acida
"e non restasse altro che te".
La grazia è acida solo per chi vuole correre via,
ma c'è anche chi corre fra le sue braccia
e per lui la grazia non è acida,
non è neanche alcalina:
quella grazia e il Sé sono una cosa sola.
Dunque, dobbiamo assumere tutti questi ruoli,
attraversare tutte queste fasi:
quella tamasica, di chi si oppone,
quella dell'eccitamento, della creatività,
quella in cui c'è attrazione per la verità,
ma al contempo si scappa quando...
Mandi un messaggio: "Verità vieni da me!",
ma appena lei bussa al portone, scappi in giardino.
Questo è il corridore satvico:
non vorrebbe, ma si ritrova a correre via.
A questo punto, direi che non sei nessuno
di questi personaggi:
sono solo le tue maschere, non sei nessuno di loro:
sei lo spettatore che li osserva.
Mi segui ancora, se mi esprimo così?
Sì, la domanda è per tutti: siete ancora con me?
Qualcosa osserva, ma al contempo,
resta in giro qualche rimasuglio
della vecchia identità e della persona:
ci siamo abituati al suo odore
e quando lo senti, dici:
"Ti prego, prendimi" e altre cose del genere.
Se non ti identifichi più con nessuno
dei tre 'guna' e nemmeno col 'turya',
cioè, neanche con ciò che è oltre le tre
caratteristiche energetiche della coscienza;
se non ti identifichi con nulla,
ti accorgi che puoi vedere tutto:
ciascuno di questi stadi può essere percepito.
Non entrare in nessuna
di queste modalità successive;
le stai osservando,
e ciò da cui sorge lo stesso fatto di vederle,
ovvero la percezione stessa,
ciò che percepisce la percezione...
Ora voglio rallentare un po'.
Qualcuno può forse, contestare il fatto
che anche qui, anche il più sottile...
Se dici: "Acchiappami, ti prego",
è solo per abitudine,
perché colui che acchiapperei,
poi dovrei trattenerlo io?
No, è meglio se lasci andare tutto
e quando lo fai senza trattenere,
ti accorgerai che sei completamente qui.
Voglio dire, non attaccarti a una modalità,
per quanto possa sembrarti promettente
o ti attragga irresistibilmente.
Persino nel satsang,
devi avere un tasto 'ESC', non è vero?
Sapete, non sono un asso del computer,
ma qualche volta mi capita di navigare,
e mi sono trovato su una pagina,
senza saperne uscire:
spingevo dei tasti, ma non succedeva proprio nulla;
non riuscivo a tornare alla pagina precedente,
c'era sempre quella sullo schermo!
In quel momento è entrata Krishnabai
e le ho chiesto come uscire.
Volevo buttare via il computer!
"Come si esce?" e lei mi ha mostrato
un tasto, dicendo: "ESC, tasto 'esci' ".
L'ho spinto e rieccomi al posto giusto!
Allora, dov'è il vostro tasto 'ESC' della mente?
Posso metterla così? Dov'è il vostro tasto 'esci',
perché il tasto 'trappola'
è tutto quello che vi sorge dentro,
per riflesso lo raccogliete
e cominciate ad agire da lì.
Poi chiedete: "Mi aiuti a fermare questa cosa?
Mi sento smarrito e confuso",
cioè, qualcosa si è messo in moto,
è scattato un riflesso ed è arrivata l'identità,
siete stati riportati nella forma
e dovete cercare di tornare senza forma.
Cosa fare per uscirne? Questo è il punto.
Vi dico che quando succede questo,
ricordatevi che non c'è nulla da risolvere;
non c'è nulla da risolvere,
perché non succede realmente.
Restate lo spettatore privo di forma.
Se dovessi dire questo, e lo dico adesso,
riuscite a sentirne il potere?
Funziona subito: è il vostro tasto 'esci'!
Poi, quando ne siete fuori,
vi accorgete che ciò che siete qui,
non è mai stato davvero intrappolato.
Mi seguite?
Quando vi trovate in quella situazione,
sembra non ci sia altro,
ma quando ne uscite o entrate in uno stato diverso,
potete guardare indietro e dire:
"Ma che roba era?".
Siete stati sotto ipnosi, per un po',
intrappolati nel traffico creato da voi
e chiedete: "Ti prego, aiutami a uscirne!",
ma non è reale la situazione,
né colui che la subisce.
Potrei darvi questo semplice esercizio, dicendo:
il satsang finisce qui, ora verificate;
verificate se è davvero così
e vedrete sparire questa vostra abitudine.
Osservatelo, non prendetelo sottogamba,
non fatene un altro aforismo,
un'altra bella frase. No, verificatelo nei fatti.
La prossima volta che arriva l'energia della mente
e pensate: "No, non so che fare, aiuto.
Om Nama Shivāya!". No, basta!
Viene e bussa forte alla porta
e pensate di essere in trappola,
ma questo 'sono in trappola'
è un sogno, non una realtà;
è il sogno di un falso io.
Quando ricordate: "Tasto 'esci' ",
è il segnale di lasciare cadere tutto,
immediatamente.
Come nell'esercizio che vi ho dato:
se vedete che una cosa non è vera,
dichiarate ad alta voce: "Non è vero!", recidetela.
Se restiamo in una storia, è perché una parte
di noi crede in quel scenario. Mi seguite?
Qualcosa conserva ancora un po' di identità,
e tutto parte da lì,
c'è un'identità personale che mantiene
una relazione con quel tipo di gioco,
ecco perché si appiccica: potete interromperla
o reciderla? Desiderate uscirne?
Oppure pensate: "No, devo affrontarla:
è la mia vasāna, riuscirò a risolvere"?
Questo la fa durare,
perché ha il vostro sostegno e ci credete;
non è reale, ma credendoci ne fate una realtà
e diventa un problema, ha origine proprio lì.
Potete fare una scelta,
ma non siamo abituati a farla.
Indico un modo semplice,
non serve che andiate da uno specialista,
o che facciate qualcosa per provare a distrarvi,
perché se ci riuscite,
magari andando al cinema o altro,
è sempre lei a scegliere di farlo,
solo per ritardare o evitare qualcosa,
finché può, ma l'identità resta.
Perciò, vi dico che né l'identità,
né la cosa dalla quale si sente afflitta,
sono reali.
Se seguite il mio consiglio,
recidete tutto e vi svegliate di colpo:
scoprite che era solo un altro sogno,
un incubo, qualcosa a cui assistevate.
Dovete indagare e chiedervi:
"Voglio davvero lasciar andare questa cosa?",
perché forse ci provate ancora un po' di gusto.
Voi in quanto chi?
Siete sempre l' 'io sono' che si trova
al confine fra il sogno e la veglia;
siete ancora il Sé fondamentale,
ma vi si mischia un pizzico di indulgenza.
Più vedete chiaramente: "Io non sono questa cosa",
prima ve ne liberate.
A volte avviene in un istante: così!
Ti ho mostrato un modo semplicissimo,
ma devi fidarti e applicarlo.
Anche se ti sembra molto difficile,
perlomeno dichiara: "Proverò a farlo"
e non si tratta nemmeno di 'provare',
perché ci puoi riuscire.
Vedi, anche la tua debolezza è immaginaria:
lo sono tutte e sono mantenute dall'abitudine.
L'abitudine gioca,
ma non può farlo senza il tuo aiuto;
a un certo livello, la sostieni,
forse senza neanche accorgertene,
semplicemente perché le dai credito e questo basta.
Posso dire un'altra cosa?
Perché ritengo di potervi dire,
con molto amore e rispetto:
non è reale neanche colui che ci crede,
potete recidere anche lui.
Anche colui che ci crede è fenomenico,
a questo stadio del vostro satsang, posso dirvelo?
'Colui che ci crede' è un'altra forma che assumete;
nello spazio puro della consapevolezza senza forma,
questo sé immaginato fa il suo gioco.
Magari qualche mese fa, un anno fa,
non avrei potuto parlarvi così,
perché la vostra ricettività
non sarebbe ancora stata abbastanza sviluppata
da accoglierlo nel vostro cuore,
ma ora potete farlo
e riuscirete a trascendere
pure 'colui che ci crede'.
Costui ha dato credito a molte cose,
ma lui stesso non è reale.
Abbiamo eletto domicilio in numerosi stati,
numerose identità,
e queste ci perseguitano, prima o poi,
finiscono col turbare la nostra pace.
Inizialmente, sembrano seducenti:
tante cose danno il meglio di sé all'inizio,
ma quando ve le tenete a lungo,
iniziano a inacidirsi dentro di voi.
Voglio ricordarvi che la vostra vera essenza,
il vero essere, non è un sogno, né una fantasia.
E voglio anche di più:
che lo riconosciate in modo chiaro.
Questo non sarà un riconoscimento dualistico,
né una cosa che ne riconosce un'altra.
Non è la persona che riconosce Dio,
ecco perché dico che la libertà
non è per la persona, bensì 'dalla' persona.
A volte, sento dire:
"Voglio andare oltre la persona!",
ma chi lo dice è ancora la persona.
Comunque è anche questa una strada,
Dio ne ha create tantissime da percorrere
nel gioco della vita,
e a volte, quando credete ancora
di essere il viaggiatore, dite:
"Io vorrei lasciare questa strada",
avete fede in quell' 'io',
solo che quell' 'io' è un livello,
e non è quello finale.
Man mano che progredite nella vostra scoperta,
tutte le vostre identità precedenti
vengono annientate, dietro di voi.
Mi state seguendo? Trovate dure le mie parole?
Adesso vi sto guardando tutti.
In realtà, sono più che dolci,
perché all'istante, è come se qualcosa
scendesse da cavallo:
lasciate che il cavallo galoppi,
ma voi fate in modo di scendere: siete qui.
Provando la sensazione di scendere dal cavallo,
potreste accorgervi che il cavallo non era reale
e non lo era neanche il cavaliere.
Ma forse è ancora presto,
per ora gioite di essere scesi:
"Che bello!" e vi godete la pace.
Tutti i problemi hanno origine dall'abitudine,
sostenuta dal fatto che ci crediamo e dall'identità.
Se tutto ciò che avete percepito
come un problema, fosse davvero reale,
oggi non sareste qui; non ci sareste,
sareste spiaccicati sul soffitto
e dovremmo raschiarvi, grattarvi via da lì.
Voi lo avete trasceso e qualcuno chiede:
"Come faccio? Pare una grande impresa!".
Invece significa che qualcosa
sembrava ostacolarvi, l'avete tolto di mezzo
e ora siete oltre, non è più un problema.
Ecco il significato di trascendere:
basta dire questo.
Bene, allora Nick, per favore...
Alla mente servono molte parole e spiegazioni,
ma il cuore vede chiaramente: "Ah, ecco!".
Se pensate: "Cerco di capire
quello che dice Mooji: è molto difficile",
allora, vi siete di nuovo posizionati
nell'io sbagliato.
Sì. Tutti guardano ciò che affligge l'io,
ma nessuno esamina l'io stesso.
Tutti rivolgono l'attenzione
e si concentrano su ciò che affligge l'io,
i suoi malanni e le sue proiezioni,
ma nessuno esamina l'io in sé,
abbastanza da accorgersi che anch'esso
è sullo schermo dei fenomeni percepibili.
Capite?
Il mio sangha però, lo deve fare,
e lo state facendo,
per cui, percepite sempre meglio
la vostra presenza e il vostro potere naturale.
Non è il potere di controllare:
è il potere di liberare.
Grazie Nick, ti voglio molto bene. Grazie.
Ottimo, molto bene. Grazie.
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