(Musica) Che cosa accadrebbe, se domani mattina vi svegliaste in un mondo senza musica? Vi perdereste sicuramente qualcosa di bello, qualcosa che vi piace, ma sarebbe semplicemente rinunciare a qualcosa che vi piace come mangiare la pizza il sabato sera, o andreste incontro ad un cambio molto più profondo? La musica è ovunque, la ritroviamo in tutte le culture, in ogni angolo del mondo, perché è quello che ci permette di connettere gli uni con gli altro. È un collante relazionale, basti pensare a quello che succede normalmente nei concerti, ed è la colonna sonora delle nostre giornate, dei nostri eventi. La musica sembra proprio qualcosa che ci portiamo dietro da sempre. L'oggetto un po' strano che vedete alle mie spalle è un reperto archeologico e più precisamente si tratta di un osso. È l'osso di un orso delle caverne risalente a circa 55.000 anni fa. Cosa c'entra? C'entra perché alcuni studiosi si sono concentrati su questo osso, proprio su quei fori, e hanno provato a ricostruirlo, formulando un'ipotesi che per noi oggi è molto più attraente. Infatti potrebbe trattarsi dello strumento musicale più antico della storia, quello che poi è stato soprannominato il "Flauto di Neanderthal". Accade spesso che quello che ritroviamo fin dai primi passi della nostra evoluzione come esseri umani, in realtà lo troviamo anche nei primi passi della nostra evoluzione come singoli individui, cioè della nostra vita. E sono proprio degli studi di neuroscienze ad indicarci che noi nasciamo già come essere musicali, infatti il nostro cervello quando siamo neonati, prime ore di vita, riesce a rispondere specificatamente alla musica, alla struttura musicale, alla melodia, al ritmo, alle differenti sfumature emotive della musica. In effetti la presenza della musica nella nostra vita sembra avere a che fare proprio con il nostro cervello, e in particolare con dei cambiamenti che avvengono nei suoi circuiti più antichi a livello evolutivo, cioè quelli più profondi, anche a livello anatomico. A giocare un ruolo chiave, qui, è una sostanza che è cruciale per la regolazione del nostro comportamento, tutti i giorni. Questa sostanza è la dopamina. La dopamina è un neurotrasmettitore che noi di solito liberiamo proprio nelle aree più antiche e profonde del nostro cervello in risposta a stimoli come il cibo o il sesso. Sono stimoli che ci attraggono, che ci danno piacere, che ci motivano, che ci danno ricompensa, e che sono anche in qualche modo legati alla nostra sopravvivenza. Quello che però abbiamo recentemente scoperto è che in realtà la dopamina viene anche liberata anche in risposta alla musica. Allora vediamo un po' quanti di voi almeno una volta nella vita, ascoltando una canzone, un brano musicale, hanno provato questa sensazione qui. Ad occhio direi un 90% abbondante. Questi sono brividi, pelle d'oca, sono risposte del nostro corpo fisiologiche, o psicofisiologiche, che possiamo associare al piacere intenso. In una parte delle mie ricerche io mi sono focalizzata proprio su questo tipo di fenomeni abbordandoli però in un modo un po' particolare. Infatti, con dei colleghi di Barcellona e di Montreal, siamo andati ad attivare o disattivare direttamente nel cervello quelli che pensavamo potessero essere i meccanismi alla base di questi fenomeni, e in particolare proprio la liberazione di dopamina. L'abbiamo fatto grazie ad uno studio farmacologico che ci ha permesso di andare ad aumentare o diminuire temporaneamente, quindi non vi preoccupate, la liberazione di dopamina nel cervello delle persone e l'abbiamo fatto mentre le persone, mentre i nostri partecipanti ascoltavano musica. La musica poteva essere la loro musica preferita o della musica pop-rock che avevamo scelto noi, quella che normalmente passa in radio. Quello che abbiamo trovato è che quando la dopamina aumentava rispetto a quando diminuiva, aumentavano anche le loro risposte di piacere. Cioè i partecipanti ci dicevano di amare di più un certo brano musicale e avevano anche più risposte fisiologiche associate: i brividi, la pelle d'oca. Non solo, quando aumentava la dopamina, aumentavano anche quelle risposte che noi chiamiamo motivazionali. In questo caso i partecipanti erano disposti a pagare di più per ottenere il brano che stavano ascoltando. Cioè erano disposti a dare dei soldi per avere quel brano, quella musica nella loro vita. Quindi il piacere, la motivazione legati alla liberazione di dopamina sono fondamentali quando cerchiamo di capire il ruolo della musica nella nostra vita, o quantomeno perché è nella nostra vita. Rimane però aperta una domanda fondamentale, cioè: tutto questo piacere così avvolgente, così intenso che cambia le nostre giornate in positivo è fine a sé stesso? Cioè, qual è veramente il ruolo della musica nella nostra vita? Per provare a rispondere vi propongo di continuare insieme un viaggio nelle attivazioni celebrali e vi chiedo, per quanto possibile, di provare ad immaginare di essere qui da soli, mettervi le vostre cuffie, i vostri auricolari e cominciare ad ascoltare una delle vostre canzoni preferite. Quello che accadrà, è che il vostro cervello comincerà ad accendersi, creando una vera e propria costellazione di attivazioni che riguardano aree che si attivano e che regolano le nostre emozioni, il nostro comportamento, ma anche altre aree che sono implicate nella percezione, nel movimento, nel linguaggio, nella memoria. La musica crea una vera e propria sinfonia neurale nel nostro cervello. Lo attiva e lo modula interamente. E così facendo è capace di modularne l'anatomia e la funzionalità. Allora adesso possiamo fare un passaggio fondamentale. Visto che la maggior parte di questi substrati neurali, la maggior parte di queste aree che la musica attiva in realtà sono aree che noi attiviamo tutti i giorni per compiere tantissime altre attività: sentire, leggere, parlare, camminare. Allora possiamo cominciare a pensare di usare la musica per stimolare queste altre regioni e quindi queste altre funzioni quotidiane. È quello che ad oggi hanno fatto moltissimi studi di psicologia, di neuroscienze. Ad esempio gli studi che si sono interessati alla capacità della musica di stimolare delle aree implicate nel movimento e come questa possa essere utilizzata in caso di deficit di movimento, come nella malattia di Parkinson. O ancora gli studi che si sono focalizzati sul rapporto strettissimo che c'è tra la musica e il linguaggio: la musica è un vero e proprio linguaggio universale e possiamo utilizzare questo rapporto ad esempio per migliorare le capacità di lettura in bambini dislessici. Di ricerca se n'è fatta tanta e come spesso accade nella ricerca scientifica tanto ne rimane da fare e da supportare. Io oggi vorrei parlarvi di una fetta di questa ricerca. È qualcosa che mi interessa particolarmente, ma che in realtà ci tocca tutti nel profondo, perché si tratta del rapporto che esiste tra la musica e la nostra memoria. Prima però lasciate che si attivi un po' nel vostro cervello quella sinfonia neurale grazie alle note che vi farà Andrea. [Musica e memoria] (Musica) La musica ha un fortissimo - (Applausi) Ovviamente questa presentazione non avrebbe lo stesso valore senza tutto questo. So che è un valore aggiunto. La musica ha un fortissimo potere evocativo, cioè un brano musicale ha il potere letterale di farci viaggiare nel tempo, perché grazie ad un brano musicale noi possiamo recuperare sensazioni, esperienze, persone, emozioni che associamo a quel brano. Magari quello che vi è successo adesso con questa versione di Bohemian Rapsody. A giudicare dall'applauso direi di sì. Perché sicuramente vi è suonata famigliare. Altri l'hanno riconosciuta. I fan, fin da subito, dalle prime note, e altri ci hanno messo un po' di più. Insieme al riconoscimento, è arrivato il ricordo delle parole associate, per alcuni, e altri sono andati oltre e sono riusciti ad associare a questo brano dei ricordi della propria vita. Noi questo potere evocativo della musica l'abbiamo preso e portato in laboratorio con il fine di capire quali fossero i meccanismi alla base e capire quindi un po' di più che cosa ci fosse dietro. Abbiamo condotto vari studi su persone giovani, su persone anziane, in cui chiedevamo di memorizzare delle informazioni con o senza musica, e nel frattempo però monitoravamo anche la loro attività celebrarle. Quello che abbiamo scoperto è che la musica può veramente aiutarci a ricordare meglio le informazioni e nel farlo, cioè mentre aiuta i nostri processi di memoria, modula il nostro cervello. Andando a modulare quelle aree che sì sappiamo essere importanti per memorizzare, mantenere, recuperare un'informazione, ma anche aree che sono implicate nella regolazione delle nostre emozioni e quindi del nostro piacere. Eccole che le ritroviamo, le nostre risposte di piacere. Qui non sono fine a sé stesse, diventano rilevanti, diventano fondamentali, perché quello che abbiamo scoperto è che più siamo in grado di attivare le nostre risposte di piacere, di ricompensa, di motivazione in risposta alla musica, più brividi abbiamo, più queste risposte potranno attivare delle regioni che sono importanti nella formazione dei nostri ricordi e quindi maggiori saranno i benefici della musica sulla nostra memoria. Questo ovviamente ha delle implicazioni importantissime, soprattutto se pensiamo ai casi di deficit di memoria, soprattutto se pensiamo alla nostra società, che va incontro ad un incremento dell'invecchiamento, sia normale sia patologico. Durante le mie ricerche ho avuto l'opportunità grandissima di vedere dei pazienti Alzheimer che erano completamenti spenti dalla malattia, essere in grado di riconoscere un brano del loro passato e anche solo per un secondo uscire da quell'apatia. La musica attraverso le emozioni in queste persone riesce a far riaffiorare dei ricordi autobiografici, cioè dei ricordi della loro vita che proprio a causa della malattia sembravano persi fino all'istante prima. E in alcuni casi riesce anche a facilitare l'apprendimento di nuove informazioni. Questo tipo di ricerche ci fa capire un po' di più come funzioniamo, come funziona il nostro cervello, che è il nostro organo più complesso e forse più affascinante. E io credo che ci insegnino anche qualcosa. In questo caso ci insegnano che le nostre risposte emozionali, emotive, quelle di piacere, quelle che consideriamo più istintive, arcaiche, basse, irrazionali, in realtà le possiamo prendere e le possiamo utilizzare per andare a modulare, migliorare, stimolare delle funzioni cognitive che invece consideriamo alte, complesse, come l'apprendimento e la memoria. Tutti gli studi di neuroscienze e musica vanno nella stessa direzione nel sottolineare l'importanza della musica nella nostra vita. E nella vita significa nella nostra società. Non solo nelle nostre case, nelle nostre cuffie, ma anche in ambito educativo, quando muoviamo i primi passi nella società, e in abito clinico quando invece abbiamo delle difficoltà sul nostro percorso. La musica è uno strumento potente, ma questa potenza non è invasiva, è a basso costo, e non solo può, ma deve essere accessibile a tutti. Quindi riempiamo la nostra vita di musica, diamo la possibilità al nostro cervello di cambiare e trasformarsi nel profondo e di farlo per tutto l'arco della nostra esistenza. Diamogli la possibilità di un cambiamento che è fondamentale per il nostro funzionamento cognitivo. Ascoltiamo musica, facciamo musica, non ci perdiamo neanche un secondo di quel piacere, di quei brividi che ci può dare. Liberiamo tutta la dopamina possibile. Attenzione però, scegliamola bene la musica che ascoltiamo oggi, perché potrebbe essere proprio quella a riattivarci domani. Grazie. (Applausi)