Voglio iniziare con una citazione di Jessica Litman. Nel 1994, in un articolo intitolato "The Exclusive Right to Read" (il diritto esclusivo di leggere) Jessica scrisse: "All'inizio del secolo, La legge sul diritto d'autore US era tecnica, incoerente e difficile da capire. Però non riguardava molta gente né molte cose." "Per chi era autore o editore di libri mappe, statistiche, dipinti, sculture, fotografie o partizioni, un drammaturgo o un regista, o un tipografo la legge sul diritto d'autore si applicava al proprio lavoro." "Tuttavia i librai, gli editori di rotoli per pianole e di fonogrammi, i produttori di film, i musicisti, studiosi, parlamentari e cittadini ordinari potevano fare il loro mestiere senza mai imbattersi in un problema di diritto d'autore." 90 anni dopo, la legge US sul copyright è diventata ancora più tecnica, incoerente e difficile da capire; cosa più importante: riguarda tutti e tutto." "La tecnologia, senza preoccuparsi della legge, ha sviluppato modalità che inseriscono molteplici atti di riproduzione e trasmissione - avvenimenti potenzialmente perseguibili sotto la regolamentazione del © - in banali transazioni quotidiane. "La maggior parte di noi non può più passare una singola ora senza scontrarsi con la legge sul ©." Nel 1906, quest'uomo, John Philip Souza, si recò in questo posto, il Congresso US per parlare di questa tecnologia, che chiamava le "macchine parlanti". Souza non era un fan delle macchine parlanti. Ecco cosa aveva da dire: "Queste macchine parlanti stanno per rovinare lo sviluppo artistico della musica in questo paese. Quando ero ragazzo ... davanti ad ogni casa, le sere d'estate trovavi giovani che si radunavano a cantare le ultime canzoni o quelle antiche. Oggi, senti queste macchine infernali funzionare notte e giorno. Non ci rimarrà una singola corda vocale", Souza disse, "Le corde vocali verranno eliminate da un processo evolutivo, come fu eliminata la coda dell'uomo quando discese dalla scimmia." Questa è l'immagine sulla quale vi chiedo di concentrarvi, l'immagine dei giovani radunati a cantare le ultime canzoni o quelle antiche. È un'immagine della cultura. La potremmo chiamare, usando la terminologia informatica moderna, una specie di cultura leggi-scrivi. È una cultura dove la gente partecipa nella creazione e nella ri-creazione della propria cultura. In quel senso, è una cultura leggi-scrivi. E Souza temeva che perdessimo la capacità di partecipare a questa creatività leggi-scrivi a causa di queste "macchine infernali". L'avrebbero tolta, spostata, e invece di essa, avremmo avuto il contrario della creatività leggi-scrivi, ciò che potremmo chiamare, utilizzando la terminologia informatica moderna, una specie di cultura di sola lettura. Una cultura dove la creatività viene consumata, ma il consumatore non è un creatore. Una cultura che, in questo senso, è top-down, dove le corde vocali di milioni di persone ordinarie sono andate perse. Se esaminate la cultura del 900 almeno in quel che chiamiamo "il mondo sviluppato", è difficile non concludere che John Philip Souza aveva ragione. Mai prima, nella storia della cultura umana, la sua produzione era stata così concentrata Mai prima era stata così tanto professionalizzata. Mai prima la creatività dei creatori ordinari era stata così effettivamente spostata e spostata, come Souza disse, a causa di queste "macchine infernali". Una tecnologia di telediffusione e di dischi vinile ha prodotto questa cultura passiva di consumo. Questa tecnologia ha consentito un consumo efficiente - ciò che potremmo chiedere "lettura" - ma è inefficace almeno in quel che chiameremmo la produzione dilettante - quel che voglio chiamare "scrittura". Era una grande cultura per ascoltare, ma una tecnologia meno grande per parlare; una grande tecnologia per scrivere, ma non una grande tecnologia per la creazione democratica. Il 900 è stato quel secolo unico nella storia della cultura umana in cui la cultura era diventata "in sola lettura", in un contesto di creatività leggi/scrivi che risale agli inizi della cultura umana. Bene, questa era l'introduzione all'argomento che voglio difendere qui oggi. E quell'argomento invoca un'idea di cui il mio amico e collega Jamie Boyle parla da più di dieci anni. L'idea è che riconosciamo per prima che la creatività avviene in un'ecologia. Un'ecologia, un ambiente che determina le condizioni di scambio. 2° punto: queste ecologie si differenziano in modo importante. Ci sono diverse ecologie della creatività. Alcune sono incentrate sul denaro Altre non sono incentrate sul denaro. E alcune abbinano il denaro e pratiche che non dipendono centralmente dal denaro Sono ecologie diverse della creatività. Pensate alle ecologie professionali della creatività, ecologie per le quali i Beatles, o Dylan o John Philip Souza hanno creato. Per queste ecologie, il controllo della creatività è importante per assicurare il compenso necessario all'artista per creare gli incentivi affinché quell'artista crei. Queste ecologie professionali dipendono da un sistema efficace ed efficiente di copyright. Ma in quella che potremmo chiamare un'ecologia dilettante della creatività e non intendo "dilettantesca", invece intendo un'ecologia dove il creatore crea per l'amore della creatività e non per il denaro. In quel tipo di ecologia, un'ecologia che vive in quella che potremmo chiamare, seguendo Yochai Benkler, l'economia della condivisione. È l'economia in cui vivono i bambini o gli amici, o gli amanti - in quei tipi di economia, per quelli - la gente non utilizza il denaro per esprimere il valore e per definire la condizioni del loro scambio. Infatti se si introducesse il denaro in quelle economie della condivisione, se ne cambierebbe radicalmente la natura. Immaginate amici che invitassero l'altro a pranzo la settimana successiva e la risposta fosse: "Certo - d'accordo per 50 dollari?" O immaginate mollare soldi nel mezzo di questo tipo di relazione la trasformeremmo in qualcosa di molto diverso. Occorre riconoscere che la creatività, in molti contesti, nel contesto che Souza romanticizzava, è una creatività che esiste all'infuori di un'economia monetaria. In questo senso, questa ecologia dilettante non dipende dal controllo e dal copyright, bensì dipende dalla possibilità di un uso libero e della condivisione. Infine, pensate all'ecologia scientifica della creatività, dello scienziato, o del docente, o dello studioso. Ecco un quadro molto interessante, questo studioso cinquecentesco notate la sua espressione colpevole. E guardate in basso cosa sta facendo esattamente: sta copiando da quel libro. È soltanto un pirata dai tempi remoti, questo studioso qua, vero? Perché ovviamente, lo studio avanzato è ed è sempre stato questa attività di creare in un'economia mista di gratuito e di remunerato. Qui i creatori provano amore per la loro creatività, un amore che oltrepassa quanto vengono pagati. Ma è quell'economia che definisce l'ecologia mista della conoscenza scientifica. Questa ecologia non dipende dal controllo esclusivo, bensì dall'uso libero e giusto (free and fair use) del lavoro creativo sul quale nuove opere vengono elaborate poi diffuse. La chiave qui è di riconoscere che queste ecologie coesistono e si completano l'una l'altra. E qui sta il punto cruciale: un sistema di copyright deve sostenere ciascuna di queste ecologie separate. Non basta che ne sostenga una e distrugga le altre. Deve sostenere ognuna di esse, deve sostenere l'ecologia professionale della creatività, tramite incentivi adeguati e sufficienti. Però deve anche sostenere le ecologie dilettanti e scientifiche della creatività tramite le libertà essenziali dalle quali esse dipendono. O di nuovo, in modo più grafico, il copyright deve fare due cose, non soltanto una. Deve fornire gli incentivi necessari ai professionisti proteggendo le libertà necessarie alle creazioni dilettanti e scientifiche. Queste ecologie mutano. Le tecnologie le fanno mutare, le tecnologie di diffusione e del vinile le hanno cambiate nel modo che Souza temeva. I governi le cambiano. Pensate al rapporto del governo cinese con il patrimonio culturale tibetano. L'economia le cambia. Nel Settecento l'opera lirica regnava e i cantanti erano trovatori. Nel Novecento l'economia ha incoronato i trovatori, e l'opera lirica è stata sempre meno frequentata. Queste ecologie mutano, e in modo interessante e ovvio l'internet le ha cambiato drammaticamente, ha cambiato le ecologie professionali della creatività tramite tecnologie come Napster o Apple con la sua bottega musicale iTunes, producendo mercati radicalmente nuovi. e una crescita radicale della diversità di culture accessibile. la possibilità di comprare e consumare cultura prodotta ovunque e in qualsiasi forma è l'opportunità che questa cultura digitale ha prodotto per questa forma di creatività. Nel contesto scientifico, vi è stato un cambiamento epocale nel modo di produzione e di condivisione del sapere scientifico grazie a listserv straordinari che facilitano la diffusione immediata del sapere in certi campi, e a pubblicazioni libere come la Public library of science che garantisce per sempre l'accesso libero ai lavori preliminari, e a una diffusione crescente persino di strutture blog che producono una possibilità radicalmente nuova di diffondere ampiamente queste idee. E nella cultura dilettante, c'è stata un'esplosione, tramite piattaforme come YouTube, di ciò che chiamerei una specie di cultura "call and response" (chiama e rispondi) che ha ridato vita alla cultura read/write (leggi/scrivi). Voglio mostrarvene alcuni esempi, per chiarire quel che intendo dire: Tutti conoscono questo - (musica) brano di Pachelbel, il canone in re? Un adolescente, seduto nella sua camera, ne ha fatto un remix. (musica del remix) 79 milioni di persone hanno guardato questo remix e - cosa che per me è più importante, mentre 79 milioni di persono lo hanno guardato, più di 2600 persone lo hanno reinterpretato, così, scrivendo la propria versione per farla vedere da altri su YouTube. Altro esempio - questo video: (video) ha ispirato qualcuno a produrre questo video: che ha poi ispirato qualcuno a produrre questo video: Altro esempio ancora. Tutti dovrebbero conoscere il Brad Pack un gruppo di attori che si esibivano inizialmente al Breakfast Club e hanno ispirato una certa cultura, una certa generazione. La canzone Listomania, prodotta dal gruppo Phoenix, è diventata una specie di icona culturale per una generazione. Qualcuno ha deciso di prendere il video del Breakfast Club e di usarlo per fare un remix video per Listomania. Ecco il risultato: Vedete che qui sono stati soltanto modificati i movimenti, sincronizzandoli con la musica Poi qualcuno ha pensato di dover creare (una variazione?) proprio di questo. Così Brooklyn ha deciso di iniziare, E naturalmente, per non essere di resto, San Francisco decise di fare la stessa cosa E ci sono ventine di queste variazioni su YouTube, da città in tutto il mondo (?) create da gente che reinterpretano le stesse partiture originali e e crea la propria versione in questa ecologia dilettante della creatività, che condivide, ispirando altri a creare (...) È questo che intendo con "remix". Però quel che vorrei che voi riconosciate è che è la stessa cosa che Souza evocava con nostalgia romantica quando parlava dei giovani che si radunavano a cantare le canzoni moderne e antiche. Ma oggi, questo radunarsi non avviene più nei cortili, bensì tramite questa piattaforma digitale gratuita che incoraggia la gente di tutto il mondo a partecipare a questo atto di reinterpretazione culturale e a condividerlo in un'ecologia che non si basa sui soldi, ma è un'ecologia che si basa invece su questa attività di condivisione. L'internet ha cambiato queste 3 ecologie della creatività. Ma la questione cui questa organizzazione si deve confrontare è: "Il copyright ha seguito il cambiamento in queste ecologie? Ha seguito i cambiamenti mentre influenzavano queste 3 ecologie?" Secondo me, la risposta a questa domanda è molto semplice: No. Il copyright ha fallito. Ha fallito nel garantire incentivi adeguati nella cultura professionale, e ha fallito nel proteggere le libertà necessarie nella cultura dilettante, critica o scientifica. Ha fallito in tutti e due i suoi scopi e il suo fallimento non è un incidente. Il suo fallimento è un'implicazione dell'architettura del copyright quale ci è stato tramandato. Questa architettura non ha senso nel contesto di un ambiente digitale. L'architettura che provoca l'applicazione della legge sul diritto d'autore quando viene prodotta una copia non ha senso in un ambiente numerico: Regolamenta troppo, e in modo troppo scadente. Pensate all'esempio semplice di un libro nello spazio fisico. Se questi sono tutti gli usi di un libro nello spazio fisico, un insieme importante di questi usi non sono tecnicamente regolamentati dalla legge sul diritto d'autore nello spazio fisico. Leggere un libro non è un "fai use" del libro, è un uso libero del libro, perché leggere un libro non produce una copia Regalare un libro a qualcuno non è un "fai use" del libro, è un uso libero del libro, perché regalare un libro a qualcuno non produce una copia Vendere un libro è specificamente rimosso dall'applicazione della legge sul diritto d'autore in molte giurisdizioni, inclusi gli Stati Uniti, è un uso libero del libro, perché vendere un libro non produce una copia Nessuna giurisdizione al mondo regolamenta l'atto di dormire su un libro perché dormire su un libro non produce una copia Questi atti non regolamentati sono bilanciati da un insieme di atti regolamentatati necessari per creare incentivi adatti per la creazione di grandi opere nuove. Poi nella tradizione americana, vi è un sottile strato di eccezioni, atti che altrimenti sarebbero regolamentati dalla legge ma che secondo la legge devono rimanere liberi affinché la cultura possa costruire sulla base di queste opere creative senza essere ostacolata dalla legge. Entra in scena l'internet, dove - poiché è una piattaforma digitale - ogni singolo uso produce una copia. E passiamo da questo equilibrio tra usi regolamentati e non, e "fair uses", alla presunzione di regolamentazione di ogni singolo uso, soltanto perché la piattaforma tramite cui accediamo alla nostra cultura è cambiata. È la conseguenza di un'architettura, dell'architettura della legge sul diritto d'autore e delle tecnologie digitali. È questa architettura che ha causato quel che Jessica descriveva quando diceva "un mondo dove non possiamo passare nemmeno un'ora senza scontrarci con la legge sul diritto d'autore", e lo scontro no è un problema di una data generazione che non riesce ad imparare a rispettare le regole, è un problema della struttura di questo sistema di regolamentazione. A 15 anni di questa rivoluzione, mentre stiamo facendo la guerra - beh, negli US abbiamo fatto molte guerre, però la guerra particolare qui a la guerra del copyright - contro le implicazioni di questa nuova tecnologia, una guerra che il mio amico, il fu Jack Valenti, ex-capo della Motion Pictures Association of America descriveva come la sua propria "guerra al terrorismo", dove pare che i terroristi in questa guerra siano i nostri figli, dopo 15 anni di questa guerra al terrorismo, dobbiamo alla fine riconoscere il fallimento non dei nostri bambini, bensì di questa architettura. E dobbiamo sistemarla. Come faremo? Attraverso l'Atlantico per venire all'OMPI e dire che l'OMPI deve dirigere questa riforma. E questa riforma ha due componenti: a breve e a lungo termine. A breve termine, l'OMPI dovrebbe incoraggiare attivamente sistemi di licenze volontarie che creano un equilibrio migliore tra le ecologie tradizionali della produzione culturale nell'ambito professionale e le ecologie dilettante e scientifica della creatività che ho identificato. Era questo l'obiettivo del progetto che ho contribuito a fondare, il progetto Creative Commons, che mirava a concepire un modo semplice in cui autori ed aventi diritti potessero contrassegnare i loro contenuti con le libertà che desideravano assegnare ad esse. Perciò anziché l'automatico Tutti diritti riservati, questo era un modello Alcuni diritti riservati dove il titolare del copyright si riservava certi diritti e ne conferiva altri al pubblico. Ottenete questa licenza andando sul nostro sito, o su numerosi siti che l'hanno implementata indipendentemente, e selezionando gli usi o le libertà che vorreste autorizzare. Vorreste permettere ad altri di fare un uso commerciali della vostra opera? Volete permettere ad altri di farvi modifiche, e se ne fanno, volete imporre che pubblichino la loro opera modificata sotto una licenza simile, quel che chiamiamo "condividere allo stesso modo". Queste scelte producono una licenza. `E la cosa che da riconoscere è il modo in cui queste licenze diverse sostengono queste ecologie diverse in modi diversi. Così, la licenza più semplice e più libera, di sola attribuzione, sostiene ciascuna di queste ecologie, perché produce risorse libere che queste ecologie possono sfruttare per fare qualsiasi cosa ogni persona in queste ecologie vuole. La licenza "non commerciale" sostiene l'ecologia dilettante della creatività, permettendo alle persone di sapere che la propria opera verrà usata da altri secondo le regole della condivisione, e non secondo quelle della compravendita. In quell'ambito non commerciale abbiamo aggiunto quel che chiamiamo un "CC+ protocol" che offre l'opzione di munire, con un clic, di una licenza per scopi commerciali un'opera rilasciata al mondo sotto condizioni non commerciale. Così, potete rilasciare una fotografia permettendo alla gente di utilizzarla e di condividerla in modo non commerciale, però avere un modo semplice e senza costi di transazione di indicare un link a un'ente licenziante che potrebbe licenziare la stessa opera per scopi commerciali. La licenza "condividere allo stesso modo" è proiettata per facilitare la collaborazione nella cultura sia professionale sia dilettante. Per questa ci siamo ispirati al sistema operativo GNU-Linux che è licenziato sotto una licenza copyleft simile che autorizza sviluppi sia commerciali sia non commerciali e abbiamo esteso questo alla cultura. Poi proprio quest'anno, abbiamo rilasciato un insieme di protocolli per facilitare l'indicazione che un'opera è nel pubblico dominio o per rinunciare a diritti che potrebbero esistere altrimenti, affinché l'opera possa sostenere ciascuna di queste ecologie diverse in modi diversi. Lo scorso anno è stato tra i più importanti nella storia di questa organizzazione. Al Jazeera ha annunciato che un immenso archivio di materiali video sui conflitti nel Medio Oriente sarebbe reso disponibile sotto una licenza "solo attribuzione". Significa che potete prendere le registrazioni video grezze e utilizzarle in un film, trasmetterla in TV, o in applicazioni commerciali, a patto che attribuiate semplicemente la fonte ad Al Jazeera. La Casa Bianca ha rilasciato i suoi contenuti sotto una licenza Creative Commons, Wikipedia ha adottato le licenze Creative Commons come infrastruttura di tutti i suoi materiali sotto licenza. Perciò l'anno scorso abbiamo visto la più grande crescita di Creative Commons sin dal suo inizio: le licenze contrassegnano ora almeno 350 milioni di oggetti online. Secondo me, organizzazioni come l'OMPI, e l'OMPI in particolare devono adottare questa architettura: non soltanto Creative Commons, bensì ciascuna di queste architetture che importano e asseriscono il valore della licenza sul copyright. Certo, il Creative Commons non è un'alternativa al copyright, esso si basa sul copyright. E' una licenza semplice, valida e tradizionale il cui fine primario era quello di supportare queste ecologie di creatività. Ma nel sostenerle, sostiene anche gli incroci con le ecologie professionali della creatività. E queste licenze sono valide e possono essere imposte, come abbiamo scoperto la settimana scorsa in un tribunale belga, che ha attribuito a questo gruppo un risarcimento di € 4500 perché la loro opera era stata utilizzata in un modo incompatibile con la licenza Creative Commons sotto la quale era stata rilasciata. Quindi la licenza protegge gli autori e garantisce che le loro opere vengano utilizzate come loro intendevano, e mantiene il meccanismo di imposizione del copyright aperto per quelli che violano o vanno oltre queste condizioni. Secondo me, questi sistemi volontari non bastano. Oltre ad essi, ci occorrono cambiamenti nella legge, ed è questo il necessario cambiamento a lungo termine. Di nuovo, secondo me, l'OMPI deve dirigere questo cambiamento a lungo termine. E sostengo molto fortemente il suggerimento fatto dal Direttore Generale, cioè che nel contesto di questo esame a lungo termine L'OMPI dovrebbe supportare qualcosa come la commissione Blue Sky, un gruppo che ha la libertà di individuare quale architettura di copyright ha senso nell'era digitale, liberata dall'attuale impostazione di copyright che abbiamo ereditato dalla fase analoga della cultura. Secondo me, le conclusioni di tale commissione offriranno raccomandazioni per gli elementi di qualsiasi sistema di copyright: stipuleranno che il sistema debba essere semplice. Se il copyright regolamenterà i 15enni, deve essere qualcosa che i 15enni possano capire. Attualmente, non lo capiscono. Veramente nessuno capisce l'intera estensione o la complessità del diritto d'autore (della legge sul copyright). Lo studio intensamente da 15 anni e faccio tuttora errori fondamentali e ovvi. Il copyright va rifatto per renderlo semplice. E può essere rifatto per renderlo semplice, se questo fosse un obiettivo della riforma. Numero 2: deve essere efficiente. Il copyright è un sistema di proprietà, Ma è anche il sistema piu' inappropriato esistente. Il concetto più semplice dei sistemi di proprietà è sapere chi possiede cosa. Nel sistema attuale non possiamo sapere chi possiede cosa perché il sistema è stato elaborato per rinunciare all'infrastruttura necessaria per sapere chi possiede cosa. Il solo rimedio a questo problema è di procedere verso una versione moderna delle formalità, non al momento della creazione, ma almeno per mantenere i diritti sotto copyright. E in questo, sono felice di riconoscere che la RIAA ed io concordiamo sull'importanza delle formalità in un'architettura digitale per il copyright nel 21o secolo. La RIAA ha espressamente sostenuto l'idea di considerare le formalità come un modo di garantire l'efficienza del copyright e secondo me, questo suggerimento è assolutamente corretto. Numero 3: la legge deve essere mirata. Questo significa che deve regolamentare selettivamente. Se pensiamo alla differenza tra prendere copie intere dell'opera di un terzo, e fare un remix di quell'opera, e alla differenza tra gli ambiti professionale e dilettante Scusatemi, sono un universitario, quindi non posso fare a meno di pensare in matrici come questa, abbiamo una matrice del genere. Attualmente, il copyright pretende di regolamentare tutti gli ambiti. Ma questa presunzione non fa senso. Certo, il copyright deve regolamentare efficacemente ed efficientemente, per impedire che i professionisti piratino copie delle opere sotto copyright di altri. Questo va regolamentato come campo centrale della regolamentazione del copyright. Però altrettanto evidentemente, i remix di opere altrui fati da dilettanti dovrebbero essere liberi dalla regolamentazione del copyright: non "fair use" (uso ragionevole), bensì "free use" (uso libero). Il presupposto dovrebbe essere che tale uso è fuori dall'applicazione del copyright, e questo presupposto dovrebbe guidare e incoraggiare questa costruzione dilettante in base al nostro passato culturale. Poi nel mezzo ci sono casi che sono più ibridi e complicati, per i quali la legge deve attentamente individuare su come assicurare che gli incentivi siano protetti, garantendo, in contempo, le libertà. Però lo scopo di questo modello è di comprendere che l'obbiettivo deve essere di deregolamentare un ambito significativo della cultura relativa all'architettura attuale del copyright, e di concentrare la regolamentazione laddove può avere un effetto positivo. Numero 4: la legge deve essere efficace, deve funzionare realmente, ossia, fare in modo che gli artisti vengano pagati. E come ve lo dirà qualsiasi artista, il sistema attuale di copyright non lo fa molto bene. Infine, numero 5: deve essere realistico quanto alla capacità della legge di regolamentare il comportamento umano. Se pensate al problema della condivisione P2P di file a livello internazionale, a quel che la gente descrive come pirateria, dopo un decennio di questa guerra, una guerra totalmente fallita, il cui obiettivo era l'eliminazione della "pirateria" del copyright, so che la risposta di alcuni a una guerra totalmente fallita, forse di alcuni nella mia parte del mondo, è di continuare una guerra ancora più efficace contro il nemico, di alzare la posta in gioco, di punire con maggior vigore per vincere la guerra. Suggerisco di adottare la strategia opposta, di trovare un modo di concordare la pace e di adottare proposte dove le licenze obbligatorie sono licenze collettive volontarie che raggiungono gli obiettivi del copyright di pagare gli artisti senza le conseguenze insufficienti del regime attuale. Dovremmo riconoscere che se avessimo impostato questi sistemi dieci anni fa, quando furono suggeriti inizialmente da persone che proponevano di modificare il regime esistente durante questi ultimi dieci anni gli artisti avrebbero ricevuto più denaro di quanto ne hanno ricevuto sotto il sistema attuale, perché nel sistema attuale, la condivisione di file via P2P non ricompensa nessuno, salvo gli avvocati che intentano processi per mettere fine alla condivisione di file via P2P. Le ditte avrebbero visto una maggiore concorrenza, poiché più persone sarebbero state incoraggiate a partecipare ad un comportamento costruito su questo tipo di uso creativo, perché le regole sarebbero state più chiare. Però per me, come padre di tre bambini piccoli, l'aspetto più importante è che non avremmo avuto una generazione di delinquenti che sono cresciuti sentendosi dire da noi che sono delinquenti e interiorizzando l'idea che sono delinquenti, e vivendo la loro vita secondo questa idea interiorizzata. Lo scopo di questa commissione Cielo Azzurro sarà di iniziare un processo di almeni 5 anni per preparare quel che potremmo considerare come Berna 2, oppure vi incoraggerei a venire a Boston e a farlo in Boston come Boston 1, ma potrebbero cominciare a pensare a un sistema che potesse funzionare nel contesto di questa cultura digitale. Permettetemi di concludere con un'ultima riflessione. Una volta sono stato invitato a partecipare a un evento alla Association of the Bar della città di New York. Bill Patry, che mi pare parlerà dopo, era a quell'evento assieme a me. La sala per quell'evento era questa bellissima sala con questi tendaggi di velluto rosso e questo tappeto rosso. E presenziavano tante persone molto diverse, da artisti e creatori ad almeno alcuni giuristi tutti desiderosi di sapere come il sistema del fair use (uso ragionevole) potesse sostenere la propria forma di creatività digitale. Nel diritto americano, il fair use ha 4 componenti, quindi gli organizzatori dell'evento avevano deciso di chiedere a 4 giuristi di parlare per 15 minuti su ciascuno di questi 4 elementi. E la teoria era che dopo un'ora, il pubblico avrebbe capito la legge del fair use e sarebbe ripartito a creare in conformità con la legge. Però mentre stavo seduto lì a guardare il pubblico la reazione dopo un'ora assomigliava piuttosto a questo. E quella reazione mi condusse a una specie di sogno ad occhi aperti: mentre guardavo questa sala, iniziai a chiedermi cosa mi ricordava. Perché sapevo che c'era qualcosa che questa stanza mi ricordava con i suoi colori e la sua teatralità. E capii che mi ricordava qualcosa che facevo un tempo da ragazzo. Subito dopo il college ho viaggiato a lungo in questa parte del mondo concentrandomi su questo sistema di governo. E pensavo, mentre ero seduto lì a guardare quella sala, cominciai a chiedermi trasognato quando, nella storia del sistema sovietico, sarebbe stato possibile convincere i membri del Politburo che il sistema era fallito. Quando, nella storia? 1976 era di gran lunga troppo presto: nel 1976 il sistema tirava avanti abbastanza bene. 1989 era troppo tardi: se non l'avevano capito nel 1989, non l'avrebbero mai capito, no? Allora quando, tra il 1976 e il 1989 avrebbero potuto capirlo? Cosa più importante: cosa avreste potuto dir loro per convincerli che l'idea romantica con la quale erano cresciuti era fracassata e bruciata, e che continuare con il sistema sovietico avrebbe rivelato un certo tipo di pazzia? Perché mentre ascoltavo questo dibattito tra giuristi, almeno quelli tra noi negli Stati Uniti che partecipano a questo dibattito, giuristi che mantengono che nulla è cambiato, che le stesse regole valgono, che sono i pirati ad essere i devianti - forse hanno ragione su questo - ma che sono i pirati ad essere i devianti, incomincio a credere che siamo noi ad essere pazzi, qui. Il sistema di copyright non potrebbe mai funzionare nell'architettura digitale dell'internet. O forzerà la gente a smettere di creare, oppure provocherà una rivoluzione. E secondo me, tutte e due le opzioni sono inaccettabili. Noi, particolarmente in questa sede, dobbiamo riconoscere che fuori sta crescendo un movimento per l'abolizione del copyright. Gente che pensano che il copyright era forse una buona idea per altri secoli però non ha alcun senso nell'era moderna. Sono contro l'abolizionismo. In questo, mi sento più vicino a Gorbaciov che a Ieltsin. Mi sento come un vecchio comunista che cerca di preservare questo sistema in un'era nuova. E faccio la guerra a questi due estremismi. Perché entrambi porteranno alla distruzione del valore fondamentale del copyright. Se e soltanto se, secondo me, l'OMPI dirige questo dibattito, avremo una chance di evitare questi estremismi. La maggior parte della gente del mondo non tiene a preservare il copyright. Perciò, un'ultima preghiera, se siete in quel campo, cosa non molto verosimile se siete qui, però un'ultima preghiera: tutti, dobbiamo riconoscere che non uccideremo queste tecnologie. Possiamo soltanto farne dei delitti. Non impediremo ai nostri figli di essere creativi in un modo in cui io, perlomeno, non ero creativo quando sono cresciuto nel secolo scorso, possiamo soltanto cacciare la loro creatività nella clandestinità. Non li renderemo passivi. Possiamo soltanto farne dei pirati. E la questione che ci dobbiamo porre è se questo è un bene per le società libere. In America, i bambini vivono in un'era di proibizione. Tantissime attività delle loro vite sono tecnicamente contro la legge, e vivono le loro vite contro la legge. Ma quel modo di vivere la vita corrode e corrompe il potere della legge in una democrazia. Questo ente deve portare il sistema del copyright fuori da quel regime di violazioni che corrompono la legge. E dopo 15 anni, vi chiedo con urgenza di almeno cominciare insieme questo processo. Grazie tante.