Conversazioni spontanee con Mooji
Stai nella tua universalità
Monte Sahaja - 5 maggio 2012
[Mooji] Quando la coscienza si esprime
come essere umano,
ha una vita molto ristretta, piccola,
anche molto privata
e spesso è così che la mente si sente a suo agio,
dimorando in questo mondo
che può essere davvero piccolo.
Invece,
voglio invitare tutti noi
a stare nell'essere universale.
In qualche modo, qualcosa vuole ridursi
a un essere personale, piccolo;
conoscete il vostro mondo,
vi siete adattati bene al vostro contesto,
ma nel contempo, siete esseri universali!
Anche se vivete in un posto
come un piccolo paesino,
questo non vi impedisce
di essere universali interiormente.
È qualcosa che stamattina ho sentito fortemente
di voler esprimere in questo modo:
tornare ad affermare
che, all'interno della coscienza,
in quanto coscienza, siamo universali,
non siamo personali, e quando noi...
Ora lo formulo volutamente, dentro di me,
come un invito ad accogliere,
la vostra universalità, o meglio, a entrarvi.
Se dico 'accogliere' la vostra universalità,
sembra quasi che a volte,
lo facciate continuando a essere la persona:
è molto sottile,
perché a un certo punto, sembra del tutto naturale,
semplice e senza sforzo essere la persona.
Non cercate di smettere di essere la persona,
però, state nella vostra universalità,
perché vivere la vita che la maggior parte
della gente chiama 'vita' o 'esistenza',
può essere una cosa molto ristretta,
una faccenda molto privata,
ma essere nella vostra universalità,
significa aver dimestichezza con ogni cosa;
non dovete per forza conoscere tutto,
ma il vostro essere è ampio a sufficienza,
perché tutto trovi posto al suo interno.
Non so se state realmente seguendo
ciò che vi indico,
perché può essere un riconoscimento
istantaneo, immediato;
assolutamente immediato,
che vi ricorda di restare aperti.
All'inizio può sembrare uno sforzo,
perché qualcosa ricade sempre
nello scenario personale,
e naturalmente quello può restare, non opponetevi,
ma cercate di capire cosa significa
essere nella vostra universalità.
L'unico modo per farne esperienza con successo,
in un certo senso, è di essere consapevoli dell'io
nella sua normale espressione e nel suo contesto
ed essere consapevoli che pure quello è osservato.
Il fatto stesso di osservare l'io-me,
pone il senso di sé
in uno spazio più ampio dell'essere:
è un po' come dover essere vuoti;
ritornare a essere vuoti.
Quando siete vuoti, non avete dimensioni;
quando siete la persona avete sicuramente
una determinata dimensione
e questo vi fa quasi sentire una sorta di sicurezza,
ma l'universalità è più collegata alla coscienza.
Il corpo ha dimensioni precise,
la mente e il nostro livello di conoscenza attuale,
hanno delle proporzioni, in un certo senso,
ma il puro essere non può essere misurato,
tuttavia, paradossalmente, è l'unica costante!
Non parlo della coscienza dinamica,
della sua funzione dualistica,
ma del puro essere: dell'unico aspetto...
uso questa parola,
ma il linguaggio è di per sé molto limitato,
quindi, le parole saranno sempre riduttive.
Dico che la dimensione del Sé è, in assoluto,
l'unico luogo dove siete privi di sforzo,
tuttavia, poiché entriamo nella sensazione
dello sforzo che è quella della persona,
ovvero, in qualcosa di costruito,
sembra che 'noi' dobbiamo sforzarci
per essere quell'assenza di sforzo
che siamo per natura.
Vedete come l'errore viene alimentato:
il senso di noi stessi si rifà sempre
a qualcosa di personale,
torniamo sempre a qualificare:
"Questo è proprio ciò che sono"
e ci definiamo in base al temperamento,
alle abitudini e ai condizionamenti,
mentre tutto ciò è fenomenico per colui che vede.
Questo richiamo all'universalità,
non so quanto penetrerà nel vostro essere
e come si manifesterà,
ma è comunicando queste verità
che la coscienza scuote via
la piccolezza dell'essere
e trova lo spazio infinito
in cui tutto ha una collocazione.
Nella totalità, ogni cosa ha un posto,
nella persona no.
Certo, alcune cose le vogliamo, altre no,
la nostra mente agisce come un vigile urbano,
perché dobbiamo proteggere l'identità
e l'idea che abbiamo di noi stessi.
Non è così per chi vede,
per costui non c'è nulla da proteggere,
perché 'ciò che è' non può essere danneggiato!
Finché nel corpo,
c'è la sensazione di essere e di esistere,
sembra che la coscienza
cerchi di portarlo avanti a ogni costo,
tanto che se si potesse scegliere
di vivere per sempre nel corpo,
diremmo: "Sì, sì, sì",
considerandolo come un enorme regalo.
In realtà, non è la vita in un particolare corpo
a essere preziosa, è la coscienza.
Quando deve esserci davvero un'evoluzione
nell'essere cosciente,
tutto gli indica che deve tornare al vuoto:
è l'unico luogo dove c'è spazio,
tutto il resto è claustrofobico.
In quanto persone siamo claustrofobiche!
Troppe faccende,
troppe cose che devono essere mantenute,
troppa coscienza di sé stessi,
troppa attenzione data al corpo e così via.
Allora, la cosa incisiva che voglio dirvi è:
state nella vostra universalità!
A volte, il semplice fatto di dire queste cose,
il solo il fatto di dirle e udirle
ci dimostra dove non siamo
nella nostra universalità:
la coscienza volge l'attenzione
sempre nelle proiezioni di tipo personale.
Smettete, per un attimo,
di sprecare tempo con quest'ultime
e contemplate un po' cosa significa
stare nella vostra universalità':
è qualcosa che dovete fare?
Oppure non è solo una sorta di riconoscimento
che indica, in qualche modo, ciò che già è?
Ma poi qualcosa pensa:
"Come faccio a restare così?".
Questa è la voce dell'umano. Capite?
"Come faccio a restare così?".
Voglio che capiamo davvero qual è il contenuto
di questo desiderio o preghiera per la mente umana.
Prima di tutto, chi è colui che lo dice:
è quello che siete?
Perché se vi identificate con quello,
è da lì che parte l'energia: lo capite o no?
Se diciamo: "Come faccio a restare qui?",
è da costui che verranno gli sforzi,
da colui che non ce la fa a restare
e che non ha la coerenza sufficiente
a vedere oltre le sue proiezioni.
Dobbiamo esaminare
questo posizionamento dell'identità.
Se dite che siete il Sé, Quello,
qualcosa dentro dice:
"Sì, so che sono Quello",
ma persino in quel momento c'è un tradimento:
è come se riconoscessimo dalla posizione
della persona, di essere la presenza.
Ma non è come dire: "Così è, punto e basta",
è qualcosa tipo:
"Sono d'accordo, lo vedo, lo capisco",
ma non è la vostra verità vivente,
non ancora o qualcosa del genere.
Non dovete metterci più sforzo,
o praticare ulteriori tecniche,
si tratta solo di una piccola torsione
della coscienza
che rimuove la sensazione nata dalla convinzione
che ci sia qualcuno che fa le cose.
Certo, per un po' è utile se la coscienza sceglie
di esprimersi come 'viaggiatrice verso la verità':
diventerà sempre più affinata
nella dimensione della mente,
ma avrà da attraversare
tante variazioni e sottigliezze,
che la cosa potrà andare molto per le lunghe.
A volte si pensa di essere riusciti
a mettere a fuoco qualcosa,
si scende molto in profondità nell'essenza,
e si scopre che è solo mente;
si pensa di andare in profondità nel Sé,
ma si va sempre di più nella mente!
Però, nel momento in cui si vede il corpo,
qualcosa si tira fuori da lì.
Quello che è in cammino, e pensa:
"Sono il viaggiatore e mi sto avvicinando",
"devo farcela, forse devo meditare di più"
io, io, io... pure quell'io è il Sé,
ma è il sé in uno stato di ipnosi:
cammina, parla e vive nel sonno.
Anche l'ambizione, la destinazione,
l'obiettivo di quel ricercatore
è sempre il Sé che siamo tutti,
ma quella leggera non chiarezza tiene
altri miliardi di persone immerse nel saṃsāra,
dato che l'identità appare molto persistente
e praticamente costante.
Forse volete chiamare 'grazia'
ciò che agisce su di voi,
ma non consideratela qualcosa di esterno:
sorge dal vostro Sé;
sorge sotto forma di apertura,
comprensione e così via.
A poco a poco ciò che è personale,
quella che vorrei chiamare
'infatuazione di sé', si brucia,
e deve rimanere solo lo spazio dell'essere.
Chi vuole conoscere la finalità della verità
legge libri,
le persone amano Rumi, Papaji,
Ramana Maharshi, Krishna e così via,
eppure, dicono tutti la stessa cosa;
tutti loro indicano solo Questo.
Potete amare Krishna, ma alla fine,
se qualcosa ha paura dell'indagine,
ci sono sempre paura e sfiducia,
che operano insieme.
Coloro che hanno scoperto
e si sono immerse in Quello,
non hanno un passato che sia più forte
della presenza che sono.
Per Krishna, la sua storia non ha significato.
Esprimo queste cose oggi,
per provare a spostarci in quello spazio,
a essere consapevoli,
a stare in quella consapevolezza.
Non voglio dirvi come, sarebbe troppo misero;
non voglio dirvi come,
è sufficiente dirvi di essere ciò che siete:
il Sé universale, l'universo.
Non c'è un 'come farlo'.
Se vi dico come, tornate a cadete nella trappola,
perché siete Questo!
Qualcosa, dentro di voi,
è assolutamente in pace con questo,
ma a volte è necessario
una sorta di presa di coscienza,
che potrei chiamare rispetto di se stessi,
forse posso usare questa parola.
Se dite di no a questa cosa
torniamo subito a palleggiare.
Sedetevi, invece, e percepite Quello!
La mente vuole partecipare, fare qualcosa, dire:
"Sì, quando faccio così e cosà, vedo questo",
no, è tutto già fatto.
Non voglio dire altro su questo.
Mentre vi muovete e fate
o non fate le vostre cose, comunque sia,
arriverà il tempo, il momento, e forse sarà oggi,
questa mattina o un'altra volta,
la prossima settimana o mese, chissà,
in cui giungerete a vedere le cose come sono
e le vedrete da un luogo vuoto,
allora sarete del tutto vuoti, ma lo siete già!
Questa non è una convinzione:
che siamo l'ego è una credenza!
Che siamo l'ego o la persona lo è,
e molto radicata anche,
talmente radicata
che nessuno la mette in discussione,
cosicché tutto parte
dalla posizione di quell'identità,
ma perché possiate trovare qualcosa di autentico,
quella deve venire inghiottita.
Non vi servono i punti di riferimento
che la vostra mente immagina,
la vita può essere interamente qui:
vedrete le cose coi sensi, come tutti,
ma non avranno più lo stesso potere.
I sensi non sono fatti per governare,
sono i nostri inviati, le nostre antenne
per percepire nel mondo.
Queste forze non devono dominarci,
accade solo se diventiamo la persona.
Prima diventate la persona e poi un asino [risate]:
siete la bestia da somma
del vostro modo di pensare.
[Interlocutrice] Ogni volta
che c'è coinvolgimento personale
lo sento molto sgradevole
e qualcosa vorrebbe...
[Mooji] Se siamo consapevoli del Sé,
possiamo gioire della persona
perché non è una minaccia,
è come giocare con un serpente senza denti!
Va bene, non vi può fare niente,
se lo date ai vostri bambini possono giocarci,
però, se le date credito
vi portate dietro la persona,
dopo un po' diventa troppo per voi e dite:
"Basta, devo andare!" ed è finita.
Il senso della persona può anche essere
giocoso e leggero, per un momento:
non è nulla, non lascia cattivo odore,
lo lascia quando questo tipo di persona
crede nella persona e porta il suo peso.
Come ho già detto,
l'ego è la cosa più pesante del mondo;
è più pesante di tutte le montagne messe insieme,
perché quando si siede sull'essere,
quest'ultimo non si può muovere tanto è pesante;
l'essere è il grembo di tutto l'universo,
ma se l'ego gli si siede sopra, non si muove più.
Per questo dico che l'ego è la cosa
più pesante del mondo. Capite?
'Sederglisi sopra' significa accecarlo,
in un certo senso:
dimenticate il vostro Sé
e questa è una cosa molto pesante.
Se sei consapevole del Sé,
allora puoi gioire della persona,
perché non è una minaccia.
È come giocare con un serpente senza denti.