Il World Wide Mind è un'idea. Il World Wide Mind è un concetto. Dunque ciò che ho cercato di fare nel libro è parlare del World Wide Mind come di una imminente intelligenza globale. E lo intendo nel senso di una intelligenza con una intenzionalità ed una coscienza propria, del tutto parte dell'intelligenza umana. Quello che mi riprometto di fare è stare lontano dalla fantascientifica idea che Internet, di per sé, stia per diventare intelligente. Penso che sia un'idea assurda. Equivarrebbe ad affermare che mettendo insieme un mucchio di transistor si possa ottenere automaticamente una radio. Non credo che stia per accadere questo. La mia tesi è che il World Wide Mind è una combinazione di esseri umani e di Internet che agiscono insieme di concerto, e che la combinazione dei due soggetti produca un'entità, che è più potente di quanto siano ognuno dei due isolatamente. E che, sostengo, darebbe come risultato il germe di una intelligenza che nessuno dei due possiede di per sé. Ed è ciò a cui penso come il World Wide Mind. E' sicuramente lecita la preoccupazione che Internet ci sta alienando gli uni dagli altri. Basti pensare a figure come quella dell'adolescente medio che invia e riceve 2.272 SMS al mese, e addirittura alcuni adolescenti arrivano fino a 14-20.000 SMS in un mese. Così, quando si guarda a numeri del genere, davvero è inevitabile concludere che essi passino più tempo a guardare lo schermo di quello che passano a guardare le persone. La mia tesi è che non si può davvero fermare quella fame di restare connessi. Non si può arginare quel bisogno di guardare lo schermo. L'argomentazione che sostengo nel libro è che è possibile incorporare quel bisogno, in un fondersi effettivo della tecnologia con il corpo per fare di quella connessione tramite la tecnologia un collegamento fisico, una connessione che si attua come parte di una propria esperienza di legame interno. Ecco qui la mia personale connessione uomo-macchina. Io ho due impianti cocleari. Allora, la cosa che indosso sull'orecchio è un processore in cui il microfono capta il suono che viene elaborato dalla unità, qui, in segnali digitali e invia i dati a una parte interna, che è un trasmettitore radio dotato di un magnete. Il magnete verrà in contatto con l'impianto situato (sottocute, n.d.r.) nella mia testa. Ed attraverso la pelle invierà i dati a tale impianto. Poi ci sono alcuni elettrodi, collegati ai miei nervi uditivi, che inviano piccoli impulsi elettrici ai miei nervi uditivi ricreando per me la percezione dell'udito. Dunque io sono uno che ha davvero 32 elettrodi e decine di migliaia, nientemeno che centinaia di migliaia di transistor nella sua testa. Quello che spero che impareremo è che esiste un nuovo modo di pensare a come tecnologia e relazioni umane possono convergere. Ora come ora la gente pensa a questi domini come vicendevolmente esclusivi. Ciò che suggerisco nel mio libro è che esiste un modo per mettere insieme questi due mondi tramite l'integrazione fisica di esseri umani e macchine. Sapete, io non ho la pretesa che questo sia qualcosa subito dietro l'angolo. Ma io attingo alla mia personale esperienza di avere un impianto cocleare. Quindi è una realtà quotidiana della mia vita "fare il boot" al mio orecchio ogni mattina indossando il processore del mio impianto cocleare e attivando di conseguenza i componenti elettronici che si trovano nella mia testa. Quindi quello che sto davvero cercando di dire è che la tecnologia può essere utilizzata allo scopo di creare più connessioni umane tra le persone.