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Stasera vorrei mettere in relazione
due fenomeni complessi.
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La complessità, spesso,
non è statica e dinamica.
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È un processo,
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ed è un processo che,
come abbiamo sentito prima,
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è molto difficile da tradurre
in una rappresentazione visiva,
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perché si sviluppa nel tempo
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e in tante dimensioni spaziali o di reti.
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Questi due processi complessi
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sono quelli dei sistemi e dei collegamenti
della comunicazione sulla rete Internet
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e delle basi neuronali della cognizione -
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di come, in sostanza, funziona
il nostro cervello umano.
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Sono stato ispirato,
nel mettere in relazione questi due temi,
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di cui mi sono occupato
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per la maggior parte
della mia vita professionale,
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da una presentazione che fece Kevin Kelly,
che è l'editore di Wired Magazine,
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a TEDGlobal 2 anni fa,
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nella quale rifletté
sui primi 5000 giorni del web
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e in base a questo si poneva la domanda:
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Cosa dobbiamo aspettarci
dai successivi 5000 giorni?
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E mise il dito sul fatto
che il web in poco tempo, in qualche anno,
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è diventato un sistema
estremamente complesso,
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sia per la sua struttura -
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pensate, 55 trilioni
di connessioni ipertestuali fra pagine,
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un numero talmente ampio,
che è poco significativo per noi -
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sia a livello della quantità
di informazione che veicola ogni momento:
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100 miliardi di click al giorno,
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e questo prima dell'esplosione
delle reti sociali
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e della quantità di informazioni
che viene scambiata ogni momento.
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Tant'è vero che questa dimensione
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comincia ad essere paragonabile
a quella del cervello umano:
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se si guarda la numerosità dei componenti
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che fanno parte di questa
gigantesca macchina planetaria
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e si confrontano i componenti,
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almeno in termini di neuroni
nel cervello umano,
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se si guarda la connettività
presente nella rete Internet,
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comincia ad essere
dell'ordine di grandezza
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dei numeri che vediamo nel cervello umano,
almeno a livello di rete neuronale.
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Questo, quindi, ha portato Kelly
a speculare sul fatto che, per di più,
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questo sistema non solo sta diventando
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un punto di accesso costante,
per tutti gli esseri umani,
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come fonte di informazione;
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ma, alla rovescia,
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noi stiamo diventando un raccoglitore,
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un sensore permanente
per questa grande macchina.
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In ogni momento andremo in giro
con questi "sixth sense" che avete visto,
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mettiamo delle informazioni,
dei messaggi sulla rete,
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in sostanza stiamo dicendo alla rete
cosa sta succedendo nel mondo.
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Questo da centinaia di milioni di persone,
presto miliardi di persone.
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Lo stesso avviene, anche,
con sensori artificiali,
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che danno in ogni momento informazioni
sulle condizioni-ambiente alla rete.
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Allo stesso tempo,
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la stessa quantità
di persone e di apparati
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diventano gli attuatori della rete,
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e permettono alla rete
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di andare a interagire
e influire sul corso del mondo.
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E quindi Kelly speculò sul fatto
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che si sta sviluppando,
di fatto, una grande macchina,
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questo ONE, questo soggetto etereo,
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che potrebbe cominciare ad avere
alcune proprietà della coscienza umana.
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Avendo studiato entrambi,
mi sono interessato a questa domanda,
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e devo deludervi.
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Internet è una casa molto piena,
ma non c'è nessuno dentro.
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Non c'è un essere dentro
che guarda a quello che sta succedendo,
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è conscio quanto le mie scarpe.
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Però, quello che vorrei cercare
di illustrare stasera
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è il fatto che sta
acquisendo, gradualmente,
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una serie di attributi,
una serie di proprietà
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che gli permettono, sempre di più,
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di ospitare processi
collettivi coordinati,
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che hanno alcune delle proprietà
della coscienza umana:
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la capacità di anticipare;
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la capacità di ragionare,
di prendere decisioni;
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la capacità, addirittura,
di riflettere su sé stesso,
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di essere autoreferenziale.
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E questi processi collettivi -
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che, come cercherò di illustrare,
non sono uno, ma saranno vari -
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avranno un impatto profondo
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non solo sul modo in cui funzionano
le nostre società,
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ma il modo stesso con il quale concepiamo
il concetto di coscienza sociale:
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questa nozione di coscienza sociale
si sta ridefinendo.
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Guardiamo un po'
di cosa è fatto il cervello
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e quali sono gli ingredienti,
se non sufficienti, per lo meno necessari
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all'emergere di una coscienza,
di un'esperienza cosciente.
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Innanzitutto, la capacità
di apprendimento:
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la capacità, interagendo
con il mondo esterno,
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di assorbire proprietà, correlazioni,
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rappresentazioni che si collegano
al mondo esterno,
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al modo in cui ci relazioniamo
con il mondo esterno.
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Questa capacità di apprendimento
è in primo luogo materializzata
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attraverso la selezione e modulazione
delle connessioni fra neuroni,
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queste sinapsi, che sono
i punti di contatto
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che permettono all'attività elettrochimica
di propagarsi da un neurone all'altro
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e di creare questi sistemi
di rappresentazione nel cervello,
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sulla base dei nostri sensi
e dei nostri sistemi motori.
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Ma questa plasticità,
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questa capacità di modulare
le connessioni fra neuroni nel cervello
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non è lasciata a sé stessa,
non è semplicemente un sistema passivo,
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che va ad assorbire relazione
e correlazione nel mondo esterno.
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È un sistema di apprendimento
che è guidato da valori,
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da sistemi che di fatto
sono sistemi valoriali.
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Questi li troviamo in nuclei,
in sistemi di neuroni
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che sono nelle parti "infognate"
del cervello, quelle arcaiche,
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che troviamo in sostanza
in tutti i mammiferi;
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e questi neuroni proiettano
in modo diffuso
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sull'intera corteccia cerebrale.
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E tendono a ricevere e a costruire
un'interpretazione molto grezza,
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molto meno dettagliata di quella
che avviene a livello della corteccia,
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ma un'interpretazione primaria
di quello che succede nel mondo esterno,
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e a dare, se volete, un sapore,
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un giudizio di valore
su quello che sta avvenendo.
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Quindi, mentre la corteccia
tende a costruire queste rappresentazioni
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e a mettere in relazione
il contenuto della coscienza,
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questi sistemi danno
un connotato valoriale.
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Pensate alla loro attivazione
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nei potenziali di soddisfare
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i bisogni primari
come cibo, sonno, riproduzione,
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questi e il modo in cui
questi sistemi, all'inizio -
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e questo è ereditato geneticamente -
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si attivano.
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Poi la corteccia a sua volta
va a proiettare su questi sistemi,
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a modularli,
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e si sviluppano dei sistemi
di cosiddetti valori acquisiti,
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non ereditati, ma acquisiti,
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che sono poi alla base
di alcuni dei meccanismi che vediamo
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e di cui si è anche parlato stasera,
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ad esempio lo sviluppo
di concetti di etica, concetti condivisi,
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che vengono in grande parte acquisiti
attraverso l'interazione sociale.
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Il terzo elemento, uno dei più cardinali
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della base neuronale
dell'esperienza conscia
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è una grande capacità di integrare
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tutti i moduli e i componenti
di attività all'interno del cervello.
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Perché?
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Perché fondamentalmente,
l'esperienza conscia è unitaria
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ed è unitaria perché è molto collegata
alla nostra capacità di pianificare,
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di organizzare le nostre interazioni
con il mondo esterno.
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E abbiamo, purtroppo, un corpo unico.
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Pensate a cosa succederebbe
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se avessimo due esseri consci
all'interno dello stesso corpo,
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uno che decide di portare
questo corpo a sinistra,
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e l'altro a destra:
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faremmo fatica a camminare!
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Ma questa capacità, in casi estremi,
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di dividere la coscienza in due
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si può verificare sperimentalmente;
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e questo è quello che si è visto
nei cosiddetti "Split Brain",
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lavoro in prima battuta di Roger Sperry,
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che gli ha portato il premio Nobel
circa 30 anni fa.
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Cosa succede negli split brain?
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Si va a fare un taglio,
nel corpo calloso di queste connessioni,
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che proiettano in modo massivo
tra i due emisferi del cervello
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e che veicolano i segnali neuronali
tra i due emisferi,
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che sono quindi alla base, il substrato
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di questa integrazione dell'informazione
fra le due metà del cervello.
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Tagliando questi,
in casi estremi di epilessia,
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come intervento terapeutico,
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ci si ritrova con un soggetto
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che, nella maggior parte del tempo,
sembra essere un essere umano unico.
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In realtà ci sono
delle condizioni particolari,
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che si possono creare,
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in cui si vede che ci sono
due esseri che stanno ragionando.
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Si mette, in sostanza, un divisore
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fra il campo visivo di sinistra
e quello di destra.
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Come forse sapete,
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il campo visivo di sinistra
proietta sull'emisfero destro del cervello,
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e viceversa.
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E poi si danno delle istruzioni
visive o col linguaggio:
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"Sulla base di quello
che vedi davanti a te come parola,
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devi o fare un report verbale
di quello che è scritto,
-
o devi prendere l'oggetto corrispondente".
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La metà sinistra del cervello,
che vede il campo destro visivo,
-
vede scritto RING, un anello.
-
E quella metà sinistra del cervello
-
è fondamentale, è necessaria
per la produzione del linguaggio.
-
E quindi quella metà è in grado di dire:
"Beh, quello che vedo è Ring",
-
e il soggetto dice "Ring".
-
Allo stesso tempo,
-
la metà destra del cervello
vede scritto "chiave"
-
e non può, non ha neanche
il concetto di verbalizzazione,
-
ma prende con la mano la chiave.
-
Quindi abbiamo un essere
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che prende con una mano la chiave
e con l'altra dice "Ring".
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Dimostrazione, [questa],
di quanto questa integrazione
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sia fondamentale per l'esperienza
e il comportamento conscio,
-
ma può anche essere spezzata
in alcuni casi.
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Serve una forte capacità
non solo di integrare,
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ma di riclassificare, ad ogni momento,
-
ciò che avviene all'interno del cervello.
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In sostanza una riclassificazione
fra quello che viene rappresentato,
-
che viene estratto dal mondo esterno,
-
a livello, nel caso visivo,
-
degli oggetti che riflettono luce,
-
che riceviamo sulla nostra retina,
-
e questo è messo in relazione
-
con i sistemi di valori
che vengono associati.
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Questa combinazione viene
ad ogni momento riclassificata
-
con ciò che abbiamo vissuto nel passato,
-
anche qualche secondo, qualche istante fa,
-
che cambia ogni momento,
mano a mano che ci muoviamo nel mondo.
-
Quindi ci ricordiamo, ci muoviamo
e questo cambia la nostra prospettiva.
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E c'è questo processo costante
dove, se volete, il retro del cervello,
-
che è più impegnato
nell'elaborazione originale
-
dei segnali, delle percezioni
del mondo esterno,
-
dice al davanti del cervello cosa c'è,
qual è la situazione attorno a sé.
-
E il davanti del cervello dice al retro
-
come deve interpretare questo mondo
in base a quello che mi ricordo.
-
E quello che Edelman chiama
il "presente ricordato",
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questa riclassificazione,
che è di fatto un processo dinamico
-
e che sembra veramente essere alla base
di una forma primaria di coscienza.
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Stiamo sempre parlando alla terza persona.
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L'ultimo ingrediente
è la capacità narrativa,
-
quella capacità di riclassificare
questa rappresentazione
-
fra quello che c'è
e quello che sto facendo,
-
o quello che c'è e quello
che sta facendo questo cervello,
-
in una prospettiva egocentrica,
-
quindi rispetto a un concetto di sé
-
che, in prima battuta,
è dato dal fatto che abbiamo un corpo
-
e che ogni percezione del nostro cervello
-
è legata al fatto che i suoi sensi,
e i suoi attuatori,
-
sono legati al nostro corpo.
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Questa narrazione, quindi,
questa riclassificazione
-
rispetto alla prospettiva egocentrica
avviene nel tempo.
-
E veramente non c'è un soggetto
che guarda quello che sta succedendo,
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c'è un processo
che se la sta raccontando su,
-
si sta raccontando
cosa vuol dire la situazione
-
nella quale l'essere, l'individuo si trova
-
e da qui, con rappresentazioni
sempre più astratte, più simboliche,
-
emerge, si hanno dei concetti
simbolici di situazione,
-
e si forma poi un concetto
-
di sé stesso, di identità
e della definizione di sé stesso.
-
Ed è abbastanza chiaro,
-
non tanto cosa vuol dire questo,
perché è un'esperienza soggettiva,
-
ma quali sono alcuni
degli ingredienti fisici
-
che sono necessari
per avere questo processo
-
e in particolare l'attività,
e l'interconnessione,
-
fra l'insieme del cervello
-
e la regione prefrontale
della corteccia cerebrale.
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Se guardiamo i vari casi estremi
-
in cui la coscienza
è drammaticamente alterata,
-
se non soppressa,
-
come nei casi clinici
di coma e di stato vegetativo,
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nel caso comune di sogno profondo,
-
o anche sotto anestesia profonda,
-
vediamo che, in tutti questi casi,
-
il denominatore comune è il fatto
di vedere un'ipoattività,
-
quindi un'attività diminuita
nelle regioni prefrontali
-
rispetto al pattern di attività
che si vede in soggetti normali,
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e che possono dare dei riscontri verbali
della loro coscienza.
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Infine, questa coscienza
e questa coscienza di sé
-
non a caso emerge,
e sembra emergere esclusivamente,
-
negli animali sociali.
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Una componente fondamentale
dello sviluppo di un senso di sé,
-
e dell'apprendimento di un senso di sé,
-
è la possibilità di distinguere
il sé dal non-sé.
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E questo è un processo di apprendimento
-
che viene mediato, in gran parte,
-
dall'interazione con altri membri
della propria specie.
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C'è un club molto ristretto di animali,
-
tra cui i grandi primati,
e in particolare gli umani,
-
e ultimi arrivati in questo club
sono gli elefanti,
-
che sono in grado di superare
il cosiddetto "test dello specchio",
-
cioè, messi davanti a uno specchio
-
capiscono che hanno
una riflessione di sé stessi,
-
e non un altro essere.
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E se, mentre l'elefante dorme,
-
gli si mette una croce sulla fronte
e va davanti allo specchio,
-
prende la sua proboscide
e cerca di cancellarla.
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Altri animali vanno
a interagire sullo specchio.
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Quindi, il senso di sé
è un senso individuale,
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ma è un senso sociale
ed è un senso che emerge in società.
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Torniamo a Internet.
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Internet ha sviluppato un meccanismo
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e ha una serie di stimoli d'ingresso
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e di capacità di influire
i comportamenti all'esterno,
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di dimensione estrema.
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Lo vediamo in particolare
nel caso delle reti sociali.
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È in costante riorganizzazione,
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un effettivo rewiring [riscrittura]
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del grafico sociale
e delle connessioni fra persone,
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che quindi influisce sul modo
in cui l'informazione
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si propaga fra i vari nodi di questa rete,
che spesso siamo noi stessi.
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Dei valori che sono, di base,
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i valori che i padri fondatori di Internet
hanno inseriti, disegnati nel sistema:
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il concetto di equivalenza end-to-end,
-
cioè non ci sono
punti particolari, differenziati,
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la gestione è fatta
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fra i punti estremi
di ingresso e di uscita
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di un segnale nella rete,
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e quindi di apertura, di federalismo:
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e questo è alla base di valori acquisiti,
-
che sono poi i feedback costanti
che gli utenti, gli utilizzatori,
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i partecipanti di questa rete,
i nodi di questa rete,
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danno ad ogni pezzo di informazione
che viene sottoposto alla rete.
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Lo danno attraverso questi meccanismi,
che avete visto ormai in tutti i siti,
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di poter condividere
un pezzo di contenuto,
-
di poter dare un voto, un giudizio;
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e questi sono dei giudizi di valore,
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che vengono in modo aggregato
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a dare un'organizzazione e un sapore
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ai contenuti che girano,
all'informazione che gira nella rete.
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Poi, se andiamo avanti,
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vediamo che ci sono
dei processi di integrazione
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che si osservano, che si possono misurare,
che si possono tracciare,
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i cosiddetti processi
di information cascading,
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dove cioè la probabilità
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che io vada a ripropagare
un pezzo di informazione
-
diventa proporzionale a quante volte
-
qualcuno ha già propagato o rimandato
questa informazione.
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Questi processi di information cascading,
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che portano a una diffusione
in alcuni momenti virale e molto coerente
-
di alcuni messaggi nella rete,
-
sono alla base di fenomeni,
-
come abbiamo visto recentemente
durante le elezioni in Iran,
-
dove la rivolta, la sommossa popolare
è iniziata prima sulla rete.
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Perché?
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Perché non c'era una percezione collettiva
del livello di dissenso,
-
e [fu] soltanto attraverso
questo accumulo di informazioni
-
che un numero sempre più grande di persone
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si è reso conto che c'era
un dissenso collettivo;
-
e questo ha portato poi
a dimostrazioni di massa.
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Infine, si stanno aggiungendo
dei componenti
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che permettono di fare
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una riclassificazione
sempre più articolata
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dell'informazione che viene introdotta
e trasportata nella rete,
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attraverso questi sistemi
di relazione fra persone,
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fra oggetti sia astratti
che nel mondo esterno,
-
e questo riclassificando ogni momento
quello che viaggia sulla rete.
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Però manca oggi questa narrazione,
questo self che se la racconta su.
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Il sistema è, ancora,
intrappolato nel presente.
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Non ci sono questi processi
di elaborazione e di sviluppo nel tempo,
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che permettono poi di creare decisioni,
anticipazioni dalla rete stessa.
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Però qualcuno ci sta lavorando,
-
qualcuno che è abituato
-
a gestire e a organizzare
l'informazione su grande scala.
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Quindi, per cercare di concludere,
non credo che Internet sia conscio.
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Semmai potrà evolvere
verso delle forme di prescienza,
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delle forme di organizzazione collettiva,
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che possono anticipare e influire
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sui comportamenti di grandi segmenti
della popolazione.
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Non sarà uno, ma saranno
probabilmente vari,
-
e questi vari potranno incidere
in modo abbastanza drammatico
-
sulla nostra civiltà.
-
Quindi, credo che ogni pezzo
di informazione creato nel mondo
-
in un modo o l'altro finirà nella rete.
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Questa rete sta diventando
sempre più intelligente,
-
nel senso che si sta staccando
dal dato e dal presente
-
per costruire delle elaborazioni;
-
e non sarà un processo
collettivo, ma più di uno.
-
Questi vari [processi] cambieranno
-
la nostra concezione
della coscienza sociale,
-
di cosa intendiamo per coscienza sociale;
-
e alcuni di questi processi,
credo, sono già in atto.
-
Vi ringrazio per la vostra attenzione.
-
(Applausi)