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Title:
Come i bambini possono insegnare agli adulti a chiedere aiuto
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Description:
Hai bisogno di aiuto? È giusto chiederlo, dice YeYoon Kim, un’ex maestra d’asilo che ha imparato dai suoi alunni quanto sia forte e coraggioso chiedere aiuto. Condividendo con noi la storia del periodo più difficile della sua vita, Kim racconta la felicità e la gioia che si può trovare nell’avere vicino le persone che ami quando hai bisogno e incoraggia tutti noi a chiedere aiuto più spesso.
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Speaker:
YeYoon Kim
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Cosa possiamo imparare dai bambini
per diventare persone migliori?
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Sono estremamente leali
ai loro amici,
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pronti a difendere
e a scusarsi
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e veloci a perdonare.
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Ma, in quanto ex maestra d'asilo -
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e nel cuore maestra per sempre -
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voglio condividere con voi
una lezione sorprendente
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che ho appreso da loro
sul chiedere aiuto.
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Amo il comportamento umano -
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come ci comportiamo in base
a situazioni e ambienti differenti -
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e questi bei bambini di 5 anni
con le loro guancette adorabili
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e l'altezza perfetta per dargli
caldi abbracci mattutini
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e un amore quasi competitivo
per il batti cinque,
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erano così interessanti.
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La mia prima classe si chiamava Mars.
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Avevo 10 studenti,
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e ognuno aveva un bel carattere.
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Ma c’era uno tra questi bambini
che non dimenticherò mai.
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Lo chiameremo Sam.
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Sam si comportava come se
non avesse 5 anni.
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Era molto indipendente.
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Non solo sapeva
allacciarsi le scarpe da solo,
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ma sapeva allacciarle
anche agli altri bambini.
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Non riportava mai a casa il termos sporco
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perché lo puliva dopo pranzo.
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E se succedeva qualcosa
e doveva cambiarsi i vestiti
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lui lo faceva da solo,
in silenzio e con discrezione.
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Non chiedeva molto aiuto,
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ma era colui da cui andavano
i suoi compagni a cercare aiuto.
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Aiuto per cose come,
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aiutarli a finire il kimchi
perché è troppo piccante.
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Non amava mostrare alcun tipo
di affetto agli insegnanti
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e passava per il “bambino più popolare”
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Se gli davi l’abbraccio del buongiorno,
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lui alzava gli occhi
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facendo facce buffe
come per mostrare il malcontento,
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però aspettava lì se non gli davi
il suo abbraccio mattutino.
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Era molto intelligente e affidabile
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che persino io dimenticavo
che avesse solo cinque anni.
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ho passato molto tempo ad osservare
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come i maestri con più esperienza
interagissero con i loro alunni.
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E ho notato una cosa molto particolare.
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Spesso, quando i bambini cadono,
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non iniziano a piangere subito.
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Si alzano, confusi,
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come per cercare di capier --
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insomma, “Cos’è appena successo?”
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“È un problema abbastanza grande
per cui piangere?
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Fa male? Che sta succedendo?”
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Spesso i bambini stanno bene
finché non incrociano lo sguardo adulto:
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uno di cui si fidano e sanno
che può fare qualcosa per loro.
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Gli sguardi si incrociano
e poi scoppiano in lacrime.
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Da quando l’ho notato,
ho desiderato che accadesse a me,
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perché per me ciò significa
aver guadagnato la fiducia del bambino
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e aver dimostrato
che sei capace di aiutarlo in tutto.
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Tu sei un eroe per loro.
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Le settimane passavano
ed io guardavo gli altri insegnanti
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con i bambini in lacrime
che correvano da loro,
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Ed io guardavo con gelosia.
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Oh, com'ero gelosa.
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Ovviamente non volevo
che i bambini cadessero
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ma desideravo davvero
quel momento di accettazione
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in cui avevo guadagnato la loro fiducia
tanto da essere quella che li aiutava.
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Poi, finalmente è successo.
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È stato un giorno bellissimo.
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Era durante la ricreazione in cortile.
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I bambini stavano giocando
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ed io stavo plastificando
alcune cose,
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perché le maestre stanno
sempre a plastificare,
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nella sala insegnanti accanto.
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Poi ho sentito un bambino gridare:
“Maestra, maestra, Sam è caduto!”
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Così sono uscita a controllare,
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ho cercato Sam
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e lui era lì, sembrava molto confuso,
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come se stesse vedendo doppio.
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Poi mi ha guardato,
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i nostri sguardi si sono incrociati,
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e poi è successo.
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Il suo labbro inferiore
ha iniziato a tremare
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ed i suoi piccoli occhi
si sono riempiti di lacrime.
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Poi è scoppiato in lacrime
correndo verso di me,
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ed è stato magnifico.
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Non dimenticherò mai quel momento.
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Si è lasciato abbracciare
per aiutarlo a calmarsi
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e pare che sì,
era inciampato sui suoi stessi piedi
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quindi non c’era nient’altro
che il pavimento da rimproverare.
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Abbiamo controllato
che non si fosse fatto male
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e non aveva nemmeno un livido.
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In quel momento, stranamente,
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non sentivo
di essere lì per aiutare Sam
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ma piuttosto lui mi stava dando
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l'opportunità di aiutarlo,
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ed è stata una cosa molto strana,
difficile da spiegare a parole.
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Con la sua vulnerabilità
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nel venire da me a chiedere aiuto
come se io potessi fare qualcosa,
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penserete che ciò
mi abbia dato il controllo,
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ma in quel momento,
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no, è stato proprio il contrario,
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e il controllo si era spostato
ancora di più su di lui.
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Essere chiamati
ad aiutare è un privilegio:
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un dono per fare qualcosa per qualcuno,
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soprattutto quando arriva
da un loro momento di vulnerabilità.
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Con tutto ciò che ho imparato dall’asilo,
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o “insegnando” all’asilo,
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ho superato altre cose nella vita.
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Dopo nove anni,
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sono entrata in un’associazione
per professionisti del project management
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in un ruolo che lavora ampiamente
con i volontari.
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Lavorare con i volontari
è un’esperienza bellissima,
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ma ci sono delle cose
che avrei voluto sapere prima,
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tipo come fissare dei paletti.
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È molto facile
cadere nella tana del coniglio
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del “perché sono volontari”.
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Chiamate a tarda notte?
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Sì, perché sono volontari
e lavorano di giorno.
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Trasferte che sono quasi esclusivamente
nei weekend?
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Sì, perché sono volontari
e lavorano di giorno.
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Non per complimentarmi da sola,
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ma facevo piuttosto bene il mio lavoro.
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Ero soddisfatta delle relazioni
che stavo costruendo
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e il modo migliore per capire
se avevo guadagnato la fiducia di qualcuno
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era vedere se venivano a chiedermi aiuto.
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Lo adoravo.
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Ogni volta che facevamo
il ritiro di fine anno
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e parlavamo di cosa avremmo voluto
per il prossimo anno,
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le mie parole chiave erano sempre
“aiuto” o “utile”.
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Il problema era
che non ero stata solo utile.
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Con il tempo, ho messo
moltissima pressione su di me,
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per essere sempre occupata
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e per fare sempre un buon lavoro.
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Presto la mia autostima ha iniziato
a dipendere dal mio rendimento,
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che è sostanzialmente
la ricetta per il disastro.
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Ma niente paura, perché avevo
il miglior meccanismo di difesa,
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che era il rifiuto,
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la distrazione con sempre più lavoro
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e l’alcool.
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Molto alcool.
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Ero così occupata
a essere utile e indipendente
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e a essere una grande Sam
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che avevo dimenticato come chiedere aiuto
quando ne avevo bisogno.
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Dovevo solo chiedere.
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E se davvero credevo
chiedere aiuto fosse un dono,
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avrei dovuto farlo di più, giusto?
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Non sempre mettiamo in atto
ciò che predichiamo,
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ma circa due anni fa
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ho vissuto un momento molto importante.
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Dire che ero sfinita a quel tempo
è un eufemismo,
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ma grazie al mio
meccanismo di difesa, l'alcool,
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sembrava che mi stessi divertendo.
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Ma un giorno,
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proprio come Sam in cortile,
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sono inciampata sui miei stessi piedi.
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Ho perso conoscenza
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e mi sono svegliata con un grande taglio
sul piede con pezzi di vetro,
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gli occhi gonfi dal pianto
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e una voce così roca
che somigliava più ad un lamento.
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Non ricordo bene
ciò che effettivamente è successo,
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ma ricordo che mi sentivo frustrata,
triste e impaurita.
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Ora, mi conoscete
da soli 10 minuti,
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ma probabilmente potreste dire
che questo non è da me.
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Quando ho capito cos'era successo
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ero scioccata.
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Non c’era altra soluzione
se non quella di chiedere aiuto,
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in entrambi sensi:
avevo bisogno di una terapia,
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ma anche un aiuto
per uscire da quella situazione.
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È stato uno dei momenti
più bassi della mia vita
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e, persino in quel momento,
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la mia mente correva a super velocità
in modalità problem-solving.
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E ora che faccio?
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Se non mi sistemo,
sono ancora più una delusione.
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Se non risolvo,
sono ancora più un fallimento.
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Queste erano le cose
che mi passavano per la testa
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e non mi è nemmeno passato per la testa
di chiedere aiuto.
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Ero circondata da tante persone
che tenevano a me
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e che mi avrebbero aiutata,
ma semplicemente non riuscivo a vederle.
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Finché, alla fine, un mio amico
mi ha letteralmente presa per le spalle
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e mi ha obbligata a chiedere aiuto.
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“Hai bisogno di aiuto?”
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“Posso chiedere a chi ti vuole bene
e si preoccupa per te di aiutarti?”
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È stata la mia versione adulta
dello sguardo con il mio maestro.
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E in un attimo,
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appena ho detto
“Sì, tu puoi aiutarmi”,
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ho sentito che fremevo di speranza
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e che stavo riprendendo
un po' di controllo.
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non è strano che passiamo tutta l’infanzia
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ad essere bravi a chiedere aiuto
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e ci aspettiamo, crescendo,
di essere persone autosufficienti
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e diventiamo così bravi a esserlo
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che gli altri ci devono ricordare
che va bene chiedere aiuto?
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In seguito, quel momento
mi ha aiutata a capire molte cose.
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Sono sempre stata
felice di aiutare gli altri e amo farlo.
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Perché per gli altri non dovrebbe
essere lo stesso?
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E soprattutto,
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perché non dovrei far sentire agli altri
la felicità e la gioia
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che si prova
nell’aiutare i Sam del mondo?
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Noi tutti vogliamo essere
i migliori Sam nella vita:
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essere forti,
indipendenti e autosufficienti,
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ma non sempre dobbiamo esserlo.
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Iniziamo a chiedere aiuto più spesso,
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perché aiutare i Sam
è un privilegio e un dono.
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