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Come la magia della gentilezza mi ha aiutato a sopravvivere all'Olocausto

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    Nell'incantevole libro
    "Il piccolo principe",
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    c'è una citazione che recita:
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    "Non si vede bene che col cuore.
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    L'essenziale è invisibile agli occhi".
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    E sebbene l'autore abbia scritto
    queste parole da una comoda sedia,
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    da qualche parte negli Stati Uniti,
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    io ho imparato questa stessa lezione
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    a miglia di distanza
    in una lurida baracca,
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    in un campo di sterminio in Polonia.
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    Quel che importa non è il valore
    o la dimensione di un regalo,
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    è come lo tieni stretto nel cuore.
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    Quando avevo sei anni,
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    mia madre, mio padre, mia sorella ed io
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    lasciammo la Germania antisemita
    e andammo in Jugoslavia.
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    Restammo in Jugoslavia
    per sette anni felici,
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    poi la Germania invase la Jugoslavia
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    e all'improvviso ci ritrovammo
    di nuovo perseguitati,
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    e dovetti nascondermi.
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    Rimasi nascosto per circa due anni
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    con una coppia che aveva lavorato
    per la resistenza.
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    Sviluppavo pellicole,
    facevo ingrandimenti.
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    Un giorno, quando avevo 15 anni,
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    fui arrestato dalla Gestapo
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    e picchiato,
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    e, per due mesi,
    trascinato in diverse prigioni,
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    per poi finire
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    in una fortezza di 150 anni
    in Cecoslovacchia
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    che i Nazisti avevano convertito
    in un campo di concentramento.
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    Ci restai per 10 mesi.
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    Posavo binari della ferrovia,
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    sterminavo animali infestanti,
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    facevo ceste,
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    e, dopo 10 mesi,
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    circa 2.000 di noi
    furono caricati in carri bestiame,
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    le porte vennero chiuse
    e noi fummo spediti a est.
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    Per tre giorni viaggiammo così
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    e quando fummo scaricati,
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    puzzavamo di urina e feci,
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    e ci ritrovammo
    nel campo di sterminio di Auschwitz.
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    Un campo che, al tempo,
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    aveva già ammazzato
    più di un milione di persone
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    mandandole in cielo
    attraverso la ciminiera.
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    Arrivammo, fummo spogliati
    di tutte le nostre proprietà,
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    qualsiasi cosa avessimo,
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    e ci furono date delle uniforme a righe,
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    ci fu fatto un tatuaggio sul braccio,
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    e ci fu anche dato il messaggio
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    che saremmo stati lì
    per esattamente sei mesi.
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    Dopodiché avremmo lasciato il campo.
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    Attraverso la ciminiera.
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    Fummo assegnati a diverse baracche.
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    E le baracche erano piene
    di letti a castello in legno,
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    sei persone per piano,
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    tre persone dormivano in un verso
    e tre nel verso opposto,
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    per cui in qualsiasi verso dormissi,
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    ti ritrovavi sempre dei piedi in faccia.
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    L'uomo accanto a me
    era un gentiluomo estremamente cortese,
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    e si presentò come Sig. Herbert Levine.
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    Il Sig. Levine era gentile
    e garbato con me.
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    Un giorno, quando tornai
    da un lavoro assegnatomi,
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    salii su,
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    ero al livello superiore
    del letto a castello a tre piani,
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    e trovai il Sig. Levine
    con un mazzo di carte.
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    E le stava mischiando.
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    E non riuscivo a capire, vedete,
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    avere un mazzo di carte ad Auschwitz
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    era come trovare un gorilla nel bagno.
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    (Risate)
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    Voglio dire: "Che sta combinando?".
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    E poi il Sig. Levine si girò verso di me
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    e mi porse il mazzo
    dicendo: "Scegli una carta".
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    Quindi scelsi una carta,
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    e mi fece un trucco con le carte.
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    Fece un miracolo.
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    Non avevo mai visto un trucco di carte
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    e la persona che lo faceva
    era proprio di fronte a me.
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    Poi il Sig. Levine fece l'impensabile.
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    Mi spiegò il trucco.
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    E le parole si scalfirono
    nel mio cervello.
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    Ricordai ogni singola parola
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    e, da allora in poi,
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    mi esercitai con quel trucco ogni giorno.
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    Anche se carte non ne avevo.
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    Continuavo semplicemente a fare pratica.
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    Circa tre settimane dopo,
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    l'intero campo,
    tranne un paio di centinaia di noi,
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    fu mandato nelle camere a gas.
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    Io fui inviato in un altro campo
    dove lavoravo nelle stalle,
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    e poi, nel gennaio 1945,
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    all'avanzata dei Russi,
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    60.000 di noi furono mandati
    alla marcia della morte.
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    Camminammo per tre giorni, tira e molla,
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    e in pieno inverno,
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    e quando arrivammo
    ai binari della ferrovia,
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    di 60.000 persone,
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    15.000 erano morte.
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    E il resto di noi
    fu caricato su vagoni aperti,
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    e per quattro giorni
    viaggiammo dalla Polonia fino all'Austria.
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    Ci ritrovammo in un campo di sterminio,
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    un campo di concentramento
    chiamato Mauthausen,
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    anche questo costruito come una fortezza.
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    A quel punto le SS ci avevano abbandonato,
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    non c'era cibo
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    e c'erano migliaia e migliaia di corpi.
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    Ho dormito per tre giorni
    accanto a un uomo morto,
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    solo per ricevere la sua misera razione
    di pane ammuffito.
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    Due giorni prima della fine
    della guerra, il 5 maggio,
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    fummo liberati dalle forze americane.
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    All'epoca avevo 17 anni,
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    e pesavo 30 chili.
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    Feci l'autostop fino in Jugoslavia.
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    E, tornato in Jugoslavia,
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    lì c'era il comunismo,
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    non trovai famiglia,
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    né amici.
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    Ci rimasi per due anni
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    e, dopo due anni,
    riuscii a scappare in Inghilterra.
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    Arrivato in Inghilterra,
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    non parlavo inglese,
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    non avevo studiato, non sapevo fare nulla.
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    Cominciai a lavorare
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    e, dopo circa un anno
    che ero arrivato in Inghilterra,
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    mi comprai un mazzo di carte.
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    E per la primissima volta,
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    feci per davvero il trucco
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    che mi fu mostrato ad Auschwitz
    su un letto a castello.
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    E funzionò.
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    Funzionò a meraviglia.
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    Lo mostrai a degli amici
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    e ne andarono pazzi.
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    Andai in un negozio di magia
    e comprai dei trucchi,
  • 8:04 - 8:06
    e li mostrai ai miei amici,
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    poi comprai altri trucchi
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    e glieli mostrai.
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    Poi comprai dei libri di magia
    e poi altri ancora.
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    C'è una linea molto, molto sottile
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    tra hobby e follia.
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    (Risate)
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    A ogni modo, mi sposai,
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    e venni negli Stati Uniti,
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    e uno dei primi lavori che feci
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    richiedeva che parlassi
    davanti a piccoli gruppi.
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    E ci riuscii, ero molto bravo.
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    Poi, 25 anni fa, andai in pensione.
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    E iniziai a parlare nelle scuole.
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    L'unico motivo per cui riuscivo
    a parlare nelle scuole
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    è perché un uomo molto amichevole
  • 9:01 - 9:06
    aveva mostrato un trucco di carte
    a un ragazzino spaventato
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    in un campo di concentramento.
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    Quest'uomo che me lo mostrò,
    il Sig. Levine,
  • 9:13 - 9:16
    era stato un mago professionista.
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    Aveva lavorato in Germania
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    e, quando giunse ad Auschwitz,
    le SS sapevano chi era,
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    quindi gli avevano dato delle carte,
  • 9:26 - 9:28
    gli avevano dato un pezzo di corda,
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    gli avevano dato dei dadi,
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    e lui si esibiva per loro.
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    E poi gliene aveva
    anche insegnato qualcuno.
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    Sopravvisse alla guerra,
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    ma sua moglie e suo figlio morirono.
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    Venne negli Stati Uniti
    e si esibì in diversi locali,
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    ma non lo rincontrai mai più.
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    Ma il trucco che mi aveva mostrato
    è rimasto con me
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    e mi ha permesso di girare per le scuole
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    e provare a rendere questo mondo
    giusto un po' migliore.
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    Quindi se mai doveste incontrare qualcuno
    che ha bisogno di aiuto,
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    qualcuno che ha paura,
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    siate gentili.
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    Date loro consigli,
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    date loro un abbraccio,
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    insegnate loro un trucco di carte.
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    Qualsiasi cosa facciate,
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    sarà per loro una speranza.
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    E se lo fate al momento giusto,
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    è un gesto che penetrerà il loro cuore,
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    e li accompagnerà ovunque vadano,
    per sempre.
  • 10:43 - 10:44
    Grazie.
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    (Applausi)
Title:
Come la magia della gentilezza mi ha aiutato a sopravvivere all'Olocausto
Speaker:
Werner Reich
Description:

Il sopravvissuto all'Olocausto Werner Reich racconta la sua straziante adolescenza da prigioniero trasportato tra i campi di concentramento e spiega come un piccolo gesto di gentilezza possa ispirare compassione per una vita intera. "Se mai doveste incontrare qualcuno che ha bisogno di aiuto, qualcuno che ha paura, siate gentili", dice. "Se lo fate al momento giusto, è un gesto che penetrerà il loro cuore, e li accompagnerà ovunque vadano, per sempre".

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Video Language:
English
Team:
closed TED
Project:
TEDTalks
Duration:
11:01

Italian subtitles

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