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[Pinocchio nella rete 26]
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[Come andò che Maestro Ciliegia, falegname,
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trovò un pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino.]
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C'era una volta...
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Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori.
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No, ragazzi, avete sbagliato.
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C'era una volta un pezzo di legno.
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Non era un legno di lusso,
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ma un semplice pezzo da catasta,
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di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti
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per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.
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Non so come andasse, ma il fatto gli è che un bel giorno
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questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname,
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il quale aveva nome mastr'Antonio,
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se non che tutti lo chiamavano maestro Ciliegia,
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per via della punta del suo naso,
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che era sempre lustra e paonazza,
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come una ciliegia matura.
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Appena maestro Ciliegia ebbe visto quel pezzo di legno,
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si rallegrò tutto
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e dandosi una fregatina di mani per la contentezza,
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borbottò a mezza voce:
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Questo legno è capitato a tempo:
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voglio servirmene per fare una gamba di tavolino.
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Detto fatto,
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prese subito l'ascia arrotata per cominciare a levargli la scorza e a digrossarlo,
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ma quando fu lì per lasciare andare la prima asciata,
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rimase col braccio sospeso in aria,
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perché sentì una vocina sottile sottile,
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che disse raccomandandosi:
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Non mi picchiar tanto forte!
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Figuratevi come rimase quel buon vecchio di maestro Ciliegia!
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Girò gli occhi smarriti intorno alla stanza
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per vedere di dove mai poteva essere uscita quella vocina,
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e non vide nessuno!
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Guardò sotto il banco, e nessuno;
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guardò dentro un armadio che stava sempre chiuso, e nessuno;
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guardò nel corbello dei trucioli e della segatura, e nessuno;
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apri l'uscio di bottega per dare un'occhiata anche sulla strada, e nessuno! O dunque?...
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- Ho capito; - disse allora ridendo e grattandosi la parrucca,
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- si vede che quella vocina me la sono figurata io.
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Rimettiamoci a lavorare.
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E ripresa l'ascia in mano,
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tirò giù un solennissimo colpo sul pezzo di legno.
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- Ohi! tu m'hai fatto male!
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- gridò rammaricandosi la solita vocina.
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Questa volta mastro Ciliegia restò di stucco,
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cogli occhi fuori del capo per la paura,
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colla bocca spalancata e colla lingua giù ciondoloni fino al mento,
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come un mascherone da fontana.
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Appena riebbe l'uso della parola,
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cominciò a dire tremando e balbettando dallo spavento:
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- Ma di dove sarà uscita questa vocina che ha detto ohi?...
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Eppure qui non c'è anima viva.
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Che sia per caso questo pezzo di legno
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che abbia imparato a piangere e a lamentarsi come un bambino?
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Io non lo posso credere.
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Questo legno eccolo qui;
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è un pezzo di legno da caminetto, come tutti gli altri,
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e a buttarlo sul fuoco,
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c'è da far bollire una pentola di fagioli...
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O dunque?
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Che ci sia nascosto dentro qualcuno?
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Se c'è nascosto qualcuno, tanto peggio per lui.
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Ora l'accomodo io!
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E così dicendo,
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agguantò con tutt'e due le mani quel povero pezzo di legno
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e si pose a sbatacchiarlo senza carità contro le pareti della stanza.
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Poi si messe in ascolto,
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per sentire se c'era qualche vocina che si lamentasse.
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Aspettò due minuti, e nulla;
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cinque minuti, e nulla;
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dieci minuti, e nulla!
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- Ho capito,
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- disse allora sforzandosi di ridere e arruffandosi la parrucca,
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- si vede che quella vocina che ha detto ohi,
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me la sono figurata io!
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Rimettiamoci a lavorare.
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E perché gli era entrata addosso una gran paura,
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si provò a canterellare per farsi un po' di coraggio.
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Intanto, posata da una parte l'ascia,
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prese in mano la pialla,
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per piallare e tirare a pulimento il pezzo di legno;
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ma nel mentre che lo piallava in su e in giù,
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senti la solita vocina che disse ridendo:
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- Smetti! tu mi fai il pizzicorino sul corpo!
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Questa volta il povero maestro Ciliegia cadde giù come fulminato.
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Quando aprì gli occhi, si trovò seduto per terra.
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Il suo viso pareva trasfigurato,
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e perfino la punta del naso,
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di paonazza come era quasi sempre,
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gli era diventata turchina dalla gran paura.