Noi siamo all'alba della civilizzazione digitale. Ce ne siamo accorti, probabilmente, perché la posta è diventata elettronica, perché la musica e i film sono diventati liquidi, perché tutto ciò che una volta pesava sui nostri scaffali, pensiamo alle enciclopedie, è scomparso, sostituito da Wikipedia. Bene, oggi c'è l'aspettativa, a torto o ragione, che un intero sistema bancario e finanziario entri nei nostri smartphone. Lo aveva già predetto, peraltro, un premio Nobel per l'economia come Milton Friedman, il quale nel '99 ha detto: ciò che manca, e che sarà sicuramente inventato a breve, è una forma di contante digitale - badate, non di moneta elettronica, che è associata a degli individui, ma di contante al portatore, utilizzabile senza identificazione, da tutti, su Internet. Ecco, quella profezia vede oggi la sua realizzazione in bitcoin, che è assolutamente in pole position in questa gara. Perché? Non tanto per il fatto di essere evidentemente digitale: anche i nostri euro e dollari, di fatto, sono ormai da tempo digitali. Quanto per essere decentralizzato: non ha cioè, alle sue spalle, un'organizzazione, un governo che in qualche maniera ne coordinino, facciano da supervisori del suo funzionamento. E questo, anche se un po' ci inquieta, è in realtà una garanzia molto forte sul fatto che Bitcoin non potrà mai essere manipolato. Si tratta di quella forma di innovazione che gli anglosassoni chiamano "permissionless innovation". Cosa si intende per un'innovazione che non chiede permesso? È un'innovazione che non ha meccanismi di sicurezza centralizzati, che non ha controlli all'ingresso, che non ha un sistema di controllo editoriale dei contenuti. Se vi sembra un piano un po' troppo anarchico, e vi state spaventando, no, non fatelo. È un'innovazione che avete già visto all'opera, e sa essere molto efficace, ma anche molto gentile. L'e-mail, ad esempio, non è stato inventato da un consorzio di uffici postali. Internet non è stata inventata da un consorzio di telecomunicazioni. Per quale motivo un network transazionale del valore debba essere inventato da un consorzio di banche - beh, lasciatemi dire che il sottoscritto lo trova alquanto implausibile. Io ho scoperto Bitcoin nel 2014. Di formazione sono un fisico, e ho lavorato per oltre 20 anni nel mondo delle banche di investimento su finanza e derivati. Bene, io non mi ero mai posto la domanda su cosa fosse la moneta. La prima volta in vita mia che me la sono posta fu quando ho scoperto Bitcoin. Questo è il più bel regalo che Bitcoin mi abbia finora fatto. E allora proverei con voi, giocosamente s'intende, a fare tutta la storia della moneta in tre minuti. Proviamoci. La prima forma di moneta che vediamo affermarsi nella storia è l'oro. Perché l'oro? Vi sembrerà strano, ma per due caratteristiche fondamentali: perché è scarso e perché luccica. Sì, pare che ci piacciano veramente molto, a noi esseri umani, le cose che luccicano. L'oro è anche molto malleabile, e apprezzarne la purezza è relativamente facile. Prendete un paiolo, accendete un fuoco sotto, fate fondere l'oro, attendete che si raffreddi. Se, dopo questo violentissimo ciclo termodinamico, luccica ancora è oro; qualsiasi altra cosa, vi garantisco, smette di luccicare. Se però, per ogni transazione commerciale noi dovessimo accendere un paiolo - insomma, è piuttosto faticoso. Ecco che allora abbiamo chiesto a Giulio - sì, Giulio Cesare: senti, Giulio, perché non metti la tua faccia sulla moneta d'oro in maniera da garantirne il suo contenuto aureo? La prima crisi inflazionaria della storia è già sotto il successore di Giulio Cesare, Cesare Augusto. Anche la plebe si rende conto che nel sesterzio non c'è l'oro che dovrebbe esserci. Ma se siete un mercante medioevale, l'oro ha anche un altro problema: pesa tantissimo, ha una densità elevatissima, e quindi è scomodo da portar dietro. Nonché piuttosto pericoloso, perché i briganti possono derubarvi. E allora quasi contemporaneamente, nella storia, gli orefici londinesi e quelli che diventeranno i banchieri italiani hanno la stessa idea: propongono ai mercanti di lasciare l'oro presso i loro forzieri e danno in cambio un certificato che è prima nominativo, ma poi diventa al portatore: è una nota di banco con la quale, presso il loro banco pegni, è possibile redimere l'oro depositato. Nasce la banconota, moneta rappresentativa di valore custodito altrove. Entrambi, però, non resistono alla tentazione perché fanno un'osservazione fondamentale: notano che ben pochi redimono la banconota in oro, e quindi hanno quella che potremmo definire un'alzata di ingegno. Se emettiamo più banconote dell'oro che abbiamo nei nostri forzieri, chi se ne accorge? E la risposta sapete qual'è? Nessuno! Nasce quindi la moneta frazionaria. Ci sono più banconote dell'oro che c'è a garanzia. Andiamo veloci nella storia: 1972, pur in un regime di moneta frazionaria, la redimibilità aurea delle monete, o del dollaro statunitense nel caso che stiamo analizzando, resta un po' una palla al piede della discrezionalità di politica monetaria. Ecco che allora Richard Nixon decide che no, basta: il dollaro statunitense non è più convertibile in oro. Da allora abbiamo Fiat money, proprio nel senso di "Fiat Lux et Lux Fuit": moneta che ha valore solo convenzionale, solo perché decidiamo che abbia valore da contratto sociale. E se qualcuno non è d'accordo con noi, lo costringiamo attraverso una cosa che si chiama "corso legale": cioè l'irrifiutabilità del fiat money nell'estinzione di un debito. Lasciatemi dire che questa moneta è una cattiva moneta, anzi potremmo anche dire una pessima moneta: senza andare a guardare esempi assolutamente macroscopici, o deleteri, della storia della moneta, anche il buon vecchio, caro dollaro statunitense non ha proprio una performance impeccabile. Pensate che dal 1913, l'anno di fondazione della Federal Reserve, il dollaro statunitense ha perso oltre il 96 per cento del suo potere di acquisto: è quindi una cattiva moneta, tipico risultato di una situazione di monopolio. Friedrich von Hayek, Premio Nobel per l'economia e fondatore della scuola austriaca del pensiero economico, scrive un intero trattato lamentando il fatto che "noi possiamo considerare il monopolio governativo della moneta come indispensabile. Noi che non accetteremmo il monopolio di nulla, di nessun bene, in un'economia di mercato, accettiamo proprio il monopolio di quel bene sintetico che entra al 50 percento di qualunque transazione commerciale, cioè la moneta. Come tutti i monopoli, non solo ci ha dato un cattivo prodotto, ma ci ha impedito di sperimentare alla ricerca di prodotti migliori." E allora, concluderà Hayek, "semmai vorremo rivedere una buona moneta, dobbiamo toglierla dalle mani degli Stati. E siccome non possiamo farlo con la violenza - bontà sua, e io mi adeguo volentieri a questo invito, dovremo farlo con un astuto stratagemma, qualcosa che non possano fermare". Bitcoin è esattamente questo astuto stratagemma. Ma proviamo ad approfondire più intrinsecamente che cosa è la moneta. La moneta è fondamentalmente uno strumento di relazione sociale. Sì, lo so che magari vi spiazza questa definizione; ma se voi pensate alla vostra esperienza, noi tutti nasciamo nell'economia del dono. Spero per voi che nessuno di voi abbia dovuto pagare per le cure parentali che mamma e papà gli hanno fornito, altrimenti veramente mi dispiace per voi e sono lieto per il vostro analista, che sicuramente avrà da lavorare con voi. Ma questa economia del dono non si allarga solo alla famiglia, agli amici, ai vicini, diciamo così tra virgolette "a tutta la tribù". È un'economia che però non scala, perché prima o poi incontriamo persone che non conosciamo e per questo non ci fidiamo di loro; o a volte, talvolta, non ci fidiamo di loro perché le conosciamo, ma è un po' lo stesso. E allora noi, che però siamo intrinsecamente animali socievoli, siamo antropologicamente sociali, vogliamo cooperare anche con coloro di cui non ci fidiamo. E allora, prima abbiamo inventato il baratto: io dò le mie uova a lei, ma sarà il caso che io debba volere il suo latte oggi. Oppure, per disintermediare nel tempo e nello spazio il baratto, inventiamo la moneta: un bene sintetico per cooperare con coloro di cui non ci fidiamo. Non so voi, ma io auspico un momento di commozione intellettuale, perché a me questa osservazione sembra di una portata gigantesca: la moneta è lo strumento per cooperare con i nostri simili di cui non ci fidiamo. E allora, è evidente che oggi, in un'economia che per la prima volta è un'economia dell'informazione, digitale e globale, viene la necessità di una moneta sovranazionale, di una moneta digitale. Ma di una moneta non controllata da Stati, di una moneta globale, di una moneta di Internet. Il problema è che nel tentare di fare una moneta di Internet ci sono difficoltà gigantesche. La difficoltà più grossa è il cosiddetto "problema della doppia spesa". Tutte le volte che noi abbiamo un artefatto digitale che rappresenta valore, abbiamo sempre avuto bisogno di un'autorità centrale, che ne impedisca la duplicazione. Sì, essendo digitale è duplicabile, non è difficile: pensate al saldo del vostro conto corrente. Se io bonificassi a lei il saldo del mio conto corrente - non si faccia illusioni, frattaglie, quando poi tentassi di bodificarlo anche al signore, la mia banca, che presiede all'aggiornamento del suo registro contabile, mi direbbe: "No Ferdinando, non puoi farlo." Come facciamo a creare un asset digitale che abbia valore, cioè non sia duplicabile, perché - pensate ad esempio alla Gioconda. Bellissima, senza dubbio. Il suo prezzo di mercato è inestimabile. Ma se fosse duplicabile arbitrariamente, in un numero illimitato di copie perfette, resterebbe altrettanto bella, ma il suo valore di mercato crollerebbe a zero. Bene, Bitcoin riesce proprio in questo, ed è quindi limitato a 21 milioni di Bitcoin. Bitcoin, da un certo punto di vista, è scarso come l'oro a livello fisico; Bitcoin lo è a livello digitale. Bitcoin è, o perlomeno vuole essere, l'equivalente digitale dell'oro. E qui io auspicherei un secondo momento di commozione intellettuale, perché tutto sommato sono abbastanza sicuro che entrando in questo teatro voi tutti siete entrati convinti che qualsiasi cosa digitale può essere duplicata. Bitcoin vi smentisce proprio su questo punto straordinario: è un oro digitale, peraltro con annesso, intrinseco a Bitcoin medesimo, il network transazionale, incensurabile e sicuro, con cui trasferire a livello globale questo oro. Lo so che siete scettici, lo vedo dalle facce. Allora facciamo un altro gioco: immaginiamo che arrivi un alieno, d'accordo? Voi spiegate le monete tradizionali, ed io spiego Bitcoin. Io parto subito, e comincio a dire all'alieno: guarda che le loro monete non hanno alcun valore intrinseco. E voi, giustamente, un po' piccati ribattete: sì, ma Ferdinando, anche il tuo Bitcoin non ha alcun valore intrinseco! Ed io: ma come, vi ho appena spiegato la scarsità in ambito digitale! Ma avete gioco facile: Sì però vuoi mettere il contratto sociale, secoli su questa storia della moneta, il corso legale - Bene, uno pari, palla al centro, ripartiamo. Io però a questo punto incomincio a prendervi in giro, dicendovi che il contante che vi portate in giro sono foglietti colorati. Sì, va bene, carta speciale, inchiostro speciale: ma signori, sono le banconote del Monopoli, né più né meno. Invece, il mio contante è matematica e crittografia. Non solo, ma poi faccio notare a questo alieno che mentre io sono gentile, il mio Bitcoin a voi non lo forzo in alcun modo, eh, voi siete abbastanza coercitivi. Il vostro euro, io, non posso fare a meno di usarlo. Il corso legale dice che se un mio debitore vuole saldare il suo debito con me in euro, io non posso rifiutarlo. Lascio a voi ricavare quale sia l'impressione che l'alieno si farà di questa cosa. Ah, ma dimenticavo: forse bisognerebbe dire all'alieno, anche, che abbiamo un signore a Francoforte - uno serissimo per carità, il più serio fra di noi, che di quei foglietti di carta colorata può stamparne quanti ne vuole, quando vuole, darli a chi vuole, non è stato eletto e non dovrà rispondere a nessuno di come interpreta il suo mandato. Io invece ho già spiegato all'alieno che la politica monetaria di Bitcoin è perfettamente deterministica, non influenzabile da nessuno. Mi direte: Sì, ma sto Bitcoin non lo usa nessuno. Non si vedono transazioni in Bitcoin. Eh, ci credo: chi ha comprato, nel 2010, due pizze, pagandole 10.000 Bitcoin, cioè al corso attuale 40 milioni di dollari - be', speriamo che quelle pizze fossero almeno molto, ma molto buone, perché io non sarei riuscito a digerirle in qualche modo. Bitcoin è un bene rifugio, quindi si tesaurizza, e allora è più opportuno confrontarlo non con la moneta, ma con l'oro fisico. L'oro è stato accettato da tutte le civilizzazioni come prima forma di moneta, senza alcuna pianificazione centralizzata. Per secoli è stata la forma di moneta di maggior successo, ha innescato lo sviluppo di tutti i sistemi monetari che conosciamo, è stato superato da forme di moneta più sofisticata, senza per questo diventare obsoleto. Bene, quello che è successo nei secoli all'oro fisico sta succedendo in questi dieci anni, e probabilmente nei prossimi decenni, a Bitcoin. Di Bitcoin spaventa moltissimo questa volatilità: sale e scende. Guardate che non c'è molto da spaventarsi. Per carità, tutte le volte che si parla di Bitcoin fate bene ad allacciare le cinture di sicurezza, i percorsi sono sempre molto accidentati; ma questa volatilità è fisiologica. Quando domanda e offerta sul mercato tentano di mettere a fuoco il valore di un bene, se questo bene è controverso, come l'oro digitale, il processo sarà altrettanto controverso. Lo abbiamo visto accadere, nella storia, anche per il commercio elettronico: andate a guardare la storia della quotazione di Amazon, com'è volatile. Di Bitcoin quello che spaventa, però, è il cosiddetto drowdown, cioè il fatto che da massimo a minimo è stato in grado di perdere ben oltre il 93 per cento del suo valore. Quindi il messaggio da portare a casa è che, se mai voleste investire in Bitcoin, vi prego, fatelo con una piccola percentuale dei vostri risparmi, con la quantità dei vostri risparmi di cui potete, ragionevolmente, sostenere la perdita integrale. Ma la buona notizia è che Bitcoin non ha correlazione con le altre asset class di investimento, con le altre opportunità di investimento: non si muove assieme a loro, diversifica i rischi; quindi, introdotto in un portafoglio d'investimento, sembrerà paradossale, ma abbatte i rischi di quel portafoglio a parità di rendimento atteso, o, a parità di rischio, aumenta grandemente il rendimento atteso. È quindi ragionevole fare un piccolo investimento in Bitcoin, e questo ci dà uno spunto per qualche valutazione di massima. Immaginiamo che il 2 percento dei patrimoni gestiti - badate, non parlo del 2 per cento della ricchezza globale mondiale, ma il 2 per cento dei patrimoni gestiti professionalmente - investano nei prossimi anni in Bitcoin. Be', se facciamo due conti, un bitcoin deve andare a valere 100 mila dollari. Se Bitcoin invece è, o dimostrasse di essere, oro digitale - e dico se perché, ricordiamoci, è un esperimento ardito, e potrebbe fallire, ma è un esperimento culturalmente e tecnologicamente sostanziato - ripeto, se fosse oro digitale, be', signori, è meglio dell'oro fisico: leggerissimo, trasferibile istantaneamente, con costi transazionali bassissimi, senza problemi logistici, in maniera incensurabile e inarrestabile. E allora, se Bitcoin andasse a capitalizzare quanto capitalizza oggi l'oro al mondo, un bitcoin dovrebbe valere 400.000 dollari. 100.000 dollari, 400 mila dollari - signori, io non sono qui a vendere Bitcoin. Io sto soltanto dicendo che se Bitcoin è oro digitale, allora oggi è grandemente sottovalutato. Ma qualcuno mi obietta: no, ma ho letto che non è il Bitcoin, è la blockchain, la tecnologia sottostante Bitcoin, a essere fondamentale. Io amo, da questo punto di vista, parafrasare Confucio, il quale diceva: "Quando un uomo saggio indica la luna, gli stolti guardano il dito". La luna è Bitcoin, e il dito la blockchain. Perché non può sfuggirvi la rilevanza del fenomeno Bitcoin. Se avete un minimo di consapevolezza di quale sia stato il ruolo dell'oro fisico nella storia della civilizzazione, della finanza e della moneta, l'emergere dell'equivalente digitale dell'oro nella civilizzazione digitale e nel futuro della finanza e della moneta sarà dirompente. E allora, io concluderei con una osservazione: 25-27 anni fa, io che usavo l'email e in generale navigavo sul web, non avrei mai potuto immaginare che sul protocollo TCP/IP, cioè sulla tecnologia sottostante web ed e-mail, avremmo in futuro organizzato i nostri weekend in dei club digitali - Facebook, piuttosto che comprato libri e dischi in formato liquido sui negozi online, o ancora che avremmo fatto domande in lingua naturale ad un computer, a un assistente digitale, aspettandoci delle risposte sensate. Ecco io non so dirvi, tra 20 anni, sul TCP/IP del valore, che cosa avremo, quali applicazioni incredibili ci potranno essere: questa è proprio l'avventura che aspetta tutti noi oltre l'orizzonte. Grazie. (Applausi)