[Trenton Doyle Hancock: "The Former and the Ladder or Ascension and a Cinchin'"] Questo è solo un piccolo esempio di come appare il pavimento del mio studio. Ho letteralmente staccato un po' di cose e ho pensato che fosse carino contestualizzarle con le opere che sono alle pareti. Di solito nel mio studio non uso gomme. Come se lasciassi accumulare il materiale per farvi vedere la storia di tutto. Quindi l'idea di cancellare avviene solo con un coltello. Taglio di nuovo il materiale per infondergli nuova vita o per sottrargliela. Sono molto felice che sia rimasta intatta. È una lettera "E" che faceva parte del dipinto "Former and Ladders". Era sui pantaloni. Credo che fosse nel "The". Suppongo che sarei potuto essere un po' più incauto mentre la tagliavo; ma una parte di me ha detto:"No", "Se la tagli in un modo che mantenga la sua integrità, allora posso usarla di nuovo in un'altra opera". Sono sempre alla ricerca di tipi diversi di tessuti e materiali per evitare che le cose siano stagnanti o endogamiche. In quel lavoro ci sono quindici anni di collage. È divertente per me poter dire "È dei primi anni del college!". "Ricordo di averlo fatto alla fine del college!". "Questo è uno dei primi "Mounds" che ho fatto, che ho deciso di tagliare e mettere qui". È come una capsulina temporale che si schiude, la sfida era orchestrarla così che non sembrasse opprimente-- sembrava schiudersi in modo naturale. Si tratta di spezzare, forse, le catene e provare a liberarsi di qualcosa. Questo dipinto, in un certo senso, contiene ogni mossa che ho fatto nei dipinti, in un dipinto. Avevo fatto tutti questi lavori più piccoli che contenevano figure; ma non interagivano con niente. Erano legati da forze invisibili, ma c'erano questi personaggi torturati. Con questo lavoro volevo mantenere quell'idea di tortura. Questo personaggio è in una situazione che non sembra confortevole; ma volevo dargli un po' di margine che forse riesce a uscirne-- o che ne stia uscendo. Questo dipinto è orchestrato in modo del tutto diverso rispetto a altri, in cui dovevo sentire attraverso di loro. Posso mostrare lo schizzo che ho fatto prima del dipinto. E sono solo sei o sette segni su un foglio bianco. Sapevo cosa sarebbe diventato fin da lì. Non ci sono state false partenze quando mi ci sono messo-- questa sottrazione calcolata. Quindi tutte queste altre opere sono passate dritte dalla nascita alla maturità e quel dipinto se ne stava in un angolo e diceva "Ehi", "Hai intenzione di lavorare su di me?" "Sono già due mesi". "Vuoi fare qualcosa?" E io: "Ehi, ma io ho questo". Ho questo schizzo-- lo so cosa diventerai. Ci sono molte cose nell'opera che si contrappongono. C'è il materiale molto organico, dai contorni morbidi. E poi c'è il contorno molto duro della scala al centro che ancora il tutto. La matita per me è un simbolo-- è come un'arma. 'Nessun rimpianto' sulla gomma che è un po' il mio motto. Ma è anche la mia vita. Io ho rimpianti-- credo che tutti ne abbiano, anche se non lo ammettono. Ma, artisticamente, non ne ho. E credo che tutto vada come deve andare nel caso dell'arte.