Capite l'importanza della luce e della verità, vero? Immaginatene un mondo privo. Sono qui per dirvi che, di entrambe, abbiamo ancora maggior bisogno. Comincerò con un storia vera su ciò che accade quando gran parte del mondo opera nell'oscurità. In un caldo giorno di ottobre del 2018, un giornalista saudita di nome Jamal Kashoggi entrò nel consolato saudita a Istanbul per ritirare i documenti necessari per sposare la sua fidanzata turca. Lei lo aspettò fuori per ore. Non lo rivide più. Forse vi ricorderete di questo caso, dato che le prime pagine di tutto il mondo ne parlarono. Da diverse investigazioni sappiamo che agenti del governo saudita entrarono nel consolato, uccisero il signor Kashoggi e ne fecero a pezzi il corpo. Fatemi chiarire ciò che ho appena detto. Agenti di governo uccisero un giornalista per mettere a tacere le sue verità. Questi eventi sono sia scioccanti che sorprendentemente comuni. Ma sono abbastanza sicura che se il governo saudita avesse saputo che questo caso avrebbe cavalcato le prima pagine di tutto il mondo, restandoci per delle settimane, non l'avrebbe fatto. Volevano commettere i loro crimini nell'oscurità e non alla luce del sole sotto gli occhi di tutti. Ciò fa sorgere delle domande. E se potessimo far risplendere una luce più luminosa sulle ingiustizie del mondo e sui comportamenti scorretti? E se facendo ciò potessimo spingere tutti i governi a trattare le persone con più rispetto e ad ascoltare le voci delle loro critiche invece di farle tacere? Questo è il mondo che sto cercando di costruire. Vorrei vi prendeste un attimo, e vi invito a chiudere gli occhi, per porvi questa domanda: di cosa avete bisogno voi e le vostre famiglie per vivere dignitosamente e soddisfare le vostre potenzialità di esseri umani? Forse pensate a cibo sano o a un tetto sopra la testa, all'accesso alla sanità o all'istruzione, o a un buon lavoro, o alla sicurezza sociale, oppure pensate alla libertà di essere voi stessi, parlare senza paura di essere arrestati, torturati, imprigionati o peggio. Queste cose non sono un lusso, sono diritti umani. Sono stati definiti e sanciti in leggi internazionali sui diritti umani. I Paesi hanno promesso di rispettarli. Ma finora, nessuno ha monitorato quanto faccia ogni Paese per assicurarsi che ogni persona possa godere di ogni diritto umano. Quando l'ho scoperto, ne sono rimasta sorpresa. Per 20 anni sono stata un'economista. A metà degli anni 2000, lavoravo all'OCSE a Parigi dando direttive economiche ai governi. Adoravo il mio lavoro. Trovavo interessante osservare gli Stati attraverso gli occhi di un economista e capire quale suggerimento dare. Ma c'era un problema. In ciascuno Stato c'erano violazioni dei diritti umani. Leggevo dei maltrattamenti dei Curdi in Turchia e dei Rom in Slovacchia, e cercavo sempre dei modi per provare a inserire nei miei rapporti queste violazioni dei diritti umani. Ma non potevo andare oltre, perché quando gli economisti danno consigli devono sempre basarsi su prove empiriche, e ho scoperto che manca un database esaustivo che tenga conto del comportamento di uno Stato in tema di diritti umani. Questo è un problema. Questo era un problema. Quando valuti la situazione mondiale, è probabile che prima controllerai i temi su cui hai dei dati: reddito pro capite, economia e flussi finanziari, emissioni di carbonio . È molto difficile per qualunque governo mettere i diritti umani al cuore del proprio operato, se non si hanno i dati necessari. Quindi, non potei ignorare questa lacuna. Qualche anno dopo, dopo essere tornata in Nuova Zelanda, ricordo che ero a casa con mio figlio ancora piccolo, e dopo averlo messo a letto per il pisolino pomeridiano, sentii il bisogno di tornare al computer dove stavo ricercando chi si occupasse di misurare i diritti umani. Stavo contattando gli esperti mondiali, ponendo loro delle domande. Perché i diritti umani non stavano venendo sistematicamente misurati? Poteva essere fatto? Molte delle email che ho mandato non hanno ricevuto risposta. Ma molte invece sì. Alcune persone mi dissero che quest'idea di monitorare sistematicamente i diritti umani era buona, ma troppo ambiziosa. Solo due persone mi dissero che era impossibile, ridicola addirittura. Non ero troppo preoccupata. La mia filosofia era di andare dove si trovava l'energia. E seguendo quest'energia ho raggiunto due studiosi di diritti umani molto arguti, che condividevano la mia visione: Susan Randolph e Chad Clay. Insieme fondammo la Human Rights Measurement Initiative, o HRMI (si pronuncia "hermi") in breve. Anche prima che la HRMI avesse un dollaro di finanziamento lavoravamo con professionisti di diritti umani da tutto il mondo per assicurarci di elaborare dei dati che riflettessero accuratamente la situazione in loco dei diversi Paesi. Il nostro fine è assicurare che possiate vedere più dei pochi casi nelle prime pagine, come quello del signor Kashoggi, che fanno notizia. Stiamo accendendo più luci nel mondo. Mi sento privilegiata e onorata di poter fare il lavoro che faccio, perché so che in molti Paesi del mondo i difensori dei diritti umani mettono a rischio le loro vite ogni giorno solo per documentare le ingiustizie che vedono. Sono dunque molto lieta che la HRMI stia aiutando ad amplificare le voci di queste straordinarie persone affinché il loro lavoro abbia un'eco maggiore. E sono molto lieta che la visione collettiva della HRMI non sia solo una visione; è ora uno sforzo collettivo. Abbiamo già centinaia di professionisti di diritti umani nel mondo che contribuiscono su base volontaria con il loro tempo e le loro conoscenze ad aiutare ad accendere più luce e a colmare il vuoto informativo, così da prestare più attenzione a ciò che conta davvero. Come misuriamo i risultati sui diritti umani nei vari Paesi? Per ora, abbiamo due principali metodologie. Per prima cosa, se possibile, usiamo le statistiche pubbliche disponibili. Per i diritti alla qualità di vita, come il diritto a cibo, istruzione, salute, abitazione e lavoro, questo ci dà una grande copertura del Paese. Questa mappa mostra, in blu, i 169 Paesi dove stiamo monitorando le prestazioni nazionali sul diritto alla salute. Molti indicatori statistici che stiamo controllando sono gli stessi usati per monitorare obiettivi di sviluppo sostenibile alle Nazioni Unite Ma c'è una differenza: noi non guardiamo solo le statistiche. Facciamo qualcosa di molto più vitale. Le convertiamo in cifre che abbiano senso da un punto di vista dei diritti umani. Per fare ciò, abbiamo adottato un pluripremiato approccio sviluppato dai cofondatori della HRMI, Susan, e le sue colleghe. Ciò che fa, è giudicare ogni Paese secondo parametri diversi in base al livello di reddito di quel Paese. Così sia i Paesi più ricchi che quelli più poveri ottengono punteggi bassi se non usano le loro risorse disponibili in modo altrettanto efficace di altri Stati a pari reddito, ad esempio, per realizzare buoni risultati sulla salute. Questo approccio è geniale, non solo perché misura le performance degli Stati sulla base di come questi diritti umani sono definiti dal diritto internazionale, ma anche perché è semplicemente logico. Ha senso elevare a standard più alti gli Stati con alti redditi, per i loro risultati sulla sanità, rispetto agli Stati più poveri, giusto? In secondo luogo, raccogliamo da noi i dati sui diritti civili e politici. Questi diritti includono molte cose, dagli omicidi alle torture ai diritti di voto e di libertà di parola. Sarete sorpresi di scoprire che sono tutte cose che le statistiche ufficiali non monitorano. Abbiamo dunque reclutato esperti di Amnesty International, organizzazioni come Human Rights Watch, e insieme abbiamo sviluppato un sondaggio per poter raccogliere queste informazioni dalle persone che stanno monitorando questi eventi in loco in ogni Stato. Siamo molto felici di come il sondaggio stia funzionando. Per ora, disponiamo di dati per questi 19 Paesi e questo numero cresce ogni anno. Soprattutto, le persone ci dicono che i nostri punteggi riflettono accuratamente la situazione in loco nei Paesi sui quali sono informati. Lasciate che vi mostri la comprensione che ci offrono i nostri dati, condividendo con voi una domanda. Quali di questi Paesi lavora meglio per rispettare il diritto di libertà dalle esecuzioni extragiudiziali? Giordania, Venezuela, Arabia Saudita, Stati Uniti o Messico? Ora, mentre ci pensate, lasciate che vi dia qualche informazione in più. Intanto, una definizione: gli omicidi extragiudiziali sono omicidi commessi da agenti governativi come quello accaduto al signor Kashoggi, ma più comunemente accadono durante sparatorie con la polizia. E permettetemi di dirvi di più riguardo alla fonte di questi punteggi. A febbraio e a marzo di quest'anno, abbiamo mandato il nostro sondaggio a persone che monitorano i diritti umani in tutti e cinque gli Stati, e in altri, e ogni persona ci ha comunicato quanto pensi stia andando bene il proprio paese rispettando questo e gli altri diritti. Noi usiamo tecniche statistiche davvero sofisticate per assicurare che le diverse risposte di queste persone possano essere confrontate tra di loro. Allora, avete chiaro in testa quale pensate sia la risposta a questa domanda? La risposta è la Giordania. E qui potete vedere i risultati di tutti e cinque gli Stati. Le piccole linee verticali che vedete sono la nostra miglior stima del punteggio per ogni Paese. Gli Stati con bande di incertezza più larghe, come l'Arabia Saudita, ci dicono che siamo meno certi di quale sia il vero punteggio, forse perché c'è stato meno accordo tra gli intervistati che hanno compilato il questionario in Arabia Saudita. Bande di incertezza più strette come il Messico ci dicono che siamo più sicuri di quale sia il punteggio per quel Paese. La sovrapposizione delle bande è importante. Possiamo essere certi che la Giordania lavora meglio del Venezuela perché le loro bande non si sovrappongono. Siamo meno certi di quale sia esattamente la graduatoria relativa dei Paesi che seguono. Di certo questo è solo un sottogruppo di tutti i Paesi di cui abbiamo i dati. Lasciatemi aggiungere qualcos'altro. Qui vedete la Nuova Zelanda, l'Australia, la Corea del Sud e il Regno Unito. Nessun Paese ottiene un punteggio perfetto perché in ogni Paese, anche in Nuova Zelanda, c'è margine di miglioramento. Come ci sono utili queste informazioni? L'HRMI non è organizzazione di difesa, infatti non diciamo ai governi cosa potrebbero fare in modo diverso. Ma voi potete usare i nostri dati per questo scopo. Diciamo che il vostro Paese ha un punteggio basso quindi è in fondo a questa graduatoria, e volete spostarlo da quella parte. Cosa potete fare? Sono sicura che le possibilità sono infinite, ma discutiamone alcune. Potete incoraggiare il vostro Paese a intraprendere il duro ma vitale compito di riaddestrare delle forze dell'ordine. Potete incontrarvi con gruppi vulnerabili o di minoranza e accettare il loro consiglio su come riformare le istituzioni. Potete guardare le leggi e le politiche dei vostri vicini più avanzati e scegliere di fare meglio. Abbiamo una tabella così per otto diversi diritti politici e civili e per ognuno di questi, per ogni Paese e ogni diritto, raccogliamo anche informazioni su cosa portano i loro punteggi. Supponiamo che vogliate sapere perché gli Stati Uniti hanno un rendimento così scarso su questo diritto. Scoprirete che parte del motivo è perché ci sono troppe sparatorie della polizia a persone di colore. I nostri esperti americani ci dicono che le persone più a rischio di omicidi extragiudiziali negli U.S.A. sono gli afroamericani, gli ispanici, i nativi americani e i bambini detenuti al confine. La panoramica che ho condiviso dal nostro database è solamente una delle migliaia che potete trovare e questo ancora prima che estendessimo il sondaggio agli altri Paesi del mondo. So che tutto ciò può sembrare abbastanza pesante. Perché lo è. Sono felice di condividere che abbiamo notizie davvero buone anche nel database della HRMI. Ecco qui un buon grafico dell'Africa. Ogni sezione colorata vi mostra uno dei diritti della Qualità di Vita e potete vedere che c'è stato un lento ma graduale miglioramento nel rendimento, in media, del continente africano. E ci sono altre buone notizie perché i dati della HRMI mostrano un miglioramento graduale della tendenza nell'adempimento di questi diritti in tutte le zone del mondo. È davvero una storia positiva per i diritti umani. La adoro e mi riempie di speranza. Une cosa che ho notato da quando ho spostato la mia carriera da economista a cofondatrice della HRMI è che quando incontro vecchi amici e gli racconto che ora misuro le prestazioni per i diritti umani delle Nazioni a volte ricevo sguardi spaesati. Quando raccontavo che aiutavo a migliorare le prestazioni economiche ricevevo più accenni di consenso. E lo capisco. L'economia è davvero ben misurata, la gente è abituata a sentirne parlare. Invece i diritti umani sono stati quasi ignorati, sottovalutati e trascurati per molto tempo. Cambiamo tutto questo! Accendere una luce sui diritti umani e favorire un cambiamento massiccio nel modo in cui il nostro mondo opera è una grande sfida collaborativa globale e voi potete aiutare. Noi abbiamo cominciato ad accendere una luce nel vostro Paese. Su cosa potete agire? Cosa chiederete ai vostri leader? Quali altri paesi possono ispirare il vostro a rispettare meglio i diritti umani? E se i leader convocassero i propri consulenti esigendo risposte? E se non dicessero solo: 'Ditemi come migliorare le prestazioni economiche' ma anche 'Ditemi come migliorare le prestazioni sui diritti umani'? Le cifre non sono attraenti come le storie. Non tirano fuori i sentimenti più profondi allo stesso modo. Ma entrambi aiutano a illuminare il nostro mondo mostrandoci il cammino. I numeri ci aiutano a capire cosa deve essere cambiato, e come. Costruiamo un mondo dove gli Stati competano, non solo nello sport o per vedere chi è il più ricco, ma per vedere chi tratta meglio le persone Misuriamo ciò che custodiamo. Grazie. (Applausi)