Siamo la società più distratta
che sia mai esistita.
In effetti, ci distraiamo
ogni tre minuti nell'arco della giornata.
E ciò che è ancor più interessante
è il fatto che,
secondo l'Università della California,
impieghiamo 15 minuti
per rimetterci al lavoro.
Sfioriamo, scorriamo, tocchiamo
i cellulari più di 3.000 volte al giorno
con una media di nove finestre
o applicazioni costantemente aperte.
Ciononostante, desideriamo
ardentemente altro tempo
e ci inventiamo dei sistemi per restare
sul pezzo, al passo, puntuali e attivi.
Usiamo dispositivi,
portatili e applicazioni,
qualsiasi software per incrementare
la nostra produttività.
Ma la cosa strana è che continuiamo
a lamentarci della mancanza di tempo.
Quanti di voi si sono sorpresi
a dire: "Se avessi più tempo!",
"Vorrei trovare più tempo"?
Ho qualcosa da obiettare al riguardo.
Ho intenzione di arricchire
il vostro vocabolario.
Vorrei che al posto dell'affermazione
"Vorrei avere più tempo",
usaste l'espressione
"Voglio creare capacità".
La capacità è radicata nei nostri valori.
È una partita a lungo termine.
È alimentata dalla passione,
supportata dall'energia
e conduce alla realizzazione.
Questi elementi sono imprescindibili,
perché con la sola passione,
probabilmente non fareste molto.
Con la sola energia, sareste
stressati e fin troppo impegnati.
Pensando solo alla realizzazione,
forse indebolireste le vostre passioni.
È molto interessante osservare
il comportamento umano, non è vero?
Immaginatevi in una giornata impegnativa,
con riunioni e impegni
che si susseguono l'uno dopo l'altro.
La nostra reazione è quella
di cercare di uscire dal precipizio.
Siamo a corto di tempo.
E la salita è estenuante.
Ma alcuni diranno: "Mel, io sono bravo
a fare più cose contemporaneamente.
Quanti di voi direbbero
di essere bravi nel multitasking?
Alzate la mano.
Grandioso.
Beh, a dire il vero, non ho
delle belle notizie per voi.
(Risate)
Il multitasking crea in realtà
un po' di scompiglio.
Guardate questa donna.
Ho chiesto a mia figlia di otto anni:
"Cosa vedi in questa foto?"
Lei ha detto: "Mamma, vedo una donna
che fa la spaccata, legge un libro
e gira un film".
Ho detto: "Va bene".
Dopodiché ha aggiunto: "Mamma,
non sembra molto felice.
Dovrebbe fare una cosa sola".
Sono rimasta senza parole!
#Supermamma. Non è vero?
È stato fantastico.
Poi, ho chiesto a mio marito:
"Caro, cosa vedi in questa foto?"
E lui ha risposto:
"Una donna".
Non ho intenzione di smontare
subito questa risposta.
La lascio per dopo.
Il punto è che il multitasking
e il passaggio da un'attività all'altra
in realtà ci rende stupidi.
Riduce il nostro QI di 15 punti.
È come lavorare durante una notte insonne.
È come far scrivere a una bambina
di otto anni una mail importantissima.
Lo faremmo?
No.
Non è quello che vogliamo fare.
Molti diranno:
"Sai una cosa, Mel? È così che lavoro.
Sono abituato al multitasking.
Mi riesce bene.
Ma non posso liberarmi di nessuna
di queste cose, perché sono miei doveri".
Allora, rilancio la sfida e aggiungo:
"La capacità ce l'avete. È solo
che qualcosa la sta indebolendo.
Dobbiamo trovare le cause
di questo indebolimento".
Tra le principali cause responsabili
dell'indebolimento della nostra capacità,
è la nostra dipendenza dalle notifiche.
La nostra dipendenza dalle notifiche
ci uccide un poco alla volta.
Ricerche mostrano come
la dipendenza dalla notifica,
la delusione e l'attesa
creino un eccesso di ormoni dello stress
e cortisolo nei nostri corpi,
difficile da riequilibrare
in tempi rapidi.
Di conseguenza, distrugge
le nostre cellule e i nostri tessuti.
Non è così che dovremmo funzionare.
Pertanto, dobbiamo essere
coscienti di cosa ci distrae.
Vi racconto una breve storia sull'eccesso
di capacità che stavo mettendo in campo,
sul gran numero di impegni
che mi opprimeva
e sulla mia dipendenza dall'adrenalina
e dalla caffeina,
una grande quantità di caffeina.
Sono andata dal dottore più spesso
di quanto voglia ammettere
perché presentavo sintomi
che non avevo mai sperimentato prima:
sangue di naso, problemi cutanei,
perdita di capelli, emicranie, cellulite.
Sono quindi tornata
dalla mia dottoressa un'ultima volta.
Mi ha guardata.
Ha guardato il suo notepad
e ha scritto... qualcosa
e me l'ha fatto vedere.
Ho letto.
C'era scritto: "La paziente è dispensata
da tutti i suoi compiti per un mese".
Non volevo accettarlo.
Volevo contestare.
Ma non l'ho fatto.
Me lo sono tenuto.
Il mondo è strano
perché quel giorno, tornando
a casa, ricevetti una telefonata,
probabilmente la migliore
mai ricevuta in vita mia.
Si diceva che ero tra le vincitrici
di un premio "40 Under 40".
Ero felicissima, ma in conflitto
perché il mondo mi aveva appena premiato
per eccesso di capacità produttiva.
Richiamai subito la dottoressa
e negoziai una settimana,
anziché un mese.
(Risate)
Ma, in quella settimana,
feci una profonda riflessione
e analizzai attentamente
il mio modo di agire
e compresi quanto avessi
bisogno di cambiare.
Perché sapevo
di non voler essere alla mercé
degli impegni e delle richieste altrui
e non volevo tornare a casa,
sperando di avere la forza necessaria
per leggere un libro ai miei figli,
senza desiderare, invece,
di andare a riposare.
E così, ho fatto qualcosa.
Attraverso una profonda
introspezione, ho creato.
Ho creato una struttura,
perché sapevo di non essere
l'unica a soffrirne.
Sapevo che altri avrebbero
potuto beneficiare
di ciò che potevo apprendere
da tutte le mie esperienze.
Dopo la ricerca e l'osservazione,
la discussione e l'ascolto di come
le persone parlassero del tempo,
ho scoperto che esistono quattro
stati della capacità nei quali agiamo,
in qualsiasi momento.
Non dipende dalla personalità.
Non dipende dal QI.
Non dipende dall'emisfero
sinistro o destro del cervello.
Sono semplicemente le nostre decisioni
che ci fanno agire in uno
di questi stati della capacità.
Ce ne sono quattro.
Sto per condurvi in un breve viaggio,
che potrebbe essere il normale percorso
con il quale si può fluidamente scorrere
attraverso questi quattro
stati della capacità.
Sono l'indulgenza, la stanchezza,
la riservatezza e l'ottimizzazione.
Iniziamo dallo stato
indulgente, d'accordo?
Lo stato indulgente della capacità
è quello in cui diciamo di sì
e diventiamo adrenalina-dipendenti.
Vogliamo confermare il nostro talento.
Diciamo molti "sì".
Ma quando diciamo troppi "sì",
veniamo sopraffatti dagli impegni
e non ci prendiamo cura di noi stessi.
Molti di voi sapranno
che succede questo.
È il secondo stato della capacità,
quello della fatica e del burnout.
Non è dove vogliamo arrivare.
Il riavvio è d'obbligo.
Dobbiamo abbandonare
alcune di queste abitudini.
Non abbiamo capacità da dedicare
a qualcuno o a qualcosa.
Il burnout, in effetti,
è un qualcosa che è stato da poco
riconosciuto come patologia
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità,
proprio la settimana scorsa.
Molto interessante e, al contempo,
molto preoccupante.
Quindi vogliamo venirne fuori.
Vogliamo uscire da questo stato.
Vogliamo passare a un altro stato,
al terzo, definito stato riservato
della capacità.
Qui possono verificarsi
due cose diverse,
perché, a questo punto, abbiamo
recuperato la nostra capacità,
ma esitiamo a renderla disponibile
dal momento che non vogliamo
più ricadere nella stanchezza.
È anche il momento in cui possiamo
dedicarci ad attività rigeneranti
per conservare
e costruire capacità.
Lo stato in cui vorremmo passare
la maggior parte del tempo
è il quarto, quello dell'ottimizzazione.
È qui che diciamo "sì" con giudizio
e "no" senza sentirci in colpa.
È qui che siamo collegati
al nostro perché.
È qui che vogliamo essere.
È qui che vorremmo passare
la maggior parte del nostro tempo.
Come docente di economia,
insegno gestione del tempo, definizione
delle priorità e processo decisionale.
Ma, da studentessa, non sapevo
niente sulla capacità.
E così, la insegno.
È importante.
Siamo così bravi a organizzarci.
Potremmo riempire qualsiasi
buco che troviamo nel calendario.
Mi auguro che la prossima generazione
riesca a evitare la diagnosi di burnout
e riesca a stare saldamente
sulle proprie gambe,
concentrandosi sui propri valori,
decidendo con giudizio,
nel rispetto della propria capacità.
Vorrei che usassimo un nuovo linguaggio.
Vorrei che fossimo capaci di dirci:
"Mi dispiace, non posso farlo per ora".
È diverso.
C'è un cambiamento.
C'è una comprensione reciproca.
In parole povere, la capacità
è l'abilità di dire "sì" a qualcosa,
con tutto il cuore,
ma anche di dire "no" a qualcos'altro.
[SÌ. NO]
Oggi, avete detto "sì"
all'ascolto del mio discorso
e ve ne sarò per sempre grata.
Ma avete anche detto "no" a qualcos'altro
che avreste potuto fare oggi.
È di questo che si tratta.
Sta cambiando il modo
in cui prendiamo degli impegni.
Quindi, ora,
voglio darvi una dimostrazione
del funzionamento della capacità.
Immaginate di avere degli elastici
e di volerli mettere intorno a due dita,
intorno agli indici, per la precisione.
Bene,
questa è l'elasticità della capacità
perché la nostra capacità è elastica.
Possiamo estendere la nostra capacità.
Vi farò una serie di domande
e voi mi risponderete sì,
che lo vogliate o meno.
Ma state calmi,
non vi costringerò a farlo.
Va bene? Ci state?
Fantastico, ok.
Ehi, pensate di potervi
unire a questo comitato?
Ci farebbe veramente piacere.
Sì.
Ok, fantastico.
Pensate di poter presiedere
la prima riunione?
Siete le persone più indicate.
Sì.
Ci servono dei caffè.
Potete prenderli voi prima della riunione?
Grandioso, ok.
La prossima settimana,
faremo una grigliata.
Ci piacerebbe se veniste
con la vostra famiglia.
Venite, ok?
Ah, e già che ci siete,
ci sarebbero dei mobili da spostare.
Ci dareste una mano?
Ok, sì.
Il vostro elastico si dovrebbe allungare.
Le vostre dita dovrebbero
iniziare a tremare, ok?
È così che ci muoviamo
quando abbiamo troppi impegni.
È questa la sensazione.
In questo momento, i vostri volti
sono un po' contratti.
Non so se è perché il vostro elastico
sta per rompersi...
Se vi fate male non è colpa mia.
Però, è così che ci muoviamo
e ci presentiamo.
Ora allentate l'elastico
e trovate la giusta tensione.
Perché quando la nostra
capacità è intenzionale,
siamo a nostro agio con la tensione.
Ma esiste anche uno stato
di sottoutilizzazione
in cui non c'è abbastanza tensione.
Quindi fate bene attenzione.
Troviamo il tempo per la spesa!
Troviamo il tempo
per le varie commissioni!
Troviamo il tempo per le riunioni
e per prendere un caffè al volo!
Non dovremmo trovare
il tempo per momenti simili.
È qui che dovremmo creare
capacità per i nostri cari,
per i momenti irripetibili.
Questo è quello che dobbiamo
tutelare e regolare.
Misuriamo tutto il resto.
Misuriamo le calorie, il peso.
Misuriamo il macro, il micro,
i conti bancari.
Misuriamo il tempo.
Ma quanti di noi pensano sul serio
di misurare la nostra capacità?
È come se qualcuno vi chiedesse:
"Ehi, ti va di venire a questa festa
o a questo evento?"
Controllate la vostra agenda
e vi accorgete di essere pieni di impegni.
Ma rispondete comunque:
"Sai una cosa? Sono impegnato,
ma troverò il tempo".
In qualche strano modo,
desideriamo adulare quella persona,
dicendo che "troveremo il tempo".
È questo che faremo?
Vorrei contestare questo pensiero,
perché non è affatto lusinghiero.
È così che ci presentiamo
quando siamo pieni di impegni.
Quanti di voi si riconoscono in questa
foto quando vi presentate a un evento,
perché siete appena scappati
da un altro evento
per cercare di essere al successivo
e a quello dopo
e a quello dopo ancora?
Non fatevi più vedere in questo stato.
[Torta dell'Ego]
E adesso?
Cosa facciamo?
Beh,
attraverso l'auto-riflessione,
ho creato qualcosa.
Il tutto è nato
da una conversazione con mia madre.
La composizione si intitola
"Torta dell'ego".
Il titolo è nato dalla discussione,
che è andata così,
mia madre mi disse:
"Mel, la tua vita somiglia
a un voluttuoso tavolo di dolci,
pieno di dessert che fanno
venire l'acquolina in bocca".
Le risposi: "Sì, è così. Grazie".
Lei aggiunse: "Hai assaggiato
un morso di ogni dolce".
Mi chiedevo dove volesse arrivare.
Non mi aspettavo che andasse così.
Risposi: "Ok".
Mi chiese: "Quale ti è piaciuto di più?"
Non sapevo cosa rispondere.
Non sapevo se ce ne fosse uno
che mi era piaciuto in particolare.
Non avrei mai potuto
apprezzarne uno in particolare.
Li avevo assaggiati tutti ed ero sazia
per tutte le opportunità di cui
avevo tentato di approfittare.
Avevo troppi impegni.
Al mio rientro, ho creato una struttura
che ci aiutasse a scomporre
il modo in cui ci impegniamo,
a osservare
i nostri comportamenti accondiscendenti.
Proprio come in una torta,
ci sono cinque strati
e si comincia dal fondo.
Troppe opzioni portano allo stallo.
Siamo sempre, costantemente disponibili.
"Compra questo", "Fai questo", "Sii così".
In che modo potremmo decidere?
La distrazione è la morte
della produttività e della creatività.
Quando siamo distratti,
non lavoriamo al meglio.
Il terzo strato è la rinuncia.
È questo lo strato più intrigante
della struttura,
perché è qui che dobbiamo
dire "no" con giudizio.
Dobbiamo rinunciare alle cose
che non ci servono più.
Perché, facendo così,
diventiamo più consapevoli
di ciò che abbiamo davanti,
delle opportunità che ci danno gioia
e appagano i nostri spiriti.
Una volta che lo avremo fatto,
potremo prendere impegni,
che è il quinto strato.
Desidero che lo teniate a mente
e che lo facciate ovunque
e in qualsiasi momento.
Vi chiederò di unirvi a me,
alzando la mano sinistra,
con il palmo rivolto verso il petto,
mignolo in basso, dita tese.
Ok, perfetto.
Il mignolo rappresenta le opzioni,
gli obblighi e le opportunità.
Notate quanto il mignolo sia corto.
Quindi, fate una scelta saggia.
Il secondo strato è l'anulare
e rappresenta la distrazione.
Normalmente, lo adorniamo con gioielli,
facendoci esclamare:
"Caspita, come luccicano!"
Scusatemi, mi sono distratta un attimo.
Il medio rappresenta la rinuncia.
Non è un caso che sia il dito medio
a dire "no" alle cose
che non ci servono più.
(Risate)
Il quarto strato è il nostro indice,
è la consapevolezza
e rappresenta la creatività
e l'osservazione
e la consapevolezza di tutto lo spazio
che abbiamo appena creato
attraverso la rinuncia.
Infine, l'impegno.
Ricordate che quando
diciamo "sì" a qualcosa,
dobbiamo anche dire "no" a qualcos'altro.
Grazie infinite.
Spero che oggi rispettiate
la vostra capacità.
(Applausi) (Acclamazioni)
Grazie.