Benvenuti a Bayeku,
una comunità fluviale di Ikorodu, Lagos:
un chiaro esempio di una delle numerose
comunità fluviali nigeriane
i cui corsi d'acqua sono stati invasi
da una pianta acquatica infestante;
i cui mezzi di sussistenza
sono stati compromessi:
pesca, trasporto di passeggeri
e merci via nave;
comunità nelle quali la pesca
ha iniziato a rendere di meno;
Comunità in cui i bambini
non possono andare a scuola
per giorni, a volte per settimane.
Chi avrebbe mai pensato che questa pianta
con foglie rotonde, steli rigonfi
e vistosi fiori color lavanda
potesse portare tanto scompiglio
in queste comunità.
La pianta è conosciuta
col nome di giacinto d'acqua
e la sua denominazione botanica è
Eichhornia crassipes.
È interessante notare come in Nigeria
la pianta abbia anche altri nomi,
nomi associati ad eventi storici,
così come alla mitologia.
In alcuni località
la pianta viene chiamata Babangida.
Questo nome ti fa ricordare
l'esercito e i colpi di stato militari.
E pensi: paura, limitazioni.
Nella regione chiamata Delta del Niger,
la pianta è anche conosciuta come Abiola.
Quando senti dire Abiola,
ti ricordi di elezioni annullate
e pensi: speranze infrante.
Nella parte sud-occidentale
della Nigeria,
la pianta viene chiamata Gbe'borun.
Gbe'borun viene dallo yoruba
e si traduce "pettegolezzo"
o "maldicente".
Quando pensi al pettegolezzo, pensi:
riproduzione rapida, distruzione.
Nella zona della Nigeria
dove si parla l'igala,
la pianta si chiama A Kp'iye Kp'oma,
e quando senti questo nome,
pensi alla morte.
Si traduce letteralmente come
"morte a madre e bambino".
Il mio incontro personale
con questa pianta avvenne nel 2009,
poco dopo essermi trasferita
dagli USA alla Nigeria.
Avevo lasciato il mio lavoro
nell'America corporativa
e decisi di fare un grande atto di fede,
un atto di fede
nato da una profonda convinzione
che c'era tanto lavoro da fare in Nigeria
nel settore dello sviluppo sostenibile.
Ed eccomi qui, nell'anno 2009,
in realtà era alla fine del 2009,
a Lagos, sul ponte chiamato
Third Mainland Bridge.
Guardai alla mia sinistra
e mi colpì questa immagine.
Era un'immagine di barche da pesca
che erano circondate
da densi grovigli di giacinti d'acqua.
Quella scena mi fece davvero soffrire,
perché pensai:
"Questi poveri pescatori,
come fanno a fare il loro lavoro
con queste restrizioni".
E poi pensai,
"Ci dev'essere un modo migliore".
Una soluzione ottimale
sia a favore dell'ambiente,
grazie alla rimozione
delle piante infestanti,
sia un conseguente vantaggio economico
a favore delle comunità più afflitte
dall'infestazione.
Quello, direi,
fu il mio "momento scintilla".
Svolsi ulteriore ricerca
per saperne di più
sugli usi utili
di questa pianta.
Dei tanti,
quello che mi colpì di più
era l'utilizzo della pianta
nell'artigianato.
E pensai: "Che idea fantastica".
Personalmente adoro i manufatti,
specialmente quelli che hanno una storia.
Pensai: "Questo uso può essere introdotto
facilmente nelle varie comunità,
senza bisogno
di avere competenze tecniche".
Dissi a me stessa: "Tre semplici passaggi
per una soluzione super".
Primo: andare a raccogliere i giacinti
nei vari corsi d'acqua
per liberarne l'accesso.
Secondo: farne essicare gli steli.
Terzo: usare gli steli per creare
dei prodotti ad intreccio.
Il terzo passaggio era una sfida.
La mia formazione
è in scienza dell'informazione
e non nelle arti creative.
Iniziai quindi la mia ricerca
per scoprire come imparare a tessere.
Questa ricerca mi portò ad una comunità
chiamata Sabo,
nella città di Ibadan, dove vivevo.
Sabo si traduce "quartieri stranieri".
La comunità è formata prevalentemente da
gente proveniente dal nord del paese.
Presi in braccio
alcuni dei miei giacinti essicati,
ce n'erano tanti altri,
e andai a bussare di porta in porta
per trovare chi mi potesse insegnare
a tessere questi steli
di giacinto d'acqua in corde.
Venni indirizzata
alla capanna di Malam Yahaya.
Il problema però era che Malam Yahaya
non parlava l'inglese
e che io non parlavo lo hausa.
Ma alcuni bambini
vennero in nostro soccorso
aiutando a tradurre.
Fu così che iniziai ad imparare
le tecniche di tessitura
e a trasformare
questi steli essicati
in lunghe corde.
Una volta raggiunto questo traguardo,
sapevo finalmente
come creare dei prodotti.
Questo è stato l'inizio
di varie collaborazioni
con cestai specializzati in rattan
per sviluppare nuovi prodotti.
A questo punto
mi sono finalmente sentita sicura
che sarei riuscita a trasmettere
questo bagaglio di conoscenze
alle comunità fluviali,
aiutandole a trasformare
l'avversità in prosperità
prendendo queste erbacce
e tessendole
in prodotti che possono essere venduti.
Abbiamo penne, oggetti per la tavola,
borse, scatole per fazzoletti.
E così aiutiamo le comunità
a vedere il giacinto d'acqua
sotto una luce diversa.
Come una risorsa preziosa,
estetica, durevole,
robusta, resiliente.
Cambiando nomi,
cambiando mezzi di sussistenza.
Da Gb'borun, pettegolezzo,
a Olusotan, cantastorie.
E da A Kp'iye Kp'oma,
"assassino di madre e bambino",
a Ya du j'ewn w'lye kp'Oma,
"fonte di sostenimento
per madre e bambino".
Vorrei concludere
con una citazione di Michael Margolis.
"Se volete conoscere una cultura,
ascoltate le storie.
E se volete cambiare una cultura,
cambiate le storie".
E così, dalla comunità Makoko
a quelle di Abobiri, Ewoi,
Kolo, Owahwa, Esaba,
abbiamo cambiato la storia.
Grazie per la vostra attenzione.
(Applausi)